Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 28961 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 28961 Anno 2025
Presidente: COGNOME PASQUALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/11/2025
Sul ricorso iscritto al n. r.g. 6543/2019 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso il dott. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
contro
COMUNE DI PULA, COGNOME NOME, COGNOME NOME, ASUNIS ERMINIO, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME;
avverso la sentenza n. 815/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 25/09/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, il quale chiede che la Corte dichiari l’inammissibilità del primo motivo del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con sentenza n. 1566/2012 in data 18 giugno 2012 il Tribunale di Cagliari rigettò il ricorso depositato l’8 giugno 2009 con il quale NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella loro qualità di condomini della RAGIONE_SOCIALE Santa Margherita di RAGIONE_SOCIALE, avevano impugnato le delibere assembleari adottate dalla RAGIONE_SOCIALE, a maggioranza, rispettivamente, nelle date del 9 agosto 2007, dell’ 8 agosto 2008 e del 4 aprile 2009, convenendo in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, quest’ultimo rimasto contumace.
La delibera del 9 agosto 2007 aveva ad oggetto la ‘realizzazione di un nuovo impianto idrico dell’acqua potabile in sostituzione del precedente impianto, ormai vetusto, nonché il trasferimento gratuito dello stesso al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE‘, al fine di evitarne le spese di gestione; la seconda dell’8 agosto 2008 riguardava l’approvazione del preventivo di spesa relativo all’impianto idrico, nonché il preventivo di esercizio 2008-2009 in relazione alle ‘spese per illuminazione di viali strade comunali e per riparazione impianti elettrici’; la terza del 4 aprile 2009 era relativa ai lavori di messa in sicurezza delle strade comunali.
Tali delibere, ad avviso degli originari attori, erano da ritenersi nulle in quanto, incidendo sui diritti individuali dei condomini, quantomeno avrebbero dovuto essere adottate all’unanimità.
RAGIONE_SOCIALE, costituitasi, aveva sostenuto la validità delle delibere in questione assumendo che, nonostante i beni (impianto idrico e
sistema di illuminazione esterno) non fossero condominiali, le relative spese si giustificavano avuto riguardo all’art.3 del regolamento condominiale contrattuale del 17 giugno 1981, registrato presso la Conservatoria Immobiliare di Cagliari il 3 luglio 1981, che imponeva ad ogni condomino di contribuire, in misura proporzionale alla quota millesimale, alle spese di manutenzione sia ordinaria che straordinaria delle parti, delle cose e dei manufatti sia di proprietà che per quelli di uso comune.
Il Tribunale respinse le impugnazioni.
Affermò la validità delle delibere relative al rifacimento dell’impianto idrico assumendo che l’assemblea potesse legittimamente deliberare, con la maggioranza qualificata dei condomini, innovazioni dirette al miglioramento della cosa comune.
Affermò, quindi, la validità della deliberazione concernente l’impianto di illuminazione, dopo avere escluso che la proprietà dell’impianto in discussione fosse in capo al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nonché l’obbligo di tale ente di prendere in carico l’impianto con i conseguenti costi di gestione, sulla scorta della previsione di cui all’art. 3 del regolamento contrattuale condominiale avuto riguardo alle spese di conservazione e manutenzione dei beni di uso comune di cui la ditta costruttrice (RAGIONE_SOCIALE si era riservata la proprietà.
Il Tribunale infine respinse l’eccezione di prescrizione dell’obbligazione contemplata dalla suddetta norma contrattuale.
La decisione di primo grado venne impugnata da NOME COGNOME.
Questi lamentò che il Tribunale, dopo avere attribuito l’impianto idrico in proprietà ai comunisti, avesse poi omesso di pronunciare in merito al fatto che le delibere ne prevedevano il trasferimento al RAGIONE_SOCIALE, come poi avvenuto; sostenne, quindi, la nullità delle delibere perché avevano disposto di un bene in comunione, arrecando un pregiudizio al diritto di proprietà e di godimento di ciascun partecipante alla comunione e, quindi, anche suo. Aggiunse che nemmeno poteva ritenersi che sulla RAGIONE_SOCIALE La RAGIONE_SOCIALE gravasse l’obbligazione di cessione dell’opera, derivante dalla Convenzione del 28 luglio 1977 tra il RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Egli assunse, per quanto di interesse, di essere del tutto estraneo agli obblighi propter rem derivati dalla Convenzione, avendo sostenuto sin dal primo grado la non valenza tra privati degli obblighi da altri assunti con la convenzione di urbanizzazione valevole, invece, sotto l’aspetto pubblicistico, e dedusse che l’adempimento dell’obbligazione di realizzare opere di urbanizzazione poteva essere preteso in via giurisdizionale coattiva dal RAGIONE_SOCIALE, non invece dagli eventuali aventi causa del lottizzante resisi acquirenti di terreni già edificati, stante la loro estraneità alla convenzione, la cui efficacia era da ritenersi ormai scaduta, dato il lungo lasso di tempo intercorso.
La Corte di appello di Cagliari respinse il gravame con la sentenza n. 815/2018, pubblicata il 25 settembre 2018, oggetto del presente ricorso.
NOME COGNOME ha proposto ricorso chiedendo la cassazione della sentenza della Corte di appello con cinque mezzi, il primo dei quali solleva una questione di giurisdizione. Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Sono rimasti intimati il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite dalla Seconda Sezione Civile con decreto in data 13 dicembre 2024 per competenza tabellare ai sensi dell’art.374 c.p.c., trattandosi di ricorso che al primo motivo pone una questione di difetto di giurisdizione ex art.360, primo comma, n.1, c.p.c. per essere – ad avviso del ricorrente – una tipica controversia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di esecuzione della convenzione di lottizzazione.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta con la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il primo motivo di ricorso, rilevando che sulla questione di giurisdizione deve ritenersi formato il giudicato implicito dal momento che la sentenza di primo grado non ha statuito sulla questione di giurisdizione ed ha esaminato il merito della controversia sul presupposto della sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario e la decisione, anche implicita non è stata gravata da impugnazione in appello.
Il ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Nella presente sede l’esame del ricorso è circoscritto al primo motivo, concernente la questione di giurisdizione.
2.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art 11 della legge n. 241 del 7 agosto 1990 con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c., e il difetto di giurisdizione.
Il ricorrente sostiene che la Corte d’appello di Cagliari non poteva emettere la sentenza in esame, in quanto ha deciso su una tipica controversia, così come prospettata da parte resistente, in materia di esecuzione della convenzione di lottizzazione RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE che, per giurisprudenza costante, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ex art. 133, comma 1, lettera a), n. 2, c.p.a., essendo riconducibile agli accordi integrativi o sostitutivi di cui all’art.11 della legge n. 241/1990. Deduce di avere prospettato nel corso del primo grado, con le memorie ex art.183, comma sesto, n.1, c.p.c., argomenti relativi alla inopponibilità alla Pubblica Amministrazione della sentenza pronunciata in tema dal giudice ordinario da cui era evincibile la prospettazione della questione di giurisdizione.
2.2.- Il motivo è inammissibile.
Risultano, in proposito pienamente condivisibili le considerazioni svolte dalla Procura Generale alla luce dei principi reiteratamente affermati da queste Sezioni Unite secondo cui allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria di rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, in quanto tale questione è ormai coperta dal giudicato implicito (cfr. Cass. Sez. U. n. 27094/2024; Cass. Sez. U. nn. 21972/2021 e 10359/2021; Cass. Sez. U. nn.25208 e 5587/2020).
Rimane, altresì, precluso all’attore, rimasto soccombente nel merito, contestare la giurisdizione di quel giudice che egli stesso ha adito (v. Cass. Sez. U. n.25367/2020 e n. 21260/2016).
Tali principi valgono, a maggior ragione, nel caso di specie in cui è lo stesso ricorrente ad avere adito il Giudice ordinario in primo grado.
Inoltre, risulta ininfluente la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui la questione di giurisdizione sarebbe stata prospettata, sia pure implicitamente, con le memorie ex art.183, sesto comma, n.1, c.p.c. in primo grado. Essa non muta l’esito della decisione in quanto si potrebbe al più ravvisare un’omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado o un implicito riconoscimento della giurisdizione, che tuttavia non risulta essere stato oggetto di un espresso motivo nel gravame di cui è stato investito il giudice di appello, con conseguente formazione di giudicato sulla giurisdizione.
Come già ricordato, allorché il giudice di primo grado abbia pronunciato nel merito affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la relativa sentenza sotto tale profilo, ‘non è consentito al giudice della successiva fase impugnatoria rilevare d’ufficio il difetto di giurisdizione, trattandosi di questione ormai coperta dal giudicato implicito’ (Cass. Sez. U. n. 27094/2024).
Resta, quindi ferma la giurisdizione del giudice ordinario.
3.In definitiva, il primo motivo del ricorrente COGNOME va dichiarato inammissibile.
Risolta la questione di giurisdizione, la trattazione dell’esame degli altri motivi di ricorso va rimessa – ai sensi dell’art.142 disp. att. c.p.c. – alla Sezione ordinaria Seconda (tabellarmente competente), che provvederà anche sulle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e rimette l’esame degli ulteriori motivi di ricorso alla Sezione ordinaria Seconda.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, in data 24 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME