Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23640 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23640 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 21/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9592-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato -nonché contro
R.G.N.9592/2024
COGNOME
Rep.
Ud.25/02/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE – intimata – avverso la sentenza n. 130/2024 della CORTE D’APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 14/02/2024 R.G.N. 501/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
CONSIDERATO CHE
1.La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha respinto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia di primo grado di rigetto del ricorso in opposizione ad estratti di ruolo, ed ha ritenuto che si fosse formato il giudicato interno sulla mancata impugnazione della statuizione espressa dal Tribunale in ordine alla sussistenza dell’interesse ad agire; non rileverebbero la modifica normativa intervenuta nel corso del procedimento circa la non impugnabilità dell’estratto di ruolo ai sensi dell’art. 3 -bis L.146/2021, né la pronuncia delle Sez.Un. n.26283/2022 sulla applicazione della predetta norma ai procedimenti pendenti, a fronte di un ‘ esplicita affermazione di interesse ad agire, non impugnata in appello.
La Corte territoriale ha poi respinto l’eccezione di inutilizzabilità degli atti interruttivi tardivamente prodotti dinanzi al giudice di primo grado dichiaratosi incompetente, e la doglianza di non riferibilità di una delle cartelle ad un plico raccomandato recante un illeggibile numero identificativo del titolo spedito.
A vverso la sentenza d’appello, la società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, articolato su un unico motivo, illustrato da memoria; l’Agenzia Entrate -Riscossione resiste con rituale controricorso.
3.- Formulata una sintetica proposta di definizione accelerata del giudizio sui principi espressi dai precedenti di questa Corte in ordine alla necessaria specificità e completezza del giudicato esterno dedotto in ricorso, con esplicito richiamo di motivazione e dispositivo affinché il giudice di legittimità possa effettuarne l’interpretazione, essendo diversamente precluso l’esame nel merito delle censure, la ricorrente presenta istanza di decisione ai sensi del secondo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Nella adunanza camerale del 25/2/2025 la causa è stata trattata e decisa.
RILEVATO CHE
1.- La società ricorrente, ripercorso lo storico della lite, riferisce che per l’udienza di discussione in appello del 15/12/2023, sostituita con modalità di trattazione ai sensi dell’art. 127 -ter c.p.c., aveva depositato il 14/12/2023 note scritte con le quali aveva rappresentato che le cartelle oggetto di controversia erano già state dichiarate prescritte in forza di altra precedente sentenza di merito, la n.1094/2023, notificata alle parti il 28/7/2023 e passata in giudicato il 27/8/2023.
Deduce, quindi, come unico motivo di ricorso, la violazione, ai sensi dell’art. 360 c o.1 n.3 c.p.c., della disposizione di cui all’art. 395 n.5 c.p.c. in relazione all’art. 2909 c.c. ed agli artt. 113 e 324 c.p.c., per non avere la Corte d’appello accolto l’eccezione di cosa giudicata formulata nelle note di trattazione scritta, ed inerente alla dichiarata prescrizione dei medesimi titoli riportati
in un preavviso di iscrizione ipotecaria notificato nelle more del giudizio pendente dinanzi alla Corte d’appello.
L’impugnata sentenza sarebbe incorsa in errore nel non aver considerato l’eccezione di giudicato in relazione ad un giudizio avente identità di soggetti e di oggetto; sostiene il ricorrente che l’effetto impeditivo della cognizione di una situazione giuridica già oggetto di decisione da parte del giudice, determinato da cosa giudicata sostanziale, comporta che nel successivo giudizio il giudice sia vincolato dalla precedente statuizione e che l’e vento non sia più contestabile nella formazione del proprio iter decisionale.
Nel controricorso, l’Agenzia di Riscossione eccepisce l’improprio richiamo, nella formulazione del motivo di ricorso, all’art. 395 n.5 c.p.c., non invocabile dinanzi alla Corte di cassazione, e la carenza di autosufficienza e specificità del motivo con riferimento alla necessaria certezza della formazione del giudicato e alla mancata indicazione della tempestiva produzione in giudizio della pronuncia munita di attestazione di passaggio in giudicato a cura della cancelleria. Conclude per la inammissibilità del ricorso.
Sulla proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c. per mancata riproduzione in ricorso del testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato con richiamo di motivazione e dispositivo, essendo insufficiente il richiamo a stralci della motivazione, e ritenuta la preclusione dell’esame nel merito delle censure se il giudicato non è debitamente trascritto nel corpo del ricorso per cassazione, la società ricorrente propone istanza di decisione non intendendo aderire alla pr oposta definitoria perché in contrasto con il protocollo d’intesa sul processo civile in Cassazione siglato il 1/3/2023 non potendo
l’autosufficienza comportare un onere di trascrizione integrale nel ricorso e nel controricorso di atti e documenti a cui si fa riferimento; peraltro il ricorso non riguardava il testo del giudicato ma l’omessa motivazione, nella sentenza di appello, in or dine all’eccezione di giudicato esterno sollevata con note scritte mediante la produzione della sentenza n.1094/23.
Nelle memorie depositate in prossimità di udienza, la società ricorrente, ribaditi i motivi di ricorso, evidenzia la produzione della sentenza n.1094/23 munita di attestazione di avvenuto giudicato ed osserva che il principio di autosufficienza non può comportare un onere di trascrizione integrale nel ricorso di atti e documenti a cui si fa riferimento; i motivi di ricorso, poi, non riguarderebbero il testo del giudicato erroneamente interpretato ma l’omesso riferimento all’eccepito giudicato esterno sollevato unitamente alle note scritte di udienza del 14/12/2023.
5. Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, si osserva che il motivo di ricorso è strutturato nella forma della violazione o falsa applicazione dell’art. 395 n.5 c.p.c., integrante uno dei casi di revocazione delle sentenze pronunciate in grado di appello; non risulta tuttavia che la sentenza della Corte d’appello n.130/2024, pronunciata il 15/12/2023 e pubblicata il 14/2/2024, impugnata in questa sede con ricorso per cassazione, sia stata impugnata per revocazione o che, sottoposto il giudizio d’appello a revocazione, sia stata violata una disposizione di legge sostanziale o processuale. Né si verte, in questa sede, in un caso di revocazione di sentenza della Corte di cassazione che, ai sensi dell’art. 391 -bis c.p.c. ipotizza la revocazione per errore di fatto, ovvero ai sensi dell ‘art. 391 -ter c.p.c. estende la possibilità della
revocazione alle sentenze della cassazione con decisione di merito per i motivi di cui ai n.1, 2, 3, 6 dell’art. 395 c.p.c.
Riguardo, poi, alla formazione di un giudicato nel corso del giudizio di secondo grado, costituisce principio di diritto affermato in S.U. 21493/2010 quello secondo il quale ‘ in tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza non sia stata eccepita, nel corso dello stesso, dalla parte interessata, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione e non con quello per cassazione ‘ . Nel caso di specie la parte ricorrente sostiene di aver eccepito il giudicato esterno nelle note scritte depositate prima dell’udienza cartolare del 15/12/2023; sfugge tuttavia la ritualità ed il contenuto della dedotta formazione del giudicato. Invero, per come riportato in ricorso , la deduzione dell’eccezione di giudicato non risulterebbe corredata della attestazione di giudicato che, per costante giurisprudenza di questa Corte, deve consistere in una formale attestazione di cancelleria e non in un argomento desumibile dal mero calcolo della mancata impugnazione nel termine di rito decorrente dalla notifica della sentenza; è stato infatti più volte precisato che occorre la certezza della formazione del giudicato, da provarsi mediante la produzione della sentenza per intero, recante il relativo attestato di cancelleria di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c. (Cass. ord. n.28515/2017, sentenze n.6024/17, n. 10623/09, n. 21469/13, e ord. n.20974/18 e n.6868/22).
7.1 – In particolare, il ricorrente deduce che decorso il termine di trenta giorni dalla notifica a tutte le parti della sentenza n.1094/23 pubblicata il 3/6/2023 (notificata il 28/7/23) la sentenza, alla data del 27/8/23 ‘ passava in giudicato ‘ . La
circostanza della data del passaggio in giudicato e della allegazione prima della pronuncia qui impugnata non è tuttavia documentata. Ed anzi, dalla produzione della sentenza con attestazione di giudicato datata, a cura della cancelleria del Tribunale di Reggio Calabria, ‘ 16/2/2024 ‘ , emerge non soltanto che alla data di deposito delle note scritte del 14/12/2023 tale attestazione formale di cancelleria ancora non era stata resa, ma anche che la Corte territoriale all’epoca della pronuncia in questa sede impugnata non poteva averne tenuto conto perché il passaggio in giudicato non era stato ancora formalmente attestato; si osservi pure che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 14/2/2024, ossia due giorni prima della rilasciata attestazione di cancelleria.
La deduzione dell’eccezione di giudicato , nel giudizio di appello, non era quindi corredata della attestazione di giudicato.
7.2 – E pertanto, facendo seguito al principio innanzi richiamato, riportato in sentenza di questa Corte n. 28733/2022, qualora il giudicato esterno ” si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza non sia stata eccepita, nel corso dello stesso, dalla parte interessata, la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione e non con quello per cassazione “; ma, prosegue la citata sentenza, ‘ riversando ‘in positivo’ siffatto principio, espresso, nell’enunciazione della massima testé riportata, ‘in negativo’, se ne ricava la regola, precipuamente rilevante nel presente giudizio, per cui, qualora l’esistenza del giudicato esterno formatosi nel corso del giudizio di secondo grado abbia, invece, costituito oggetto di eccezione ritualmente sollevata dalla parte interessata nel corso di esso, la sentenza d’appello difforme dal giudicato è impugnabile, non
con il ricorso per revocazione, ma solo con il ricorso per cassazione ‘.
Nel caso in esame, poiché nel procedimento a trattazione scritta concluso con l’impugnata sentenza la deduzione dell’eccezione di giudicato esterno non era stata corredata della rituale attestazione di giudicato, non è ravvisabile un ammissibile ricorso per cassazione sulla denunciata violazione di legge, come articolata.
Sotto altro profilo, si aggiunga che il motivo di ricorso, illustrato sotto forma di ‘ errore in cui è incorsa la Corte d’appello nel non avere accolto l’eccezione di cosa giudicata formulata nelle note di trattazione scritta depositate il 14/12/2023, sostitutive dell’udienza del 15/12/2023, ex art. 127 -ter c.p.c. ‘ , è comunque privo di specificità: il ricorso non riporta il contenuto del decreto di sostituzione di udienza con assegnazione di un termine perentorio per il deposito delle note, non riporta il contenuto delle note scritte in cui si sia fatto riferimento a ll’ eccezione di giudicato esterno, e non è specificato se la sentenza di altra autorità giudiziaria n.1094/2023 fosse munita di attestazione di passaggio in giudicato all’epoca delle note scritte, ovvero se tale circostanza sia stata dedotta (come innanzi già desunto dal tenore del ricorso) in virtù del mero decorso del termine per impugnare decorrente dalla notifica della sentenza (argomento insufficiente a sostenerne la ritualità).
8.1 -Rileva altresì l’omessa trascrizione, in ricorso, del contenuto della pronuncia integrante l’invocato giudicato esterno, decisiva per comprendere l’anteriorità della instaurazione del giudizio e l’epoca della pronuncia, l’oggetto della controversia ed i soggetti fra i quali essa è intercorsa,
elementi necessari per un apprezzamento giudiziale, in sede di legittimità, della questione; il mero richiamo ad atti allegati non favorisce la chiara illustrazione dei motivi di ricorso, rimettendo in tal modo al giudice di legittimità l’interpretazione del l ‘ identità di soggetti e di oggetto e l’ individuazione di criteri identificativi di quanto accertato in sentenza, di cui è asserito il giudicato. Non si verte in un aspetto puramente formalistico del rilievo di giudicato esterno ma in un ‘ ineludibile finalità processuale del contenuto del ricorso, ai sensi dell’art. 366 n.3, 4, 6 c.p.c.
Va, dunque, condivisa la proposta definitoria basata sulla necessità che il ricorso per cassazione risponda ai requisiti di specificità e completezza ai fini dell’apprezzamento interpretativo del giudicato esterno ad opera del giudice di legittimità, e quindi della necessità che vengano riprodotte in ricorso le parti rilevanti del testo di giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto alla motivazione ed al dispositivo (Cass. 5508/2018 e 17310/2020, 29749/2022) e sulla non sufficienza del richiamo a stralci di motivazione (25700/24). Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte la possibilità di interpretare in sede di legittimità il giudicato esterno nei limiti in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di specificità del mezzo di impugnazione, con la conseguenza che il ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume violato, con richiamo congiunto di motivazione e dispositivo.
Nel ricorso viene, infine, introdotto l’argomento della omessa pronuncia su quanto rilevato dall’appellante nelle note di trattazione scritta, e quindi l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale nell’aver omesso di prendere in considerazione l’eccezione di giudicato. La doglianza non rientra nel perimetro
del vizio di violazione di legge come articolato nell’unico motivo di ricorso, ma, pur volendone recuperare la ammissibilità nell’alveo dell’art. 360 co.1, n.4 c.p.c., manca la specifica allegazione della sollevata eccezione in appello non essendo riprodotti, per quanto innanzi, il testo della sentenza in giudicato ed il contenuto della eccezione ivi formulata.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; la soluzione cui si perviene, in linea con la proposta di definizione accelerata, si pone in continuità con i consolidati orientamenti giurisprudenziali menzionati, non essendovi spazio per una loro rimeditazione o ragioni per discostarsene.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in ragione del valore di lite. Si applicano gli ultimi due commi dell’art.96 c.p.c., contenendo l’art.380 .bis, ult. co. c.p.c. una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore della controparte e di un’ulteriore somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto statuito da questa Corte (S.U. n. 27195, 27433, 36069 de l 2023, e Cass. 27947/23), l’una come ulteriore aggravamento della condanna alle spese, l’altra con funzione prettamente sanzionatoria a favore della collettività, entrambe espressive di maggior rilievo dato dalla novella codicistica alla finalità deterrente rispetto al compimento di atti processuali meramente defatigatori, valorizzando la funzione deflattiva della proposta definitoria per disincentivare, in presenza di orientamenti consolidati ed in mancanza di innovative argomentazioni, inutili lungaggini processuali. La ricorrente va dunque condannata a pagare, ai sensi dell’art. 96, III e IV co. c.p.c., una somma equitativamente determinata in
favore della controricorrente pari alla metà della principale condanna alle spese ed egualmente in favore della Cassa delle Ammende.
Sussistono, infine, i presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.000,00 per compensi, oltre accessori di legge; condanna altresì il ricorrente, ai sensi dell’art. 96 III e IV comma c.p.c., al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore del controricorrente, e della ulteriore somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 /2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 25/2/2025.