Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31999 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31999 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5186/2024 R.G. proposto da :
DOTT. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) per procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
AZIENDA SANITARIA LOCALE SALERNO
-intimata-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 1480/2023 depositata il 19/12/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La s.RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE esponeva di essere una struttura sanitaria privata «già convenzionata» con il Servizio Sanitario Nazionale, ai sensi della legge n. 833 del 1978, successivamente accreditata ai sensi della legge n. 724 del 1994, art. 6, comma 6, e dal 2015 operante in regime di accreditamento definitivo ai sensi del d.lgs. n. 502 del 1992 e di avere erogato attività di radiodiagnostica in regime ambulatoriale nell’ambito del territorio della ASL Salerno, regolarmente contrattualizzate per gli anni 2010, 2011, 2012 e 2013. La Asl Salerno, «senza muovere alcuna contestazione in merito alle prestazioni eseguite nei detti periodi», applicava lo «sconto tariffario» previsto dall’art. 1, comma 796, lettera o) della legge n. 297 del 2006, ritenendo l’ultrattività di tale normativa, benché la stessa fosse limitata per espressa disposizione di legge al triennio 2007-2009.
Per tale ragione la suddetta società conveniva in giudizio avanti il Tribunale di Salerno l’ASL Salerno chiedendo dichiararsi la responsabilità, ex art. 1218 c.c., di detta parte, per non aver remunerato alla struttura attrice l’intera somma dovuta per le prestazioni erogate nel periodo 2010-2013, quantificando gli importi decurtati in relazione al suddetto periodo, deducendo che lo sconto tariffario non era applicabile e che quindi le prestazioni rese dovevano essere remunerate secondo le tariffe vigenti nel periodo. La società depositava «i contratti relativi agli anni 2010, 2011, 2012 e 2013», oltre alle «distinte riepilogativa e dei relativi anni recante l’indicazione delle somme decurtate a titolo di sconto.
Si costituiva in giudizio l’Asl Salerno, eccependo il difetto di giurisdizione, la prescrizione del diritto azionato e il superamento del tetto di spesa.
Con sentenza n. 2079/2021 pubblicata in data 25.6.2021, il Tribunale di Salerno accertava l’inadempimento contrattuale dell’ASL Salerno, che condannava al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di € 57.362,02, oltre interessi moratori di cui agli artt. 4 e 5 d.lgs. n. 231/2002 e succ. modif..
La Corte d’appello di Salerno, con sentenza n.1480/2023 del 18 dicembre 2023, pubblicata in data 19 dicembre 2023, ha accolto l’appello proposto dall’ASL Salerno avverso la citata sentenza del Tribunale, rigettando la domanda della società, odierna ricorrente. In particolare, la Corte territoriale ha affermato che: a) non vi era prova dell’accreditamento, risultante da un provvedimento di competenza regionale ai sensi dell’art. 6 comma 6, della legge n. 724 del 1994, e degli specifici accordi contrattuali con la prescritta forma richiesta ad substantiam , necessari per ottenere la remunerazione di prestazioni effettuate per conto ed a carico del servizio sanitario nazionale; b) in particolare la società «nulla ha dimostrato, non avendo prodotto in giudizio, entro i termini all’uopo previsti dall’ordinamento processuale, alcun documento comprovante la sussistenza, in relazione all’epoca alla quale si riferiscono le prestazioni di un rapporto di accreditamento, né -quantomeno con riferimento a parte delle prestazioni dedotte in giudizio – contrattuale, instaurato nelle forme richieste dalla legge, a pena, peraltro, di nullità rilevabile anche d’ufficio», poiché nessuno dei documenti prodotti in giudizio -entro i termini decadenziali stabiliti dalla legge – integrava un vero e proprio provvedimento di accreditamento di competenza regionale, mentre i contratti versati in atti erano stati sottoscritti nel corso di ciascun atto di riferimento, e non antecedentemente; infatti per le prestazioni erogate prima della loro stipula, «sarebbe quantomeno
opinabile – al di là di quanto in essi previsto con riferimento alla loro efficacia temporale – applicarli retroattivamente, proprio per i rigorosi vincoli formali -consustanziali alla genesi stessa di un rapporto valido ed efficace con la pubblica amministrazione»; c) la società, invitata ad interloquire con apposita ordinanza interlocutoria del 1° giugno 2023 in ordine alle questioni suddette, aveva prodotto in giudizio -oltre ad un decreto emesso successivamente al periodo esaminatoun ‘certificato valido titolo convenzionale’ rilasciato ‘ai fini dell’ammissibilità dell’istanza di accreditamento definitivo’, nel quale era specificato che la struttura sanitaria era munita di un ‘valido titolo convenzionale ai sensi dell’articolo 6, comma sesto, della legge numero 724 del 1994’ per l’esercizio di determinate attività, che sarebbero conformi a quelle ‘autorizzate ed attualmente erogate in regime di provvisorio accreditamento (cfr., allegato in copia al fascicolo della società appellata, oltre al decreto il certificato valido titolo convenzionale, datato 23 novembre 2011, numero di protocollo 42.185) ‘ ; detti documenti, tuttavia, non permettevano di ritenere che fosse stato ritualmente assolto l’onere probatorio incombente sulla struttura privata, concernente la sussistenza dei fatti costitutivi -ed, in particolare, la sussistenza di un provvedimento amministrativo di accreditamento all’uopo emanato dall’ente a ciò deputato – della pretesa creditoria azionata; infatti con l’ordinanza del 1° giugno 2023 le parti erano state meramente invitate ad interloquire -oltre che sulla stipula dei contratti nel corso e non antecedentemente a ciascun anno di riferimento- sulla sussistenza, non comprovata, di un provvedimento amministrativo idoneo all’instaurazione di un rapporto di accreditamento e non certo a depositare documenti, la cui utilizzabilità, ai fini della decisione, si rivelava ‘oltre modo perplessa’; infatti, si trattava di nuovi documenti che la società appellata avrebbe dovuto tempestivamente versare in atti, essendo inerenti a fatti costitutivi -o meglio, ad uno dei fatti costitutivi-
della pretesa creditoria azionata; d) quanto all’accreditamento, nello specifico, in base all’articolo 6, comma sesto, della legge numero 724 del 1994, era stata assicurata la prosecuzione dei rapporti tra pubblica amministrazione e soggetti privati già convenzionati, in quanto l’ambito oggettivo dell’accreditamento transitorio veniva a trovare definizione, quanto alla tipologia delle prestazioni erogate, nel titolo originario, ma occorreva un nuovo titolo nel caso in cui fosse stata prevista l’erogazione di prestazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle originariamente assentite e pertanto la disciplina delle modalità di erogazione, inerenti tanto ai limiti quantitativi, quanto ai livelli tariffari ed alle modalità di pagamento dei corrispettivi, era stata in ogni caso subordinata ai provvedimenti adottati a livello regionale e recepiti nei singoli contratti stipulati con le aziende sanitarie locali, come da giurisprudenza di legittimità citata (cfr. Cass. civ. n. 17588/18), in quanto condizionata al rispetto dei limiti -quantitativi e qualitativideterminati sulla base delle risorse finanziarie e del fabbisogno territoriale di assistenza sanitaria; in definitiva la scelta dei destinatari dei provvedimenti di accreditamento non poteva che avvenire previa verifica della rispondenza delle strutture ai requisiti qualitativi richiesti, nonché nel rispetto dei limiti quantitativi determinati sia sulla base delle risorse finanziarie, che del fabbisogno territoriale di assistenza sanitaria e pertanto nessuna erogazione di prestazione sanitaria finanziariamente coperta dalla mano pubblica era possibile in difetto di un provvedimento amministrativo, di competenza regionale, attributivo della qualità di soggetto accreditato -provvisorio o transitorio o istituzionale- ed al di fuori di singoli e specifici rapporti contrattuali.
Avverso questa sentenza l a RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi, nei confronti dell’ASL Salerno, che è rimasta intimata.
Parte ricorrente ha presentato istanza alla Prima Presidente della Corte di Cassazione per la rimessione alle Sezioni Unite delle questioni poste dal ricorso e l’istanza è stata rigettata con provvedimento del Presidente Aggiunto depositato il 24 -10 -2024. 5. Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente denuncia: i) con il primo motivo, la ‘ N ullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 2909 c.c. e 324, 329, 342 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione alla esistenza di un giudicato interno sulla sussistenza di un rapporto di accreditamento tra l’azienda sanitaria locale Salerno e RAGIONE_SOCIALE ‘; deduce che la Corte di merito erroneamente ha affermato l’insussistenza (poiché ‘non provato’) di un rapporto di accreditamento in favore della società ricorrente, omettendo di considerare che l’ accertamento non era oggetto di impugnativa da parte dell’ASL, e dunque, per l’effetto, era coperto da giudicato interno; il giudizio, infatti, aveva ad oggetto esclusivamente l’accertamento della illegittimità della pretesa dell’ASL di trattenere sulle fatture attinenti alle prestazioni (incontestate) svolte un importo a titolo di ‘sconto’ in applicazione dell’art. 1 co.796 della Legge 27.12.2006 n. 296, mentre la sussistenza del rapporto di accreditamento era pacifica e incontestata; ii) con il secondo motivo la ‘ Nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 c.p.c., 2909 c.c. e 324, 329, 342, 132 c.p.c., 111, comma 6, Cost., ai sensi degli artt. 360, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione alla esistenza di un giudicato interno sul fatto della sussistenza di ‘validi ed efficaci’ rapporti contrattuali stipulati tra le parti ‘con riferimento a parte delle prestazioni dedotte in giudizio’; nonché motivazione perplessa e apparente sul punto ‘; deduce che la Corte d’appello erroneamente ha affermato l’insussistenza, ‘quanto meno con riferimento a parte delle prestazioni dedotte in giudizio’, di un
‘valido ed efficace’ rapporto contrattuale instaurato tra le parti, mentre anche tale questione era coperta da giudicato interno per mancata impugnativa specifica da parte dell’ASL; inoltre, la Corte di merito ha utilizzato la formula dubitativa, ritenendo ‘opinabile’ l’efficacia dei contratti annualmente sottoscritti rispetto alle prestazioni rese in data precedente alla loro formale sottoscrizione, senza esplicitare una chiara statuizione a fondamento della supposta inefficacia; iii) con il terzo motivo la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione all’asserita mancanza di prova di documentazione valida e idonea a giustificare la remunerazione delle prestazioni sanitarie rese dalla società ricorrente, con particolare riferimento al rapporto di accreditamento e agli accordi contrattuali sottoscritti tra le parti ‘; in subordine rispetto ai primi due motivi, rileva che la sentenza gravata è illegittima anche nella parte in cui afferma una presunta insufficienza probatoria in relazione alla documentazione idonea a giustificare l’esistenza di un regolare rapporto di accreditamento della società ricorrente, omettendo di considerare che trattavasi di circostanza non contestata tra le parti; in particolare il giudizio aveva a oggetto esclusivamente l’accertamento della illegittimità della pretesa dell’ASL di trattenere sulle fatture attinenti alle prestazioni (incontestate) svolte un importo a titolo di ‘sconto’ in applicazione dell’art. 1 co.796 della Legge 27.12.2006 n. 296, mentre la sussistenza del rapporto di accreditamento era pacifica e incontestata; iv) con il quarto motivo la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8, 8-bis, 8-quater e 8-quinquies, del d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 6, comma 6, della l. n. 724 del 1994, e dell’art. 1, commi 237 -quater e ss., della l.r. Campania n. 4 del 2011, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione all’asserita necessità di un provvedimento di accreditamento di competenza regionale, quale presupposto per l’erogazione di
prestazioni sanitarie per conto e a carico del SSN in regime di accreditamento transitorio/provvisorio ‘; deduce che la sentenza d’appello ha affermato, in contrasto con la normativa e con la consolidata giurisprudenza in materia, che l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del Servizio Sanitario Nazionale da parte delle strutture private in regime di accreditamento transitorio/provvisorio ai sensi dell’art. 6, comma 6, della l. n. 724 del 1994 richiederebbe, come presupposto imprescindibile, il rilascio di un provvedimento di accreditamento di competenza regionale e che, a fronte di ciò, la società ricorrente non avrebbe dimostrato la sussistenza di tale fatto costitutivo della pretesa creditoria azionata in primo grado, non avendo prodotto in giudizio un simile provvedimento; v) con il quinto motivo la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8-bis, 8-quater e 8quinquies, del d.lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 2, comma 7, del d.p.r. 14.1.1997, dell’art. 32, comma 8, della l. 27 dicembre 1997, n. 449 e dell’art. 1322 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’asserita necessità della stipula degli accordi contrattuali tra ASL e struttura privata accreditata in data antecedente a quella di fissazione dei tetti di spesa sanitaria regionale, quale presupposto per l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del SSN ‘; la sentenza impugnata ha affermato, in contrasto con la normativa e con la pacifica giurisprudenza in materia, che, oltre all’accreditamento, l’erogazione di prestazioni sanitarie per conto e a carico del Servizio Sanitario Nazionale da parte delle strutture private accreditate presupporrebbe la sussistenza di accordi contrattuali ex art. 8-quinquies, del d.lgs. n. 502 del 1992 e s.m.i., sottoscritti antecedentemente a ciascun anno di riferimento, e non in corso d’anno come quelli prodotti dalla società ricorrente, con conseguente insussistenza dei fatti costitutivi della pretesa creditoria azionata in primo grado anche sotto tale profilo; vi) con il
sesto motivo la ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 101 e 115, 345 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4 c.p.c., in relazione al mancato riconoscimento di una facoltà di integrazione probatoria a seguito della rimessione della causa sul ruolo affinché le parti interloquissero in merito alla sussistenza di un valido rapporto di accreditamento in favore della società ricorrente ‘; deduce che, salva l’efficacia assorbente dei motivi che precedono, la sentenza è illegittima nella parte in cui non ha riconosciuto alle parti la facoltà, ove necessario, di integrare la documentazione comprovante la esistenza di un valido rapporto di accreditamento, a seguito del rilievo officioso operato in merito dalla Corte territoriale; rimarca che a tale ‘onere’ la ricorrente aveva già provveduto sin dall’origine mediante la produzione, unitamente all’atto di citazione, del decreto di accreditamento definitivo; tanto l’ordinanza interlocutoria, quanto la sentenza gravata avevano escluso tale facoltà di integrazione probatoria, con evidente violazione del principio del contraddittorio rispetto a questioni officiosamente rilevate; vii) con il settimo motivo la ‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3 e 4; nullità della sentenza per manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c., nella parte in cui, travisando il contenuto della prova documentale offerta e con motivazione incompatibile con detta prova, non ritiene provato il rapporto di accreditamento ‘; rileva che la Corte di merito erroneamente ha affermato che non era provata la circostanza che Nobile operasse in regime di accreditamento, nonostante la prova documentale offerta in merito dalla società ricorrente, avendo letteralmente travisato il contenuto oggettivo della documentazione prodotta, dal quale era pacificamente e oggettivamente risultante, senza necessità di interpretazione alcuna, l’esistenza di un valido rapporto di accreditamento di tipo ‘transitorio’, all’epoca delle
prestazioni rese, mediante una motivazione logicamente incompatibile con gli atti e le risultanze probatorie del processo.
I motivi primo e secondo, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati.
2.1. Occorre premettere che l’identificazione del giudicato interno va effettuata prendendo le mosse dalla decisione assunta dal Tribunale sulle domande ed eccezioni tempestivamente introdotte dalle parti e, di seguito, scrutinando l’ambito del giudizio di appello come delimitato dai motivi di impugnazione introdotti dalle parti con l’appello principale e incidentale, art.342 e 343 c.p.c., dalle questioni riproposte ex art.346 c.p.c. e dalle questioni rilevabili d’ufficio e/o nuove nei limiti previsti dall’art.345 c.p.c.. Ove la questione rilevabile d’ufficio sia stata affrontata nel corso del processo di primo grado -è indifferente se su iniziativa delle parti o del Giudice- essa può essere reintrodotta nella fase di appello solo attraverso la proposizione di un motivo specifico di impugnazione, principale o incidentale, e quindi solo attraverso gli strumenti disciplinati dagli art.342 e 343 c.p.c.. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza
art.329 e 336 c.p.c.,
nella parte dedicata alle impugnazioni in generale, dopo aver affermato che si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta ad impugnazioni ed in particolare a ricorso per cassazione, considera, in alcune disposizioni, l’ipotesi di sentenze articolate in più parti ‘; ‘ Lo fa nella norma sull’acquiescenza parziale, affermando che “l’impugnazione parziale importa acquiescenza alle parti della sentenza non impugnata” (art. 329, secondo comma). Tale previsione però presuppone che le parti della sentenza non siano collegate da un nesso per il quale l’impugnazione della parte principale se accolta comporta l’automatico e necessario venir meno di altre parti. In dottrina si sottolinea giustamente che il principio enunciato dall’art.
329, secondo comma, può valere solo per i capi che siano autonomi e indipendenti da quello impugnato ‘; si può verificare l’ipotesi in cui l’appellante rimetta in discussione un punto della decisione implicante necessariamente pure la volontà di caducare anche la parte conseguente, strettamente collegata ad esso da un nesso causale, e in questo caso si deve considerare espressa chiaramente la volontà di non acquietarsi all’intera decisione di cui si mira a scardinare la parte principale con i suoi corollari; ‘ Non vale invece l’inverso: qualora l’impugnazione sia volta solo contro uno ‘ dei corollari, si deve ritenere sia intervenuta acquiescenza sulla parte principale.
Il giudicato interno viene, pertanto, ad essere individuato come relativo ad un statuizione minima costituita dalla sequenza fattonorma-effetto, suscettibile in relazione a quest’ultimo di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia sulle parti della sentenza di primo grado non investite dall’impugnazione (così anche Cass. S.U.14806/2014 e più di recente Cass. n.30728/22). In altre parole, emerge univocamente dal disposto dell’art.329 c.p.c., come uniformemente interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, che la ‘parte di sentenza’ non più rimettibile in discussione -in assenza di motivi di censura specificisuscettibile di acquisire la stabilità del giudicato interno è quella minima unità decisoria individuata nella sequenza logica costituita dal fatto, dalla norma e dall’effetto giuridico, ossia quella statuizione che affermi l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un dato effetto giuridico.
2.2. Tanto precisato, nella specie, in applicazione dei suesposti criteri, va ravvisato sussistente il giudicato interno, sia con riferimento all’avvenuta stipula dei contratti validi ed efficaci – , sottesi alle prestazioni per cui è causa, sia in ordine alla sussistenza dell’accreditamento, prima provvisorio e, successivamente, definitivo. L’effetto impeditivo, come si è detto, si
verifica se è impugnata la ‘parte principale’ che travolge le parti da essa dipendenti, il che non è nella specie, perché l’esistenza del rapporto inter partes (identificabile come ‘parte principale’), in ragione dell’intervenuto accreditamento e della stipula del contratto scritto, non era stata mai impugnata in appello dall’ASL e, anzi, prima ancora, mai era stata oggetto del contendere, poiché nel giudizio di primo grado era in discussione esclusivamente la ‘parte dipendente’ (sconto tariffario applicato dall’ASL e non applicabile secondo la società- quindi solo questioni attinenti al quantum spettante alla società per le prestazioni di laboratorio rese). In altri termini, il thema decidendum in primo grado e anche quello in appello, in base al devoluto (Cass. 9202/2018), era circoscritto solo alla debenza o meno dell’importo vantato a credito, superiore, secondo la società, a quello già pagato, mentre l’esistenza di un valido rapporto mai era stata posta in discussione .
La società odierna ricorrente, sin dall’atto di citazione in giudizio, aveva agito esclusivamente per ottenere l’intera remunerazione delle prestazioni erogate negli anni 2010, 2011, 2012 e 2013, senza la decurtazione relativa allo sconto nelle fatture, prevista per legge esclusivamente per gli anni 2006-2009, e non esportabile per gli anni successivi, quali quelli oggetto di controversia. Nell’atto di citazione sono stati indicati, e anche prodotti in giudizio, i contratti relativi agli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 (stipulati in corso di anno).
Costituendosi in giudizio la Asl Salerno si era limitata a sollevare l’eccezione di difetto di giurisdizione , di applicabilità dello sconto tariffario e di superamento del tetto di spesa, nonché di giudicato rispetto alla sentenza del TAR Salerno n.4425/2017, senza nulla affermare e contestare in ordine ai requisiti richiesti dalla legge per il pagamento delle prestazioni sanitarie, dunque senza alcun riferimento né ai contratti né all’accreditamento. Il Tribunale di Salerno accoglieva la domanda della società, dando per acquisiti i
contratti stipulati con la Asl, affermando con chiarezza che « la pretesa fondata sulla documentazione dalla stessa prodotta, ossia i contratti ex art. 8-quinquiesd.lgs.n. 502/92 stipulati con la Asl Salerno, per gli anni 2010, 2011 e 2012 » come da stralcio che la ricorrente trascrive in ricorso.
L’appello proposto dalla Asl avverso la citata sentenza era articolato in tre motivi, nessuno dei quali volto a contestare la sussistenza dei contratti e dei relativi sottesi accreditamenti, come da stralcio che pure la ricorrente trascrive in ricorso. Infatti la prima censura riguardava l’eccezione di difetto di giurisdizione, la seconda la questione d ell’applicabilità dello sconto tariffario anche successivamente al triennio 2007-2009 e del superamento del tetto di spesa e la terza censura riguardava l’omessa pronuncia sul giudicato amministrativo.
Non v’era stata, dunque, alcuna critica specifica né in ordine ai contratti, depositati nel corso del giudizio di prime cure, unitamente all’atto di citazione, né in ragione dell’assenza dell’accreditamento, per ciascuna delle annualità in discussione.
La stessa Corte d’appello, nel disporre la rimessione sul ruolo della causa con invito alle parti all’interlocuzione sulle questioni rilevate d’ufficio, si era limitata a manifestare esclusivamente i propri dubbi in ordine alla sussistenza o meno dell’accreditamento, ed in ordine alla validità di contratti stipulati tra la società e la Asl, anche per il periodo anteriore alla loro stipulazione, senza porre in discussione che i contratti fossero stati conclusi tra le parti.
La Corte territoriale, infatti, aveva evidenziato l’opportunità di interlocuzione delle parti in ordine alle seguenti questioni: 1) «sussistenza dell’accreditamento, provvisorio o definitivo, in virtù di un provvedimento all’uopo emanato dall’autorità a ciò deputata; 2) validità ed efficacia degli accordi contrattuali prodotti in giudizio, con riferimento alle prestazioni effettuate in ciascuno dei
periodi per i quali è stato sollecitato il pagamento, anche antecedente a quello di stipula dei contratti».
Pertanto, è pacifico, in quanto la circostanza non è stata mai oggetto di specifica contestazione tra le parti, che siano stati stipulati contratti relativi agli anni 2010, 2011, 2012 e 2013 e s ull’esistenza di essi, dunque, si è prodotto il giudicato interno.
Quanto all’esistenza o meno dell’accreditamento provvisorio per gli anni 2010, 2011, 2012 e 2013, emerge, anche in questo caso, la sussistenza del giudicato interno, in quanto mai, prima dell’intervento della Corte d’appello che a veva disposto l’interlocuzione delle parti sul punto, vi era stata alcuna contestazione da parte dell’Asl del mancato accreditamento in capo alla società.
Il Tribunale, infatti, sul profilo dell’accreditamento, aveva osservato che si era in presenza di una «struttura privata accreditata» erogante prestazioni sanitarie, nella branca di radiodiagnostica, in favore dei cittadini assistiti dal S.S.N..
La Asl Salerno, nell’atto di appello aveva ammesso espressamente l’esistenza dell’accreditamento in favore della società odierna ricorrente, affermando che «a fondamento della pretesa creditoria, l’odierno appellato, che opera in regime di accreditamento con la Asl Salerno ai sensi del d.lgs. 502/92 e ss.mm. ii., erogando prestazioni afferenti la Macroarea della ‘Specialistica ambulatoriale’».
Del resto, anche nel giudizio di prime cure, nessuna contestazione era stata sollevata dall’ASL in ordine al rapporto d’accreditamento. Ne consegue che, in applicazione dell’art.329 c.p.c., la Corte di merito non avrebbe potuto mettere in discussione, esercitando poteri d’ufficio, l’esistenza dell’accreditamento presso il SSN della società per gli anni 20102013, né l’esistenza per gli stessi anni di contratti in forma scritti validi come fonti negoziali disciplinanti i rapporti tra le parti e regolanti le prestazioni effettivamente rese
dalla ricorrente in basi ad essi, accettate e remunerate dalla ASL, poiché dette questioni erano coperte dal giudicato interno.
Dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso consegue l’assorbimento degli altri mezzi, concernenti argomentazioni critiche formulate in via subordinata.
In conclusione, vanno accolti il primo e secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata nei limiti dei motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Salerno che, in diversa composizione, provvederà anche sulla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i motivi primo e secondo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata limitatamente ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 novembre