Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9822 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9822 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27946/2020 R.G. proposto
da
NOME COGNOME , domicilio digitale presso gli indirizzi PEC oppure rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , in persona del Rettore pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato
Oggetto: Lettori lingua straniera – Collaboratori esperti linguistici – Trattamento economico e ricostruzione carriera – Disciplina applicabile – Giudicato
R.G.N. 27946/2020
Ud. 07/03/2024 CC
COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-resistente – avverso la sentenza di Corte d’appello Napoli n. 1234/2020 depositata il 20/03/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 07/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1234/2020, depositata in data 20 marzo 2020, la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione degli appellati RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, ha respinto l’appello proposto da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avverso la senten za del Tribunale di Napoli n. 3120 depositata in data 8 aprile 2016, che a propria volta aveva respinto la domanda formulata dalla stessa RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
Quest’ultima, infatti, aveva adito il Tribunale di Napoli, premettendo:
-di essere stata assunta RAGIONE_RAGIONE_SOCIALERAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in qualità di collaboratore ed esperto linguistico con contratto a tempo determinato;
-di avere instaurato un primo giudizio innanzi al Pretore di Napoli, definito, in sede di appello, dal Tribunale di Napoli con sentenza n. 3140/2005, che aveva convertito il contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, condannando RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione delle differenze retributive per l’anno scolastico 1995-1996 sulla base del contratto collettivo 1994/1995;
-di avere poi promosso un secondo giudizio – basato sul giudicato sceso sulla precedente decisione – domandando le differenze retributive per gli anni dal 1997 al 2007, conseguendo dal Tribunale di Napoli sentenza n. 22302/2010 di accoglimento della domanda;
-tale decisione era stata oggetto di gravame, definito dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza n. 7825/2014, la quale aveva dichiarato estinto il solo giudizio di appello, dando atto del passaggio in giudicato della decisione di primo grado
Sulla scorta di tali pregresse decisioni, invocando il giudicato derivante dai due giudizi, aveva chiesto la condanna di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione delle differenze retributive anche in relazione agli anni dal 2008 al 2014.
Respinta la domanda da parte del Tribunale di Napoli -avendo quest’ultimo ritenuto, secondo quanto riferito nella decisione impugnata, che la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 7825/2014 aveva travolto anche la sentenza del Tribunale di Napoli n. 22302/2010 -e proposto gravame dalla lavoratrice, la Corte d’appello di Napoli ha ritenuto in primo luogo di escludere che l’appellante fosse
sempre stata inquadrata come collaboratrice esperta linguista, affermando che tale inquadramento si era integrato solo con il contratto a tempo indeterminato concluso nel 1996, mentre in precedenza la lavoratrice era stata lettrice di lingua madre, come ri levato dalle precedenti pronunce conseguite dall’appellante.
Conseguentemente, la Corte d’appello ha ritenuto di disattendere il gravame, osservando che:
la prima pronuncia favorevole conseguita dalla ricorrente -e cioè la sentenza n. 3140/2005, resa in sede di appello, dal Tribunale di Napoli -presentava valenza di giudicato solo sino all’anno 1996 in quanto nell’aprile di quello stesso anno la situazione giuridica ed economica della lavoratrice era regolata non più dal contratto del 1994/1995, bensì dal contratto individuale, da ciò risultando esclusa una efficacia ultrattiva del giudicato sceso sulla suddetta decisione del Tribunale di Napoli;
la disciplina del rapporto di lavoro dell’appellante, proprio in quanto ex lettrice, era stata ulteriormente modificata ad opera dell’art. 1, D.L. n. 2/2004 (conv. con Legge n. 63/20 04), come oggetto di interpretazione autentica ad opera dell’art. 26, Legge n. 240/2010, con la conseguenza che sia il giudicato di cui alla sentenza Tribunale di Napoli n. 3140/2005 sia il giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Napoli n. 22302/2010 erano da ritenersi superati non solo dal già richiamato contratto del 1996 ma anche dalla nuova disciplina legislativa dettata nel 2004.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ora COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
È invece mera resistente RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, nel cui interesse è stata unicamente depositata procura conferita ai propri difensori su copia notificata del ricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in quanto la decisione impugnata avrebbe violato sia il giudicato di cui alla sentenza Tribunale di Napoli n. 3140/2005 sia il giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Napoli n. 22302/2010, dai quali discenderebbe anche la inapplicabilità dell’art. 1, D.L. n. 2/2004 (conv. con Legge n. 63/2012) come oggetto di interpretazione autentica ad opera dell’art. 26, Legg e n. 240/2010.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte omesso di esaminare i due contratti di lavoro -a.a. 1994-1995 ed a.a. 1995-1996 -da quali risulterebbe che l’odierna ricorre nte era collaboratore ed esperto linguistico e non un ex lettore.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4), per avere la Corte territoriale adottato una motivazione che ‘appare incomprensibile nel suo iter logico giuridico’ , senza
pronunciarsi sui due contratti prodotti al fine di dimostrare la veste di collaboratore ed esperto linguistico dell’odierna ricorrente.
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, D.L. n. 2/2004, per avere la Corte territoriale applicato detta normativa alla ricorrente, sebbene il suo rapporto di lavoro fosse già sorto con la qualifica di collaboratore ed esperto linguistico.
1.5. Con il quinto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 51, CCNL Comparto Università del 21 maggio 1996, in quanto la Corte d’appello, nel rigettare la domanda della ricorrente, avr ebbe violato l’ultimo comma della previsione di contrattazione collettiva, la quale prevede la conservazione del trattamento di miglior favore riconosciuto anteriormente alla stipula del CCNL, consistendo nello specifico il trattamento di miglior favore nella paga oraria di cui al contratto di lavoro 1994-1995.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La decisione impugnata ha escluso la possibilità per la ricorrente di invocare l’esistenza di un preesistente vincolo di giudicato derivante sia dalla sentenza del Tribunale di Napoli n. 3140/2005 sia dalla sentenza del Tribunale di Napoli n. 22302/2010 -passata in giudicato a seguito della declaratoria di estinzione del giudizio di appello adottata dalla Corte d’appello di Napoli con la sentenza n. 7825/2014 ( cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 2941 del 07/02/2013 e Cass. Sez. L, Sentenza n. 1776 del 28/01/2014) -affermando che entrambi i giudicati erano da ritenersi superati dal sopravvenire della Legge n. 63/2004 ( recte : dal D.L. n. 2/2004, convertito -appunto – con Legge n. 63/2004) in quanto riferiti al periodo temporale sino al 2007, mentre la Corte territoriale stessa era chiamata a pronunciarsi sul periodo dal 2008 in poi.
Tale affermazione risulta erronea, sol che si consideri che il secondo giudizio promosso dalla ricorrente era stato definito in primo grado con sentenza pronunciata nel 2010 ed era passato in giudicato a seguito della pronuncia adottata dalla Corte d’appello nel 2014 sulla scorta della previsione di cui all’art. 26, comma 3, ultimo periodo, Legge n. 240/2010, e cioè della previsione che dettava anche l’interpretazione autentica dell’art. 1, D.L. n. 2/2004.
È quindi evidente -atteso che la decisione di estinzione assunta dalla Corte partenopea non era stata comunque oggetto di gravame -che il precedente giudicato invocato dalla ricorrente in ordine alla sentenza del Tribunale di Napoli n. 22302/2010 doveva ritenersi formato anche nella vigenza proprio della disciplina di cui all’art. 1, D.L. n. 2/2004, essendo riferito -come peraltro osserva la stessa decisione impugnata -anche ad un periodo di lavoro successivo all’adozione di detto atto normativo.
Risulta, quindi, erronea la decisione della Corte partenopea nel momento in cui ha ritenuto che il giudicato sceso sulla decisione del Tribunale di Napoli n. 22302/2010 fosse stato superato dall’adozione del D.L. n. 2/2004.
Questa Corte, infatti (cfr. Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 37269 del 29/11/2021; Cass. Sez. L – Sentenza n. 20765 del 17/08/2018; Cass. Sez. L, Sentenza n. 15493 del 23/07/2015), ha reiteratamente affermato il principio per cui in ordine ai rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto – sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro l’autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia
anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento.
Nel caso ora in esame il formarsi del precedente giudicato con riferimento anche ad un periodo che avrebbe potuto essere interessato dalla disciplina del D.L. 2/2004 impediva di configurare quest’ultimo come sopravvenienza di diritto idonea a limitare gli effetti del giudicato, con la conseguenza che la Corte d’appello avrebbe dovuto statuire sul gravame tenendo conto della disciplina del rapporto come era scaturita dal giudicato sceso sulla sentenza del Tribunale di Napoli n. 22302/2010.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Il motivo, invero, pur se presentato come ipotesi di omesso esame di fatto decisivo viene ad investire l’accertamento in fatto svolto dal giudice di merito in ordine alla veste di ‘ex lettrice’ della ricorrente e si traduce in un sindacato della valutazione delle prove, riservata invece al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, ove basata su un giudizio logicamente motivato (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1554 del 28/01/2004).
Come questa Corte ha più volte sottolineato (Cass. Sez. 2 Sentenza n. 11176 del 08/05/2017), compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass., Sez. 3, n. 3267 del 12/02/2008), dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il
ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile.
Presupposti che risultano ricorrere pienamente nel caso di specie, dal momento che, da un lato, i contratti in questione sono espressamente menzionati nella decisione impugnata -che tuttavia li ha ritenuti superati da un successivo contratto -e, dall’altro lato, l e stesse sentenze del Tribunale di Napoli n. 3140/2005 e della Corte d’appello di Napoli n. 7825/2014 di cui la ricorrente invoca la valenza di giudicato e che arriva a riprodurre in corpo di ricorso -riferiscono espressamente che la ricorrente, in quelle sedi, aveva allegato di essere stata assunta con contratti ex d.P.R. n. 382/1980 come lettrice di lingua straniera.
Si deve, in conclusione, ribadire il principio per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass. Sez. U – Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017), atteso che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).
Il terzo motivo di ricorso è, invece, infondato.
Giova rammentare che questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta
dall’art. 54 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si sia tramutata in violazione di legge costituzionalmente rilevante, esaurendosi detta anomalia nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, e risultando invece esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 -Rv. 629830 – 01 e, da ultimo, Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022).
Nessuna di dette carenze estreme risulta ravvisabile nella motivazione della decisione impugnata, dovendosi osservare che la ricorrente viene a rappresentare come motivazione assente o contraddittoria deduzioni che concernono sia – ancora una volta – la valutazione delle prove documentali operata dal giudice di merito sia il mero mancato accoglimento di una tesi difensiva, e cioè profili che non valgono ad elidere il fatto che la decisione impugnata espone il proprio percorso argomentativo in modo sintetico ma comunque completo, univoco, comprensibile ed immune da affermazioni reciprocamente inconciliabili, di talché risulta inevitabile constatare che, ancora una volta, le doglianze del ricorrente si sostanziano in una critica del merito della decisione.
Il quarto motivo è inammissibile.
Si possono richiamare le osservazioni già svolte in relazione al secondo motivo, dal momento che anche in questo caso, dietro la
deduzione di una violazione di legge, la ricorrente in realtà viene ad invocare una non meglio specificata ‘non contestazione’ di fatti posti a fondamento della domanda e la violazione di un altrettanto non precisato ‘giudicato implicito’ che, come visto in precedenza non risulta emergere dalle precedenti decisioni richiamate dalla ricorrente.
6. Il quinto motivo di ricorso è, parimenti, inammissibile.
Il profilo dedotto nel motivo di ricorso, infatti, non risulta essere stato in alcun modo affrontato nella decisione impugnata, né parte ricorrente ha dedotto di averlo sollevato nel precedente grado di giudizio, individuando, in ossequio all’art. 366 c.p.c., l’atto o gli atti nei quali sarebbe avvenuta tale deduzione (Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 20694 del 09/08/2018; ed anche Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14477 del 06/06/2018; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 23675 del 18/10/2013).
Non vale invocare -come fa la ricorrente -il già citato precedente di questa Corte Cass. Sez. L – Sentenza n. 20765 del 17/08/2018, dal momento che -contrariamente a quanto asserito nel ricorso -in tale decisione non è stata affermata l’ammissibilità solo in sede di legittimità della violazione della norma contrattuale in questione, avendo, semmai, questa Corte puntualizzato che l’assegno ad personam derivante dall’applicazione dell’art. 1, D.L. n. 2/2004 non è ‘dissimile da quello in passato garantito nell’impiego pubblico contrattualizzato in caso di mobilità e da quello che le parti collettive avevano previsto con l’art. 51 del CCNL 21.5.1996 per consentire ai collaboratori esperti linguistici assunti prima della stipula dello stesso contratto di conservare il trattamento più favorevole concordato a livello di Ateneo’ .
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso va accolto unicamente in relazione al primo motivo, con rigetto del terzo e declaratoria di inammissibilità dei motivi secondo, quarto e quinto.
Per l’effetto, la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, la quale , nel definire il gravame tenendo conto della disciplina del rapporto come era scaturita dal giudicato sceso sulla sentenza del Tribunale di Napoli n. 22302/2010, provvederà a regolare le spese anche del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte:
accoglie il primo motivo, rigetta il terzo e dichiara inammissibili i motivi secondo, quarto e quinto del ricorso;
cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 7 marzo 2024.