Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15237 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15237 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/06/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 15347/23 proposto da:
-) NOME COGNOME quale amministratore di sostegno e rappresentante volontario di Medici Ilde , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) NOME COGNOME domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna 20 aprile 2023 n. 876; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell ‘ 8 aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. L ‘ antefatto.
NOME COGNOME nel 2006 fu nominato amministratore di sostegno della madre novantunenne NOME COGNOME non più capace di intendere e di volere.
Tre anni dopo fu sostituito nell ‘ incarico da un nuovo amministratore di sostegno, l ‘ avv. NOME COGNOME
1.1. NOME COGNOME nel 2010, dichiarando di agire in nome e per conto di NOME COGNOME convenne NOME COGNOME e la di lui moglie NOME COGNOME dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia, assumendo che i due si erano
–
Oggetto:
opposizione
all ‘ esecuzione – domanda di divisione ereditaria proposta
dall ‘ opponente – natura –
domanda riconvenzionale
esclusione – conseguenze
appropriati di una somma di denaro prelevata dalle disponibilità di NOME COGNOME pari ad euro 59.605.
Chiese la condanna dei convenuti alla restituzione in favore di NOME COGNOME della suddetta somma.
La domanda fu accolta in primo ed in secondo grado.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza d ‘ appello (App. Bologna 17.9.2019 n. 2613) fu rigettato da questa Corte con ordinanza 27.5.2024 n. 14788.
1.2. Nelle more di questo processo NOME COGNOME venne a mancare l ‘ 11 maggio 2015, lasciando quali unici eredi testamentari i due figli NOME COGNOME e NOME COGNOME
2. I fatti di causa.
Con atto spedito il 24.6.2020 NOME COGNOME invocando quale titolo esecutivo giudiziale la sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna 2613/19, sopra ricordata, intimò precetto al fratello NOME COGNOME chiedendo il pagamento della somma di euro 19.868,33, oltre accessori.
A fondamento dell ‘ intimazione dedusse di essere divenuta erede di NOME COGNOME per la quota di un terzo, e pertanto di avere acquisito jure hereditario , nella suddetta misura, il credito vantato da NOME COGNOME nei confronti del figlio NOME COGNOME in virtù della suddetta sentenza.
2.1. NOME COGNOME propose opposizione all ‘ esecuzione, sostenendo che il credito azionato in executivis da NOME COGNOME in quanto già spettante ad NOME COGNOME e poi caduto in successione, non era esigibile sino a quando non fosse stata sciolta la comunione ereditaria.
Domand ò inoltre (qualificando la domanda come ‘riconvenzionale’):
-) che fossero divise le eredità di NOME COGNOME e del premorto marito di questa, NOME COGNOME
-) che si ordinasse ad NOME COGNOME di rendere il conto della gestione dei beni della madre NOME COGNOME e che se fosse emerso un debito di NOME
N.R.G.: 15347/23
Camera di consiglio del 8 aprile 2025
Medici verso l ‘ asse ereditario della madre (e quindi un proprio corrispondente credito), questo fosse compensato con il proprio debito;
-) che NOME COGNOME fosse condannata comunque a versare alla comunione ereditaria la somma di euro 226.315.797, che l ‘ opponente assumeva essere stata prelevata dai beni dei due genitori.
3. Le sentenze di merito.
Con sentenza 21.2.2022 n. 231 il Tribunale di Reggio Emilia:
-) rigettò l ‘ opposizione, ritenendo che ciascun coerede, anche pro indiviso , potesse sempre agire sia in sede di cognizione, sia esecutivamente, per riscuotere la sua quota di un credito spettante al de cuius ;
-) in ogni caso, poiché NOME COGNOME era nello stesso tempo erede e debitore di NOME COGNOME il suo debito si era estinto per confusione ex art. 1253 c.c. nella misura di due terzi, pari alla sua quota ereditaria:
-) dichiarò inammissibili le domande ‘riconvenzionali’ proposte da NOME COGNOME ‘ perché non hanno alcuna connessione e relazione di dipendenza, ex art. 36 c.p.c., con il diritto dell ‘ opposta di procedere ad esecuzione forzata, ossia con l ‘ oggetto specifico del presente giudizio di opposizione a precetto ‘;
-) rigettò l ‘ eccezione di compensazione, sul presupposto che il credito messo in esecuzione era ancora sub iudice , a causa dell ‘ impugnazione della sentenza d ‘ appello.
La sentenza fu appellata dal soccombente.
3.1. Con sentenza 20.4.2023 n. 876 la Corte d ‘ appello di Bologna ha accolto il gravame e, con esso, l ‘ opposizione.
La Corte d ‘ appello:
-) ha ritenuto che i crediti del de cuius cadono in comunione e non si dividono pro quota fra i coeredi; pertanto sino a che perdura la comunione essi non possono essere messi in esecuzione da uno soltanto dei coeredi;
-) ha condiviso il giudizio di inammissibilità delle domande ‘ riconvenzionali’ proposte da NOME COGNOME.
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME rappresentata dal proprio amministratore di sostegno NOME COGNOME con ricorso fondato su quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale. Ha anche depositato memoria.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all ‘ art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso di NOME Medici.
1.1. Col primo motivo è denunciata la violazione degli artt. 112, 342, 345 e 346 c.p.c.; nonché dell ‘ art. 2909 c.c..
L ‘ illustrazione del motivo prospetta una tesi giuridica così riassumibile:
il Tribunale rigettò l ‘ opposizione proposta da NOME COGNOME affermando che il credito vantato da NOME COGNOME nei confronti del figlio ed erede non fosse mai caduto in comunione; infatti, alla morte di NOME COGNOME, il figlio NOME COGNOME cumulò nella propria persona la veste di creditore della quota ereditaria, ma anche quella di debitore verso il de cuius della somma di euro 59.605; il Tribunale perciò concluse che la quotaparte del credito scaturente dalla condanna spettante a NOME Medici si estinse per confusione, ex art. 1253 c.c., con la conseguenza che la quota restante del suddetto credito divenne titolarità esclusiva dell ‘ altra coerede, NOME COGNOME
questa statuizione del Tribunale non fu impugnata da NOME COGNOME
pertanto sulla ritenuta estinzione pro parte del credito oggetto del titolo esecutivo, e sulla concentrazione della parte restante in capo alla sola Ilde Medici, si era formato il giudicato;
ergo , la Corte d ‘ appello, accogliendo l ‘ opposizione e dichiarando che il credito portato dal titolo esecutivo fosse caduto in comunione (e non potesse perciò essere azionato in executivis ), aveva violato il giudicato interno.
1.1. Il motivo è fondato nella parte in cui lamenta la violazione del giudicato interno.
Il Tribunale ha motivato il rigetto dell ‘ opposizione proposta da NOME COGNOME con due diverse rationes decidendi .
Dapprima ha affermato che il coerede può agire esecutivamente nei confronti di altro coerede per riscuotere pro quota un credito del de cuius (p. 3, terzultimo capoverso, della sentenza di primo grado).
Poi, però, ha aggiunto che nel caso di specie ‘ non è neppure configurabile una comunione del credito tra i coeredi ‘ , perché – ad avviso del Tribunale il credito di NOME COGNOME nei confronti del figlio si era estinto pro parte ex art. 1253 c.c. allorché quest ‘ ultimo divenne erede testamentario della madre creditrice . Concluse perciò il Tribunale affermando che NOME COGNOME era ‘ titolare esclusiva ‘ di un terzo del credito portato dal titolo esecutivo ( ibidem , p. 3, ultimo rigo, e p. 4, primo capoverso).
1.2. Il Tribunale dunque, ha ritenuto che il credito di NOME COGNOME nei confronti del figlio non fosse affatto caduto in comunione, ma si fosse estinto per una parte, e per la parte restante si fosse trasferito in capo a Ilde Medici ‘in via esclusiva’.
1.3. Incurante di questa ratio decidendi , l ‘ appello proposto da NOME COGNOME si diffuse per molte pagine a sostenere che il credito messo in esecuzione da NOME COGNOME non fosse né liquido, né certo, né esigibile. Sostenne che il titolo esecutivo messo in esecuzione non era definitivo ed era stato impugnato; che il credito di NOME COGNOME era caduto in comunione ereditaria; che i crediti ereditari non sono esigibili dal singolo erede sino allo scioglimento della comunione (atto d ‘ appello, pp. 14-20).
1.4. In nessun punto, in nessun passaggio, in nessun accenno, l ‘ appellante investì le due decisive affermazioni compiute dal Tribunale per rigettare l ‘ opposizione, e cioè:
il credito messo in esecuzione si era estinto pro parte per confusione, e quindi
b) ‘ non è configurabile una comunione del credito tra i coeredi ‘ .
In pratica il Tribunale ha fondato la propria decisione sull ‘ assunto che il credito di NOME COGNOME si fosse estinto per una parte e, per la parte restante, si fosse concentrato in capo a NOME COGNOME, con esclusione della comunione.
L ‘ appellante invece ha motivato l ‘ intero primo motivo d ‘ appello spiegando che i crediti ereditari non sono esigibili sino alla divisione della comunione.
L ‘ appello dunque non ha censurato l ‘ affermazione secondo cui il credito di NOME COGNOME non era (più) oggetto di comunione ereditaria, in virtù dell ‘ art. 1253 c.c..
E si trattava d ‘un ‘ punto di sentenza’ certamente suscettibile di passare in giudicato, in quanto basato sul triplice elemento del ‘fatto’ (NOME COGNOME era creditore e debitore di NOME COGNOME); della ‘norma’ ( l ‘ art. 1253 c.c.) e dell ”effetto’ (il credito si estingue pro parte e si scioglie la comunione su esso).
1.5. Il primo motivo di ricorso va dunque accolto, per essersi formato il giudicato sulla statuizione per cui il credito messo in esecuzione da NOME COGNOME non formava più, al momento dell ‘ avvio dell ‘ azione esecutiva, oggetto di comunione ereditaria.
È appena il caso di precisare che la correttezza della conclusione cui è pervenuto il primo giudice non può essere vagliata: e tanto in dipendenza del rilevato giudicato, sicché ogni questione al riguardo resta preclusa.
2. Il secondo motivo di ricorso.
Col secondo motivo è prospettata la violazione dell ‘ art. 1253 c.c..
Deduce la ricorrente che erroneamente la Corte d ‘ appello ha ritenuto che il credito di NOME COGNOME verso il figlio NOME COGNOME fosse caduto in successione. Sostiene che nel momento in cui NOME COGNOME cumulò in sé le qualità di debitore del de cuius ed erede di questi, il suo credito verso la defunta madre si estinse pro quota per confusione, sicché la Corte d ‘ appello non avrebbe potuto ritenere che quel credito fosse caduto in comunione e nella sua interezza.
2.1. Il motivo resta assorbito dall ‘ accoglimento del primo motivo di ricorso.
3. Il terzo motivo del ricorso di NOME Medici.
decisivo’,
Col terzo motivo si denuncia ‘ l ‘omesso esame del fatto individuato nella qualità di erede testamentario in capo a NOME COGNOME.
Il motivo non contiene alcuna reale censura, e sarebbe per questa ragione inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c.; in ogni caso, esso è assorbito dall ‘ accoglimento del primo motivo di ricorso.
4. Il quarto motivo del ricorso di NOME Medici.
Col quarto motivo è censurata l ‘ affermazione della Corte d ‘ appello secondo cui i crediti caduti in successione non possono essere messi in esecuzione dal singolo coerede.
4.1. Anche questo motivo resta assorbito dall ‘ accoglimento del primo motivo di ricorso.
5. Il primo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME
Col primo motivo di ricorso incidentale è censurata la sentenza d ‘ appello nella parte in cui ha ritenuto inammissibili, perché coperte da giudicato, le domande di restituzione, collazione e rendiconto da lui proposte con riferimento all ‘ eredità paterna.
5.1. Il motivo è fondato.
La Corte d ‘ appello, rilevato che identica domanda era stata dichiarata inammissibile in altro giudizio, ha ritenuto esservi giudicato su essa. L ‘ errore è palese, dal momento che la pronuncia di inammissibilità resa in altro giudizio ha natura meramente processuale e non impedisce la riproposizione della domanda.
6. Il secondo motivo del ricorso incidentale.
Col secondo motivo di ricorso incidentale è censurata la statuizione di inammissibilità delle domande riconvenzionali di restituzione, collazione e rendiconto proposte da NOME COGNOME con riferimento sia all ‘ eredità materna che all ‘ eredità paterna (per quest ‘ ultima, infatti, la Corte d ‘ appello ha adottato una doppia motivazione, ritenendo la domanda sia coperta da giudicato, sia inammissibile ex art. 36 c.p.c.).
Deduce il ricorrente che il diritto azionato esecutivamente da NOME COGNOME trae fonte dal patrimonio ereditario dei suoi genitori; conseguentemente, è intuitivo il legame che intercorre tra la fondatezza o meno del diritto e la ricostruzione dell ‘ asse ereditario con la conseguente divisione delle quote fra gli eredi ‘ .
6.1. Il motivo è fondato, ma per ragioni giuridiche diverse da quelle prospettate dal ricorrente.
Ciò, tuttavia, non è d ‘ ostacolo all ‘ accoglimento della censura, in virtù del principio già stabilito da questa Corte, secondo cui la Corte di cassazione in virtù del principio jura novit curia può accogliere il ricorso per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, a condizione che essa sia fondata sui fatti come prospettati dalle parti (Cass. civ., sez. VI-3, 14.2.2014, n. 3437; nello stesso senso, in seguito, Sez. 1, Ordinanza n. 4324 del 19.2.2025; Sez. 3, Ordinanza n. 2522 del 3.2.2025).
6.2. NOME COGNOME ha proposto una opposizione a precetto.
Con l ‘ atto introduttivo del giudizio da un lato contestò il diritto della sorella di agire esecutivamente, dall ‘ altro chiese al giudice di dividere l ‘ eredità materna.
6.3. Nel giudizio di opposizione all ‘ esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., l ‘ opponente ha veste sostanziale e processuale di attore (Cass. civ., sez. lav., 7.3.2003, n. 3477; Cass. Sez. 6, 20/01/2011, n. 1328; Cass. Sez. 3, 28/06/2019, n. 17441).
Pertanto, la domanda di divisione dell ‘ eredità proposta da NOME COGNOME non era affatto una ‘riconvenzionale’ , qualificazione inconcepibile rispetto alla domanda attorea.
Si trattava, molto più semplicemente, d ‘ una domanda aggiuntiva e complanare rispetto a quella – insita in ogni opposizione – di accertamento negativo del diritto di procedere esecutivamente , quand’anche fondata su presupposti di fatto e di diritto (relativi alla struttura e alla composizione stesse della massa dell’eredità COGNOME) parzialmente coincidenti .
6.4. La formulazione di più domande da parte dell ‘ attore nei confronti del medesimo convenuto è consentita dall ‘ art. 103 c.p.c., che – come noto consente il cumulo di più domande anche ‘ non altrimenti connesse’ , salva la facoltà del giudice di separarle.
6.5. Il ricorso è dunque fondato nella parte in cui denuncia la violazione dell ‘ art. 36 c.p.c.. Non, però, per la ragione giuridica indicata dal ricorrente (vi era ‘connessione’ tra pretesa esecutiva e domanda di divisione), ma per la diversa ragione che la fattispecie processuale doveva essere decisa in base ai princìpi stabiliti dall ‘ art. 103 c.p.c., non dall ‘ art. 36 c.p.c..
7. Il terzo motivo del ricorso incidentale.
Il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in merito alla ritenuta inammissibilità della domanda ‘riconvenzionale’.
Il motivo resta assorbito dall ‘ accoglimento del secondo.
8. I motivi quarto, quinto e sesto del ricorso incidentale.
I restanti tre motivi del ricorso incidentale – coi quali è denunciato il vizio di omessa pronuncia sulle domande proposte dall ‘ opponente (quarto e quinto motivo), nonché la violazione delle norme sulla compensazione dei crediti (sesto motivo) – restano assorbiti.
La fondatezza, sia pure per quanto di rispettiva ragione, dei ricorsi impone la cassazione integrale della qui gravata sentenza e il rinvio alla
stessa Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà pure a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.
P. q. m.
(-) accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i restanti;
(-) accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale; dichiara assorbiti i restanti;
(-) cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d ‘ appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile