Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27816 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 27816 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19314/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall ‘ AVV_NOTAIO
– ricorrente –
contro
– intimati – avverso la sentenza n. 482/2018 della Corte d’Appello di Ancona, depositata il 9.1.2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24.9.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La ricorrente, agente di polizia municipale dipendente del Comune di Pesaro, presentò domanda per essere trasferita al
Comune di Fossombrone nell’ambito di una procedura di mobilità avviata ai sensi dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 27 -bis del CCNL di comparto 6.7.1995, aggiunto dal CCNL integrativo stipulato il 13.5.1996.
La domanda di trasferimento venne inizialmente respinta, perché venne invece accolta quella di altro collega, NOME COGNOME, sulla base del mero criterio dell’ordine cronologico di presentazione delle domande. Tale provvedimento venne però dichiarato illegittimo dal Tribunale di Urbino, che -accogliendo con sentenza n. 100/2012 la domanda proposta dalla ricorrente nei confronti del collega e dei due Comuni interessati -ordinò alla pubblica amministrazione di rinnovare la procedura di mobilità rispettando i criteri selettivi desumibili dalla disciplina legale e contrattuale.
All’esito del disposto rinnovo della procedura , venne nuovamente preferita la domanda di NOME COGNOME, ma la ricorrente, ritenendo che nemmeno la nuova selezione fosse conforme ai dettami indicati nella sentenza n. 100/2012 del Tribunale di Urbino, si rivolse al T.A.R. delle Marche invocando l’ottemperanza del giudicato del giudice civile.
Il T.A.R. dichiarò inammissibile il ricorso, ravvisando «l’esorbitanza, dai confini del sindacato amministrativo, dell’indagine sollecitata dalla ricorrente» (così, testualmente, si legge nella sentenza impugnata).
La ricorrente si rivolse allora nuovamente al Tribunale di Urbino, in funzione del giudice del lavoro, il quale nuovamente accolse la sua domanda, dichiarando l’illegittimità anche della rinnovata procedura di mobilità e ordinandone la ripetizione nel rispetto dei criteri legali e contrattuali di selezione.
Il Comune di Fossombrone si rivolse allora alla Corte d’Appello di Ancona, la quale, dichiarò il difetto di giurisdizione
del giudice ordinario, in favore del giudice amministrativo, previo rilievo d’ufficio della relativa questione e invito alle parti a discuterne ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.c .
Contro la sentenza della Corte d’Appello di Ancona la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Il Comune di Fossombrone, il Comune RAGIONE_SOCIALE Pesaro e il controinteressato NOME COGNOME sono rimasti intimati.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va precisato che il Collegio è delegato a trattare la questione di giurisdizione in oggetto in virtù del Decreto del Primo Presidente in data 10 settembre 2018 in quanto essa rientra, nell’ambito delle materie di competenza della Sezione lavoro, tra le questioni indicate nel richiamato Decreto sulle quali si è consolidata la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte.
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, « ex art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c., per motivi di giurisdizione, … violazione e/o falsa applicazione degli artt. 37 c.p.c., 24 Cost., 111 Cost., 276 c.p.c., 324 c.p.c., 329 c.p.c., per avere la Corte d’Appello violato il giudicato implicito sulla giurisdizione».
La ricorrente si duole che sia stato rilevato d’ufficio in grado d’appello un difetto di giurisdizione che era stato implicitamente escluso dal Tribunale, con l’accoglimento della domanda, e che non era stato fatto oggetto di specifico motivo di impugnazione da parte dell’appellante .
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, « ex art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c., per motivi di giurisdizione e, in particolare, per aver erroneamente ritenuto la Corte d’Appello di Ancona di non poter decidere nel merito per difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della giurisdizione del giudice amministrativo, con violazione e/o falsa applicazione degli artt. 37 c.p.c., 99 c.p.c. e 112 d.lgs. n. 104/2010».
La ricorrente nega che la sua domanda abbia ad oggetto l’ottemperanza della sentenza n. 110/2012 del Tribunale di Urbino , diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’Appello di Ancona, che ha posto tale opinione a fondamento del rilievo del difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
3. Il primo motivo è fondato.
3.1. Non è in discussione il consolidato principio per cui la decisione nel merito di una domanda implica l’affermazione della giurisdizione del giudice adito -indipendentemente dal fatto che essa sia stata o meno oggetto di esplicita declaratoria -con piena attitudine al giudicato ( ex multis , Cass. S.U. nn. 28179/2020; 21065/2011).
Del pari incontroverso è che la decisione implicita sulla giurisdizione passa in giudicato per acquiescenza (art. 329, comma 2, c.p.c.) qualora la sentenza sia impugnata solo nel merito, senza contestare l’affermazione della giurisdizione, sicché non è consentito al giudice dell ‘ impugnazione rilevare d ‘ ufficio il difetto di giurisdizione ( ex multis , Cass. S.U. nn. 6966/2013; 19792/2011; 27531/2008).
3.2. Con tali consolidati principi si è confrontata la sentenza impugnata, appunto senza metterli in discussione, ma comunque violandoli, a causa d ell’errata equiparazione tra
impugnazione della decisione sulla giurisdizione e riproposizione in appello delle medesime domande che -secondo la Corte d’Appello avrebbero dovuto comportare la dichiarazione del difetto di giurisdizione.
Tale errore risulta evidente nel seguente passo della motivazione della sentenza impugnata: «La circostanza che, in seno all’appello incidentale proposto dall’originaria ricorrente, sia stata mossa una chiara censura alla parte della sentenza in cui è affermata la perfetta autonomia tra le due procedure selettive, rispettivamente indette tra il 2009 e il 2012, basta a far escludere che sul punto si sia formato il giudicato, oltre ogni considerazione sulla portata dell’appello principale, la cui lettura complessiva, pure, consente di ravvisare in esso una doglianza di analogo tenore».
Il «punto» su cui la Corte anconetana esclude che si sia formato il giudicato è l’affermazione della «perfetta autonomia tra le due procedure selettive» (quella svolta prima e quella svolta dopo la sentenza n. 100/2012 del Tribunale di Urbino), non quindi la (ben diversa) affermazione della giurisdizione del giudice ordinario sul contenzioso instaurato con la domanda dell’originaria ricorrente .
Appare innanzitutto eccentrica l’idea di desumere un’implicita contestazione della giurisdizione idonea ad evitare la formazione del giudicato interno implicito -dall’appello incidentale della parte che aveva ottenuto in primo grado l’accoglimento della sua domanda principale e che si era rivolta al giudice ordinario dopo avere incassato la dichiarazione di inammissibilità della domanda di ottemperanza presentata al giudice amministrativo. Ma, in ogni caso, anche con riferimento
all’appello principale, dalla richiesta incondizionata di riformare nel merito la decisione assunta dal giudice di primo grado non si può certo desumere una sottintesa contestazione della giurisdizione, perché essa comporta, al contrario , un’implicita invocazione dell’esercizio di quella giurisdizione. È poi normale, e inevitabile, che le domande di merito riproposte al giudice dell’impugnazione siano le medesime sulle quali, se non ci fosse stato il giudicato, si sarebbe potuto discutere del difetto di giurisdizione.
3.3. Per quanto ormai superfluo rispetto alla decisione da assumere, giova osservare che la sentenza impugnata è censurabile anche nella parte in cui non ha ravvisato alcuna ragione di contrasto con la sentenza del T.A.R. che aveva disatteso il ricorso per ottemperanza della sentenza n. 100/2012 del Tribunale di Urbino. La Corte territoriale ha valorizzato a tal fine la circostanza che il T.A.R. delle Marche aveva dichiarato la domanda inammissibile, per affermare che si trattava di una sentenza in rito, come tale inidonea al giudicato sostanziale.
Sennonché, posto che l’inammissibilità era stata dichiarata per «l’esorbitanza, dai confini del sindacato amministrativo, dell’indagine sollecitata dalla ricorrente» , la decisione del T.A.R. era evidentemente incentrata sulla mancanza dei presupposti per l’esperimento del giudizio di ottemperanza, mentre il difetto di giurisdizione impropriamente rilevato dalla Corte d’Appello è stato dichiarato proprio con riferimento al giudizio di ottemperanza, riservato al giudice amministrativo anche per le sentenze passate in giudicato del giudice ordinario.
Ne consegue un evidente contrasto tra le due decisioni che determinerebbe un sostanziale conflitto negativo di giurisdizione, a danno di una lavoratrice che da anni invoca il rispetto delle norme legali e contrattuali in materia di procedure di mobilità tra enti pubblici territoriali con domande che, laddove i giudici si sono pronunciati nel merito, sono sempre state inutilmente accolte.
L’accoglimento del primo motivo esclude che si possa ancora discutere della giurisdizione del giudice ordinario nel presente processo e, quindi, determina l’assorbimento del secondo motivo.
Accolto il ricorso e cassata la sentenza impugnata, il processo deve essere rinviato alla Corte d’Appello di Ancona, anche per decidere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Si dà atto che, in base al l’esito del ricorso, non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Ancona, anche per decidere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della