Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10819 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10819 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18121/2021 R.G. proposto da : NOME COGNOME DI COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE SOC ACC SEMPLICE IN LIQUIDAZIONE, COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
CURATELA DEL FALL.TO DEL SOCIO ILLIMITATAMENTE RESPONSABILE SIG. NOME COGNOME CURATELA DEL FALL.TO NOME COGNOME DI NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in PISA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
nonchè contro
CURATELA FALLIMENTARE NOME COGNOME NOME & C SOC ACC SEMPLICE, elettivamente domiciliato in PISA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1107/2021 depositata il 31/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE a seguito di domanda di concordato preventivo con riserva in data 13 settembre 2018, presentata in pendenza di un procedimento per la dichiarazione di fallimento, ha depositato proposta di concordato in data 10 novembre 2018; il concordato è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale di Livorno con decreto in data 7-16 gennaio 2019, decreto al quale ha fatto seguito sentenza dichiarativa di fallimento.
La sentenza dichiarativa di fallimento è stata revocata dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza in data 26 agosto 2019. Riaperta l’originaria procedura di concordato, la stessa è stata rinunciata in data 18 settembre 2020. A seguito della rinuncia alla domanda di concordato, il Tribunale di Livorno ha integrato il contraddittorio con gli originari creditori istanti nei procedimenti
riuniti per la dichiarazione di fallimento e ha nuovamente dichiarato il fallimento della società debitrice con sentenza in data 16 novembre 2020.
La Corte di Appello di Firenze, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il reclamo della società debitrice. Ha ritenuto il giudice di appello, per quanto qui rileva, che la precedente sentenza della Corte di Appello, con cui è stato revocato il primo fallimento, ha avuto a oggetto unicamente l’originario decreto di inammissibilità del concordato, in esito al cui annullamento il Tribunale di Livorno ha poi disposto la prosecuzione della procedura concordataria, ma non ha statuito sui fatti costitutivi della domanda di fallimento. Ha, pertanto, concluso il giudice di appello che, stante la persistenza dell’interesse degli originari creditori istanti alla dichiarazione di fallimento, la loro riconvocazione si imponesse a seguito della rinuncia alla domanda di concordato. Sotto questo profilo, è stata ritenuta irrilevante l’omessa proposizione di una nuova iniziativa dei creditori per la dichiarazione di fallimento « mediante il deposito di un nuovo ricorso cui attribuire un nuovo n.r.g .» (sent. imp.).
Propongono ricorso per cassazione la società debitrice e il socio accomandatario affidato a un unico motivo, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso il fallimento, il quale ha depositato anch’esso memoria .
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2909 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 324 cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata non ha ritenuto operante il giudicato esterno formatosi in forza della precedente sentenza della Corte di Appello di Firenze in data 26 agosto 2019. Osserva parte ricorrente che, all’esito della revoca della sentenza dichiarativa di fallimento, gli
originari ricorsi delle parti istanti dovevano ritenersi « perenti» per formazione del giudicato sulla relativa domanda, con conseguente consumazione del relativo potere di impulso. Sicché, prosegue parte ricorrente, si sarebbe potuto dar corso a successive domande di fallimento, ma non anche alle originarie domande proposte nell’ambito dell’originario procedimento per la dichiarazione di fallimento, il cui esame sarebbe coperto dal giudicato formatosi per effetto de lla revoca dell’originario fallimento .
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, essendo lo stesso sufficientemente ancorato alla sentenza impugnata e agli atti e documenti di causa, così come va rigettata l’eccezione di non specificità della censura e delle argomentazioni ivi proposte, essendo le stesse sufficientemente analitiche.
Il ricorso è infondato, in quanto il preteso giudicato esterno formatosi in relazione alla precedente dichiarazione di fallimento della società e del socio non ha incidenza nel presente giudizio. Va premesso che la sentenza impugnata -con statuizione non oggetto di censura -ha accertato che la sentenza della Corte di Appello di Firenze n. 2053/2019, nell’accogliere il reclamo avverso la precedente dichiarazione di fallimento della debitrice, ha revocato il fallimento sul presupposto della illegittimità del decreto di inammissibilità della domanda di concordato preventivo. L’accertamento con efficacia di giudicato ha, pertanto, riguardato una specifica questione preliminare, posta a monte dell’esame della domanda di fallimento proposta nei procedimenti prefallimentari riuniti al procedimento concordatario. In altri termini, la pronuncia passata in giudicato ha investito il solo procedimento per quegli atti che avevano condotto il Tribunale a pronunciare il fallimento, ma non si è pronunciata altresì su alcun merito o presupposti in sé della domanda di fallimento.
Non può, pertanto, ritenersi che il giudicato esterno abbia coperto ogni questione deducibile in quei giudizi riuniti (prefallimentare e concordatario), ossia tutte le ragioni che, se pure non specificamente dedotte o enunciate, costituiscano, tuttavia, premesse necessarie della pronuncia, compreso l’assoggettamento a fallimento della debitrice. Il deducibile va, difatti, riferito a tutte le premesse logiche essenziali e indefettibili della decisione (Cass., n. 5486/2019) e, in particolare, a tutte le questioni a essa preliminari (Cass., Sez. U., n. 26243/2014), incidenti su un punto decisivo comune a entrambe le cause (Cass., n. 32370/2023; Cass., n. 20816/2020; Cass., n. 13152/2019; Cass., n. 11365/2006), ma non può investire le questioni poste a valle della decisione. Dovevano, pertanto, ritenersi impregiudicate le ulteriori questioni relative alla domanda di concordato preventivo nonché, a fortiori , le domande di fallimento articolate nell’originario procedimento per la dichiarazione di fallimento, cui il procedimento concordatario era stato riunito e rispetto alle quali la domanda di concordato risultava pregiudiziale (Cass., Sez. U., n. 9935/2015) e restava autonoma nel senso anzidetto.
Tale soluzione si impone anche in considerazione del fatto che la pronuncia di annullamento del decreto di inammissibilità del concordato ha comportato la regressione del procedimento concordatario allo status quo ante precedente l’emissione del decreto di inammissibilità, ma non si è espressa sulla domanda di concordato. La suddetta pronuncia ha, quindi, avuto efficacia rescindente del solo provvedimento impugnato (decreto di inammissibilità), pronuncia priva, per il tribunale al quale la questione è stata nuovamente rimessa, di vincolo in relazione agli adempimenti successivi, salva la regressione del procedimento al fine di consentire un nuovo esame della domanda di concordato. La
pronuncia della Corte di Appello ha, nella sostanza, efficacia opposta alla dichiarazione di fallimento coatta di cui all’art. 22, quarto comma, l. fall., che non lascia invece spazi di decisione al tribunale al quale è rimessa nuovamente la decisione.
Ove, pertanto, l’efficacia della pronuncia resti limitata all’annullamento del decreto di inammissibilità del concordato, lasciando impregiudicato l’esame della domanda di concordato stessa, il giudicato esterno non può estendersi neanche alle domande di fallimento ivi riunite, rispetto alle quali la domanda di concordato è, come si ribadisce, pregiudiziale (Cass., Sez. U., n. 9935/2015, cit.). Risultando inoperante il giudicato esterno sulla domanda di concordato pregiudiziale, lo stesso non può operare neanche in relazione alle domande da essa pregiudicate.
Ove così non fosse, l’operatività del giudicato esterno giungerebbe a effetti distonici rispetto a quelli della riunione delle domande (di concordato e di fallimento). La riunione ha l’effetto di non disallineare l’esame delle diverse domande e di poste rgare l’esame della domanda di fallimento all’esito infruttuoso della domanda di concordato. Se il giudicato esterno operasse nel senso di lasciare impregiudicata la sola domanda di concordato ma precludesse l’esame delle domande di fallimento, esso giunge rebbe a depurare la domanda pregiudiziale di concordato, ancora in fase di esame, dalle domande incidentali di fallimento, effetto in contrasto con la funzione della riunione dei diversi procedimenti.
L’estraneità del giudicato esterno ai fatti costitutivi per l’assoggettamento a fallimento è, infine, coerente con il fatto che l’impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento si rende necessaria al fine di impugnare il decreto di inammissibilità del concordato, stante la non autonoma impugnabilità di quest’ultimo, privo di carattere decisorio (Cass., Sez. U., n. 27073/2016). Da un
lato, la società debitrice non aveva altra strada -all’atto della declaratoria di inammissibilità del concordato – che attendere la sentenza dichiarativa di fallimento per far valere l’illegittimità del decreto al fine di chiedere nuovo esame della domanda di concordato. Dall’altro, la revoca del fallimento si configura quale mero effetto dell’impugnazione della sentenza dichiarativa di fallimento, ma, avendo la pronuncia del giudice di appello efficacia meramente rescindente, questa non preclude il riesame della domanda di fallimento fondata sul sopravvenuto venir meno successivo della originaria domanda di concordato cui la stessa era stata riunita.
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese processuali regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 12.000,00 , oltre € 200,00 per esborsi, 15% per rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/03/2025.