Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12393 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12393 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10297/2024 R.G. proposto da :
AZIENDA SANITARIA LOCALE ROMA1, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 6672/2023 depositata il 18/10/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Si riporta qui di seguito il testo della proposta di definizione anticipata del ricorso formulata in data 12.7.2024, ai sensi dell’art. 380 c.p.c., dal Consigliere Coordinatore:
‘ La ricorrente ASL Roma 1 impugna con unico motivo la sentenza n. 6672/2023 del 18.10.2023 della Corte di appello di Roma che ha rigettato il gravame da essa proposto avverso la decisione di primo grado n. 17913/2017 del Tribunale di Roma.
La RAGIONE_SOCIALE Valle RAGIONE_SOCIALE aveva agito in giudizio al fine di ottenere il pagamento di alcune fatture del 2010 e del 2011 per un importo complessivo di € 428.070,86 per le ‘superfici’ dei locali e per le attrezzature relative all’attività ambulatoriale nonché per i c.d. costi indiretti, sulla base della previsione dell’art. 11 comma 1 del Protocollo di Intesa del 30.04.2009 (superfici e attrezzature) e art. 11 comma 2Lettera B ‘costi indiretti’.
La Corte di appello ha ribadito l’accoglimento della domanda della RAGIONE_SOCIALE, ritenendo la validità del Protocollo, in particolare, dell’art. 11, e inquadrando il rapporto inter partes come affitto di azienda.
Con unico motivo la ASL Roma 1 ha dedotto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 97 Cost., art. 1, 3 e 21 septies L. 241/1990, 1325 c.c., art. 1418 c.c.
Secondo la ricorrente, anche quando essa si avvale di moduli privatistici, l’azione della Pubblica Amministrazione non può essere equiparata all’azione giuridica dei soggetti privati, non essendo né libera né autonoma, ma finalizzata al perseguimento di obiettivi
prestabiliti dall’ordinamento e suscettibili di controllo (art. 97 Cost. e art. 1 L. 241/1990). Da ciò deriva la necessità di tener conto della qualità di Pubblica Amministrazione e del conseguente insopprimibile potere-dovere della stessa di attenersi, anche nei contratti conclusi iure privatorum, ad alcune norme regolanti l’attività contrattuale, in particolare quelle relative alla formazione della volontà (artt. 1325 c.c. e 1418 c.c.).
La Corte di appello avrebbe quindi erroneamente concentrato la sua valutazione su un momento geneticamente successivo a quello della formazione della volontà, momento quest’ultimo, invece, evidentemente viziato dalla carenza assoluta di istruttoria e motivazione, fasi queste necessarie alla corretta genesi e alla validità dell’atto (delibera di approvazione del Protocollo di Intesa); inoltre da un provvedimento viziato non può derivare alcun valido accordo, poiché il provvedimento amministrativo (fase provvedimentale di formazione della volontà) costituisce il precedente logico e necessario all’adozione di ogni conseguente accordo.
La valutazione della mera non convenienza economica quale elemento non idoneo alla pronuncia di nullità, sulla quale fonda la propria decisione la Corte di appello, non coglierebbe la violazione di legge che si è verificata nel caso di specie, valorizzando esclusivamente il momento successivo dell’attività amministrativa, invece superato dalla precedente formazione della volontà (viziata) dell’Ente, in quanto carente di istruttoria e motivazione.
Si è opposta con controricorso la Casa di Cura Valle Fiorita, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso e la formazione del giudicato esterno.
Il ricorso appare inammissibile perché volto, in contrasto con il giudicato inter partes, eccepito dalla controricorrente, a mettere in discussione la validità del Protocollo del 2009 accertata dalle pronunce n. 5665 del 4.3.2024 e soprattutto n. 1398 del 15.1.2024
di questa Corte, anche con riferimento allo specifico profilo censorio fatto valere con il motivo’.
In seguito alla comunicazione della riportata proposta di definizione ex art. 380bis c.p.c., l’Azienda Sanitaria Locale Roma I, con l’istanza del 20.9.2024, ha dichiarato di non aderire alla soluzione prospettata e ha chiesto la decisione del ricorso.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Questo Collegio non può che confermare e far proprie le argomentazioni svolte nella proposta di definizione anticipata, con le quali il ricorso è stato ritenuto inammissibile.
In particolare, nella proposta di definizione anticipata è stato ben evidenziato che il presente ricorso si pone in contrasto con il giudicato inter partes , segnatamente, con l’ordinanza di questa Corte n. 1398 del 15.1.2024 nella quale l’azienda aveva fatto valere lo stesso profilo di nullità della Convenzione del 2009, che forma oggetto dell’odierno motivo di ricorso.
In particolare, nella predetta ordinanza di questa Corte è stato affermato al punto 21, pag. 18, ‘ che la stipulazione di un contratto da parte della Pubblica Amministrazione senza adeguata istruttoria non comporta la violazione di una norma imperativa, ridondante in nullità, incidentalmente suscettibile di delibazione da parte del giudice ordinario adito per l’esecuzione del contratto’.
Su tale affermazione è sceso irreversibilmente il giudicato.
Né è condivisibile quanto affermato dalla ricorrente nella memoria ex art. 380-bis. 1 c.p.c., ovvero che, successivamente alla notifica del presente ricorso in cassazione, sarebbe sopravvenuto un giudicato esterno rappresentato dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 9200/2022, e ciò in virtù dell’ordinanza n. 12291/2024 del 07/05/2024 con cui le Sezioni Unite di questa Corte hanno rigettato
il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la citata sentenza del Consiglio di Stato.
Ad avviso della ricorrente, la sentenza del Consiglio di Stato n. 9200/2022 ha espressamente escluso la tesi sostenuta da Valle Fiorita del Protocollo come contratto privato diretto alla mera utilizzazione della struttura, concludendo per la legittimità dell’attività di rideterminazione attuata unilateralmente dall’allora San Filippo Neri con le delibere impugnate proprio sulla base dell’interpretazione del Protocollo di Intesa come convenzione diretta a regolare l’espletamento di un servizio pubblico di attività sanitaria da individuarsi anche in capo alla Casa di Cura.
Ad avviso della ricorrente, sarebbe stato accertato, con efficacia di giudicato, che il Protocollo di Intesa del 2009 è una Convenzione che regola l’espletamento di un servizio pubblico di attività sanitaria da individuarsi in capo alla Casa di Cura Valle Fiorita, la quale non mette a disposizione alcunché, ma svolge insieme all’Azienda Ospedaliera attività sanitaria.
Ne consegue l’applicabilità alla fattispecie (Protocollo di intesa come gestione di servizio pubblico di attività sanitaria e svolgimento di attività sanitaria in capo alla RAGIONE_SOCIALE) della normativa dell’accreditamento istituzionale con conseguente nullità del Protocollo in quanto la RAGIONE_SOCIALE in qualità di soggetto non accreditato non può svolgere alcun servizio pubblico in nome e per conto del SSN.
Ritiene questo Collegio che la citata sentenza del Consiglio di Stato non rappresenti in alcun modo un giudicato esterno idoneo ad inficiare le statuizioni, coperte da giudicato, dell’ordinanza di questa Corte n. 1398/2024 sul punto oggetto del ricorso per cassazione.
Si evidenzia che la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 6672/2023 è stata impugnata dalla odierna ricorrente limitatamente al profilo della nullità dell’art. 11 del Protocollo di
Intesa attinente alla formazione della volontà dell’ente, che sarebbe stata viziata da carenza istruttoria e motivazione.
Con riferimento al profilo di nullità dell’intero Protocollo d’Intesa del 30 aprile 2009 per difetto del requisito dell’accreditamento istituzionale – in ordine al quale, secondo la ricorrente, il giudicato cronologicamente successivo costituito dalla sentenza del Consiglio si porrebbe in contrasto con le ordinanze di questa Corte nn. 5665/2024 e 51398/2024 che avevano escluso tale profilo di nullità
la ricorrente non ha impugnato la citata sentenza della Corte d’Appello di Roma, con la conseguenza che su tale questione si è irrimediabilmente formato il giudicato interno.
Ne consegue che la sentenza del Consiglio di Stato, che non ha minimamente esaminato il profilo di nullità di cui al presente ricorso per cassazione (asserito difetto di istruttoria e motivazione), non ha alcuna rilevanza nel presente giudizio.
Il ricorso è quindi infondato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Inoltre, poiché il ricorso è stato deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380-bis cod. proc. civ., devono essere applicati come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ. il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con conseguente condanna della ricorrente al pagamento in favore della controricorrente della somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo (che si stima pari a quella quantificata a titolo di spese di lite), nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 e Cass. Sez. U 13-102023 n. 28540, l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di
abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata. Peraltro, se è pur vero che di una siffatta ipotesi di abuso, già immanente nel sistema processuale, va esclusa una interpretazione che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, sicché l’applicazione in concreto delle predette sanzioni deve rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie (Cass. Sez. Un. n. 36069 del 27.12.2023), nondimeno nell’ipotesi in esame non si rinviene alcuna ragione per discostarsi dalla suddetta previsione legale: è evidente la complessiva piena «tenuta» del sintetico provvedimento di proposta di definizione anticipata rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 12.400,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Condanna la ricorrente ex art. 96 co.3 e 4 cod. proc. al pagamento a favore della controricorrente di € 2.500,00 a di € 12.200,00 favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I Sezione civile il 26.3.2025
Il Presidente
NOME COGNOME