Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23426 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23426 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 17239/2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE i n persona del legale rappresentante pro tempore, e COGNOME rappresentati e difesi, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria all’indirizzo pec indicato.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso l’ordinanza della Corte di appello di Milano in data 17 ottobre 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/6/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
In data 5/10/2010 veniva emesso provvedimento di occupazione di urgenza n. 42/2010 ex art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001; tale occupazione riguardava una porzione di mq 1566 di cui al mappale 1970, nella misura di 2/4, nella titolarità di RAGIONE_SOCIALE oltre ad una porzione di metri quadri 194, di cui al mappale n. 3127, nella titolarità di NOME COGNOME.
Il 15/12/2010 avveniva l’immissione in possesso dei terreni.
Il 29/7/2013, con provvedimento n. 209/2013, si procedeva all’occupazione temporanea del mappale 1970 per l’ulteriore superficie di mq 2313.
Il 29/10/2014 veniva emesso il provvedimento di espropriazione con riferimento alla particella 11398 (ex 1970), appartenente per 2/4 a NEEMIAS, per mq 3070; il 24/10/2014 si procedeva ad espropriazione della particella 3127, ora 11401, di proprietà Asprella, per mq 460.
Ed infatti, la società RAGIONE_SOCIALE era proprietaria del terreno di cui al foglio 906, mappale 11398 (ex 1970) mentre NOME COGNOME era proprietario della particella di cui al foglio 916, mappale 11401 (ex 3127).
I proprietari presentavano ricorso in data 4/11/2016 nei confronti dell’Autostrada Pedemontana Lombarda, oltre che nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
Chiedevano, in particolare, la RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di euro 162.172,92, con riferimento all’mappale 11398, ex 1970, men-
tre NOME COGNOME la somma di euro 251.102,50, in relazione a mappale 11401, ex 3127.
2.1. Ed infatti, la commissione tecnica nominata ai sensi dell’art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001, aveva comunicato il 14/7/2016 le somme spettanti agli attori, sia per indennità di esproprio, sia per occupazione di urgenza ex art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001.
Era stata offerta a RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 66.985,14 e ad Asprella la somma di euro 86.301,39.
La Corte d’appello di Milano, con ordinanza n. 1290/2018, depositata il 20/3/2018, R.G. n. 3866/2016, reputava che il valore agricolo dei terreni era di euro 11,64 m², facendo la media tra VAM e metodo sintetico-comparativo; l’area destinata a distribuzione di carburanti, determinata in base al valore di trasformazione, era individuata in euro 139,00 mq.
Pertanto, la Corte territoriale riconosceva a RAGIONE_SOCIALE, per il terreno n. 11398, la somma di euro 73.778,44, di cui euro 12.757,44 per l’area agricola ed euro 61.021 per l’area destinata a stazione di servizio.
Riconosceva ad Asprella, per il terreno n. 11401, la somma di euro 53.369,16, di cui euro 966,12 per area agricola ed euro 52.403,00 per area destinata a stazione di servizio di carburante.
La Corte d’appello riconosceva l’espropriazione parziale con riferimento ai mappali 11397, per euro 1.980,00, e 11399, per euro 1.920,00.
Non veniva riconosciuta la diminuzione di valore con riferimento al terreno 11402, che non aveva subito danni.
Il pagamento avveniva il 27/9/2018.
La questione oggetto di controversia attiene alle poste attive effettivamente indennizzate dalla Corte d’appello, se comprensive o meno
dell’indennizzo da occupazione di urgenza ex art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001.
Con successiva istanza del 4/6/2018 gli attori si rivolgevano al collegio tecnico di cui all’art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001, chiedendo la determinazione dell’indennizzo per occupazione di urgenza ex art. 22bis del medesimo d.P.R.
Il collegio tecnico, con provvedimento del 26/10/2018, rifiutava di provvedere, rilevando che «le proprietà si sono già avvalse della facoltà prevista dall’art. 21 del d.P.R. 327/2001, di chiedere la determinazione definitiva, in sede amministrativa, ricorrendo alla Terna tecnica. La stima peritale, che già conteneva la determinazione dell’indennità di occupazione, è stata successivamente impugnata dinanzi alla Corte di Appello di Milano per chiedere la determinazione giudiziale dell’indennità, definita con l’ordinanza n. 1290/2018».
Il collegio tecnico aveva già determinato l’indennizzo da occupazione di urgenza nella misura di euro 14.625,14, con riferimento alla NEEMIAS, per i metri quadri 3070 in relazione 49 mesi di occupazione; e nella misura di euro 2.191,39, per il terreno di Asprella, n. 3127, sempre per l’occupazione di 49 mesi.
Avverso tale rifiuto proponevano ricorso gli attori.
Si costituiva l’Autostrada Pedemontana Lombarda deducendo la tardività e l’improcedibilità della domanda, oltre che la sua infondatezza.
Per l’Autostrada Pedemontana gli attori con il precedente ricorso, R.G. 3866 del 2016, avevano già chiesto l’indennità complessiva, comprensiva dell’indennità di occupazione di urgenza.
Gli attori avrebbero dovuto impugnare l’ordinanza della Corte d’appello per omessa pronuncia sull’indennizzo da occupazione di urgenza.
Inoltre, il collegio tecnico si era già espresso anche sulla determinazione dell’indennizzo da occupazione temporanea.
Pertanto, gli attori avrebbero dovuto impugnare tempestivamente già nell’anno 2016, e non nel 2018, il provvedimento del collegio tecnico con cui veniva comunicata la determinazione dell’indennità complessiva in data 14/7/2016.
7. La Corte d’appello di Milano, con ordinanza del 17/10/2019, R.G. n. 4666/2018, dichiarava improcedibile la domanda proposta dagli attori nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE
In particolare, procedeva alla interpretazione del ricorso presentato dagli attori nel procedimento di cui al R.G. 3866/2016; si soffermava sulla consulenza tecnica di parte degli attori, nella quale risultava computata anche l’indennità per occupazione di urgenza ex art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001.
Evidenziava, in aggiunta, la Corte territoriale che il collegio peritale nominato ex art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001 aveva preso in esame sia l’indennizzo espropriativo, sia l’indennità per occupazione temporanea d’urgenza ex art. 22bis del medesimo d.P.R., computandola nella somma di euro 14.625,14 in relazione al terreno 11398 di proprietà RAGIONE_SOCIALE, per i 48 mesi di occupazione, e nella somma di euro 2.191,39, con riferimento al terreno n. 11401, già 3127, di Asprella, sempre per i 49 mesi occupazione.
Pertanto, la Corte d’appello evidenziava che l’indennità di occupazione di urgenza era stata determinata sia nella stima del collegio peritale tecnico, nel precedente ricorso n. 3866 del 2016, sia nella consulenza di parte allegata.
L’indennità di occupazione temporanea di cui all’art. 49 del d.P.R. n. 327 del 2001 non risultava determinata nella stima del collegio tec-
nico peritale, ma era ricompresa nella consulenza di parte, il cui esito i ricorrenti avevano chiesto di accogliere.
Era chiaro che la domanda formulata nel precedente ricorso del 2016 comprendeva, oltre alla determinazione dell’indennità di esproprio definitivo, anche la determinazione sia delle indennità di occupazione di urgenza finalizzata all’esproprio, di cui all’art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001, sia dell’indennità temporanea, di cui all’art. 49 del medesimo d.P.R.
Era maturato, allora, il giudicato sull’oggetto dell’ordinanza definitiva della Corte d’appello n. 1290 del 2018.
Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione gli attori.
Ha resistito con controricorso l’Autostrada Pedemontana Lombarda, depositando anche memoria scritta.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione i ricorrenti deducono la «violazione e falsa applicazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., degli articoli 2909 c.c., 324 c.p.c. e 12 delle preleggi, per avere ritenuto fondata l’eccezione di improcedibilità o inammissibilità della domanda di determinazione dell’indennità di occupazione perché coperta da giudicato esterno».
In particolare, avrebbe errato la Corte d’appello nel ritenere che la domanda formulata dai ricorrenti nel procedimento proposto n. 3866 del 2016, deciso con ordinanza n. 1290 del 2018, comprendeva anche l’indennità di occupazione di urgenza ex art. 22bis , e 49, del d.P.R. n. 327 del 2001, «ricavando una tale erronea interpretazione dall’inesatta e superficiale disamina della domanda svolta dai ricorrenti nel ricorso ex art. 702 c.p.c., introduttivo del giudizio n. 3866/2016» e dal conte-
nuto della perizia tecnica di parte prodotta, senza esaminare, ai fini interpretativi del giudicato, il dispositivo e la motivazione dell’ordinanza n. 1292 del 2018 della Corte d’appello di Milano.
L’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello sarebbe stato quello di condurre il processo interpretativo del giudicato «prescindendo dal dispositivo e dalla motivazione dell’ordinanza n. 1290/ 2018».
Erroneamente la Corte d’appello ha limitato il proprio percorso interpretativo alla sola domanda dei ricorrenti svolta nel ricorso introduttivo del giudizio n. 3866 del 2016 e, in violazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 12 delle preleggi, ha ricercato l’intenzione dei ricorrenti, «facendo ricorso ad elementi estranei alla domanda, quali le mere allegazioni difensive contenute nella perizia tecnica di parte, anziché ricercare il significato letterale proprio del dispositivo della motivazione».
Sia nel dispositivo che nella motivazione dell’ordinanza della Corte d’appello n. 1290 del 2018, «si parla sempre e soltanto di indennità di espropriazione», e mai di indennità relativa all’occupazione di urgenza.
Anche l’esame della determinazione della stima eseguita dal collegio peritale ai sensi dell’art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001, esulerebbe dal processo interpretativo e di qualificazione della domanda giudiziale.
La stima di parte redatta costituirebbe una mera allegazione difensiva a contenuto tecnico, del tutto irrilevante per individuare e interpretare la domanda svolta dai ricorrenti.
Con il secondo motivo di impugnazione si deduce la «violazione e falsa applicazione ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., degli articoli 2909 c.c., 324 c.p.c., e 396 c.p.c., per aver statuito che la domanda proposta dai ricorrenti» comprendeva ed aveva ad oggetto anche l’indennità di occupazione.
Avrebbe errato la Corte d’appello nel ritenere che la mancata determinazione dell’indennità di occupazione da parte dell’ordinanza n. 1290 del 2018 della Corte d’appello di Milano avrebbe potuto essere contestata solo mediante impugnazione dell’ordinanza stessa.
Ad avviso dei ricorrenti la mancata riproposizione della domanda ex art. 346 c.p.c. produce effetti meramente processuali non anche sostanziali, nel senso che non è impedita la riproposizione della domanda in separato giudizio.
L’ordinanza della Corte d’appello di Milano n. 1290 del 2018, ad avviso dei ricorrenti, non avrebbe statuito sulla domanda di determinazione dell’indennità di occupazione ex art. 22bis e 49 del d.P.R. n. 327 del 2001, domanda che non era stata implicitamente respinta, né assorbita dalla decisione della domanda di determinazione dell’indennità di espropriazione.
I ricorrenti avrebbero avuto allora la possibilità di riproporre tale domanda in un separato giudizio.
I motivi primo e secondo, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di stretta connessione, sono infondati.
Si premette che l’indennità da occupazione temporanea risulta del tutto autonoma rispetto alla determinazione dell’indennizzo spettante per la perdita della proprietà, sì da potersi richiedere anche separatamente, sempre nel rispetto del termine di decadenza di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001.
Il provvedimento di occupazione temporanea preordinata all’espropriazione di un immobile privato attribuisce immediatamente alla P.A. il diritto di disporne, allo scopo di accelerare la realizzazione dell’opera pubblica per la quale è stato emanato, ed incide in misura corrispondente sui poteri dominicali del titolare del bene, privandolo temporaneamente, in tutto o in parte, delle facoltà di godimento e di disposi-
zione. Esso, pertanto, produce, ai sensi dell’art. 42 Cost., un’obbligazione indennitaria volta a compensare, per tutta la durata dello stato di indisponibilità del bene, fino all’esproprio o all’asservimento, il detrimento dato dal suo mancato godimento, cioè una perdita reddituale che, essendo diversa da quella (patrimoniale) della privazione della proprietà del cespite, impone un ristoro separato ed aggiuntivo, non assorbibile nell’indennità di espropriazione né in quella di asservimento. L’indennizzo dev’essere liquidato, qualunque sia l’evento giuridico che caratterizza la vicenda ablativa, in base ad un criterio unico ed unitario ed il relativo ammontare, qualora il bene abbia destinazione edificabile, corrisponde, “per ciascun anno di occupazione”, ad una percentuale (legittimamente riferibile al saggio degli interessi legali) della indennità virtuale di espropriazione dell’area effettivamente occupata, con riferimento al periodo dell’occupazione e non alla data successiva cui viene parametrata l’indennità di espropriazione (Cass., sez. 1, 16/ 9/2009, n. 19972; Cass., sez. 1, n. 9025 del 2016)
3.1. La Corte d’appello, con la ordinanza impugnata, ha fornito una interpretazione del giudicato esterno, rappresentato dalla precedente ordinanza n. 1290/2018, depositata il 20/03/2018, del tutto plausibile e coerente con gli elementi processuali esaminati, anche al di fuori del testo dell’ordinanza stessa, del suo dispositivo e della motivazione.
Contrariamente a quanto assunto dai ricorrenti, il giudicato formatosi in ordine al precedente provvedimento giurisdizionale può essere condotto anche sulla base di elementi extratestuali.
4.1. Ed infatti, va fatta applicazione del principio di diritto pronunciato da questa Corte, a Sezioni Unite, per il quale, posto che il giudicato va assimilato agli “elementi normativi”, cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il pro-
filo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, ne consegue che il Giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass., Sez. Un., 28/11/2007, n. 24664).
4.2. In particolare, questa Corte (Cass. n. 24664 del 2007) si è posta nel solco dell’orientamento di altra precedente pronuncia n. 226 del 2001, per la quale il giudice di legittimità accerta l’esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena, che si estende anche al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta loro valutazione e interpretazione mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dalla interpretazione data riguardo dal giudice del merito. E ciò, in ragione «della riconosciuta natura pubblicistica dell’interesse al rispetto del giudicato; della ritenuta indisponibilità per le parti dell’autorità di quest’ultimo; della ravvisata identità dell’operato dei due tipi di giudicato, interno ed esterno; e della inclusione delle correlative questioni nella sfera delle questioni di diritto piuttosto che in quella delle questioni di fatto».
Si è superato, dunque, il diverso orientamento di cui alla sentenza n. 277 del 1999, di questa Corte a Sezioni Unite, secondo cui, invece, l’accertamento e l’interpretazione del giudicato era considerata «attività riservata al giudice del merito, censurabile in cassazione solo per violazione dei principi di diritto in tema di elementi costitutivi della cosa giudicata (art. 2909 c.c.) e per vizi attinenti alla motivazione».
Del resto, l’assimilazione dell’interpretazione del giudicato alla esegesi delle norme piuttosto che quella di negozi giuridici è stata fatta
propria da questa Corte anche dalla successiva sentenza, sempre a Sezioni Unite, n. 13916 del 2006.
Risulta dirimente, per la soluzione della controversia, «l’ineludibile assimilazione del giudicato – per la sua natura (di comando giuridico) e per gli effetti che produce (di dare certezza e stabilità alla res controversa ) – agli ‘elementi normativi’». Pur non negandosi il contenuto composito (fatto e valore giuridico) del giudicato, tuttavia «la considerazione che il giudicato sia regola del caso concreto e non regola astratta circoscrive, bensì, la dimensione portata, per il profilo soggettivo (nei limiti di cui all’art. 2909 c.c.) della regola stessa, ma non autorizza certamente ritenerla dissolta nel fatto, poiché al fatto non potrebbero ricondursi gli effetti precettivi propri della res iudicata » (Cass., Sez. Un., n. 13916 del 2006; anche Cass., Sez. Un., n. 24664 del 2007).
Si chiarisce, allora, che «il giudicato è tamquam ius », con l’espressa equiparazione tra giudicato sopravvenuto e ius superveniens , agli effetti della sua deducibilità e rilevabilità d’ufficio nel giudizio di legittimità (anche Cass. Sez. U., n. 24664 del 2007).
Da ciò consegue che proprio tale innegabile vis normativa del giudicato comporta, come ulteriore corollario, che, nel giudizio di legittimità, per un verso, l’esistenza del giudicato possa essere direttamente rilevata dalla Corte e, per altro, che l’interpretazione del giudicato debba essere coerentemente operata «alla stregua della interpretazione delle norme e non di quella degli atti e dei negozi giuridici» (Cass., Sez. Un., n. 24664 del 2007).
Da ciò discende che, costituendo, a sua volta, l’interpretazione del giudicato operata dal giudice del merito non un apprezzamento di fatto, ma una quaestio iuris , la stessa sia sindacabile, in sede di legittimità,
«non per il mero profilo del vizio di motivazione, ma nella più ampia ottica della violazione di legge».
Anche successivamente si è confermato che l’interpretazione del giudicato esterno va condotta alla stregua dell’esegesi delle norme, essendo pertanto sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi, con la conseguenza che il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato stesso con cognizione piena, che si estende al riesame, alla valutazione ed all’interpretazione degli atti processuali, richiedendosi però – affinché possa ascriversi rilevanza espansiva al giudicato esterno, nei giudizi tra le stesse parti che derivino da una medesima situazione giuridica – la presenza in atti della sentenza che si intenda far valere, munita dell’attestazione dell’intervenuto passaggio in giudicato (Cass., sez. L, 9/9/2008, n. 22883; Cass., sez. 2, 12/6/2018, n. 15339, per cui il giudicato va assimilato gli elementi normativi, sicché gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge; Cass., sez. 1, 5/10/2009, n. 21200, che consente al giudice di legittimità di accertare direttamente l’esistenza e la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, attraverso il diretto esame degli atti del processo e la diretta valutazione e interpretazione degli atti processuali; anche Cass., sez. 5, 7/12/2021, n. 38767; di recente anche Cass., sez. 1, 30/6/2023, che, quanto al giudicato endofallimentare, discendente dal decreto di approvazione dello stato passivo, reputa possibile l’interpretazione non con i criteri ermeneutici dettati per le manifestazioni di volontà negoziale, bensì, in via analogica, applicando i principi di cui all’art. 12 c.c., assimilando il provvedimento giurisdizionale, per natura e effetti, gli atti normativi; Cass., sez. 3, 29/11/2018, n. 30838, che qualifica il giudicato esterno come provvisto di vis imperativa).
Da ultimo, si ribadisce quanto affermato proprio in tema di violazione del giudicato nei giudizi di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi, da Cass., Sez. Un., n. 5633 del 2022 (di recente anche Cass., sez. 3, 16/1/2024, n. 1619), con la conseguente possibilità di interpretare il titolo esecutivo costituito dal giudicato, ove risulti denunciata la violazione dell’art. 2909 c.c., anche attraverso gli elementi extratestuali ritualmente acquisiti nel giudizio di merito.
Se tutto ciò è vero, allora, la Corte di appello di Milano, nell’interpretare la sua precedente ordinanza n. 1290 del 2018, si è attenuta non solo al dato formale costituito dal dispositivo, ma ha anche correttamente esaminato gli elementi di natura extratestuale.
In particolare, con ampia e diffusa motivazione, la Corte territoriale ha preso le mosse dal ricorso ex art. 702bis c.p.c. presentato dagli attori nel procedimento n. 3866 del 2016, riportandone anche le conclusioni per intero («Voglia l’Ecc.ma Corte d’appello così giudicare: accogliere il presente ricorso e, per l’effetto, condannare le parti resistenti al pagamento della giusta indennità determinata in euro 162.172,92, quanto al lotto di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE e in euro 251.102,50 quanto al lotto di terreno di proprietà del sig. COGNOME PasqualeCOGNOME).
Il riferimento risulta generico, essendo stata chiesta la determinazione della «giusta indennità» spettante ai ricorrenti.
Si è poi fatto riferimento all’intitolazione del ricorso («Ricorso ex art. 702bis c.p.c. in opposizione alla determinazione dell’indennità di esproprio»).
Nel ricorso, poi si faceva riferimento proprio al provvedimento del collegio tecnico di cui all’art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001, comunicato il 14/7/2016, con cui si era liquidato l’intero ammontare dell’indennizzo
espropriativo, comprensivo anche dell’indennità per occupazione di urgenza ex art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001.
Gli attori hanno dichiarato di impugnare la stima del collegio peritale.
Inoltre, la CT di parte redatta dall’Ing. COGNOME si riferiva non solo alla determinazione dell’indennizzo da perdita della proprietà, ma anche all’indennizzo da occupazione di urgenza ex art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001, oltre che all’indennizzo da occupazione temporanea, con riferimento ai terreni poi restituiti ai proprietari, dopo il decreto di espropriazione, ex art. 49 del medesimo d.P.R., trattandosi di aree non soggette al procedimento espropriativo, ma necessarie per la corretta esecuzione dei lavori previsti.
Del resto, osserva il Giudice di secondo grado che il consulente tecnico di parte aveva attestato «che l’ammontare dell’indennizzo, da riconoscere ai ricorrenti per l’espropriazione dei rispettivi lotti di terreno, era maggiore rispetto alla stima determinata dal collegio degli arbitri, dovendo essere determinato in euro 251.102,50 l’indennizzo complessivo spettante ad Asprella Pasquale ed in euro 162.172,92 l’indennizzo complessivo spettante a RAGIONE_SOCIALE, pari a ½ di euro 324.345,83, in ragione della quota di proprietà di spettanza di RAGIONE_SOCIALE.
Ha chiarito la Corte d’appello che, al fine di identificare l’esatto contenuto della domanda proposta nel giudizio n. 3866 del 2016, occorreva prendere in esame «da un lato, la determinazione della stima effettuata dal collegio peritale sensi dell’art. 21 d.P.R. 327/2001 (dato che il ricorso è esplicitamente qualificato come opposizione alla stima effettuata dal suddetto collegio, il cui risultato, non condiviso, è richiamato nel ricorso stesso) e, dall’altro lato, la determinazione della stima effettuata dal consulente di parte, allegata al ricorso suddetto (dato che nel ricorso la suddetta consulenza di parte viene esplicitamente
richiamata a prova della esatta entità del diritto vantato dai ricorrenti e nelle conclusioni vengono esplicitamente richieste proprio le somme esposte nella consulenza in questione)».
Insomma, la Corte territoriale ha esaminato nel complesso, non solo la portata del ricorso introduttivo del giudizio n. 3866 del 2016, ma anche il contenuto della determinazione effettuata dal collegio tecnico peritale ex art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001, e pure quanto riportato nella consulenza tecnica di parte degli attori, i cui risultati sono confluiti nel ricorso presentato dagli stessi.
Risulta pacificamente che il collegio peritale tecnico ha valutato anche l’indennizzo da occupazione di urgenza, e quindi «tanto l’indennità di esproprio definitivo, di cui agli articoli 37 o 40 d.P .R. 327/2001, quanto l’indennità di occupazione temporanea di urgenza finalizzata all’esproprio, di cui all’art. 22-bis d.P.R. 327/2001 (determinata in euro 14.625,14 per l’occupazione per 49 mesi del mappale n. 11398, già 1970, di proprietà per 1/2 di RAGIONE_SOCIALE, e in euro 2.191,39 per l’occupazione per 49 mesi del mappale n. 11401, già 3127, di proprietà di Asprella Pasquale».
La Corte territoriale ha persino chiarito che in tale stima non era stata invece, correttamente, presa in considerazione l’indennità di occupazione temporanea delle aree non espropriate ma restituite, di cui all’art. 49 del d.P.R. n. 327 del 2001, «atteso che il collegio peritale è stato chiamato a procedere alla stima nell’ambito del procedimento disciplinato dall’art. 21 d.P.R. 327/2001, che è applicabile (in quanto richiamato dallo stesso art. 22bis L. cit.), oltre che ovviamente alla determinazione dell’indennità di esproprio definitivo di cui agli articoli 37 o 40 d.P.R. 327/2001, anche alla determinazione dell’indennità di occupazione di urgenza finalizzata all’esproprio, di cui all’art. 22bis d.P.R. 327/2001, ma non è applicabile alla determinazione dell’indennità di
occupazione delle aree non finalizzata all’esproprio, ma restituite, di cui all’art. 49 d.P.R. 327/2001».
La consulenza tecnica di parte, poi, prevedeva per RAGIONE_SOCIALE un’indennità complessiva pari ad euro 162.172,92.
Inoltre, il CT di parte ha determinato, sia per RAGIONE_SOCIALE sia per NOME COGNOME un’indennità di occupazione temporanea, senza distinguere tra indennità di occupazione di urgenza finalizzata all’esproprio ex art. 22bis d.P.R. 327 del 2001 e indennità di occupazione temporanea di aree restituite ex art. 49 del d.P.R. n. 327 del 2001.
Il CTP, insomma, ha determinato tale indennità «anche con riguardo ad aree che non sono state espropriate ma sono state restituite».
Da tutti questi elementi la Corte territoriale ha dedotto che la domanda formulata nel ricorso precedente del 2016 comprendeva «oltre la determinazione dell’indennità di esproprio definitivo di cui agli articoli 37 o 40 d.P.R. 327/2001, anche la determinazione sia dell’indennità di occupazione di urgenza finalizzata all’esproprio, di cui all’art. 22bis l. cit., sia dell’indennità temporanea, di cui all’art. 49 l. cit.».
Del resto, anche il CTU ha determinato l’indennizzo da occupazione di urgenza ex art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001.
La Corte d’appello, nella precedente ordinanza n. 1290 del 20/3/ 2018, ha condiviso le risultanze della CTU affermando che «la Corte fa proprie le conclusioni cui è pervenuto il CTU, così come integrate dalla memoria depositata telematicamente 19/1/2018, ritenendole corrette e adeguatamente motivate» (cfr. punto 12 della motivazione).
Una volta accertato che i ricorrenti avevano chiesto, nell’ambito del precedente giudizio R.G. n. 3866 del 2016, anche la determinazione dell’indennizzo derivante dall’occupazione temporanea, sia quella d’urgenza di cui all’art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001, sia quella tem-
poranea relativa all’esecuzione corretta delle opere, con la successiva restituzione dei fondi, di cui all’art. 49 del medesimo d.P.R., l’ordinanza della Corte d’appello che ha pronunciato, nel suo complesso, sull’intera domanda indennitaria, doveva essere impugnata, per impedire la formazione del giudicato.
Gli attori, però, in luogo dell’impugnazione dinanzi alla Corte di cassazione, hanno proposto domanda il 4/6/2018 dinanzi al collegio peritale tecnico di cui all’art. 21 del d.P.R. n. 327 del 2001, che correttamente ha deliberato di non poter provvedere, essendo stata già determinata in precedenza l’indennità da occupazione temporanea.
Nella specie, quindi, non trova applicazione l’ordinanza di questa Corte n. 20879 del 2/8/2019, citata dai ricorrenti nel ricorso per cassazione, in quanto in quella fattispecie vi era stata l’irregolare introduzione di una domanda sanzionata dall’ordinamento con l’invalidità ostativa ad una pronuncia nel merito; il che non costituiva vizio attinente all’esistenza dei presupposti di un diritto di un’azione, sicché, in caso di omessa pronuncia nel merito sulla domanda dichiarata inammissibile per vizio nella sua introduzione o notificazione, la parte interessata può denunziare l’omissione in sede di gravame, ovvero coltivare la domanda in separato giudizio.
Nella specie, invece, le domande di determinazione dell’indennizzo da occupazione temporanea, sia quale occupazione di urgenza ex art. 22bis del d.P.R. n. 327 del 2001, sia quale occupazione temporanea ex art. 49 del d.P.R. medesimo, sono state ritualmente presentate in giudizio e sulle stesse la Corte d’appello di Milano, con l’ordinanza n. 1290 del 20/3/2018 si è correttamente pronunziata, nella sua integrità.
I ricorrenti avrebbero perciò dovuto presentare ricorso per cassazione per impedire il passaggio in giudicato di tale provvedimento giurisdizionale.
Il che non è avvenuto.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio della soccombenza, a carico dei ricorrenti e si liquidano come dal dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti a rimborsare in favore della controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 6.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, Iva e cpa.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 giugno 2025