Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 33330 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 33330 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
Oggetto
Cosa giudicata civile – Eccezione di giudicato Interpretazione del giudicato esterno – Limiti di cui all’art. 345 c.p.c. per le prove nuove in appello – Fattispecie
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25917/2022 R.G. proposto da Comune di Capo d’Orlando , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL), con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL);
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME quale erede universale dell’Ing. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (p.e.c.: EMAIL), con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
Guido INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME
-avverso la sentenza della Corte d’Appello di Messina n. 207/2022, depositata in data 31 marzo 2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre
; -controricorrente
2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Capo d’Orlando propose, nel 2012, davanti al Tribunale di Barcellona P.G., querela di falso per l’accertamento della falsità della sottoscrizione del Sindaco p.t. presente nell’ultima pagina del disciplinare d’incarico sottoscritto dall’Ing. NOME COGNOME e da quest’ultimo prodotto nell’ambito del procedimento arbitrale promosso per ottenere il riconoscimento delle spettanze professionali inerenti alla progettazione e alla direzione dei lavori delle opere di completamento del porto turistico di Capo d’Orlando .
Con sentenza n. 280 del 2018 l’adito Tribunale ha dichiarato inammissibile la proposta querela per effetto del giudicato formatosi sulla sentenza n. 149 del 1998 con cui il Tribunale di Patti ─ in precedenza adito dall’ing. COGNOME al medesimo scopo ─ aveva dichiarato la competenza del collegio arbitrale quanto alle domande proposte dal professionista, rigettando quella risarcitoria avanzata in via riconvenzionale dall’ente per il non corretto adempimento degli obblighi assunti.
Ha infatti osservato il Tribunale che il giudicato formatosi su tale statuizione di rigetto coinvolgesse anche la questione ─ necessariamente presupposta ─ della validità del disciplinare di incarico, di cui il Comune aveva per la prima volta eccepito la falsità nell’ambito del presente giudizio .
Con sentenza n. 207/2022, resa pubblica il 31 marzo 2022, la Corte d’ appello di Messina ha confermato tale decisione, rigettando il gravame interposto dal Comune.
Avverso tale decisione, il Comune di Capo d’Orlando propone ricorso per cassazione articolando cinque motivi, cui resiste, depositando controricorso, NOME COGNOME qualificandosi erede universale dell’Ing. NOME COGNOME
È stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
In data 11 novembre 2024 è stata depositata, in difesa del Comune, « comparsa di costituzione di nuovo procuratore », unitamente a procura conferita all’Avv. NOME COGNOME in sostituzione del precedente difensore, Avv. NOME COGNOME
In pari data parte ricorrente, per ministero del nuovo difensore, ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente dare atto della ritualità dell’instaurazione del contraddittorio anche nei confronti del P.M..
Al riguardo converrà rammentare che, ai sensi dell’art. 221 cod. proc. civ., nei giudizi introdotti con querela di falso (come quello in esame), è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero (art. 221, ultimo comma, in relazione all’art. 70, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.).
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l’integrazione del contraddittorio in sede d’impugnazione, nei confronti del pubblico ministero presso il giudice a quo , non si rende necessaria in tutte le controversie in cui ne sia contemplato l’intervento, bensì soltanto in quelle nelle quali detto pubblico ministero sia titolare del potere di proporre impugnazione (trattandosi di cause che lui stesso avrebbe potuto promuovere o per le quali comunque sia previsto tale potere ai sensi dell’art. 72 cod. proc. civ.), mentre nelle altre ipotesi (come nel caso di specie), le
funzioni di pubblico ministero, in quanto non includono l’autonoma facoltà di impugnazione, vengono a identificarsi con quelle che svolge il procuratore generale presso il giudice ad quem , e restano quindi assicurate dalla comunicazione o trasmissione degli atti a quest’ultimo (a norma degli artt. 71 cod. proc. civ., e, per il giudizio di cassazione, 137 disp. att. cod. proc. civ.) (Cass. Sez. U, del 08/05/1986, n. 3078; v., con specifico riguardo all’ipotesi della querela di falso, Cass. Sez. U. 14/01/1987, n. 184; Cass. 05/02/2019, n. 3256; 28/12/2021, n. 41796).
Nel caso di specie, essendo stato il ricorso avviato alla trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., l’adempimento predetto deve ritenersi soddisfatto attraverso la comunicazione del decreto di fissazione del ricorso in camera di consiglio per tale rito prevista (e nella specie eseguita) non solo alle parti ma anche al P.M. per le sue conclusioni, ai sensi del primo periodo di detta disposizione.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ., in relazione al rigetto del primo motivo di gravame con il quale era stata denunciata l’erronea affermazione dell’esistenza di giudicato esterno ostativo a fronte della produzione di copie mancanti dell’attestazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c. .
Lamenta che sul punto la Corte d’appello abbia reso una motivazione apodittica e contraddittoria, avendo, da un lato, riconosciuto la necessi tà della predetta attestazione, dall’altro , nondimeno rigettato il motivo che ne evidenziava la mancata produzione nel giudizio di primo grado.
3. Il motivo è manifestamente infondato.
Secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, « la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in
legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione » (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830).
Nel caso di specie non è ravvisabile alcuna delle gravi anomalie argomentative individuate in detti arresti.
Non vi è alcun contrasto, tanto meno irriducibile, tra l’affermazione secondo cui « affinché il giudicato esterno … possa far stato in accoglimento della relativa eccezione, la certezza della sua formazione deve essere provata attraverso la produzione da parte di chi ne invochi l’autorità, della sentenza completa di motivazione e recante il relativo attestato di cancelleria di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c. » e il rigetto del motivo che denunciava la mancata produzione di tale attestazione nel giudizio di primo grado, tale esito essendo mediato, con piena intrinseca coerenza del ragionamento, dal rilievo che quella attestazione era stata comunque prodotta in appello e lo era stata ammissibilmente, non trovando per essa applicazione il divieto di cui all’art. 345, secondo comma, cod. proc. civ..
La motivazione è, in tal senso, perfettamente comprensibile come dimostra del resto lo stesso ricorrente che, avendola compresa, la sottopone a critica con il secondo motivo.
Con tale motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello rigettato l’eccezione di inammissibilità, per tardivo deposito per la prima volta in appello, della certificazione di passaggio in giudicato delle sentenze ritenute esplicative di vincolo di giudicato esterno ostativo alla proposta querela.
Sostiene che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che si fosse in presenza di una eccezione di giudicato rilevabile d’ufficio, che consentisse al COGNOME di documentarla ed eccepirla anche in appello, dal momento che si verteva in ipotesi in cui l’eccezione di giudicato era stata proposta dal COGNOME in primo grado, era stata oggetto di contraddittorio fra le parti e la disputa era stata risolta con un capo della motivazione della sentenza di primo grado gravato da specifico motivo d’appello .
Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1, cod. proc. civ..
La Corte di merito ha deciso, sul punto, conformemente alla consolidata giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.
Ed invero, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, correttamente ed espressamente richiamato in sentenza, il giudicato esterno, al pari di quello interno, risponde alla finalità d’interesse pubblico di eliminare l’incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicché il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti ed il giudice, al quale ne risulti l’esistenza, non è vincolato dalla posizione assunta da queste ultime in giudizio, dovendo procedere al suo rilievo e valutazione anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo (Cass. Sez. U, 25/05/2001, n. 226; 03/11/2020, n. 24455; 25/10/2018, n. 27161).
Non costituisce variante significativa, idonea a condurre a una
deroga o a una diversa declinazione di tale principio, la circostanza rimarcata in ricorso che in primo grado il giudicato, eccepito dal convenuto nel procedimento ex art. 221 cod. proc. civ., venne ritenuto sussistente pur in mancanza della prescritta attestazione di cancelleria, con statuizione gravata sul punto di specifico motivo di gravame. Non si rinviene nel sistema alcuna ragione per ritenere, in tale ipotesi, cristallizzata la questione nei termini in cui risultava allegata e provata nel giudizio di primo grado, o persino al momento del maturare delle relative preclusioni probatorie, escludendo l’ammissibilità di una successiva produzione in appello della ridetta attestazione. Le ragioni sottese all’esposto principio, da individuare in sostanza nel rilievo pubblicistico del giudicato quale « legge del caso concreto » (Cass. Sez. U. n. 226 del 2001), come tale non limitato all’interesse delle parti e sottratto pertanto al loro potere dispositivo, fondano la necessità di dare ingresso alla relativa documentazione in ogni fase e grado del giudizio di merito e dunque anche in appello, fatta eccezione soltanto per la formazione di giudicato interno sull’affermazione della insussistenza del giudicato esterno.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., dell’art. 221 c.p.c. e dell’art. 808 c.p.c. per avere la Corte d’ appello erroneamente ritenuto l’esistenza di giudicato implicito sulla validità del disciplinare d’incarico sulla base della pronuncia di rigetto della domanda riconvenzionale risarcitoria avanzata dal Comune dinanzi al Tribunale di Patti.
Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dai giudici a quibus , non si forma il giudicato implicito sui presupposti logici emergenti dalla motivazione della sentenza per il caso di rigetto della domanda, in quanto il principio secondo cui la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche della motivazione, trova applicazione solo
per le decisioni di merito il cui dispositivo contenga una pronuncia di accertamento o di condanna, e non anche per le pronunce di rigetto della domanda.
7. Il motivo è inammissibile.
La doglianza secondo cui l’accertamento del giudicato esterno sarebbe erroneo avrebbe richiesto, per poter essere vagliata, la descrizione dell’atto medesimo e la sua localizzazione nel fascicolo di causa: oneri entrambi non assolti dal ricorrente.
Va rammentato al riguardo che, come questa Corte ha più volte chiarito, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno va coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso; pertanto, la parte ricorrente che deduca l’esistenza del giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere passata in giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il richiamo a stralci della motivazione (v. ex multis Cass. n. 15737 del 23/06/2017; n. 13988 del 31/05/2018; n. 1398 del 22/01/2021). L’esposto principio non può non declinarsi, negli stessi termini, anche nel caso inverso, ma corrispondente, nel quale il ricorrente assuma -come nella specie -l’insussistenza della preclusione da giudicato esterno, invece predicata dalla sentenza d’appello (v. in tal senso Cass. n. 17310 del 19/08/2020; v. anche Cass. n. 5508 del 08/03/2018, secondo cui « l’interpretazione del giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione, in forza del principio di autosufficienza di questo mezzo di impugnazione, con la conseguenza che, qualora l’interpretazione che abbia dato il giudice di merito sia ritenuta scorretta, il ricorso deve riportare il testo del giudicato che si assume erroneamente interpretato, con richiamo congiunto della motivazione e del dispositivo, atteso che il solo dispositivo non può essere
sufficiente alla comprensione del comando giudiziale »; conff., in motivazione, Cass. n. 34251 del 06/12/2023; n. 14392 del 24/05/2023; n. 1398 del 22/01/2021; n. 25971 del 02/09/2022; n. 4793 del 15/02/2023; cfr. anche Cass. Sez. U. n. 5633 del 21/02/2022).
Nel caso in esame il Collegio non è stato messo in condizione di conoscere il contenuto delle statuizioni irrevocabili intervenute fra le parti e non può pertanto vagliare la prospettata insussistenza della preclusione.
8. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione perplessa ed oggettivamente incomprensibile , con violazione dell’art. 132, comma secondo, num. 4, cod. proc. civ., in relazione al rigetto del motivo d’appello con il quale si era dedotta l’impossibilità di desumere giudicato ostativo dalla sentenza del Tribunale di Patti, data la diversità tra il disciplinare d’incarico depositato nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 149/1998 del Tribunale di Patti (sottoscritto solo dal tecnico) e quello depositato nel giudizio arbitrale (sottoscritto dal Sindaco con firma della quale si intendeva, con la non ammessa querela, dimostrare la falsità).
9. Il motivo è infondato.
Anche in tal caso non ricorrono le condizioni perché possa configurarsi il dedotto error in procedendo .
La motivazione sul punto resa dalla Corte d’appello risulta pienamente comprensibile.
In tale parte della sentenza viene preso in esame il rilievo dell’appellante secondo cui la sentenza del Tribunale di Patti n. 149 del 1998, in quanto resa a conclusione di giudizio nel quale era stata prodotta una copia diversa del disciplinare d’incarico (recante la firma del tecnico e non del Sindaco), non poteva costituire giudicato vincolante nel presente giudizio, proposto per l’accertamento della falsità della sottoscrizione apparentemente apposta su altra copia
dello stesso disciplinare dal Sindaco.
La Corte peloritana respinge tale tesi rilevando che dalle difese svolte in quel giudizio dal Comune emerge la consapevolezza in capo all’ente « della presenza sul disciplinare anche della firma riferibile al Sindaco, di guisa che la questione della invalidità dell’atto per falsità della sottoscrizione era certamente deducibile davanti al Tribunale di Patti », con ciò evidentemente intendendo ribadire che la questione della nullità del contratto per mancanza della sottoscrizione del Sindaco rientrava tra le questioni deducibili anche in quel giudizio, come tali dunque precluse nel successivo procedimento ex art. 221 cod. proc. civ..
Il fatto stesso che la motivazione possa essere letta nei detti termini esclude la fondatezza della censura.
Devesi invero ribadire che, intanto un vizio di motivazione omessa o apparente è configurabile, in quanto, per ragioni redazionali o sintattiche o lessicali (e cioè per ragioni grafiche o legate alla obiettiva incomprensibilità o irriducibile reciproca contraddittorietà delle affermazioni delle quali la motivazione si componga), risulti di fatto mancante e non possa dirsi assolto il dovere del giudice di palesare le ragioni della propria decisione.
Non può invece un siffatto vizio predicarsi quando, a fronte di una motivazione in sé perfettamente comprensibile, se ne intenda diversamente evidenziare un mero disallineamento dalle acquisizioni processuali (di tipo quantitativo o logico: vale a dire l’insufficienza o contraddittorietà della motivazione).
In questo secondo caso, infatti, il sindacato che si richiede alla Cassazione non riguarda la verifica della motivazione in sé, quale fatto processuale riguardato nella sua valenza estrinseca di espressione linguistica (significante) diretta a veicolare un contenuto (significato) e frutto dell’adempimento del dovere di motivare (sindacato certamente consentito alla Corte di cassazione quale
giudice anche della legittimità dello svolgimento del processo: cfr. Cass. Sez. U. 22/05/2012, n. 8077), ma investe proprio il suo contenuto (che si presuppone, dunque, ben compreso) in relazione alla correttezza o adeguatezza della ricognizione della quaestio facti o della sua qualificazione giuridica.
Una motivazione in ipotesi erronea sotto tale profilo non esclude, infatti, che il dovere di motivare sia stato adempiuto, ma rende semmai sindacabile il risultato di quell’adempimento sotto altri profili ( error in iudicando o vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti) nella specie non dedotti.
10. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia analogo vizio in relazione al rigetto della censura con la quale si deduceva la inidoneità del riconoscimento tacito del documento implicitamente presupposto dalla sentenza del Tribunale di Patti a precludere la proposizione della querela di falso dello stesso.
Rileva che la questione della genuinità della sottoscrizione del disciplinare non era stata esaminata nella sentenza del Tribunale di Patti, « anche perché … il Comune di Capo d’Orlando, quale Ente … dotato di personalità giuridica, … è terzo rispetto ai legali rappresentanti che sottoscrivono, con la conseguenza che il giudice di primo grado ha erroneamente imputato al Comune di Capo d’Orlando la violazione dei principi di buona fede sull’assunto che avrebbe chiesto la declaratoria di falsità di un documento sul quale avrebbe ancorato la richiesta risarcitoria in via riconvenzionale nel 1988 nonché i reiterati inviti a dare esecuzione al rapporto contrattuale ».
11. Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato.
Posto che anche sul punto la motivazione risulta pienamente comprensibile, deve rilevarsi che è piuttosto la censura a riuscire non intellegibile muovendo da un evidente travisamento della ratio decidendi .
La Corte d’appello , infatti, non ha affermato che la querela di falso fosse inammissibile per effetto dei riconoscimento tacito dell’autenticità della sottoscrizione risultante dalla copia del disciplinare prodotta nel giudizio davanti al Tribunale di Patti; anzi, premesso l’asserto contrario (« è vero che il riconoscimento non preclude la proposizione della querela di falso »), ha evidenziato che nella specie « l’inammissibilità della querela non discende dalla mancata contestazione della sottoscrizione, quanto, piuttosto, dal giudicato formatosi sulla validità del preliminare ».
La memoria che, come detto, è stata depositata dal ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis.1 , primo comma, cod. proc. civ., reitera le tesi censorie già esposte in ricorso e non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi .
Il ricorso deve dunque essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, liquidate come da dispositivo, con distrazione in favore del difensore antistatario che ne ha fatto rituale richiesta nella memoria.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.800 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, disponendone la distrazione in
favore del difensore antistatario, Avv. NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P .R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza