Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 387 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 387 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 31123-2019 proposto da:
COGNOME, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, SINGH INDEEP, COGNOME, COGNOME, tutti domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
Oggetto subordinazione
R.G.N. 31123/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 05/10/2023
PU
presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 314/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 02/10/2019 R.G.N. 34/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per inammissibilità, rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato NOME COGNOME udito l’Avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Brescia, decidendo sui ricorsi proposti dai sei lavoratori in epigrafe indicati, ha confermato le sentenze del Tribunale di Mantova che avevano rigettato le domande tese ad ottenere l’accertamento del loro diritto ad essere assunti a lle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE a decorrere dal 1 febbraio 2018 alle medesime condizioni economiche e normative di cui godevano presso la RAGIONE_SOCIALE con ordine alla RAGIONE_SOCIALE di ripristinare i rapporti e condanna al pagamento di un’indennità risarc itoria commisurata alla retribuzione globale di fatto spettante.
Il giudice di appello ha premesso che tra le parti era incontroverso che i ricorrenti, già dipendenti della RAGIONE_SOCIALE operante nel settore tessile ed ammessa al concordato
preventivo il 14.6.2017, erano transitati ai sensi dell’art. 2112 c.c. alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE (società costituita da RAGIONE_SOCIALE) che si era aggiudicata la gara per la vendita disposta dagli organi del concordato preventivo.
2.1. Ha rammentato che successivamente la RAGIONE_SOCIALE dal 1.10.2017 aveva fatto ricorso alla CIGS e, una volta scaduto il periodo di sospensione, nell’impossibilità di una proroga con comunicazione del 28 dicembre 2017 aveva intrapreso una procedura di licenziamento collettivo di 33 dei 37 lavoratori in organico.
2.2. Ha quindi ricordato che con accordo sindacale del 20.1.2018 vennero concordati i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, individuati ai sensi dell’art. 5 della legge n. 223 del 1991.
2.3. Ha rammentato che in questo contesto la RAGIONE_SOCIALE, socio unico di RAGIONE_SOCIALE, si era resa disponibile ad assumere dal 1.2.2008 16 operai, con cessione di contratto ex art. 1406 c.c. e senza soluzione di continuità, da scegliere in base ai criteri di legge già indicati per il licenziamento (in sostanza i primi 16 della graduatoria già redatta sarebbero passati alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE attraverso la cessione del contratto di lavoro).
2.4. Ha precisato che gli odierni ricorrenti, però, non furono assunti e licenziati impugnarono il licenziamento con rito Fornero convenendo in giudizio sia RAGIONE_SOCIALE che RAGIONE_SOCIALE Il Tribunale, esclusa la cessione ex art. 2112 c.c., ritenne illegittimo il licenziamento per violazione dell’art. 4 comma 9
della legge n. 223 del 1991 osservando che nella comunicazione inviata alle OO.SS. ed agli altri enti competenti si era omesso di indicare le modalità con le quali erano stati applicati i criteri di scelta ed inoltre non era stata allegata alla comunicazione la graduatoria stilata per individuare i lavoratori da licenziare. Pertanto, dispose la reintegrazione dei ricorrenti alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e le sentenze passarono in giudicato.
2.5. Successivamente però i lavoratori reintegrati furono nuovamente licenziati da RAGIONE_SOCIALE stante l’ impossibilità di ricollocarli in azienda e questi licenziamenti non furono impugnati.
Tutto ciò premesso, con riguardo al reclamato diritto dei lavoratori ad essere assunti dalla RAGIONE_SOCIALE in virtù della concordata cessione dei contratti di lavoro di 16 dipendenti da individuare in base ai criteri di scelta legali richiamati nell’accord o intervenuto con le OO. SS., la Corte di merito ha ritenuto che i ricorrenti non avessero offerto una prova rassicurante del loro diritto ad essere ricompresi tra i sedici lavoratori da assumere in base all’accordo.
3.1. La Corte di merito ha osservato che a tal fine non erano utili le sentenze che avevano accertato l’illegittimità del licenziamento collettivo posto che quella che era stata denunciata e accertata era una violazione procedurale (l’insufficienza della comunicazione ex art. 4 comma 9) e non anche una concreta violazione nell’applicazione dei criteri di
scelta con conseguente illegittima estromissione dalla platea dei sedici lavoratori da assumere.
3.2. Ha poi evidenziato che, a fronte di frammentarie e insufficienti deduzioni circa i livelli dei lavoratori comparabili, la COGNOME aveva allegato di aver correttamente applicato i criteri legali. Le incongruenze evidenziate dai lavoratori ricorrenti non si estendevano anche al criterio delle esigenze tecniche ed organizzative e dunque non era possibile stabilire se la graduatoria era stata correttamente redatta.
3.3. Inoltre, ha accertato che i dati forniti erano parzialmente errati e perciò non era possibile verificare in concreto se, come dedotto, vi fossero stati errori che anzi non risultavano confermati. Ha ribadito che trattandosi di accertamento del diritto all’assunzione era onere dei lavoratori allegar ne e dimostrarne l ‘ esistenza.
3.4. Infine, ha evidenziato che non era possibile dare attuazione alla cessione rivendicata ai sensi dell’art. 2932 c.c. atteso che la RAGIONE_SOCIALE, dopo aver reintegrato i lavoratori, li aveva successivamente nuovamente licenziati e tali licenziamenti, mai impugnati, erano divenuti definitivi. Conseguentemente già alla data della sentenza di primo grado i ricorrenti non erano più dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALE nei cui confronti RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a procedere ad una assunzione con cessione del contratto di lavoro. Al riguardo ha rammentato che la sentenza che costituisce il rapporto ex art. 2932 c.c. ha efficacia
costitutiva ex nunc e dal momento del passaggio in giudicato e dunque il rapporto non poteva essere costituito in forma specifica essendo già cessato prima della sentenza di primo grado.
Per la cassazione della sentenza ricorrono i lavoratori indicati in epigrafe che articolano due motivi. RAGIONE_SOCIALE ha resistito con tempestivo controricorso. Il Procuratore Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 372 c.p.c.. Rinviata la decisione in relazione al sopravvenuto impedimento del giudice relatore la causa è stata assegnata al l’udienza odierna con un nuovo relatore e i ricorrenti hanno depositato memoria per replicare alle conclusioni del Procuratore generale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è denunciata, in relazione all’ art. 360 n. 4 c.p.c., la violazione dell’art. 2909 c.c. per avere il giudice di merito, in presenza di una sentenza che ha dichiarato violati i criteri di scelta di cui all’art. 5 della legge n. 223 del 1991 affermato che invece tali criteri non sarebbero stati violati.
5.1. Ad avviso dei ricorrenti erroneamente la sentenza impugnata -violando il giudicato – ha ritenuto che non vi fosse una prova sufficiente del mancato rispetto dei criteri ex art. 5 l. 223 del 1991, così contraddicendo le sentenze del Tribunale, passate in giudicato, che avevano affermato che ‘RAGIONE_SOCIALE ha applicato arbitrariamente i criteri di scelta concordati con le
OO.SS. ‘ e che ‘è senz’altro sussistente il denunciato vizio di violazione dei criteri di scelta’.
Con il secondo motivo di ricorso è denunciata la violazione dell’ art. 1326 c.c. e si deduce che la Corte territoriale avrebbe ritenuto che la domanda non fosse accoglibile anche perché i ricorrenti al momento della cessione non erano più dipendenti della società cedente, ma in tal modo si sarebbe confusa l’origine dell’obbligo di concludere un contratto con la sentenza che tiene il luogo del contratto non concluso, obbligo che sorge invece con il precedente rapporto giuridico dal quale deriva l’obbligazione e nello specifico l’accordo sindacale del 20.1.2018. Si sostiene che la sentenza costitutiva es art. 2932 c.c. è attuazione coattiva dell’obbligazione già esistente ma rimasta inadempiuta e dunque nel caso di specie non rileverebbe il fatto che il secondo licenziamento, determinato dalla definitiva cessazione dell’attività della RAGIONE_SOCIALE, non era stato impugnato.
Il primo motivo di ricorso non può essere accolto ed essendo la statuizione con esso impugnata di per sé idonea a sorreggere la decisione impugnata viene meno l’interesse a decidere sul secondo motivo di ricorso il cui esame resta quindi assorbito.
7.1. Occorre premettere che il giudicato va assimilato agli “elementi normativi” sicché la sua interpretazione deve essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici. Eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge e dunque al
giudice di legittimità è consentito di accertare direttamente l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (cfr. Cass. sez. un. 28/11/2007 n.24664 e tra le altre più recentemente Cass. 29/11/2018 n. 30838).
Si aggiunga poi che perché il giudicato formatosi su una sentenza operi in un altro giudizio è necessario che tra le due cause vi sia identità di petitum e causa petendi . Il giudicato, in virtù del principio secondo il quale esso copre il dedotto e il deducibile, è correlato infatti all’oggetto del processo e colpisce, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti. Fermo restando il requisito dell’identità delle persone, tuttavia esso non si estende a fatti ad esso successivi né a quelli comportanti un mutamento del petitum e della causa petendi (cfr. Cass. 09/11/2022 n. 33021). In sostanza, coprendo il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, il giudicato si estende alle ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ed a tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e
necessari, della pronuncia, ma non può spiegare effetti in ordine alle questioni che non potevano essere proposte prima che sorgesse il fatto giuridico da cui scaturiscono (cfr. Cass. 04/03/2020 n. 6091).
7.2. In definitiva qualora due giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo (Cass. 04/04/2019 n. 9316). Tuttavia, è stato del pari chiarito che la forza degli effetti stabiliti dall’art. 2909 c.c. opera soltanto rispetto alle questioni – dedotte o deducibili su cui il provvedimento giurisdizionale si sia soffermato e non rispetto a statuizioni che siano meramente apodittiche (cfr. Cass. 07/12/2021 n. 38767).
7.3. Tanto premesso ritiene il Collegio che nel caso in esame non si possa ritenere che il giudicato formatosi sulle due sentenze gemelle del Tribunale di Mantova, che hanno accertato l’illegittimità de i licenziamenti irrogati dalla RAGIONE_SOCIALE agli odierni ricorrenti, sia opponibile nel presente giudizio.
7.4. Nell’odierna controversia si chiede di accertare che ingiustamente è stato negato il diritto all’assunzione che sarebbe conseguito alla posizione in graduatoria che sarebbe spettata ai lavoratori ricorrenti in esito ad una corretta applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e che si disponga ex 2932 c.c. la costituzione del rapporto di lavoro. Si deduce che nelle cause con le quali era stata accertata la illegittimità del licenziamento collettivo intimato dalla RAGIONE_SOCIALE sarebbe stato accertato proprio che i criteri di scelta erano stati ‘arbitrariamente applicati’ e che perciò quel giudicato potrebbe essere opposto anche alla RAGIONE_SOCIALE, odierna controricorrente e cessionaria dei rapporti di lavoro, a dimostrazione dell’illegittima applicazione dei criteri in base ai quali individuare i lavoratori da assumere da parte della società RAGIONE_SOCIALE atteso che la stessa era stata parte di quei giudizi in cui erano stati impugnati i licenziamenti e nella quale era stato chiesto anche di accertare l’esistenza di una cessione di azienda, ex art. 2112 c.c., proprio tra la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE Si rammenta che in quei giudizi fu dichiarata improponibile la domanda di costituzione del rapporto ai sensi dell’art. 2932 c.c. che è stata poi proposta nel presente giudizio.
7.5. Rileva tuttavia il Collegio che dall’esame delle sentenz e invocate, autorizzato dal tenore della censura formulata, si evince che il giudice di Mantova accertò in primo luogo che tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non era intercorsa una cessione di
azienda o di ramo di azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. in quanto i sedici lavoratori della società erano stati assunti dalla RAGIONE_SOCIALE con una cessione di contratto di lavoro ex art. 1406 c.c. in esecuzione dell’accordo sindacale siglato il 20.1.2018. Non risulta che in quella sede sia stata denunciata la violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da assumere. L ‘opposizione dei lavoratori fu rigettata evidenziando anche che, nel contesto del rito c.d. Fornero, la domanda avanzata di costituzione del rapporto ai sensi dell’art. 2932 c.c. non era proponibile. Venne invece accertata l ‘illegittimità dei licenziamenti intimati all’esito della procedura, con conferma delle ordinanze rese in sede sommaria, poiché si ravvisò un a violazione dell’art. 4 comma 9 della legge n. 223 del 1991 atteso che era mancata la comunicazione scritta dei criteri di scelta da adottare per individuare i lavoratori da licenziare. Il giudice dell’opposizione, al pari di quello della fase sommaria, ritenne ‘pacifico che la cd ‘graduatoria degli operai’ sub doc . 4 di parte RAGIONE_SOCIALE, non (fosse) stata comunicata a chicchessia’ ed accertò che nel contesto di quella procedura la società aveva applicato in maniera arbitraria i criteri fissati tanto da doversi ritenere che gli stessi erano stati violati. In sostanza si accertò una mancanza di trasparenza, ostacolo al pieno esercizio della funzione sindacale di controllo e valutazione ma nel diverso contesto della procedura del licenziamento, senza alcun cenno ai criteri adottati nella selezione dei lavoratori da cedere alla RAGIONE_SOCIALE
Correttamente la Corte di merito ha perciò sottolineato che nelle sentenze invocate ciò che era stata accertata era la violazione di un obbligo procedurale di comunicazione e che, solo ai fini della tutela applicabile, una violazione di tal fatta era paragonabile al mancato rispetto dei criteri di scelta, precludendo, al pari di tale ultima violazione, il controllo da parte delle OO.SS. e dunque dei lavoratori rappresentati delle modalità di selezione di quelli da licenziare.
7.6. In sostanza il giudizio odierno, pur instaurato tra le stesse parti e attinente al medesimo rapporto, si fonda su una causa petendi diversa rispetto a quella fatta valere nella controversia nella quale è intervenuta una sentenza passata in giudicato ed ha ad oggetto un diverso petitum in relazione al quale l’accertamento non insiste nel medesimo ambito oggettivo del giudicato e richiede comunque differenti attività istruttorie.
7.7. Ne consegue che il giudicato formatosi in relazione alle sentenze che hanno escluso la cessione di ramo di azienda e accertato l’illegittimità dei licenziamenti collettivi intimati , non solo non è preclusivo dell’ulteriore azione che infatti è stata ritenuta ammissibile ma è anche irrilevante rispetto agli accertamenti necessari per l’accoglimento delle domande formulate nella presente controversia. Gli accertamenti contenuti nelle sentenze passate in giudicato si muovono in un ambito diverso e non coinvolgono in alcuna maniera le modalità di
individuazione dei lavoratori destinatari della cessione del rapporto di lavoro.
7.8. In conclusione, quei giudicati non possono essere invocati a sostegno della pretesa qui azionata che avrebbe dovuto, e non lo è stata, essere compiutamente provata (arg. ex Cass. n. 37543 del 2022 e n. 28963 del 2017).
Non è pertinente rispetto alla vicenda esaminata la sollecitazione, formulata con la memoria illustrativa depositata in vista dell’udienza di discussione odierna, d i un’interpretazione conforme al diritto dell’Unione Europea delle disposizioni applicate con riguardo alla Direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12.3.2001 atteso che nella specie è stata esclusa in radice già con le due sentenze del Tribunale di Mantova l’esistenza di un trasferimento di azienda o di un ramo di essa.
Non si pone perciò nessun possibile dubbio interpretativo rispetto al diritto dell’Unione europea, con l’esclusione quindi di alcun obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, infatti, tale obbligo è escluso, tra l’altro, nel caso in cui la questione, come nella presente fattispecie, sia irrilevante per la soluzione della controversia pendente dinanzi al giudice nazionale di ultima istanza (cfr. Corte di Giustizia UE, 6 ottobre 2021, RAGIONE_SOCIALE (C-
561/19) e Corte di Giustizia UE, 6 ottobre 1982, Cilfit et al. (283/81)).
10. In conclusione, per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato quanto al primo motivo con assorbimento del secondo. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio che liquida in € 4.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME