Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11032 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11032 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9101/2021 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME , elettivamente domiciliato in Arezzo INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
Oggetto: Giudicato esterno – Rilevabilità – Presupposti – Cassazione – Sindacabilità
R.G.N. 9101/2021
Ud. 04/04/2025 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1978/2020 depositata il 21/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 04/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1978/2020, pubblicata in data 21 ottobre 2020, la Corte d’appello di Firenze, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha parzialmente accolto l’appello proposto da COGNOME avverso l ‘ ordinanza ex art. 702bis c.p.c. del Tribunale di Siena del 19 luglio 2017 e, per l’effetto, ha condannato RAGIONE_SOCIALE SIENA RAGIONE_SOCIALE alla corresponsione in favore dell’appellante, a titolo di ripetizione ex art. 2033 c.c., della somma di € 41.832,90, oltre i nteressi, compensando per un terzo le spese del doppio grado e gravando la stessa BANCA RAGIONE_SOCIALE dei residui due terzi.
IVO COGNOME aveva agito innanzi al Tribunale di Siena sulla scorta di una precedente decisione del Tribunale di Montepulciano, la quale a propria volta, stando a quanto riferito dalla decisione impugnata -aveva dichiarato la nullità dell’operazione di vendita di un prodotto finanziario ( ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ) costituito da un mutuo finalizzato all’acquisto di titoli obbligazionari e di quote di fondi comuni.
Nel secondo giudizio innanzi al Tribunale di Siena IVO COGNOME aveva chiesto la condanna di BANCA MONTE RAGIONE_SOCIALE SIENA RAGIONE_SOCIALE sia alla corresponsione del controvalore dei titoli obbligazionari in precedenza acquistati, sia al rimborso della rate riferibili al mutuo
dichiarato nullo, sia al risarcimento del danno derivante dalla segnalazione del proprio nominativo presso il registro CRIF.
Il Tribunale di Siena aveva integralmente respinto le domande, ritenendo che le medesime fossero già state azionate nel procedimento definito dal Tribunale di Montepulciano, il quale, non essendo stato gravato, era passato in giudicato, con conseguente preclusione ad un nuovo esame delle medesime domande.
Proposto appello da parte di COGNOME con l’articolazione di due motivi -il primo riferito al mancato accoglimento della domanda di restituzione delle somme versate in esecuzione del contratto dichiarato nullo; il secondo riferito all’omessa pronuncia in merito alla richiesta di cancellazione del nominativo dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia -la Corte d’appello di Firenze ha:
-accolto il primo motivo, procedendo all’esame della precedente sentenza del Tribunale di Montepulciano e concludendo che la stessa aveva radicalmente omesso di pronunciarsi sulla domanda di condanna alla ripetizione pur in quella sede formulata, da ciò derivando che nessuna preclusione poteva ritenersi sussistente in ordine alla riproposizione della domanda innanzi al Tribunale di Siena;
-ritenuto infondato il secondo motivo, sia perché sullo stesso doveva ritenersi intervenuta la cessazione della materia del contendere, avendo la banca dato atto della immediata cancellazione del nominativo del l’appellante dal registro CRIF, sia perché l’appellante medesimo non aveva fornito prova dei danni subiti in conseguenza della indebita segnalazione.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Firenze ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Il controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione agli artt. 112 e 329 c.p.c.
La ricorrente censura la decisione impugnata per aver escluso che la precedente decisione del Tribunale di Montepulciano si fosse pronunciata sulla domanda di restituzione dei ratei di mutuo -successivamente riformulata innanzi il Tribunale di Siena -argomentando che nel primo giudizio il Tribunale aveva in realtà statuito su tale domanda -sotto la voce ‘costi complessivi’, oggetto di condanna nei confronti dell’odierna ricorrente o comunque avrebbe inteso assorbire tale domanda nell’ambito della compl essiva statuizione.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la ‘ Nullità della sentenza in relazione all’omesso esame di eccezione processuale e contestazione di merito formulate ex art. 112 e 167 cpc dalla convenuta nella comparsa di costituzione e risposta di primo e di secondo grado ‘ .
Si censura la decisione della Corte fiorentina nella parte in cui ha riconosciuto come esistente il credito restitutorio dell’odierno controricorrente in quanto la Corte territoriale avrebbe sia omesso di valutare le contestazioni che l’odierna ricorrente aveva mosso ad an e quantum della pretesa sia, conseguentemente, ritenuto non contestata una quantificazione che era stata invece contestata ed era stata
ulteriormente modificata dall’odierno controricorrente solo in sede di gravame, incrementando la somma richiesta da € 41.000,00 ad € 41.832,90.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4, c.p.c., la ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cc e dell’art. 345 co III° cpc e nullità della sentenza in relazione alla valutazione dell’assenza di prova della quantificazione della domanda restitutoria ed alla illegittima produzione documentale in grado di appello’ .
Sempre censurando la decisione della Corte fiorentina nella parte in cui ha riconosciuto come esistente il credito restitutorio dell’odierno controricorrente, la ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale non si sia pronunciata sulla richiesta di espunzione di documenti che l’odierno controricorrente avrebbe prodotto solo in grado di appello, violando l’art. 345 c.p.c., ritenendo la domanda provata ‘oltre ogni ragionevole dubbio’ .
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, privi di pregio.
2.1. Il primo motivo di ricorso, invero, è infondato.
2.1.1. Giova premettere che q uesta Corte non ignora l’esistenza di un proprio orientamento, anche recente, che, in tema di giudicato esterno, afferma che, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno va coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso con la conseguenza che la parte ricorrente che deduca l’esistenza del giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 25700 del 25/09/2024; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 17310 del
19/08/2020; Cass. Sez. L – Sentenza n. 5508 del 08/03/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 15737 del 23/06/2017).
Ritiene, tuttavia, questa Corte che il rigore di tale enunciato non possa ritenersi compatibile con le indicazioni desumibili sia dalla sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia) sia dalla nuova formulazione dell’art. 366, n. 6), c.p.c. ed in particolare dal riferimento -contenuto nella previsione – alla ‘ illustrazione del contenuto rilevante ‘ degli atti processuali o documenti.
Da tali indicazioni, invero, questa Corte ha già, in linea generale, tratto la conclusione per cui il principio di specificità deve comunque essere modulato secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021).
Tornando, allora, allo specifico profilo della rilevabilità del giudicato in sede di legittimità, non si può ritenere che il ricorrente che tale giudicato venga ad invocare sia tenuto all’integrale riproduzione della decisione che assume essere assistita dall’inoppugnabilità, dovendosi invece ritenere sufficiente che la decisione medesima sia sintetizzate e riprodotta nei suoi passaggi essenziali, in modo da assicurare in ogni caso l’intelligibilità del motivo e da consentire a questa Corte di vagliare la censura senza che risulti inevitabile l’esame diretto dell’atto.
Per contro, dovrà ritenersi inammissibile un motivo che, per l’insufficienza della sintesi e dei richiami ad atti e documenti, non
consenta un univoco inquadramento della censura e non risulti valutabile se non procedendo all’esame diretto dei medesimi atti o documenti, di fatto conducendo questa Corte a svolgere un compito che è invece riservato al giudice del merito.
Nella specie, si deve rilevare che la sintesi e la parziale riproduzione della decisione in relazione alla quale la ricorrente viene ad invocare il giudicato si presentano di adeguata specificità, consentendo, quindi, a questa Corte di inquadrare ed esaminare il motivo con modalità compatibili alla funzione nomofilattica.
2.1.2. Operata tale premessa, tuttavia, si deve affrontare un ulteriore profilo preliminare connesso all’ammissibilità del motivo.
Si deve, infatti, registrare la presenza di precedenti di questa Corte in quali, in relazione alla deduzione in sede di legittimità della violazione del giudicato ex art. 2909 c.c., hanno escluso la possibilità di sollecitare indagini circa il contenuto sostanziale della pronuncia, la cui ricostruzione, risolvendosi in un apprezzamento di fatto, sarebbe demandata in via esclusiva al giudice di merito e resterebbe incensurabile in sede di legittimità (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26523 del 12/12/2006), essendo il controllo di legittimità limitato all’accertamento degli estremi legali per la efficienza del giudicato esterno nel processo in corso (Cass. Sez. L – Sentenza n. 14297 del 08/06/2017).
Ritiene, invece, questa Corte di dare continuità all’orientamento che invece -dopo aver affermato che il giudicato va assimilato agli “elementi normativi”, cosicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici, essendo sindacabili sotto il profilo della violazione di legge gli eventuali errori interpretativi -ha tratto da questo postulato la conclusione per cui il giudice di legittimità può
direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24664 del 28/11/2007; Cass. Sez. L, Sentenza n. 22883 del 09/09/2008; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 21200 del 05/10/2009; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 17175 del 14/08/2020).
2.1.3. Affermata, quindi, l’ammissibilità del motivo, nel momento in cui lo stesso, deducendo la violazione del precedente giudicato, sollecita a questa Corte una valutazione diretta dell’esistenza e della portata del giudicato medesimo, si deve tuttavia osservare che il motivo risulta infondato.
Invero, l’esame della sentenza del Tribunale di Montepulciano viene ad evidenziare la correttezza della decisione della Corte d’appello, non essendo ravvisabile nella decisione del Tribunale né menzione né statuizione in ordine alla domanda di ripetizione, e non risultando corretto sul piano interpretativo , come invece ritenuto dalla ricorrente, ravvisare una simile decisione nel riferimento ai ‘costi complessivi’ , evidente essendo – linguisticamente e giuridicamente -la differenza tra ‘cost i ‘ che sono stati valutati dal giudice di merito come danni ed una domanda di ripetizione di indebito, che concerne invece l’esistenza di obblighi restitutori e non risarcitori.
Tale assenza radicale di statuizione -di cui la ricorrente sembra in parte consapevole, nel momento in cui (pag. 14) viene ad invocare un assorbimento della domanda e che, peraltro, risulta essere stata affermata anche in sede di prime cure dal Tribunale di Siena -viene, a questo punto, a precludere radicalmente la possibilità di ritenere sussistente un vincolo da precedente giudicato, essendo sufficiente sul
punto richiamare il principio -costantemente enunciato da questa Corte -per cui il giudicato non si forma sugli aspetti del rapporto che non abbiano costituito oggetto di accertamento effettivo, specifico e concreto, quali quelli oggetto di una domanda su cui sia stata omessa la pronuncia (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 32650 del 09/11/2021; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 1828 del 25/01/2018; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 26922 del 23/12/2016; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5264 del 17/03/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21266 del 10/10/2007).
2.2. Il secondo motivo di ricorso è, invece, inammissibile.
Quanto alla doglianza per omessa pronuncia su singole contestazioni -da cui, secondo la ricorrente, sarebbe discesa l’adozione di una decisione nulla perché priva di motivazione – la ricorrente omette di considerare che non può configurarsi un vizio di omessa pronuncia -e, di riflesso, di omessa motivazione -in relazione a singole deduzioni ed argomentazioni formulate da una parte.
Il giudice, infatti, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, c.p.c., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito, con la conseguenza che il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 12652 del 25/06/2020).
Quanto all a doglianza riferita all’ omessa pronuncia su eccezioni processuali, non può che richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte, a mente del quale il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 10422 del 15/04/2019; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 25154 del 11/10/2018; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 1876 del 25/01/2018; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 22083 del 26/09/2013).
Quanto alle censure con le quali la ricorrente impugna la decisione della Corte d’appello per aver ritenuto non contestata la domanda di ripetizione di indebito formulata dall’odierno controricorrente, è sufficiente osservare che il giudice di merito , nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, ha ritenuto sussistente una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 3680 del 07/02/2019), con apprezzamento che, poiché esige l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda e delle deduzioni delle parti, risulta sindacabile in cassazione solo per solo per difetto assoluto o apparenza di motivazione o per manifesta illogicità della stessa (Cass. Sez. 2 Ordinanza n. 27490 del 28/10/2019; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10182 del 03/05/2007), dal che è inevitabile concludere che le censure della ricorrente sono inammissibilmente dirette a sindacare la decisione della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto provata la pretesa restitutoria.
2.3. Inammissibile, parimenti, è il terzo motivo, e ciò per una duplice ragione.
La prima deriva dal principio appena richiamato in sede di esame del secondo motivo, a mente del quale non risulta configurabile una
violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’omessa pronuncia su eccezioni di natura squisitamente processuale.
La seconda, invece, è costituita dalla constatazione che il motivo omette radicalmente di confrontarsi con la ratio della decisione, dal momento che non emerge in alcun modo, dall’esame della decisione impugnata, che la Corte d’appello abbia basato la propria decisione sui documenti che la ricorrente assume essere stati prodotti tardivamente, avendo invece la Corte territoriale basato la propria decisione -come visto in sede di esame del secondo motivo – sulla diversa circostanza dell’a ssenza di contestazioni in ordine alla tardivamente prodotti, avendo invece ritenuto non contestata la domanda di ripetizione di indebito formulata dall’odierno controricorrente .
Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, rigetta il ricorso,
condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 4.400,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima