Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25975 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25975 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20772/2022 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DI COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
nonchè
contro
COGNOME
NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 1319/2022 depositata il 18/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 14 settembre 2022 NOME COGNOME e NOME impugnano la sentenza n. 1319/2022 emessa dalla Corte d’Appello di Catania in data 09.06.2022, comunicata alle parti in data 18.06.2022.
Gli intimati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, NOME COGNOME hanno depositato controricorso.
Il contenzioso riguarda un’azione revocatoria ordinaria collegata a una vicenda di rapporti di credito/debito tra confideiussori, separatamente decisa in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
Per quanto ancora d ‘ interesse, con ordinanza n. 31062/2019 del 28 novembre 2019 questa Corte ha cassato la sentenza della Corte d’appello di Catania con rinvio sull’assunto che l’opponente Palma avesse diritto di opporre ai confideiussori le eccezioni opponibili al creditore non solo in via di surroga ex artt. 1203 n. 3 e 1204 c.c., ma anche in via di regresso ex art. 1954 c.c.
La c orte d’appello, in sede di rinvio, con sentenza in data 17.12.2021 n. 2422/2021 ha revocato il decreto ingiuntivo rilevando di ‘non poter emettere statuizione di condanna del Palma al pagamento dell’eventuale minore somma dovuta ai riassumenti’.
Parallelamente al suddetto giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, definito con la sentenza sopra citata, i confideiussori instauravano il presente giudizio di revocatoria ordinaria per ottenere la dichiarazione di inefficacia di un atto dispositivo di un bene stipulato dal confideiussore Palma a favore della figlia NOME che veniva accolta nel primo grado sulla base del fatto che il credito, ancorché litigioso, fosse tutelabile con detta azione, sussistendone i requisiti ex art. 2901 c.c..
Proposto appello dagli odierni ricorrenti, questi deducevano che il passaggio in giudicato della sentenza di revoca del decreto ingiuntivo emessa dalla c orte d’appello e resa tra i confideiussori incidesse negativamente sul titolo per il quale era stata avviata l’azione revocatoria.
La Corte d’appello, con la sentenza impugnata in questa sede, respingeva l’eccezione di passaggio in giudicato e confermava la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria sull’assunto che il giudicato formatosi tra i confideiussori con la revoca del decreto ingiuntivo non fosse di ostacolo per l’ accoglimento dell’azione revocatoria, riconoscendo alle parti la residua possibilità di avvalersi del diritto di riproporre la domanda non decisa in separata sede, per la minor somma dovuta, epurata degli interessi anatocistici che avevano condotto alla revoca del decreto ingiuntivo.
Motivi della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e in particolare dell’art. 2901 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. 1. La sentenza
impugnata sarebbe, in tesi, inficiata da error in iudicando nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto esistente il presupposto del credito richiesto dall’art. 2901 cc , sussistendo ‘una legittima ragione o aspettativa di credito, da tutelare attraverso l’azione revocatoria, dato che una pretesa creditoria in tal senso può ancora essere utilmente esercitata da parte degli appellati ‘. La sentenza impugnata, oltre a porsi in contrasto con quanto definitivamente accertato nella sentenza n. 2422/2021 del 17.12.2021 emessa dalla Corte d’appello di Catania, passata in giudicato in data 30.05.2022, avrebbe erroneamente interpretato il concetto di pretesa creditoria tutelabile con la revocatoria anche nell’eventuale forma di credito eventuale di cui all’art. 2901 cc., contrapponendosi a quanto statuito da Cass, Sezione Unite 17.12.2008 n. 29421.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e in particolare dell’art. 324 c.p.c. (giudicato formale) e dell’art 2909 c.c. (giudicato sostanziale) in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. La sentenza impugnata sarebbe affetta da error in iudicando nella parte in cui ha riconosciuto in capo agli odierni resistenti ‘la possibilità di avvalersi, anziché dell’appello (nel qual caso il vizio di omessa pronuncia deve costituire -come detto -oggetto di un puntuale motivo di appello, con il quale si segnali l’errore commesso dal giudice di primo grado) della possibilità di riproposizione della domanda non decisa in separata sede’ .Il giudice di secondo grado, anziché conformarsi alle conclusioni riportate nella sentenza n. 2422/2021 emessa dalla Corte d’appello di Catania il 06.12.2021, passata in giudicato in data 30.05.2022, avrebbe in tesi erroneamente affermato che il debito esiste anche se per un minor importo, senza considerare che gli appellanti, invece, nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo avrebbero dovuto chiedere con l’atto di appello di
ricalcolare l’importo ritenuto di giustizia in caso di revoca del decreto ingiuntivo, censurando con una ulteriore impugnazione l’omessa decisione sul punto.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e 161 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. La sentenza impugnata sarebbe affetta da error in iudicando , atteso che il secondo giudice si sarebbe pronunciato ultra petita , in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato disciplinato nonostante gli attori si fossero sin dall’inizio dichiarati titolari non già di un’aspettativa di credito, ma di un credito litigioso, oggetto del pregresso giudizio, definito con la citata sentenza.
Con il quarto motivo, in via subordinata, il ricorrente denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. contestando l’erroneità della sentenza impugnata là dove ha omesso di pronunciarsi sull’ammissione della Consulenza Tecnica d’Ufficio formulata al fine di quantificare la quota di importo dovuto in via di regresso.
I primi tre motivi vanno trattati congiuntamente, essendo afferenti alla medesima statuizione di sussistenza di un’ ‘aspettativa di credito’ a fondamento dell’azione revocatoria, sull’assunto che l’omessa impugnativa della statuizione del giudice dell’appello resa con la sentenza n. 2422/21 che ha revocato il decreto ingiuntivo non costituisca un giudicato sulla pretesa creditoria in grado di precludere l’azione revocatoria qui in discussione.
In via pregiudiziale va rilevato che la sentenza n. 2422 del 17/12/21 della Corte d’appello di Catania, prodotta dal solo controricorrente con l’allegato n. 8, risulta priva dell’attestazione del passaggio in giudicato, né risulta in atti che tale onere di deposito sia stato assolto dagli odierni ricorrenti.
Atteso che la questione in discussione attiene alla incidenza di detto giudicato sul credito per cui è stata esercitata l’azione revocatoria, deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso.
La decisione pregressa assume rilievo in quanto costituisce il presupposto logico-giuridico dell ‘ azione revocatoria intrapresa, oggetto del presente ricorso, avviata sulla base di un credito ancorché litigioso, ma definito con successiva sentenza. Viene così richiamato dal ricorrente il generale principio secondo cui, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico, e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause (o costituente indispensabile premessa logica della statuizione in giudicato) preclude il riesame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 32370 del 21/11/2023), e ciò ai sensi dell’art. 2909 c.c.
Tuttavia, la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di fornire la prova degli effetti preclusivi e costitutivi che determina, non soltanto producendo la sentenza emessa in altro procedimento, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la stessa non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la eventuale mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 6868 del 02/03/2022; Sez. 3 – , Ordinanza n. 20974 del 23/08/2018).
Deve pertanto dichiararsi inammissibile la censura di mancato rilievo del giudicato esterno se non supportata da tale fondamentale allegazione.
Inammissibile è anche il quarto motivo, svolto in via subordinata, inerente alla censura di omessa acquisizione di una CTU sulla capienza del patrimonio del debitore, rispetto al residuo credito accertato.
10.1. Innanzitutto, i ricorrenti omettono di considerare che la consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitariamente considerato effettuata dal suddetto giudice (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 326 del 13/01/2020; Cass.Sez. 1, Sentenza n. 15219 del 05/07/2007).
10.2. Va altresì osservato che nell’atto d’ appello i ricorrenti deducono di aver espressamente impugnato l’ordinanza del 21.6.2019 emessa dal giudice di prime cure di rigetto della richiesta CTU.
10.3. La censura è tuttavia inammissibile là dove non fa riferimento al contenuto dell’ordinanza di rigetto, né all’adempimento da parte dell’istante dell’onere di reiterar e l’istanza rigettata , in modo specifico, quando precisa le conclusioni, rendendosi essa, dunque, priva del requisito di autosufficienza di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c. ai fini del rilievo di ammissibilità (cfr. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile, con ogni conseguenza in merito alle spese del presente giudizio, liquidate a favore della parte controricorrente in base alle tariffe vigenti
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per compensi, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16/6/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME