Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31363 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31363 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
Dott. NOME COGNOME
Presidente
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere- Rel.
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 24560/2019 r.g. proposto da:
2
22877287/2019 R.G.N. 11368/2017 Istituto RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa , anche disgiuntamente, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, rilasciata su foglio separato, ma spillato al presente atto, i quali dichiarano di voler ricevere le comunicazioni e notifiche agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati.
-ricorrente –
Ud. 27/11/2024 CC Cron. n. 24560/2019
Azienda Sanitaria Locale Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del controricorso, i quali dichiara di voler ricevere le comunicazioni presso gli indirizzi di posta elettronica certificata indicati
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno n. 173/2019, depositata in data 8/2/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
L’RAGIONE_SOCIALE depositava ricorso per decreto ingiuntivo il 23/2/2007 per la somma di euro 100.292,99, a titolo di corrispettivo delle prestazioni sanitarie erogate nei mesi di novembre e dicembre del 2006.
In particolare, l’Istituto RAGIONE_SOCIALE allegava che «la società ricorrente è provvisoriamente accreditata con il servizio sanitario nazionale per l’esercizio di prestazioni della branca cardiologica», risultando creditrice nei confronti della Asl della somma di euro 100.292,01.
Il tribunale di Nocera Inferiore ingiungeva alla Asl il pagamento della somma richiesta.
Avverso tale decreto proponeva opposizione la Asl eccependo che la società «si era rifiutata di sottoscrivere il contratto con la Asl Sa/1 per l’anno 2006» e che, dunque, non aveva diritto a percepire il pagamento delle prestazioni richieste.
Si costituiva in giudizio la società eccependo che la questione relativa all’esistenza del rapporto contrattuale «era coperta dal
giudicato formatosi sui decreti ingiuntivi ottenuti con riferimento alla medesima annualità del 2006 e, segnatamente, i DD.II. nn. 218/07, 233/07 e 435/07 del tribunale di Nocera Inferiore, ritualmente prodotti in giudizio.
Inoltre, rilevava il ritardo con cui la Asl «aveva trasmesso l’invito alla stipula», impedendole in tal modo di addivenire alla conclusione del contratto.
Nel corso del giudizio la Asl, con nota del 19/1/2008, «riformulava l’invito alla stipula del contratto, che veniva immediatamente raccolto dalla società deducente».
4.1. Di conseguenza, la società, nei termini di cui all’art. 183 c.p.c., produceva il contratto relativo alle prestazioni erogate nel 2006, sottoscritto dal Direttore Generale dell’Asl Salerno e da essa società creditrice.
Il Tribunale di Nocera Inferiore con sentenza n. 752 del 2012 rigettava l’opposizione, evidenziando che risultava documentata «sia l’emissione delle fatture relative alle prestazioni, regolarmente depositate e contabilizzate dall’Asl SA/1, sia la sottoscrizione del contratto previsto dalla DGR n. 800 del 2006», con la precisazione che «tale contratto rende sicuramente esigibile il credito della società opposta anche se sottoscritto nell’anno 2008, in quanto proprio in tale anno l’ente opponente aveva nuovamente invitato la struttura privata alla sottoscrizione di tale contratto, come disposto dalla normativa vigente».
La prima richiesta di sottoscrizione del contratto dell’Asl risultava effettuata in data 7/11/2006, «successivamente alla scadenza del termine assegnato all’Asl dalla DGR 800/06». Per tale ragione, a giudizio del tribunale, doveva ritenersi «che con la sottoscrizione del contratto allegato risulta venuto meno l’unico motivo di opposizione formulato nel presente giudizio».
Il tribunale aggiungeva che «dalla documentazione in atti emerge che l’RAGIONE_SOCIALE è una società provvisoriamente accreditata con il servizio sanitario nazionale per l’erogazione di prestazioni cardiologica in favore degli assistiti del SSN».
Proponeva appello la Asl deducendo, per quel che ancora qui rileva, che il tribunale avrebbe erroneamente ricostruito la fattispecie, che doveva invece essere interpretata «alla luce di quanto affermato nella ‘nota n. 589 del 21/2/2013 del dirigente del sistema informativo’, ove si assumeva che l’odierna ricorrente, nel 2006, avesse incrementato le prestazioni nella misura del 22,61% rispetto all’anno precedente e che, pertanto, per effetto del meccanismo della regressione tariffaria, non le era dovuto alcunché in relazione al credito oggetto di ingiunzione».
La società si costituiva in giudizio eccependo la violazione dell’art. 345 c.p.c., «stante la novità del motivo di gravame svolto in relazione all’asserita inesigibilità del credito per effetto del meccanismo della regressione tariffaria».
Nel merito, contestava di avere incrementato, nell’anno 2006, le prestazioni rispetto all’anno precedente, mentre l’appellante, benché gravata del relativo onere, non aveva dimostrato la circostanza.
La società ribadiva l’eccezione di giudicato esterno ai sensi dell’art. 346 c.p.c.
La Corte d’appello di Salerno, con la sentenza n. 173 dell’8/2/2019, accoglieva l’appello dell’Asl.
La Corte territoriale reputava fondate le censure dell’Asl nella parte in cui richiamavano «l’indispensabilità della sussistenza, oltre che dell’accreditamento della struttura privata che abbia effettuato , di un accordo contrattuale fra le parti».
Si aggiungeva che, a prescindere da quanto accaduto nella fase immediatamente successiva al passaggio dal sistema del convenzionamento a quello dell’accreditamento, quando, ai sensi dell’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994, era stato introdotto l’accreditamento provvisorio o transitorio, almeno a partire dalla fine di tale periodo, l’accreditamento doveva «necessariamente risultare da provvedimenti emessi dagli organi a ciò deputati, all’esito dei procedimenti amministrativi all’uopo previsti dalla legge».
Pertanto, l’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994 imponeva comunque l’adozione da parte della regione del provvedimento amministrativo di accreditamento.
Nessuna erogazione «di prestazioni sanitarie finanziariamente riconducibili al Sistema Sanitario Nazionale è possibile, qualora non sia dimostrato il rapporto di accreditamento ed al di fuori di uno specifico accordo contrattuale», entrambi da redigere «per iscritto».
Nella specie, invece, la società non aveva prodotto in giudizio alcun documento comprovante la sussistenza «oltre che di un rapporto di accreditamento», anche di un accordo contrattuale stipulato nelle forme di legge.
Quanto al contratto sottoscritto nell’anno 2008, quando le prestazioni erano già state da lungo tempo effettuate, non era «permesso in alcun modo convalidare o ratificare a posteriori ».
Non si era formato poi alcun giudicato interno «per non avere l’azienda sanitaria locale Salerno impugnato, almeno a dire della società appellata, le argomentazioni del tribunale di Nocera Inferiore relative alla stipula, nel corso dell’anno 2008, del contratto concernente le prestazioni eseguite circa due anni prima».
La Asl, in sede di appello, aveva ribadito la necessità «della stipula di un accordo contrattuale, sottoponendo all’autorità giudiziaria adita in secondo grado la questione concernente il fatto
che il corrispettivo preteso fosse o meno dovuto, sulla scorta, evidentemente, di un valido ed efficace rapporto contrattuale – oltre che di accreditamento – tra le parti».
Non sussisteva neppure il giudicato esterno «sulla scorta dei decreti ingiuntivi versati in atti nel corso del giudizio di primo grado (cfr. allegati in copia al fascicolo della società appellata, i provvedimenti monitori – numeri 218/07, 233/07 e 435/07 del tribunale di Nocera Inferiore )».
Ad avviso della Corte territoriale, tale giudicato «non è vincolante in altri giudizi aventi ad oggetto le medesime questioni di fatto di diritto, se da esso non sia possibile ricavare – come nel caso di specie ed, in particolare, con riferimento alla sussistenza di un valido ed efficace rapporto contrattuale, oltre che di accreditamento, fra le parti – le ragioni della decisione ed i principi di diritto che ne costituiscono il fondamento».
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale di Salerno.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione degli articoli 112,324 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.. Nullità della sentenza e/o del procedimento».
Si sottolinea che nella comparsa di costituzione del giudizio di secondo grado, depositata il 14/12/2007, la società aveva eccepito la formazione del giudicato interno, «relativamente al perfezionamento del rapporto contrattuale per l’anno 2006 con la Asl Salerno, in mancanza di uno specifico motivo di gravame su tale questione».
Dinanzi all’eccezione di giudicato interno sollevata dalla società con la comparsa di costituzione nel giudizio di gravame, la Corte territoriale l’ha respinta, affermando: «l’appellante ha sottoposto all’autorità giudiziaria adita in secondo grado la questione concernente il fatto che il corrispettivo preteso fosse o meno dovuto, sulla scorta, evidentemente, di un valido ed efficace rapporto contrattuale – oltre che di accreditamento – tra le parti, circostanza, quest’ultima, che, peraltro, è verificabile d’ufficio, attenendo alla nullità di un rapporto contrattuale che ha visto l’esecuzione di prestazioni in mancanza dell’imprescindibile presupposto formale, integrante uno fatto costitutivo della pretesa azionata, la cui fondatezza l’azienda sanitaria locale Salerno ha sempre contestato».
In realtà, però, l’appellante, con specifico riferimento «alla questione dell’accreditamento», «non ha sviluppato alcun motivo diretto a contestare l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui ‘dalla documentazione in atti emerge che l’istituto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è una società provvisoriamente accreditata con il servizio sanitario nazionale per l’erogazione di prestazioni cardiologica in favore degli assistiti del SSN’».
La Asl, peraltro, non ha dedotto alcuna censura in ordine all’ulteriore affermazione del primo giudice, per cui «il contratto intervenuto tra le parti successivamente all’esecuzione delle prestazioni ‘rende sicuramente esigibile il credito della società opposta anche se sottoscritto nell’anno 2008 ‘».
Nell’atto d’appello, anzi, si muove proprio dalla premessa della sussistenza del contratto, per poi evidenziare il superamento dei tetti tariffari («appare evidente, quindi, che la mera sottoscrizione del contratto non sembra, come evidenzia erroneamente la sentenza, assolutamente rendere certo, liquido ed esigibile il credito. Anzi, proprio in conseguenza della succitata sottoscrizione, diviene
assolutamente cogente l’applicazione della RTU di euro 131.979,62, venne superiore, d’altra parte, alla somma ingiunta»).
Per tale ragione – sottolinea la ricorrente – la Asl appellante «lungi dal censurare la sentenza impugnata per avere ritenuto idonea a ratificare il rapporto con la Asl la stipula del contratto in epoca successiva all’esecuzione delle prestazioni, ha posto a base del gravame proprio la sottoscrizione del contratto nel 2008, costituendo l’intervenuto perfezionamento del rapporto il presupposto giuridico per l’applicazione della regressione tariffaria invocata con l’atto d’appello».
Non risulta, dunque, gravata «la parte della decisione che aveva dichiarato la validità del contratto del 2008», in relazione all’anno 2006.
Inoltre, la Corte territoriale ha illegittimamente rilevato d’ufficio la presunta mancanza di prova del provvedimento di accreditamento, «peraltro, ritualmente versato in atti».
Sin dal deposito del ricorso la società ha versato in atti la delibera n. 1386 del 6/9/2002 del direttore generale dell’Asl SA/1.
L’affermazione del giudice di prime cure, per cui dagli atti emergeva la sussistenza della documentazione relativa all’accreditamento provvisorio, non è stata oggetto di specifico motivo d’appello da parte dell’ASL.
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la «violazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, numero 3, c.p.c.».
La società aveva eccepito la formazione del giudicato esterno sui decreti ingiuntivi ottenuti in relazione alle prestazioni sanitarie svolte in favore degli assistiti nei mesi di luglio, settembre ed ottobre del 2006, con riguardo alla sussistenza del rapporto contrattuale con la Asl.
Nel decreto ingiuntivo n. 218 del 2007, relativo alle prestazioni rese nel mese di luglio 2006, divenuto definitivo in assenza di opposizione, il tribunale ha evidenziato l’esistenza del «regime di accreditamento provvisorio a far data anteriore alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 231/2002».
Inoltre, la sussistenza del rapporto contrattuale si desume dai richiamati decreti ingiuntivi.
Si richiama la giurisprudenza di legittimità per cui la tematica della validità/nullità del negozio non si limita «ai soli segmenti del rapporto sostanziale dedotto in giudizio in tempi diversi, ma si estend a tutti i successivi processi in cui si discuta di diritti scaturenti dal contratto dichiarato nullo» (si cita Cass., Sez.u., 26242 del 2014).
Ciò vale a maggior ragione nei rapporti di durata, con riferimento ai fatti che «vengono ad assumere carattere tendenzialmente permanente (di regola inerenti a qualificazioni giuridiche della fattispecie che non subiscono mutamenti nel corso del rapporto)».
I motivi primo e secondo, che vanno trattati congiuntamente per strette ragioni di connessione, sono fondati.
Con riguardo alla sussistenza dell’accreditamento provvisorio e del rapporto contrattuale, valido ed efficace, per l’anno 2006, si è formato sia il giudicato interno che quello esterno.
3.1. Con riferimento particolare alla sussistenza dell’accreditamento provvisorio, anche per l’anno 2006, non v’è dubbio che si sia formato il giudicato interno.
3.2. Ed infatti, nel ricorso per decreto ingiuntivo sì dà pienamente atto della sussistenza dell’accreditamento, laddove si afferma che «la società ricorrente è provvisoriamente accreditata con il servizio sanitario nazionale per l’esercizio di prestazioni della branca cardiologia».
Il tribunale ha, poi, affermato che «dalla documentazione in atti emerge che l’RAGIONE_SOCIALE è una società provvisoriamente accreditata con il servizio sanitario nazionale per l’erogazione di prestazioni cardiologiche in favore degli assistiti del SSN».
L’atto d’appello dell’Asl, ritualmente trascritto per intero dalla società, in ossequio al principio di autosufficienza, non riguarda in alcun modo la sussistenza o meno dell’accreditamento, che, dunque, implicitamente si riconosce sussistente.
L’unica contestazione che viene mossa alla sentenza di prime cure, da parte dell’Asl, attiene alla circostanza che il tribunale non ha tenuto conto del superamento dei tetti tariffari, e della conseguente regressione tariffaria unica (RTU). Si legge, infatti, nell’atto di gravame dell’Asl che «appare evidente, quindi, che la mera sottoscrizione del contratto non sembra, come evidenzia erroneamente la sentenza, assolutamente rendere certo, liquido ed esigibile il credito. Anzi, proprio in conseguenza della succitata sottoscrizione, diviene assolutamente cogente l’applicazione della RTU di euro 131.979,62, venne superiore, d’altra parte, alla somma ingiunta».
Pertanto, l’atto d’appello della Asl muove proprio dalla premessa della sussistenza, non solo dell’accreditamento, ma anche del rapporto contrattuale, per il quale si fa riferimento ad una «mera sottoscrizione del contratto», che quindi, evidentemente, non solo v’è stata, ma risulta valida ed efficace.
Tra l’altro, a prescindere dalla sussistenza del giudicato interno, del tutto pacifica, si rileva che per l’anno in contestazione (mesi novembre e dicembre del 2006), poiché la società apparteneva già al regime di convenzionalmente, non v’era alcuna necessità di richiedere un espresso provvedimento regionale di accreditamento,
sussistendo un regime di accreditamento provvisorio ex lege , prodottosi in via automatica, successivamente divenuto definitivo del 2015, con lo specifico provvedimento del commissario straordinario per il piano di rientro della regione Campania.
4.1. Ed infatti, l’art. 6, comma 6, della legge 23/12/1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), prevede che «a decorrere dalla data di entrata in funzione del sistema di pagamento delle prestazioni sulla base di tariffe predeterminate dalla regione cessano i rapporti convenzionali in atto ed entrano in vigore i nuovi rapporti fondati sull’accreditamento, sulla remunerazione delle prestazioni e sull’adozione del sistema di verifica della qualità previsti all’art. 8, comma 7, del d.lgs. 30 dicembre 1992,n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni. La facoltà di libera scelta da parte dell’assistito si esercita nei confronti di tutte le strutture ed i professionisti accreditati dal servizio sanitario nazionale in quanto risultino effettivamente in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente ed accettino il sistema della remunerazione a prestazione. Fermo restando il diritto all’accreditamento delle strutture in possesso dei requisiti di cui all’art. 8, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, per il biennio 1995-1996 l’accreditamento opera comunque nei confronti dei soggetti convenzionali e dei soggetti eroganti prestazioni di alta specialità in regime di assistenza indiretta regolata da leggi regionali alla data di entrata in vigore del citato d.lgs. n. 502 del 1992, che accettino il sistema della remunerazione a prestazione sulla base delle cifre tariffarie».
Insomma, si è in presenza di una sorta di accreditamento automatico, ex lege , temporaneo, per le società che facevano parte dei rapporti convenzionali in atto al momento di entrata in vigore della legge n. 724 del 1994.
5. Sul punto si è espressa anche la Corte costituzionale (Corte cost., sentenza n. 416 del 1995) in quanto la regione Piemonte aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale proprio con riferimento all’art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994 «il quale allargherebbe a dismisura il panorama degli enti erogatori ammessi a far parte del servizio sanitario nazionale ed in ordine ai quali si esercita la facoltà di scelta del cittadino», conseguendone – ad avviso del giudice a quo – una fortissima espansione dei soggetti erogatori di prestazioni sanitarie».
La Corte costituzionale ha invece ritenuto che «viene riconosciuto un ‘diritto all’accreditamento delle strutture in possesso dei requisiti di cui all’art. 8, comma 4, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni’, escludendo in radice una scelta ampiamente discrezionale ed ancorando l’accreditamento al possesso di requisiti prestabiliti ‘strutturali, tecnologici e organizzativi minimi, a tutela della qualità e della affidabilità del servizio-prestazioni, in modo uniforme a livello nazionale per le strutture erogatrici), stabiliti con atto di indirizzo e coordinamento emanato d’intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome».
Inoltre, prosegue la Corte costituzionale nella sentenza n. 416 del 1995, «in via transitoria per il biennio 1995-1996 l’accreditamento avviene automaticamente (come forma di conversione del rapporto in atto, ma sempre a seguito di procedimento regionale, comportante ricognizione e verifica) per gli attuali soggetti (pubblici e privati) che forniscono le prestazioni (sulla base di preesistenti determinazioni regionali), cioè oltre le strutture pubbliche e i soggetti eroganti le prestazioni in base a convenzioni o eroganti prestazioni ad alta specialità in regime di assistenza indiretta».
Chiosa la Corte costituzionale nel senso che ciò avviene «all’unica condizione della accettazione del sistema (nuovo) della remunerazione a prestazione sulla base di tariffe».
Chiarisce ancora la Corte costituzionale che «l’accreditamento, una volta effettuato da organo regionale, non esclude, ma anzi presuppone il potere-dovere della regione di svolgere i controlli e le verifiche che i soggetti accreditati permangano ‘effettivamente in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente’ ed osservino l’obbligo assunto di accettare il sistema della remunerazione a prestazione», persistendo dunque «il potere di controllo e la verifica da parte della regione».
5.1. Tra l’altro, l’art. 1, comma 237quater della legge regione Campania n. 4 del 2011, prevede anche esso l’accreditamento provvisorio ex lege , conformemente alla disciplina nazionale.
Infatti, tale disposizione prevede che «ferma restando la sussistenza del fabbisogno e delle condizioni di cui agli articoli 8ter e 8quater , comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 il fabbisogno va soddisfatto, prioritariamente, attraverso l’accreditamento delle strutture private transitoriamente accreditate, da intendersi provvisoriamente accreditate alla data del 1 luglio 2007 tenendo conto dell’organizzazione dei servizi ospedalieri di diagnosi e cura rappresentata e offerta a tal data in regime di accreditamento provvisorio, con le correlate prestazioni ospedaliere erogate nell’ambito delle specialità così come espresse e conseguenzialmente riconosciute, successivamente delle strutture private già in esercizio e solo successivamente mediante l’accreditamento delle strutture o attività di nuova realizzazione».
Con l’ulteriore previsione che «il rilascio di nuove autorizzazioni per la realizzazione, nonché l’accreditamento di nuove strutture è
subordinato al completamento delle procedure di cui ai commi da 237quinquies a 237unvicies ».
5.2. L’art. 1, comma 237quinquies , poi stabilisce che «le strutture sanitarie e socio-sanitarie private, che intendono proseguire in regime di accreditamento istituzionale definitivo l’attività erogata in regime di accreditamento provvisorio, presentano nuova domanda di accreditamento istituzionale, entro 20 giorni dalla pubblicazione nel BURC delle decreto commissariale di disciplina delle modalità per l’utilizzo della piattaforma applicativa informati».
Si chiarisce, però, all’art. 1, comma 237decies , della legge regione Campania n. 4 del 2011 che «alle strutture sanitarie sociosanitarie private che hanno presentato domanda di accreditamento istituzionale definitivo ai sensi del comma 237quinquies e hanno dichiarato di essere in possesso dei requisiti di cui al comma 237sexies , al fine di assicurare i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal piano sanitario nazionale e il rispetto dei principi fondamentali in materia di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie di cui al titolo II del d.lgs. 502/1992, si applica, in via transitoria, il regime vigente alla data del 31 dicembre 2010, fino all’adozione ai sensi del comma 237duodecies dei decreti commissariali di rilascio o di rigetto dell’accreditamento istituzionale definitivo».
L’art. 1, comma 237undecies , della legge regione Campania n. 4 del 2011, precisa che «con decreto del commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro del settore sanitario, che adottato entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, si provvede alla ricognizione delle istanze regolarmente presentate ai sensi del comma 237quinquies ».
L’art. 1, comma 237duodecies , della legge regione Campania n. 4 del 2011 dispone che «entro 140 giorni dalla adozione del decreto
commissariale previsto dal comma 237undecies , le commissioni locali previste dall’art. 8 della legge 28 novembre 2008, n. 16 verificano le istanze presentate».
6. Tale interpretazione ha ricevuto conferma anche da questa Corte (Cass., sez. 3, 5/7/2018, n. 17588, la quale ha sottolineato che «la sequenza strutturale indicata trova applicazione anche al regime c.d. di accreditamento ‘transitorio (art. 8quater , comma 6, definito temporaneo) ed a quello ‘provvisorio’ ( cfr. art. 8-quater, comma 7) nel quale operano le strutture sanitarie private, atteso che il sistema dell’accreditamento costituisce una mera evoluzione delle pre vigente sistema concessorio, strutturato anch’esso secondo lo schema della concessione-contratto, essendo prevista la stipula di un’apposita convenzione accessiva al provvedimento di accreditamento istituzionale trovando giustificazione tale riconoscimento ex lege nella esigenza di garantire, nelle more di definizione dei procedimenti amministrativi regionali di verifica dei requisiti necessari all’accreditamento istituzionale ed anche in mancanza di tali provvedimenti, la continuazione della assistenza gli utenti del SSN».
Questa Corte, nell’ordinanza n. 17588 del 2018 (da ultimo Cass., sez. 1, n. 6300 del 2023), ha ulteriormente chiarito che «il d.lgs. n. 502/1992, con l’art. 8quater , comma 7, ha infatti previsto l’istituto dell’accreditamento provvisorio soltanto per le ‘nuove’ strutture o per l’ampliamento della tipologia delle prestazioni sanitarie già erogate in base alla originaria convenzione, rimanendo regolato invece il regime ‘transitorio’ delle prestazioni a carico del SSR erogate dalle strutture private che già agivano in regime di convenzionalmente esterno, esclusivamente dall’art. 6, comma 6, della legge n. 724/1994 che, coerentemente, ha disposto la definitiva cessazione della disciplina contrattuale in atto, con
l’entrata in vigore del sistema di remunerazione a tariffa consentendo la prosecuzione dell’attività di erogazione delle prestazioni sanitarie – in attesa dei provvedimenti di accreditamento -subordinatamente alla formale accettazione da parte degli operatori sanitari del sistema di remunerazione a prestazione sulla base delle tariffe regionali».
Pertanto, la prosecuzione delle attività di erogazione delle prestazioni sanitarie da parte dei soggetti già titolari di convenzione con il SSN si articolava in due aspetti fondamentali: il riconoscimento «operato direttamente ex lege . Dell’accreditamento a tutti i soggetti già convenzionati ai sensi della legge n. 833 del 1978; la subordinazione dei medesimi soggetti alla disciplina del regime di remunerazione in base alle modalità tariffarie adottate dalle regioni, con conseguente cessazione degli accordi fino ad allora vigenti.
Le medesime conclusioni valgono anche con riferimento alla sussistenza del giudicato interno in relazione al contratto scritto valido per l’anno 2006, seppure sottoscritto nel 2008.
7.1. Il tribunale di prime cure, infatti, ha ritenuto che il contratto relativo all’anno 2006, seppure sottoscritto soltanto nel 2008, era pienamente valido ed efficace, con riferimento alle prestazioni rese nei mesi novembre-dicembre 2006.
7.2. La Asl, nell’atto d’appello si è soffermata esclusivamente sul superamento dei tetti di spesa, con conseguente applicazione della regressione tariffaria unica (RTU).
Si legge, infatti, nel gravame che «la ricostruzione compiuta dal Tribunale non coincide affatto con quanto illegittimamente descritto nell’atto di opposizione a D.I., laddove, nel medesimo si afferma che la regione Campania in attuazione delle predette disposizioni statali con DGR n. 800 del 16/6/2006 ha stabilito i volumi di prestazioni sanitarie per l’anno 2006 ed i correlati tetti di spesa. Al punto 11 del
prefato provvedimento si è statuito che entro il 20 giugno 2006 le Asl per quanto riguarda le prestazioni sanitarie fornite dalle strutture convenzionate, devono definire il budget con la collaborazione delle associazioni di categoria stipulando con le medesime i protocolli di intesa; tali protocolli trovano applicazione dal 1° gennaio al 31 dicembre 2006».
Sempre in ordine tetti di spesa, nell’atto di appello della Asl si ribadisce che «appare evidente, quindi, che la mera sottoscrizione del contratto non sembra, come evidenzia erroneamente la sentenza, assolutamente rendere certo, liquido ed esigibile il credito», dovendosi porre attenzione all’applicazione «della RTU di euro 131.979,62, ben superiore, d’altra parte, alla somma ingiunta».
Peraltro, l’eccezione di giudicato interno, pure rilevabile d’ufficio, è stata espressamente sollevata dalla società nella comparsa di risposta relativa al giudizio d’appello, laddove si afferma che «il giudice di primo grado, all’esito della compiuta valutazione delle deduzioni difensive dell’opponente, ha, correttamente, statuito che l’unico motivo di opposizione sollevato dall’Asl è quello relativo alla mancata sottoscrizione del contratto (‘Pertanto deve ritenersi che con la sottoscrizione del contratto allegato risulta venuto meno l’unico motivo di opposizione formulato nel presente giudizio Orbene, è di tutta evidenza che avverso tale punto della decisione, di per sé idonea a sorreggere l’intera statuizione, l’appellante non ha sviluppato uno specifico motivo di appello»).
Erroneamente la Corte territoriale ha, invece, ritenuto insussistente il prospettato «giudicato interno» sulla validità ed efficacia del contratto relativo all’anno 2006, laddove ha affermato che «l’azienda sanitaria locale Salerno ha ribadito la necessità, al fine di ottenere le prestazioni erogate, della stipula di un accordo contrattuale, sottoponendo all’autorità giudiziaria adita in secondo
grado la questione concernente il fatto che il corrispettivo preteso fosse o meno dovuto, sulla scorta, evidentemente, di un valido ed efficace rapporto contrattuale- oltre che di accreditamento – tra le parti, circostanza, quest’ultima, che, peraltro, è verificabile d’ufficio, attenendo alla nullità di un rapporto contrattuale».
8. Inoltre, la sussistenza, sia dell’accreditamento provvisorio, sia di un valido ed efficace rapporto contrattuale nell’anno 2006, deriva anche dal giudicato esterno formatosi sui decreti ingiuntivi di cui ai numeri 218 del 2007, 233 del 2007 e 435 del 2007, con riferimento alle prestazioni rese, rispettivamente, nel mese di luglio 2006, nel mese di settembre del 2006 e nel mese di ottobre 2006.
In particolare, nel decreto ingiuntivo n. 218 del 2007, in relazione alle prestazioni del mese di luglio 2006, si chiarisce espressamente la sussistenza, non solo del contratto, ma anche dell’accreditamento provvisorio («evidenziato come il rapporto in regime di accreditamento provvisorio abbia avuto corso a far data anteriore alla data di entrata in vigore del d.lgs. 231/2002, risultando inammissibile la concessione degli interessi commerciali»).
Si legge, peraltro, nel decreto ingiuntivo n. 218 del 2007 «ritenute sussistenti le condizioni di cui all’art. 633 e ss c.p.c., quindi la prova scritta del credito, costituita dalla fattura relativa alle prestazioni erogate in regime di accreditamento»).
Negli atti decreti ingiuntivi, pur mancando l’espressa menzione dell’accreditamento provvisorio, tuttavia vengono riconosciute le somme pretese dalla società, sicché il giudicato copre, non solo la pretesa creditoria per ciascuna mensilità, ma anche la sussistenza e la validità del contratto sotteso a tali prestazioni, per l’anno 2006.
9.Deve premettersi che il testo dei ricorsi per decreto ingiuntivo e dei rispettivi decreti ingiuntivi è stato ritualmente trascritto.
Per questa Corte, infatti, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno deve essere coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa (Cass., sez. 22, 23/672017, n. 15737; Cass., sez. 5, 11/2/2015, n. 2617; Cass., sez. 5, 16/7/2014, n. 16227).
9.1. Si è ritenuto, quanto ai limiti oggettivi del giudicato, che qualora due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto accertato e risolto, senza che, ai fini della formazione del giudicato esterno sullo stesso, sia necessaria una domanda di parte volta ad ottenere la decisione di una questione pregiudiziale con efficacia di giudicato, atteso che la previsione dell’art. 34 c.p.c. si riferisce alla sola pregiudizialità in senso tecnico e non già a quella in senso logico giuridico (Cass., sez. L, 29/12/2021, n. 41895; Cass., sez. 3, 26/2/2019, n. 5486; Cass., sez. 1, 26/10/2018, n. 27304; Cass., sez. 3, 15/5/2018, n. 11754; Cass., sez. 3, 20/4/2017, n. 9954; Cass., sez. L, 9/12/2016, n. 25269; Cass., sez. 1, 25/7/2016, n. 15339; Cass., sez. 2, 4/3/2020, n. 6091).
Ed infatti, il giudicato sostanziale (art. 2909 c.c.) che, quale riflesso di quello formale (art. 324 c.p.c.), fa stato ad ogni effetto tra le parti per l’accertamento di merito positivo o negativo del diritto
contro
verso, si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, compresi gli accertamenti di fatto che rappresentano le premesse necessarie ed il fondamento logico e giuridico della pronuncia, con effetto preclusivo dell’esame delle stesse circostanze in un successivo giudizio, che abbia gli identici elementi costitutivi della relativa azione e cioè i soggetti, la ” causa petendi ” ed il ” petitum ” (Cass., sez. 2, 21/2/2019, n. 5138).
10. Con specifico riguardo ai limiti oggettivi del giudicato in relazione al decreto ingiuntivo non opposto si è affermato, con specifico riferimento alla questione della nullità, che quando il decreto ingiuntivo non sia stato opposto, il giudicato così formatosi fa stato tra le parti non solo sull’esistenza e validità del rapporto corrente ‘ inter partes ‘, e sulla misura del canone (nella specie di locazione) preteso, ma anche circa l’inesistenza di fatti impeditivi o estintivi, non dedotti ma deducibili nel giudizio di opposizione (Cass., sez. 2, 4/11/2021, n. 31636; di recente Cass., sez. 2, 4/4/2024, n. 8937; Cass., sez. 1, 24/9/2018, n. 22465 Cass., sez. 3, 28/11/2017, n. 28318 ; Cass., sez. 3, 26/6/2015, n. 13207; pur in presenza di alcune pronunce per le quali ove si sia formato il giudicato per effetto di mancato opposizione a decreto ingiuntivo recante condanna al pagamento di un credito con carattere di periodicità, il debitore non può più contestare il proprio obbligo relativamente al periodo indicato nel ricorso monitorio, ma – in mancanza di esplicita motivazione sulle questioni di diritto nel provvedimento monitorio non gli è inibito contestarlo per le periodicità successive; Cass., sez. 3, 22/6/2020, n. 12111; Cass., sez. L, 25/11/2010, n. 23918 ).
11. Va, dunque, fatta applicazione del principio giurisprudenziale per cui ove «il giudice accoglie la domanda (di adempimento, risoluzione, rescissione, annullamento): la pronuncia è idonea alla formazione del giudicato implicito sulla validità del negozio, (salva
rilevazione ufficiosa del giudice di appello)» (Cass., Sez. U., 12/12/2014, n. 26242), ma, in quest’ultimo caso, solo se non si è formato il giudicato sul punto – proprio come invece accaduto nella fattispecie in esame.
Infatti, il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c. (Cass., Sez.U., 22/3/2017, n. 7294).
Va aggiunto che nei rapporti di durata, il vincolo del giudicato formatosi in relazione a periodi temporali diversi opera solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso ed in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili (Cass., sez. 1, 19/4/2023, n. 10430; Cass., sez. L, 18/8/2020, n. 17223).
Nella specie, trattandosi di rapporto di durata, con riferimento all’annualità 2006, non v’è dubbio che il giudicato si sia formato sia sulla sussistenza dell’accreditamento provvisorio sia sulla esistenza di un valido ed efficace contratto per tale annualità.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 novembre