Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26040 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26040 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 24991/2022 R.G.) proposto da:
COGNOME NOME , nato a Isola Capo Rizzuto (KR) il DATA_NASCITA ed ivi residente, in località Capo Bianco (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in Monasterace (RC), alla INDIRIZZO, presso lo studio degli AVV_NOTAIO che lo rappresentano e difendono, giusta procura speciale allegata al ricorso introduttivo del presente procedimento (indirizzi p.e.c. dei difensori : ‘ EMAIL ‘ e ‘ EMAIL ‘ );
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE), in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE e domiciliato ‘ ope legis ‘ presso gli uffici di quest’ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO (indirizzo p.e.c.: ‘ EMAIL ‘) ;
-controricorrente –
avverso il decreto RAGIONE_SOCIALE Corte d’ Appello di Salerno n. 2465/2022, pubblicato il 27 luglio 2022;
n. 24991/2022 R.G.
COGNOME.
Rep.
C.C. 6/6/2024
Equa Riparazione.
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.;
FATTI DI CAUSA
1.- Con ricorso alla Corte d’Appello di Salerno, NOME COGNOME proponeva opposizione avverso il decreto che aveva rigettato la richiesta di equa riparazione per l’irragionevole durata di un procedimento penale, in relazione al periodo dal 31 giugno 2006, allorquando gli era stato notificato il decreto di perquisizione e contestuale sequestro di una serie di conti correnti intestati a lui ed alle società a lui facenti capo, nonché di somme di denaro, quote societarie ed autoveicoli, per i reati di cui agli artt. 416-bis, 648-bis, 323, 316-bis, 640-bis e 648, c.p., sino alla data del 4 giugno 2013 in cui era intervenuto il provvedimento di archiviazione da parte del GIP presso il Tribunale di Catanzaro, cui aveva fatto seguito anche il provvedimento di dissequestro.
La Corte d’Appello rigettava l’opposizione, fondando la decisione sulla mancata presentazione dell’istanza di accelerazione ex art. 2, comma 2quinquies, RAGIONE_SOCIALE l. n. 89 del 2001 in quanto il procedimento presupposto si era concluso con la dichiarazione di prescrizione del reato contestato al ricorrente.
COGNOME NOME proponeva ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto.
2.- La Corte di Cassazione con ordinanza n. 3744 del 2018 ravvisava l’inapplicabilità dell’obbligo di presentazione dell’istanza di accelerazione e in accoglimento del ricorso, rinviava alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione per la decisione sulla domanda di indennizzo.
Il ricorrente riassumeva il giudizio e reiterava la domanda di equa riparazione per il danno patrimoniale e per il danno non patrimoniale.
La Corte d’Appello di Salerno rigettava la domanda di equa riparazione.
Secondo i giudici del rinvio la pretesa del ricorrente era stata azionata solo con riferimento al procedimento cautelare inerente al sequestro probatorio avvenuto il 31 giugno del 2006 su beni del ricorrente quale
indagato dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro per i reati di cui agli artt. 416-bis, 648-bis, 323, 316-bis, 640-bis e 648, c.p..
Il sequestro riguardava i conti correnti intestati al ricorrente e alle varie società a lui facenti capo, i titoli azionari e le quote societarie delle società da lui rappresentate e altri beni intestati a lui e alle società. Dal procedimento relativo al sequestro era stato stralciato un altro procedimento con rinvio a giudizio per i reati di cui agli artt. 329 c.p. e 12quinquies d.l. n. 306 del 1992, aggravati ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991.
All’esito di quest’ultimo processo il COGNOME era stato condannato dal Tribunale di Catanzaro a sette anni di reclusione ed €. 2.000,00 (euro duemila/00) di multa, pena poi ridotta dalla Corte d’Appello di Catanzaro ad anni due. Il procedimento principale era stato archiviato con decreto del G.I.P. del 4 giugno 2013, per intervenuta prescrizione.
A seguito di tale archiviazione era stato disposto il dissequestro dei beni, notificato il 10 ottobre 2013 ed oggetto del ricorso per equa riparazione. Secondo la Corte d’Appello di Salerno la domanda era avanzata unicamente con riferimento alla durata del sequestro. L’eccessiva durata di un procedimento cautelare non poteva essere presa in considerazione in via autonoma in quanto strumentale rispetto al giudizio di merito in cui si inseriva. Di conseguenza l’apprezzamento delle necessità RAGIONE_SOCIALE cautela rispetto alla conclusione del processo investiva valutazioni discrezionali che non potevano essere riesaminate al di fuori del processo in cui avevano avuto luogo e non rilevavano ai fini RAGIONE_SOCIALE determinazione RAGIONE_SOCIALE ragionevole durata se il limite ragionevole di tempo era stato rispettato nel processo di merito nell’ambito del quale il procedimento cautelare si era svolto. Nella specie la parte ricorrente non aveva chiesto nulla a titolo di indennizzo in ordine al giudizio di merito nel quale il procedimento di sequestro era inserito. Aveva invece dedotto l’esistenza dei danni soltanto in connessione con il sequestro dei beni e non tanto in ragione dell’eccessiva durata RAGIONE_SOCIALE procedura cautelare quanto soprattutto in rapporto all’asseritamente negligente gestione dei beni sequestrati da parte degli organi a ciò preposti nel periodo compreso tra il sequestro 2006 il dissequestro 2013. La domanda di indennizzo, pertanto, non poteva essere accolta.
3.- Avverso tale decreto, COGNOME NOME proponeva nuovamente ricorso per cassazione denunciando, con un unico motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 4 RAGIONE_SOCIALE l. n. 89 del 2001 e dell’art. 6 CEDU, nonché degli artt. 277 e 737 c.p.c. anche sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE corretta motivazione del decreto decisionale.
In particolare, il COGNOME lamentava che la Corte territoriale aveva rigettato la domanda di equo indennizzo perché riferita solo al sequestro cautelare, fornendo dunque un’ interpretazione RAGIONE_SOCIALE domanda giudiziale fondata su di un evidente errore, in quanto nel ricorso introduttivo del giudizio e nelle conclusioni di tutti gli atti successivi, di opposizione, di reclamo, di ricorso in cassazione, di riassunzione, egli aveva sempre ribadito che la domanda di equa riparazione era proposta in relazione al procedimento penale numero 3687 del 2004 RAGIONE_SOCIALE direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Tale procedimento era iniziato con il sequestro dei beni in data 31 giugno 2002 e si era concluso con decreto di archiviazione in data 4 giugno 2013 e con contestuale dissequestro dei beni del ricorrente. Non vi era, quindi, alcuna distinzione tra il procedimento di merito e quello cautelare, in quanto il procedimento era stato unico.
Inoltre, il ricorrente richiamava la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte cost. n. 184 del 2015 evidenziando come l’equa riparazione spetti anche per le indagini preliminari.
4.- La Corte di cassazione (Seconda Sezione Civile), con ordinanza n. 29710 del 29 dicembre 2020, accoglieva il ricorso di COGNOME NOME con la seguente motivazione « La Corte d’Appello ha negato l’indennizzo con una motivazione che non tiene conto RAGIONE_SOCIALE evoluzione giurisprudenziale sulla ragionevole durata del processo in relazione alla fase delle indagini preliminari. La Corte Costituzionale, infatti, ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 2 bis, I. n. 89/2001 (c.d. legge Pinto), «nella parte in cui prevede che il processo penale si considera iniziato con l’assunzione RAGIONE_SOCIALE qualità di imputato, ovvero quando l’indagato ha avuto legale conoscenza RAGIONE_SOCIALE chiusura delle indagini preliminari, anziché quando l’indagato, in seguito a un atto dell’autorità giudiziaria, ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico» (Corte Cost. sentenza n. 184 del 2015). Del resto, già prima dell’introduzione dell’art. 2, comma 2-bis, citato, la giurisprudenza di
legittimità ha ritenuto rilevante ai fini dell’equa riparazione il tempo successivo al momento in cui l’indagato abbia avuto concreta notizia del procedimento penale. Questa Corte, infatti, in numerose occasioni, ha affermato che: «In tema di equa riparazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE legge 24 marzo 2001, n. 89, nella valutazione RAGIONE_SOCIALE durata del processo penale si deve tener conto RAGIONE_SOCIALE fase delle indagini preliminari dal momento in cui l’indagato abbia avuto concreta notizia RAGIONE_SOCIALE pendenza del procedimento nei suoi confronti», identificandosi quale termine finale, quello in cui la sentenza penale diviene definitiva, perché non più soggetta a impugnazione, o il procedimento si concluda con l’archiviazione senza esercizio dell’azione penale. (ex plurimis Sez. 6-2, Sent. n. 14385 del 2015, Sez. U. n. 19977 del 2014). In tal caso, si deve ritenere come imputabile all’organizzazione giudiziaria il tempo eccedente la durata massima delle indagini preliminari prevista per ciascun reato dalla legge (cfr., per un’ipotesi di valutazione come ragionevole RAGIONE_SOCIALE durata delle indagini preliminari in sei mesi, in sede di decisione nel merito ex art. 384 c.p.c., Sez. 1, Sentenza n. 19870 del 20/09/2010). Nella specie il ricorrente ha avuto conoscenza del procedimento nei suoi confronti con il sequestro in data 31 giugno del 2006, momento dal quale deve calcolarsi la durata ragionevole RAGIONE_SOCIALE fase delle indagini preliminari. Il riferimento RAGIONE_SOCIALE motivazione alla fase cautelare, dunque, è erroneo posto che il sequestro ha rappresentato il momento di conoscenza del ricorrente RAGIONE_SOCIALE pendenza del procedimento penale a iscritto a suo carico e, successivamente, definito con decreto di archiviazione e dissequestro dei beni. Nella specie, non assume rilevanza il fatto che, con un provvedimento di separazione dei procedimenti, ne sia stato istruito un altro conclusosi tempestivamente. ».
Pertanto, cassato il decreto pronunciato dalla Corte d’Appello di Salerno, la causa era rinviata nuovamente a quest’ultima, in diversa composizione, affinché decidesse anche sulle spese del giudizio di legittimità.
5.- Riassunta tempestivamente la causa , l’opposizione del COGNOME veniva nuovamente rigettata dalla Corte d’Appello di Salerno, con il decreto oggi impugnato, che condannava il ricorrente anche alle spese del procedimento, comprensive di quelle relative al giudizio di legittimità.
In particolare, a sostegno dell’adottata pronuncia, la Corte di merito rilevava, per quanto di interesse in questa sede: a ) che allorquando viene proposta opposizione avverso il decreto di liquidazione dell’indennizzo per equa riparazione, l’intera controversia è devoluta al giudice dell’opposizione, investito dell’intera domanda, senza che possa essersi formato alcun giudicato interno; b) che era dunque necessario verificare la proponibilità RAGIONE_SOCIALE domanda di equa riparazione; c) che tale valutazione andava effettuata alla luce RAGIONE_SOCIALE formulazione dell’art. 4 l. n. 89 del 2001, nella formulazione vigente ratione temporis , secondo cui « la domanda di equa riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva »; d) che, come chiarito da Cass., Sez. 6-1, sentenza n. 6647 del 24 aprile 2012, il dies a quo del termine semestrale di decadenza per la proposizione RAGIONE_SOCIALE domanda di equa riparazione, nel caso di indagini preliminari concluse con archiviazione, decorre non già dalla data di deposito dell’ordinanza di archiviazione (di cui non è prevista alcuna comunicazione all’indagato), bensì dalla data RAGIONE_SOCIALE conoscenza effettiva che questi ne abbia avuto; e) che, quindi, la Corte d’Appello di Salerno aveva espressamente invitato il ricorrente a produrre, tra l’altro, « gli atti relativi al l’eventuale rilascio di copie in favore dell’imputato del provvedimento di archiviazione RAGIONE_SOCIALE stesso procedimento in data 4.6.2013 », nonché gli « atti relativi alle operazioni di dissequestro disposte con il medesimo provvedimento, con relativa notifica »; f) che, in risposta a tale invito, il ricorrente aveva provveduto a produrre esclusivamente la documentazione relativa al dissequestro in data 10 ottobre 2013 in favore di tale COGNOME NOME (coniuge di COGNOME NOME), nonché alla richiesta di copia degli atti del procedimento datata 9 gennaio 2014, a seguito del provvedimento di archiviazione, emesso dal G.I.P. in data 4 giugno 2013, di cui il ricorrente era quindi « venuto a conoscenza in epoca imprecisata » (cfr., all’uopo, la pag. 4 del decreto impugnato) ; g) che tutto ciò, « già di per sé inevitabilmente » comportava il rigetto del ricorso, non potendosi escludersi che il ricorrente avesse ricevuto notizia dell’archiviazione da precedenti ed anteriori operazioni di dissequestro nei propri diretti confronti, giacché al COGNOME erano stati sequestrati anche conti correnti bancari personali, somme di denaro in contanti, un
appartamento in Crotone e quote societarie e, cioè, beni che avrebbero ben potuto essere stati dissequestrati poco dopo il provvedimento di archiviazione del 4 giugno 2013 , con conseguente tardività dell’istanza ; h) che , in definitiva, l’opposizione andava respinta ed il ricorrente condannato alle spese del procedimento di opposizione.
6.- Anche avverso tale decreto il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
All’esito di rinnovazione RAGIONE_SOCIALE notifica all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, disposta da questa Corte con ordinanza interlocutoria del 1° marzo 2024, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito, mediante controricorso.
7.- Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
1.- Con l’unico motivo , il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 116, 277 e 737 c.p.c., 3 e 4 l. n. 89 del 2001 e 6 CEDU, anche sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE motivazione del decreto decisionale.
Secondo il ricorrente, la Corte territoriale ha, in assoluta antinomia con quanto disposto dall’art. 2697 c.c. e in assenza di apposita eccezione e deduzione da parte del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , rilevato d’ufficio la presunta decadenza per decorso del termine semestrale di proposizione dell’istanza in assenza di data certa di conoscenza del provvedimento in capo al ricorrente e, contrariamente a quanto affermato da Cass., Sez. 61, ordinanza n. 6467 del 24 aprile 2012, abbia dedotto apoditticamente una data presunta di conoscenza del provvedimento di archiviazione in capo al ricorrente in assenza di qualsivoglia riscontro da parte del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, peraltro, non aveva nemmeno sollevato alcuna eccezione sul punto.
Ancora, secondo la prospettazione del ricorrente, la decisione di rigetto si baserebbe non sull’analisi e la valutazione dei documenti, bensì su un ‘ illazione o deduzione sganciata da qualsivoglia elemento documentale. In modo illogico e contraddittorio la Corte di Appello di Salerno dopo aver dato atto che, in ipotesi di archiviazione del procedimento penale – provvedimento per il quale non è prevista alcuna notifica o comunicazione all’interessato -, il termine semestrale per il ricorso di cui alla l. n. 89 del 2001, decorre dalla conoscenza effettiva del
decreto di archiviazione da parte dell’interessato , individua una data presunta di conoscenza del provvedimento di archiviazione pure a fronte di due documenti che ne attestano la conoscenza in capo al ricorrente solo con l’istanza del 10 gennaio 2014 e non prima e ciò per via squisitamente congetturale e ipotetica. E ciò, « A parte l’ovvia considerazione che nè l’avvocatura di RAGIONE_SOCIALE, nè gli altri giudici di merito o di legittimità che si sono avvicendati in questo processo, hanno mai rilevato detta tardività » (cfr., all’uopo, il ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, alla pag. 10).
Invertendo il principio dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova che governa il giudizio civile, la Corte di Appello di Salerno, dunque, avrebbe posto a carico del ricorrente l’onere di dimostrare la data di conoscenza effettiva dell’archiviazione (che pure ha fornito con l’istanza copie del 10 gennaio 2014) e non in capo al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. La decisione RAGIONE_SOCIALE Corte d ‘ Appello di Salerno, quindi, violerebbe anche l’art. 6 CEDU nella parte in cui decide non in forza di prove o documenti legittimamente acquisite al fascicolo processuale, bensì in forza di congetture e supposizione che non devono trovare spazio alcuno all’interno del procedimento giudiziale.
Sarebbe evidente, secondo la prospettazione del ricorrente, l’illogicità e l’incoerenza RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata dalla quale traspar irebbe una completa assenza di valutazione critica. La decisione, infatti, « dopo avere dato atto che il termine di sei mesi decorre da quando l’interessato ha avuto conoscenza del provvedimento conclusivo del giudizio, trascura poi la sostanziale differenza tra la conoscenza del provvedimento di archiviazione da parte del difensore appositamente nominato con la conoscenza da parte dell’interessato. Risulta in atti Cfr mandato difensivo allegato all’istanza copie del 10/01/2014 che COGNOME NOME conferì incarico al difensore in data 08/01/2014 (All. 5 pag. 84 e 85). Risulta che il difensore ha depositato in Procura richiesta copie in data 10/01/2014. Risulta altresì che l’istanza di rilascio copie del 10/01/2014 è firmata dal solo difensore di fiducia del ricorrente. Orbene, è prassi consolidata che il difensore si sinceri per le vie brevi RAGIONE_SOCIALE stato del procedimento e che all’esito delle ricerche formuli istanza copie e quanto altro. In termini, la decisione difetta di considerare che appare altamente probabile che al momento del conferimento incarico il ricorrente non
sapesse del provvedimento di archiviazione visto che conferisce al difensore non un mandato specifico ma un mandato generale. Appare altresì altamente probabile che tra la data dell’8/01/2014 (di conferimento mandato) e la data del 10/01/2014 (di deposito dell’istanza di rilascio copie) il difensore sia venuto a conoscenza per le vie brevi del decreto di archiviazione tanto da indicarlo specificamente nell’istanza. Non solo. Il ricorso ex legge 89-2001 è stato depositato nella cancelleria RAGIONE_SOCIALE Corte di Appello di Salerno in data 4/4/2014 (Cfr. pag. 1 del primo decreto di rigetto emesso dalla Corte di Appello di Salerno) e, per tale via, è altamente probabile che il ricorrente ne sia venuto a conoscenza nel periodo dal 5/10/2013 all’7/01/2014, dunque nei ter mini per proporre ricorso. » (cfr., all’uopo, il ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, alle pagg. 11 – 12).
Pertanto, in assenza di prova rigorosa a carico del RAGIONE_SOCIALE (che sul punto non ha mai sollevato obiezione di alcun genere), RAGIONE_SOCIALE circostanza secondo cui il ricorrente sarebbe venuto a conoscenza del provvedimento di archiviazione prima del 5 ottobre 2013, appare evidente che collocare in epoca antecedente a quella data la conoscenza del decreto di archiviazione, rappresenti una mera congettura. Il provvedimento sarebbe dunque illogico, immotivato e ingiusto per violazione di legge: 1) nella parte in cui, in violazione dell’onere probatorio a carico delle parti e in presenza di prova documentale (l’istanza del 10 gennaio 2014) circa il momento esatto di conoscenza del decreto di archiviazione (che non è notificato o comunicato all’indagato), pone a carico dell’indagato e non del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE l’onere di dimostrare la data esatta di conoscenza del provvedimento, per via congetturale; 2) « nella parte in cui ricava la data di presunta conoscenza del provvedimento di archiviazione in capo all’indagato non in forza di una sua condotta o dichiarazione ma sulla base RAGIONE_SOCIALE dichiarazione (istanza copie) del difensore. » (cfr., all’uopo, il ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, alla pag. 12); 3) « nella parte in cui qualifica fuori termine un ricorso in forza non di una data certa ma solo presunta in assenza di dati, dichiarazioni o documenti a supporto e in assenza di una apposita deduzione o eccezione dell’avvocatura di RAGIONE_SOCIALE » (cfr., all’uopo, il ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, alla pag. 12); 4) nella
parte in cui non spiega come il ricorrente avrebbe potuto conoscere l’esistenza del decreto di archiviazione, prima dell’istanza del 10 gennaio 2014 e prima del rilascio RAGIONE_SOCIALE copia di tale provvedimento, visto che esso faceva parte di un fascicolo in parte secretato per come da atto il giudice con apposito provvedimento prodotto nel giudizio di merito; 5) nella parte in cui, nel determinare una data presunta di conoscenza del decreto di archiviazione, non tiene conto del provvedimento di secretazione.
2.- La censura è fondata.
Ed invero, come chiarito da questa Corte regolatrice, « Il giudizio di rinvio deve svolgersi entro i limiti segnati dalla sentenza di annullamento e non si può estendere a questioni che, pur non esaminate specificamente, in quanto non poste dalle parti o non rilevate d’ufficio, costituiscono il presupposto logico – giuridico RAGIONE_SOCIALE sentenza stessa, formando oggetto di giudicato implicito ed interno, poiché il loro riesame verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti RAGIONE_SOCIALE sentenza di cassazione, in contrasto col principio RAGIONE_SOCIALE loro intangibilità, con la conseguenza che deve escludersi la possibilità per il giudice del rinvio di sindacare la improponibilità RAGIONE_SOCIALE domanda, dipendente da qualunque causa, anche da inosservanza di modalità o di termini, pur essendo la stessa rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del processo. » (cfr., all’uopo, Cass., Sez. 6-5, ordinanza n. 7656 del 4 aprile 2011, Rv. 617561-01; cfr., altresì, Cass., Sez. 1, sentenza n. 5381 del 7 marzo 2011, Rv. 617290-01, secondo cui « Nel giudizio di rinvio è precluso alle parti di ampliare il “thema decidendum” e di formulare nuove domande ed eccezioni ed al giudice – il quale è investito RAGIONE_SOCIALE controversia esclusivamente entro i limiti segnati dalla sentenza di cassazione ed è vincolato da quest’ultima relativamente alle questioni da essa decisa – non è, pertanto, consentito qualsiasi riesame dei presupposti di applicabilità del principio di diritto enunciato, sulla scorta di fatti o profili non dedotti, né egli può procedere ad una diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso ovvero all’esame di ogni altra questione, anche rilevabile d’ufficio, che tenda a porre nel nulla o a limitare gli effetti RAGIONE_SOCIALE sentenza di cassazione in contrasto con il principio RAGIONE_SOCIALE sua intangibilità. »; cfr., infine ed in termini più generali, Cass., Sez. L, sentenza n. 25153 del 24 ottobre 2017, Rv. 646723-01, secondo cui « Nel giudizio di rinvio resta precluso l’esame di ogni questione
logicamente pregiudiziale ed incompatibile non rilevata dalla RAGIONE_SOCIALE, o perché non investita RAGIONE_SOCIALE sua decisione da un motivo di ricorso o anche perché la questione, pur se in astratta ipotesi rilevabile d’ufficio, non lo è stata, sicché la pronuncia di legittimità può essere rimessa in discussione solo in base a fatti sopravvenuti al passaggio in decisione RAGIONE_SOCIALE causa in appello o a mutamenti normativi successivi alla pubblicazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di cassazione. »).
Orbene, nel caso di specie, la Corte d’Appello di Salerno non si è uniformata al principio sopra enunciato, in quanto, anziché attenersi a quanto disposto da questa Corte nell’ordinanza n. 29710 del 29 dicembre 2020, si è spinta a rilevare d’ufficio una questione ormai coperta da giudicato interno, cioè la decadenza per tardiva proposizione RAGIONE_SOCIALE domanda di indennizzo, questione che doveva essere considerata già esclusa, alla stregua dei due precedenti giudizi di legittimità e che, peraltro, nemmeno risultava essere stata opposta dal RAGIONE_SOCIALE.
3.- Alla stregua delle considerazioni finora sviluppate, poiché il giudicato interno è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato va cassato, con ennesimo alla Corte d’Appello di Salerno che, in diversa composizione, provvederà a statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda Sezione