Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18503 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18503 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38085/2019 R.G. proposto da : ROMA CAPITALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 3211/2019 depositata il 14/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 3211/2019, depositata il 14.5.2019, ha rigettato l’appello proposto da Roma Capitale avverso la sentenza n. 3662/2018 con cui il Tribunale di Roma ha accolto l’opposizione proposta dal Condominio di INDIRIZZO avverso l’avviso di pagamento n. 20001251/2015, dichiarando non dovuta la somma di € 3.345,86, richiesta a titolo di canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (C.O.SRAGIONE_SOCIALE.) per l’anno 2013.
Il giudice di secondo grado ha accolto l’eccezione di giudicato già sollevata dal predetto condominio in primo grado e non esaminata dal primo giudice -rappresentato dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 224280/2014, depositata il 4.12.2014 (recante l’attestazione del relativo passaggio in giudicato) -che aveva ritenuto non dovuto il C.O.RAGIONE_SOCIALE per l’occupazione di griglie e intercapedini relativo all’anno 2009.
Il giudice d’appello ha evidenziato che anche nella fattispecie sottoposta al suo esame l’elemento costituente il presupposto dell’esigibilità, da parte di Roma Capitale, del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, era il medesimo nei vari anni, ovvero la presenza di griglie e intercapedini in corrispondenza del l’edificio condominiale , né l’appellante aveva dedotto circostanze di fatto diverse riferibili all’una piuttosto che all’altra annualità.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione Roma Capitale, affidandosi ad un unico articolato motivo.
Il condominio di INDIRIZZO Roma, ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380-bis1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
E’ stata dedotta la violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c.
Espone la ricorrente che la statuizione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha accolto l’eccezione di giudicato, è illegittima per contrasto con gli 2909 c.c. e 324 c.p.c.
Rileva la ricorrente che l’eccezione di giudicato esterno non avrebbe potuto essere accolta dal momento che non sussiste affatto la necessità di un titolo concessorio per l’uso, da parte del privato, del suolo pubblico ai fini dell’applicazione del COSAP.
In ogni caso, la ricorrente ha comunque eccepito il giudicato esterno costituito dall’ordinanza n. 26290/2019 di questa Corte, depositata il 17.10.2019, e quindi successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, che aveva confermato la sentenza n. 6496/2017 della Corte d’appello di Roma con cui è stato accolto l’appello proposto da Roma Capitale in relazione al pagamento del COSAP dovuto per l’annualità 2011.
Rileva, in particolare, la ricorrente che la predetta sentenza di questa Corte -riportata nel ricorso, per estratto, nelle parti più significative -aveva evidenziato che non solo non era risultato dalla sentenza del giudice di appello che lo spazio utilizzato per le griglie e intercapedini fosse inglobato nella limitrofa opera edile privata, così da perdere irreversibilmente la qualità di parte del tessuto viario pubblico, ma era anzi risultato che le stesse griglie e intercapedini insistevano sul marciapiede di strada aperta al pubblico ed avevano, pertanto, mantenuto la loro natura di parte integrante del tessuto viario pubblico.
2. Il ricorso è infondato.
Va osservato che questa Corte (cfr Cass. 10430/2023; vedi anche Cass. n. 28148/2019 non massimata), in una fattispecie identica e del tutto sovrapponibile, ha recentemente osservato che ‘ va
rilevato che nei rapporti di durata il vincolo del giudicato, sia pur formato in relazione a periodi temporali diversi, opera solo a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso ed in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili (Cass. n. 17223/2020). Nel caso di specie, il fatto costitutivo del diritto di Roma Capitale a percepire il COSAP è il medesimo per tutte le annualità, ossia la presenza di griglie o intercapedini in corrispondenza del condominio odierno resistente. Né è condivisibile l’assunto della Corte di merito, secondo la quale la questione giuridica affrontata nei giudizi precedenti sarebbe sempre rivedibile nei successivi giudizi, non essendo coperta dal giudicato.
2.4.- In proposito, va rimarcato che, nell’ambito dei rapporti giuridici di durata e delle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscano il contenuto, il giudicato formatosi sull’accertamento relativo a una fattispecie attuale preclude il riesame, in un diverso processo, delle medesime questioni, spiegando la propria efficacia anche per il periodo successivo alla sua formazione, con l’unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento (Cass. n. 20765/2018; Cass. n. 37269/2021). Tuttavia, per modifica del regolamento della fattispecie non può – di certo – intendersi, come vorrebbe il ricorrente una rivalutazione della questione già risolta in diritto nel precedente giudizio, bensì una nuova regolamentazione normativa della fattispecie. Il giudicato, infatti, copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e, pertanto, tutte le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ed anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (Cass. n. 6091/2020, Cass. n. 33021/2022)’.
Nel caso di specie, dalla ricostruzione della sentenza impugnata, emerge che il fatto costitutivo invocato da Roma Capitale a fondamento del diritto di percepire il COSAP è il medesimo per tutte le annualità, ossia la presenza di griglie o intercapedini in corrispondenza del l’edificio condominiale , né l’appellante aveva dedotto circostanze di fatto diverse riferibili all’una piuttosto che all’altra annualità.
Ne consegue che la sentenza impugnata, nel decidere la causa sulla base del giudicato esterno, costituito dalla sentenza del Tribunale di Roma, citata in narrativa, che aveva definito una precedente controversia tra le stesse parti relativa alla richiesta di pagamento del COSAP per l’anno 2009, non ha fatto altro che applicare correttamente un principio di diritto enunciato da questa Corte nei termini sopra illustrati.
Né la ricorrente può invocare la sopravvenienza alla sentenza impugnata di un giudicato esterno rappresentato dall’ordinanza n. 26290/2019 di questa Corte, depositata il 17.10.2019 -quindi successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata -che aveva confermato la sentenza n. 6496/2017 della Corte d’appello di Roma, con cui era stato accolto l’appello proposto da Roma Capitale in relazione al pagamento del COSAP dovuto per l’annualità 2011.
In primo luogo, la citata ordinanza di questa Corte non è pertinente.
E’ pur vero che, nell’occasione, era stato rigettato il ricorso del condominio, ma per questa ragione: “Nel caso di specie, al di là del “profluvio” di citazioni di pronunce di merito (tutte, peraltro, riprodotte, solo per stralci) il ricorrente – come risulta dall’elenco apposto in calce al ricorso -ha allegato al proprio atto di impugnazione solo due sentenze del Tribunale di Roma, le nn. 24280/14 e 20335/16, anch’esse solo riprodotte per stralci, dai quali neppure risulta se esse si riferiscano proprio al Condominio di
INDIRIZZO n. INDIRIZZO, né a quali annualità del canone per l’occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche (cd. “COSAP”). Il tutto, peraltro, non senza tacere che – secondo questa Corte – la “autorità di giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone che tra la precedente causa e quella in atto vi sia identità di parti, dì «petitum» e di «causa petendi» (Cass. Sez. 1, sent. 24 marzo 2014, n. 6830,Rv. 630132-01)” .
In sostanza, l’ordinanza di questa Corte, indicata come precedente dall’odierna ricorrente, ha ritenuto di non poter valutare il giudicato invocato dal Condominio, per difetto di autosufficienza. Diversamente, l’odierna sentenza impugnata ha ritenuto che il giudicato sottoposto al suo esame fosse valutabile perché correttamente citato.
Inoltre, anche applicando il principio della posteriorità nella successione dei giudicati, invocato dalla ricorrente (cfr. Cass. n. 13804/2018; conf. S.U. 28802/2022 e Cass. n. 28831 in motivazione; vedi, infine, Cass. 10623/2009), in ogni caso, sull’ordinanza n. 26290/19, prevale la più recente ordinanza di questa Corte n.37823/2021, che ha rilevato tra le stesse parti oggi in lite l’esistenza del giudicato, rappresentato dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 15488/19.
In particolare, la più recente ordinanza di questa Corte può essere valorizzata, anche se non citata dalle parti, in virtù del dovere più volte enunciato da questa Corte (vedi Cass. n. 30780/2011; conf. 24740/2015; 18634/2017; vedi anche Cass. n. 5360/2009), ‘di prevenire il contrasto tra giudicati, in coerenza con il divieto del “ne bis in idem”, e di conoscere i propri precedenti, nell’adempimento del dovere istituzionale derivante dall’esercizio della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario’.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 3.400,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I Sezione civile