Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22585 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 22585 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 18665/24 proposto da:
-) NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME, NOME , domiciliati ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
-) Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti , in persona del ministro pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ;
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 23 gennaio 2024 n. 124;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 giugno 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il 13 dicembre 1995, a causa d’un disastro aereo, persero la vita tra gli altri:
-) i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-) il loro figlio NOMECOGNOME
-) NOME COGNOME
Oggetto:
obbligazioni
solidali
–
transazione
–
effetti
rispetto
ai
condebitori
non
transigenti
–
mancata
impugnazione
conseguenze.
Due anni dopo i germani NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME figli di NOME e NOME COGNOME; nonché i fratelli di NOME COGNOME (NOME COGNOME ed NOME COGNOME, anche quali eredi della premorta madre NOME COGNOME) convennero dinanzi al Tribunale di Verona le società indicate come responsabili della sciagura, ovvero RAGIONE_SOCIALE (che poi muterà ragione sociale in RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE, Compania RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al risarcimento del danno.
I convenuti chiamarono in causa il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la Direzione Circoscrizione Aeroportuale di Verona, la società RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME di Verona RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (assicuratrice della compagnia aerea RAGIONE_SOCIALE, al fine di essere manlevati.
Nel giudizio intervennero volontariamente altri danneggiati nonché l’INAIL.
Dopo avere istruito la causa per nove anni, con sentenza 2090/06 il Tribunale di Verona pronunciò sentenza declinatoria della propria competenza per territorio, in favore del Tribunale di Venezia.
Riassunta la causa, con sentenza 2168/10 il Tribunale di Venezia accolse la domanda e – per quanto qui ancora rileva -, attribuita al Ministero del Trasporti una corresponsabilità del 20%, lo condannò al risarcimento del 20% dei danni patiti dagli odierni ricorrenti.
La sentenza fu appellata in via principale dalla Romavia e dalla Aeroporto di Verona s.p.aRAGIONE_SOCIALE, ed in via incidentale da tutti e cinque gli odierni ricorrenti.
Nel corso del giudizio di appello gli odierni ricorrenti transigettero la lite con il Fallimento della RAGIONE_SOCIALE
Con sentenza 19.12.2016 n. 2844 la Corte d’appello di Venezia confermò la statuizione di condanna del Ministero.
La sentenza fu impugnata per cassazione dagli odierni ricorrenti, i quali si dolsero d’una sottostima del danno morale (per non creare equivoci, data la confusionaria polisemia ormai attribuita a questo sintagma: la sofferenza per la morte d’una persona cara).
Con sentenza 11.4.2022 n. 11689 questa Corte accolse il ricorso e cassò con rinvio la sentenza d’appello. La suddetta sentenza ritenne erronea la sentenza impugnata in due punti.
7.1. Con riferimento al danno patito dai germani NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME la sentenza d’appello fu cassata per avere liquidato il danno morale senza tenere conto delle specificità del caso concreto, rappresentate dalla contemporanea perdita di ambedue i genitori e d’un fratello, con conseguente dis truzione del nucleo familiare.
7.2. Con riferimento al danno patito dalla madre e dai fratelli di NOME COGNOME la sentenza d’appello fu cassata per avere motivato la liquidazione del danno non patrimoniale in misura pari a quella degli altri danneggiati: motivazione ritenuta solo apparente, in virtù della considerazione che le sofferenze patite da ogni singola vittima non sono assimilabili.
Riassunta la causa, con sentenza 23.1.2024 n. 124, la Corte d’appello di Venezia ha così provveduto quanto alla posizione dei tre germani NOME:
ha incrementato del 100% i valori standard del risarcimento del danno liquidato a favore dei germani NOMECOGNOME per tenere conto delle specificità del caso concreto, liquidando così a ciascuno dei tre germani NOME, a titolo di ristoro del danno non patrimoniale, la somma di circa 1,8 milioni di euro;
ha liquidato il danno non patrimoniale ai congiunti di NOME COGNOME applicando, senza variazioni, i valori standard risultanti dalla tabella utilizzata dal Tribunale di Roma;
ha ritenuto che il Ministero dei Trasporti non potesse avvalersi, ex art. 1304 c.c., della transazione stipulata dai germani NOME con gli altri corresponsabili, in quanto tale transazione aveva espressamente ad oggetto la sola quota di debito gravante su questi ultimi, con riserva dunque dei danneggiati di agire nei confronti del Ministero per l’eccedenza;
ha rigettato, di conseguenza, l’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. degli atti di transazione, formulata dal Ministero;
ha ritenuto che si fosse formato il giudicato sul fatto che le suddette transazioni ‘ non possono comportare una limitazione del quantum del risarcimento dovuto dal Ministero dei Trasporti o, per il caso della famiglia COGNOME dagli altri danneggianti ‘ ;
ha condannato il Ministero al pagamento in favore dei germani NOME del 20% degli importi indicati sub (a);
ha detratto, dal credito così determinato, gli acconti già versati dal Ministero dei Trasporti ai tre fratelli NOME (ritenendo che sulla necessità di tale detrazione si fosse formato il giudicato), ma non i pagamenti effettuati dagli altri corresponsabili, ‘ in quanto relativi alla loro quota di responsabilità ‘ , a nulla rilevando che il cumulo dei vari risarcimenti potesse eccedere il credito dei danneggiati (p. 19);
ha ritenuto che gli acconti pagati dal Ministero andassero sottratti non dal solo credito risarcitorio per danno non patrimoniale, ma dal complessivo credito risarcitorio vantato dai tre fratelli NOME come risultante dal cumulo di tutte le poste risarcitorie.
Quanto alla posizione dei familiari di NOME COGNOME la Corte d’appello ha invece così provveduto:
ha ritenuto che i danneggiati, transigendo la lite con la società RAGIONE_SOCIALE e concordando con questa che le fosse attribuita una quota di responsabilità del 20%, avesse conservato il proprio residuo credito nei confronti di tutti gli altri coobbligati, e quindi potessero legittimamente pretendere dal Ministero l’80% del credito risarcitorio;
ha ritenuto anche in questo caso che dal credito risarcitorio dovessero detrarsi i pagamenti già effettuati dal Ministero, ma non quelli effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE
La sentenza d’appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME ed NOME COGNOME con ricorso fondato su cinque motivi.
Il Ministero dei Trasporti ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale.
I germani NOME hanno resistito con controricorso al ricorso incidentale e depositato memoria.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all’art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Ordine delle questioni
Va esaminato per primo il ricorso incidentale del Ministero, ex art. 276, secondo comma, c.p.c..
I cinque motivi di ricorso proposti dai danneggiati, infatti, investono la sentenza nella parte in cui ha determinato i criteri di scomputo degli acconti ed i criteri di computo degli effetti della mora (rivalutazione ed interessi compensativi).
Il ricorso del Ministero, invece, investe la sentenza nella parte in cui ha determinato la misura del credito residuo spettante agli attori: è dunque evidente che per stabilire se il giudice d’appello abbia correttamente provveduto alla taxatio del danno, è necessario stabilire prima se abbia correttamente provveduto alla aestimatio di esso.
2. Il primo motivo del ricorso incidentale.
Col primo motivo di ricorso incidentale il Ministero sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha rigettato l’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. delle transazioni stipulate dai creditori, ritenendo essersi formato il giudicato interno sulla statuizione di irrilevanza dei suddetti accordi
transattivi rispetto all’obbligazione risarcitoria di quest’ultimo , e che comunque l’Amministrazione non aveva interesse alla suddetta acquisizione . Il Ministero sostiene che il Tribunale si era pronunciato soltanto sulla possibilità per l’Amministrazione di profittare della transazione stipulata dai danneggiati con gli altri condebitori, ai sensi dell’art. 1304 c.c..
Tale possibilità prosegue l’Amministrazione – fu negata dal Tribunale, e solo su tale capo di sentenza si è formato il giudicato. Nessun giudicato, invece, si è formato sulla diversa questione concernente l’incidenza dei pagamenti ricevuti dai danneggiati a titolo di transazione sul quantum complessivo del risarcimento, e di conseguenza sul quantum del debito del Ministero.
2.1. La censura è infondata.
In primo grado il Ministero dichiarò di voler profittare della transazione stipulata dai danneggiati con taluni degli altri corresponsabili, ai sensi dell’art. 1304 c.c., ed a tale fine rivolse al Giudice istanza ex art. 210 c.p.c., affinché fosse ordinata ai danneggiati l’esibizione delle transazioni suddette.
Il Tribunale rigettò tale istanza ritenendola irrilevante, in quanto i danneggiati avevano stipulato con gli altri corresponsabili una transazione avente ad oggetto non l’intera obbligazione risarcitoria, ma la sola quota di essa, e dunque di essa il Ministero non poteva profittare (sentenza di primo grado, p. 71, secondo capoverso).
Il Ministero propose appello avverso tale statuizione, ed in appello oltre a dolersi del rigetto dell’istanza di esibizione delle transazioni stipulate dai danneggiati, dedusse che tali atti erano indispensabili per determinare il quantum debeatur (quarto motivo, contraddistinto dalla lettera ‘D’) .
Allegò in punto di diritto che ‘ dall’ammontare complessivo del debito deve essere dedotto il quantum pagato dal condebitore che ha transatto, per evitare un indebito arricchimento di cui, altrimenti, si avvantaggerebbe il creditore ‘, e concluse affermando che la richiesta veniva formulata ‘ onde poter detrarre le somme già pagate dall’ammontare del danno di cui venga ritenuto responsabile il Ministero dei Trasporti ‘ (così l’appello incidentale, p. 51-52).
Su questo motivo di gravame la Corte d’appello nulla statuì in modo espresso al riguardo, ma liquidò il danno senza tenere conto di quanto versato ai danneggiati da altri coobbligati a titolo di transazione.
2.3. Ora, sia che si volesse ritenere non esaminato il suddetto motivo d’appello da parte della sentenza poi cassata; sia che lo si volesse ritenere implicitamente rigettato, resta il fatto che il Ministero non impugnò la sentenza d’appello: né per omessa pronuncia, né per violazione di legge.
Inspiegabilmente, infatti, il Ministero rimase intimato nel precedente giudizio celebrato dinanzi a questa Corte.
La inevitabile conseguenza processuale di quanto esposto è che sulla possibilità per il Ministero di invocare, a diffalco del proprio debito, l’estinzione parziale dell’obbligazione per effetto dei pagamenti ricevuti da altri coobbligati si è ormai formato il giudicato ed ogni questione è ormai preclusa.
Non per la ragione indicata dalla sentenza qui impugnata (manifestamente erronea alla luce dei princìpi stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte, giustamente invocati dal Ministero: cfr. Cass. Sez. U., 30/12/2011, n. 30174), ma per la diversa ragione che il Ministero non ha impugnato la prima sentenza d’appello, nella parte in cui ha omesso di provvedere (o, se si vuole, ha implicitamente rigettato) il suo quarto motivo di gravame.
Né è consentito ritenere che, per effetto della cassazione con rinvio della prima sentenza d’appello, la questione del diffalco delle somme pagate da altri corresponsabili sia stata travolta dall’effetto espansivo interno della sentenza cassatoria, ex art. 336 c.p.c..
L’effetto espansiv o interno infatti non si produce con riferimento ai capi di sentenza che ‘ siano completamente autonomi, perché fondati su distinti presupposti di fatto e di diritto ‘ , rispetto a quello cassato ( ex multis , Cass. Sez. 2, 25/06/2020, n. 12649).
Ma lo stabilire, da un lato, di quali circostanze tenere conto nella liquidazione del danno non patrimoniale; e dall’altro lo stabilire se il creditore sia già stato risarcito da altri coobbligati, sono due questioni diverse per presupposti e non dipendenti l’una dall’altra. Pertanto
l’impugnazione della prima sentenza d’appello sul punto dei criteri di liquidazione del danno non patrimoniale non travolse la statuizione di irrilevanza delle transazioni stipulate dai danneggiati con altri coobbligati, rispetto alla misura del debito del Ministero.
2.4. In conclusione, il primo motivo di ricorso incidentale va rigettato per intervenuta formazione del giudicato interno.
3. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso incidentale.
Anche il secondo ed il terzo motivo del ricorso incidentale seguono la stessa sorte del primo : con essi infatti il Ministero si duole del rigetto dell’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c., e della mancata considerazione, nella stima del danno, delle somme incassate dai danneggiati per effetto delle transazioni stipulate con gli altri corresponsabili. Tuttavia tali questioni, per quanto detto:
-) furono già proposte dal Ministero nel primo giudizio d’appello;
-) non furono accolte;
-) non formarono oggetto di ricorso per cassazione;
-) non sono dipendenti dai capi di sentenza cassati da questa Corte.
Su di esse si è pertanto già formato il giudicato.
4. Il primo motivo del ricorso principale.
Col primo motivo del ricorso principale è denunciata la violazione del giudicato interno.
A quanto è dato comprendere dalla contorta sintassi che la difesa dei ricorrenti mostra di preferire, la censura si può così riassumere:
-) il Tribunale condannò il Ministero al risarcimento del danno non patrimoniale in favore degli odierni ricorrenti, ‘ con interessi legali sulla somma devalutata e poi via via rivalutata dal dovuto al saldo’ , e ‘ detratto quanto già percepito dai dall’ENAC e dall’Aeroporto Catullo (sic) al momento del pagamento’ ;
-) tale statuizione fu impugnata nella parte in cui aveva determinato il quantum del danno morale, ma non nella parte in cui aveva stabilito gli
effetti della mora (saggio degli interessi compensativi, decorrenza, diffalco degli acconti);
-) questa Corte, nell’accogliere il ricorso proposto dai danneggiati, censurò la sentenza d’appello quanto ai criteri di determinazione del danno non patrimoniale, ma non quanto alla misura degli accessori;
-) nondimeno il giudice di rinvio, dopo avere liquidato ex novo ed in maggior misura il danno non patrimoniale, condannò il Ministero a pagare gli interessi solo sulla differenza tra il complessivo credito risarcitorio e la sommatoria degli acconti già ricevuti dai creditori.
4.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo è inammissibile per mancata esposizione dell’interesse a ricorrere, ex art. 100 c.p.c., in quanto non illustra la rilevanza del preteso errore commesso dalla sentenza impugnata: ovvero a quale diverso risultato economico si perverrebbe, conteggiando gli effetti della mora nel senso auspicato dai ricorrenti.
4.2. In secondo luogo il motivo è manifestamente infondato.
Alle obbligazioni di valore non s’applica l’art. 1 224 c.c..
Gli interessi compensativi, al contrario di quelli moratori, non sono frutti civili, e cioè una obbligazione accessoria al credito in conto capitale. Sono, invece, una componente del danno aquiliano, consistente nella perduta possibilità di investire la somma dovuta al creditore a titolo di risarcimento, e ricavarne un lucro finanziario (Cass. sez. un. 17.2.1995 n. 1712).
Da ciò discende che capitale ed interessi compensativi formano un unicum inscindibile, sicché l’impugnazione del capo di sentenza relativo alla liquidazione del primo rimette in discussione anche quello concernente i secondi e viceversa, ex art. 336 c.p.c. ( ex multis, Cass. Sez. 6, 18/12/2019, n. 33719).
Dunque legittimamente il giudice del rinvio ha provveduto alla liquidazione ex novo degli interessi compensativi.
5. Il secondo motivo del ricorso principale.
Il secondo motivo espone la medesima censura già formulata col primo, questa volta prospettandola come violazione dell’art. 324 c.p.c..
5.1. Il motivo è infondato per le medesime ragioni già esposte al precedente § 4.2.
6. Il terzo motivo del ricorso principale.
Il terzo motivo espone la medesima censura già formulata col primo, questa volta prospettandola come violazione dell’art. 112 c.p.c..
6.1. Il motivo è infondato per le medesime ragioni già esposte al precedente § 4.2.
7. Il quarto motivo del ricorso principale.
Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 1194 c.c..
I ricorrenti deducono che tale norma sarebbe stata violata perché i pagamenti in acconto effettuati dal Ministero si sarebbero dovuti imputare prima agli interessi e poi al capitale.
6.1. Il motivo è, innanzitutto, inammissibile per carente esposizione dell’interesse che lo sottende, in virtù di quanto già esposto al precedente § 3.1..
6.2. Il motivo è manifestamente infondato, in quanto l’art. 1194 c.c. non s’applica alle obbligazioni di valore ( ex multis , Cass. Sez. 3, 03/04/2013, n. 8104; Cass. Sez. 3, 21/03/2011, n. 6357; Cass. Sez. 3, 03/05/2004, n. 8333).
7. Il quinto motivo di ricorso.
Il quinto motivo denuncia il vizio di ‘ motivazione assente, illogica e contraddittoria ‘.
Anche questo motivo è rivolto contro il capo di sentenza che ha stabilito i criteri di calcolo degli effetti della mora.
I ricorrenti sostengono che non sarebbe ‘ sorretto da motivazione alcuna Il meccanismo giuridico-contabile secondo cui un pagamento effettuato in corso di causa deve essere rivalutato alla data della sentenza ‘.
7.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Una sentenza è nulla per carenza di motivazione solo se questa manchi del tutto, ovvero sia incomprensibile. Qui la motivazione non manca e non è incomprensibile.
Il giudice di merito ha attualizzato alla data della decisione tanto il credito quanto l’acconto; ha detratto il secondo dal primo ed ha applicato la mora sulla differenza.
Il criterio dunque è comprensibile: lo stabilire poi se sia giuridicamente corretto è questione non prospettata dai ricorrenti, né ovviamente può questa Corte rilevare vizi non formalmente denunciati.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso principale;
(-) rigetta il ricorso incidentale;
(-) compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile