Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17170 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17170 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 483/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, quale procuratore di RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2030/2023 depositata il 17/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Risulta dalla sentenza impugnata che COGNOME NOME ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Vicenza a favore di RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 282.906,48 oltre accessori, quale saldo di conto corrente sul quale erano appoggiati un finanziamento acceso in data 20 giugno 2009 e due facilitazioni creditizie in data 16 gennaio 2006 e in data 5 settembre 2008, giudizio di primo grado nel quale è intervenuta la cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale di Vicenza, previo espletamento di CTU, in parziale accoglimento dell’opposizione , ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato l’opponente al pagamento del minor importo di € 237.748,11 oltre accessori. Il Tribunale ha rigettato l’opposizione in punto applicazione interessi anatocistici e usurari, nonché in punto indeterminatezza delle condizioni generali di contratto, accertando -in accoglimento dell’opposizione – come illegittima la modifica unilaterale delle condizioni contrattuali ( ius variandi ).
La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza qui impugnata, ha parzialmente accolto l’appello del correntista in punto saldo a debito conseguente alla illegittima applicazione dello ius variandi , procedendo a una rideterminazione nel quantum pari a € 208. 592,33. Ha, tuttavia, rigettato l’appello nella parte in cui l’appellante ha dedotto l’incompletezza dell’indagine peritale, osservando come l’indagine peritale è stata espressamente limitata al solo tema dello ius variandi , in quanto le altre domande sono state ritenute infondate.
Propone ricorso per cassazione il correntista, affidato a quattro motivi, cui resiste con controricorso il cessionario del credito.
RAGIONI DELLA DECISIONE
n. 483/2024 R.G.
Va rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso nel suo complesso, essendo lo stesso -salvi i profili che si evidenzieranno -sufficientemente ancorato ai fatti e ai documenti di causa. Parimenti, va rilevato che l’odierno ricorso non è stato notificato all’altro appellato RAGIONE_SOCIALE Al riguardo, va richiamato il principio di ragionevole durata del processo, secondo cui può essere omessa l’integrazione del contraddittorio nei confronti della parte che non avrebbe nocumento dalla pronuncia di legittimità (Cass., Sez. U., 26373/2008), ove il ricorso si riveli infondato.
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 58 e 106 d. lgs. n. 385/1993 (TUB) e dell’art. 1263 cod. civ. in relazione alla l. n. 130/1999, al Reg. (UE) n. 2402/2017, al contratto di cessione del 5 febbraio 2020, contestandosi la legittimazione del cessionario del credito; deduce parte ricorrente che il cessionario non ha provato la titolarità del credito, non essendo sufficiente la pubblicazione del contratto di cessione in Gazzetta Ufficiale.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto la questione dedotta dal ricorrente non risulta trattata dalla sentenza di appello e deve, pertanto, considerarsi questione nuova, non essendovi stata nei due gradi del giudizio di merito alcuna contestazione della titolarità del credito. Ove una questione giuridica, implicante un accertamento di fatto, non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che la propone in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione (Cass., 32804/2019; Cass., n. 2038/2019).
483/2024 R.G. 4. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art.
1283 cod. civ. e della delibera CICR del 9 febbraio 2000, osservando come la sentenza di appello sia incorsa in errore per non avere rilevato anatocismo sul conto corrente di appoggio, prassi contraria alla norma imperativa di diritto comune. Osserva il ricorrente che la censura sarebbe supportata dalla perizia di parte.
C on il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 1346 e 1418 cod. civ., della l. n. 154/1992, del d.l. n. 185/2008, della l. n. 2/2009, del d.l. n. 201/2011 e degli artt. 117, 117-bis e 118 TUB, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha rilevato l’illegittimo addebito della commissione di massimo scoperto (CMS), clausola non oggetto di specifica pattuizione.
C on il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 821, 1283, 1135 e 1375 cod. civ ., dell’art. 6 delibera CICR 30 giugno 2000 e dell’art. 120 TUB, nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto nulle le pattuizioni degli interessi per indeterminatezza contrattuale, nonché per anatocismo. Deduce, inoltre, come il TAEG applicato sia diverso da quello pattuito.
I motivi dal secondo al quarto, i quali possono essere esaminati congiuntamente sono inammissibili, sotto un duplice profilo. In primo luogo, i motivi non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha rigettato l’appello ritenendo congrua l’indagine peritale, anche nel quantum, in quanto limitata all’RAGIONE_SOCIALE profilo ritenuto fondato dal tribunale, attinente alla illegittima applicazione dello ius variandi.
In secondo luogo, i motivi sono ulteriormente inammissibili in quanto contrari al giudicato interno formatosi in primo grado per omessa impugnazione dei capi della sentenza del Tribunale di Vicenza relativi al rigetto delle suddette domande (anatocismo, natura indebita
della CMS; nullità dei contratti per indeterminatezza delle condizioni contrattuali).
Il quarto motivo è inammissibile nella parte in cui deduce che il TAEG applicato sarebbe diverso da quello pattuito anche per difetto di specificità, non essendo stato indicato il momento processuale in cui tale censura sia stata precedentemente articolata.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre € 200,00 per anticipazioni, 15% per rimborso forfetario, oltre accessori di legge; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 11/06/2025.