Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20974 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20974 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6739/2019 R.G. proposto da:
COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME COGNOME
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocata COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 1971/2018 depositata il 19/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 1971/2018 della Corte d’appello di Salerno, depositata il 19 dicembre 2018.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Le parti hanno depositato memorie.
2.Il giudizio concerne l’impugnazione di una deliberazione assembleare del 16 settembre 2003 avente ad oggetto la destinazione a posti auto di un piazzale sito nei pressi del fabbricato di INDIRIZZO di Salerno, di cui gli attori NOME COGNOME e NOME COGNOME erano divenuti comproprietari per acquisto con atto del 29 ottobre 2001. La domanda di annullamento della delibera assumeva che la RAGIONE_SOCIALE non avesse più poteri di gestione dell’area in oggetto, giacché, una volta alienati gli alloggi, si era costituito il condominio assoggettato alla disciplina di cui agli artt. 1117 e ss. c.c. Inoltre, l’impugnazione della delibera si fondava su vizi della convocazione e sulla provocata inservibilità del suolo per la realizzazione di un muro.
Il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 1676/2013, respinse la domanda, affermando che la legittimazione della Cooperativa RAGIONE_SOCIALE a gestire i beni comuni pur dopo l’assegnazione degli alloggi ai soci era stata accertata con efficacia di giudicato dalla sentenza della Corte di cassazione n. 11264/2012, resa all’esito di giudizio tra le stesse parti avente ad oggetto l’impugnazione della delibera del 17 ottobre 2003.
La Corte d’appello di Salerno ha confermato la sentenza di primo grado, evidenziando che il gravame atteneva unicamente alla assunta carenza dei poteri gestionali delle parti comuni in capo alla RAGIONE_SOCIALE al momento della delibera del 16
settembre 2003, e ribadendo la portata preclusiva del giudicato esterno formatosi a seguito della sentenza della Corte di cassazione n. 11264/2012.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME deduce:
col primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., non essendo stato verificato il passaggio in giudicato della sentenza della Cassazione per mancanza della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c.;
col secondo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., giacché diverse sono le delibere impugnate in questo e nel giudizio in cui si sarebbe formato il giudicato esterno, e perciò la validità della delibera impugnata nel giudizio definito con la sentenza della Corte di cassazione n. 11264/2012 non preclude l’esame della validità della deliberazione assembleare del 16 settembre 2003 qui impugnata;
col terzo motivo nuovamente la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo, avendo errato i giudici del merito a ritenere analoghi gli oggetti della deliberazione assembleare del 16 settembre 2003, qui impugnata, e della delibera del 17 ottobre 2003, giudicata nel processo dove è maturato il ritenuto giudicato esterno.
-I tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, per la loro evidente connessione, e sono da respingere.
-È inammissibile la censura riconducibile al vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., operando la previsione di cui all’art. 348ter , comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis ), che esclude che possa essere impugnata la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle
questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
4. -Venendo in rilievo un giudicato esterno formatosi fra le stesse parti a seguito di una sentenza della Corte di cassazione, esso è rilevabile d’ufficio anche nell’ipotesi in cui non sia stata versata in atti la certificazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c. L’accertamento del giudicato esterno, invero, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, volto ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, in ossequio al principio del ” ne bis in idem” , sicché ad esso questa Corte può procedere anche prescindendo dalle allegazioni delle parti (peraltro a conoscenza della formazione del precedente giudicato) e facendo ricorso, se necessario, a strumenti informatici e banche dati elettroniche (Cass. n. 16589 del 2021; n. 29923 del 2020).
5. -Il contenuto del giudicato conseguente alla sentenza di questa Corte n. 11264/2012 del 5 luglio 2012 si evince dalla lettura di tale pronuncia. In quel giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano impugnato la deliberazione approvata il 17 ottobre 2003 dall’assemblea della RAGIONE_SOCIALE A fondamento di quell’azione i signori COGNOME e COGNOME lamentarono che l’assemblea societaria avesse illegittimamente disposto di una porzione dei beni comuni a loro spettanti a seguito dell’acqu isto dell’immobile principale. L’adito Tribunale di Salerno, con sentenza del 25 maggio 2007, decidendo sulle doglianze inerenti alla legittimazione dispositiva della cooperativa a seguito dell’assegnazione in proprietà degli alloggi, e ritenuta l’applicabilità nella fattispecie del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, affermò che spettava alla società di provvedere alla gestione delle parti comuni, essendo irrilevanti le assegnazioni fino alla restituzione dei mutui (frazionati) erogati dall’erario. La decisione di primo grado venne confermata dalla Corte d’appello di Salerno con sentenza 30 settembre 2010, la quale affermò che la
deliberazione assembleare della cooperativa approvata il 17 ottobre 2003 conteneva determinazioni relative alla amministrazione dei beni comuni, giacché operava ancora a quella data il regime di cui al r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, non essendo stata provata l’assegnazione in proprietà di tutti gli alloggi condominiali, né essendosi verificato il subingresso del condominio ordinario alla gestione speciale per mancanza dell’accordo di tutti i soci. La sentenza della Corte di cassazione n. 11264/2012 rigettò il ricorso proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME così determinando il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.
5.1. – La sentenza n. 11264 del 2012 ribadì il principio secondo cui il trasferimento di proprietà dell’immobile a seguito dell’assegnazione da parte della cooperativa costruttrice è subordinato al frazionamento del mutuo (art. 229 r.d. 28 aprile 1938 n. 1165), ma non implica l’estinzione del mutuo frazionato, che è condizione per il riscatto dell’immobile e per la costituzione del condominio ordinario. Respingendo l’impugnazione, la Suprema Corte evidenziò che non fosse stata data prova né dell’avvenuta assegnazione di tutti gli immobili della cooperativa, né, comunque, della volontaria costituzione di un condominio di gestione con il consenso di tutti da parte di tutti gli assegnatari (necessario pur dopo le assegnazioni, fin quando gli immobili non siano interamente riscattati).
5.2. – È noto, del resto, che le sentenze fondate sulla constatata mancanza o insufficienza di prove sul fatto costitutivo della domanda equivalgono al rigetto della domanda stessa, con la conseguenza che esse, una volta passate in giudicato formale, precludono la riproposizione della domanda medesima in altro giudizio (Cass. n. 6853 del 1986; n. 6744 del 1983).
Il principio dell’inammissibilità, nell’ordinamento vigente, delle sentenze di rigetto ‘allo stato’ non implica che tali pronunzie, una
volta emanate, debbano ritenersi come non pronunziate, ma importa soltanto che esse debbano essere considerate come sentenze di merito, le quali, se respingono la domanda per mancanza di elementi che potranno venire in seguito ad esistenza (nella specie, il riscatto di tutti gli immobili e la costituzione del condominio ex art. 1117 e ss. c.c., oppure la costituzione per accordo di un condominio di gestione), non precludono la riproposizione della domanda stessa, se e quando quegli elementi sopravvengano (Cass. n. 2466 del 1970).
6. -E’ dunque coperto dal pregresso giudicato intervenuto tra NOME COGNOME, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE. il fatto che alla data del 17 ottobre 2003 nel fabbricato di INDIRIZZO di Salerno non si fosse ancora costituito il condominio ordinario per effetto del definitivo trasferimento in proprietà delle unità immobiliari, in base alla disciplina di cui al r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, né si era costituito, con l’accordo di tutti gli interessati, un condominio di gestione per realizzare l’amministrazione diretta da parte di costoro, sicché per la gestione delle cose comuni spettava alla cooperativa originaria di provvedere, con i suoi organi e secondo il suo ordinamento.
Il giudicato può formarsi anche sulla qualificazione giuridica di un rapporto, ovvero su una questione di fatto o di diritto, se la qualificazione o la questione abbiano formato oggetto di contestazione o costituissero antecedente necessario ed indispensabile della pronuncia sulla domanda (Cass. n. 10053 del 2013; n. 1473 del 1995). Il giudicato formatosi in conseguenza del rigetto della impugnazione di delibera del 17 ottobre 2003 opera quindi sulla qualificazione del rapporto a tale data come ancora soggetto alle competenze gestorie degli organi della società cooperativa e riveste efficacia preclusiva e precettiva rispetto all’accertamento, invocato in questo giudizio, circa la carenza dei
medesimi poteri gestori in capo alla RAGIONE_SOCIALE esercitati con la antecedente deliberazione assembleare del 16 settembre 2003.
7. -Non inficia la valenza di giudicato attribuita alla impugnazione della delibera del 17 ottobre 2003 rispetto alla impugnazione, qui in esame, della delibera 16 settembre 2003, quanto invece deciso da questa stessa Corte con la sentenza n. 31131 del 2023 (di cui fa menzione la memoria depositata dai ricorrenti in data 21 marzo 2025), sempre intercorsa fra le medesime parti ma attinente a cinque delibere risalenti al periodo novembre 2001 e ottobre 2002, con riguardo alle quali è sempre oggetto di contestazione la permanente potestà deliberativa della RAGIONE_SOCIALE, di tal che è stato rimesso al giudice di rinvio di procedere a nuovi accertamenti di fatto circa l’assegnazione di tutti gli alloggi e il riscatto dell’intero edificio.
8. – Il ricorso va perciò rigettato.
Segue la condanna in solido dei ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 3.000,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile