Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1294 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1294 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 2618 -2019 proposto da:
NOME COGNOME d.d., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentato e difeso con gli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura a margine del ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa con gli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME,
giusta procura speciale in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 646/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, pubblicata il 12/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del //2023 dal consigliere NOME COGNOME
letta la memoria della ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Per la migliore comprensione dei fatti di causa è opportuno premettere che RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi TICT), oggi RAGIONE_SOCIALE (TMT), società partecipata dall’Autorità portuale di Trieste e da NOME COGNOME d .d., subentrò alla gestione di un’area portuale di mq. 322.805 e delle attrezzature strumentali del terminal contenitori del INDIRIZZO, già concessa dall’Autorità Portuale a NOME COGNOME d .d. con atto del 30/1/01.
Nel 2003, nel corso di una verifica contabile, RAGIONE_SOCIALE aveva verificato che NOME COGNOME d.d. non aveva regolarmente provveduto al pagamento dell’IRAP negli anni 2001 e 2002, poi contestato con verbale della Guardia di Finanza del 12/8/04 e per cui furono emessi, nel corso del 2005, due avvisi di accertamento per complessivi Euro 263.654,66.
Intanto, nel corso del 2004, le quote di RAGIONE_SOCIALE appartenenti all’Autorità portuale e a Luka Koper d .d. furono acquistate dalla RAGIONE_SOCIALE
Con scrittura del 2/10/04, contenuta in una missiva inviata a RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME si impegnò, tra l’altro e per quel che qui rileva, a rifondere a TICT le somme che quest’ultima fosse tenuta a
corrispondere all’Agenzia delle Entrate p er il mancato pagamento dell’IRAP contestatole, a condizione di essere tenuta informata e partecipare alle decisioni concernenti il relativo contezioso.
Quindi, nel gennaio 2007, RAGIONE_SOCIALE -che deteneva il 100% delle quote di RAGIONE_SOCIALE – convenne in giudizio NOME COGNOME chiedendone la condanna al pagamento in suo favore della somma di E. 350.000,00, asseritamente riconosciuto come dovuto nella citata missiva del 2/10/04 e al rimborso delle somme che avrebbe dovuto sborsare all’Amministrazione delle Finanze per le violazioni in materia di IRAP, comunque definitivamente accertate, anche per transazione.
Il Tribunale di Livorno, con sentenza n. 866/2012, dichiarò inammissibile la domanda di rimborso per essere stato assunto il relativo obbligo non nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ma della sua partecipata RAGIONE_SOCIALE e, qualificata la missiva suddetta non come riconoscimento di debito ma come proposta contrattuale non accettata, rigettò la domanda di pagamento della somma di Euro 350.000,00.
TMT (già TICT) convenne allora in giudizio NOME COGNOME chiedendone la condanna al pagamento in suo favore della somma di Euro 335.402,36, oltre interessi, intanto corrisposta all’Agenzia delle Entrate per l’errata qualificazione del reddito imponibile negli anni 2001 e 2002; la convenuta eccepì il giudicato formatosi sul rigetto della domanda, proposta nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE, pronunciato con la sentenza n.866/2012.
2.1. Con sentenza n. 413/2016, Il Tribunale di Trieste accolse la domanda, escludendo la preclusione del giudicato.
Con sentenza n. 646/2018, la Corte d’appello di Trieste rigettò l’appello di NOME COGNOME escludendo il giudicato, confermando l’interpretazione della missiva come riconoscimento di debito e l’avveramento della condizione apposta.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME.d. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, a cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, articolato senza alcun riferimento specifico ad una delle ipotesi previste nel comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., NOME COGNOME ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art.2909 cod. civ.: la Corte d’appello non avrebbe considerato che con la sentenza n.866/2012, passata in giudicato, il Tribunale di Livorno, dopo aver dichiarato il difetto di legittimazione attiva di T.O. Delta, ha comunque interpretato la lettera del 2/10/2004 come mera proposta contrattuale e non come riconoscimento di debito e avrebbe, perciò, interpretato non correttamente il giudicato formatosi sul rigetto della domanda già proposta nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE; il giudicato, inoltre, sarebbe opponibile anche a TMT ex 1411 cod. civ., «quale terzo che vanta diritti sulla situazione giudica definita con la sentenza».
1.1. Deve premettersi che il giudicato dev’essere assimilato agli elementi normativi, cosicché la sua interpretazione dev ‘ essere effettuata alla stregua dell’esegesi delle norme e non già degli atti e dei negozi giuridici e gli eventuali errori interpretativi sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge ; in tal senso l’unico motivo del ricorso è ammissibile, pur in mancanza di indicazione specifica di una tra le ipotesi di vizio deducibile secondo la previsione del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., in quanto evidentemente sussumibile n el n. 3 perché correttamente articolato in riferimento all’asserita violazione dell’art. 2909 cod. civ., sia quanto all’interpretazione dell’accertamento contenuto nella sentenza invocata come irrevocabile, sia quanto alla opponibilità di tale accertamento.
Questa Corte può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno, con cognizione piena, che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito (Cass. Sez. U, n. 24664 del 28/11/2007; Sez. 1, n. 21200 del 05/10/2009; Sez. 3, n. 30838 del 29/11/2018).
1.2. Ciò posto, il motivo è infondato.
Con la sentenza n. 866/2012, qui invocata a giudicato, il Tribunale di Livorno ha esplicitamente distinto la prima parte della lettera del 2/10/2004, contenente l’assunzione dell’obbligo di rimborso ed ha perciò dichiarato inammissibile la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE Delta per difetto di legittimazione attiva, esplicitamente escludendo la necessità di un esame nel merito (pag. 8 del ricorso in cui è riportata la motivazione della sentenza, primi tre righi).
La decisione divenuta irrevocabile si riferisce alla parte della missiva in cui, come rimarcato dalla Corte d’appello a pag. 5 della sentenza qui impugnata, la NOME COGNOME d.d., a condizione che venisse «garantita la sua effettiva partecipazione alle decisioni di natura economica in merito al relativo contenzioso e che tutte le condizioni indicate al precedente paragrafo» fossero rispettate, si è «impegnata a rimborsare alla RAGIONE_SOCIALE quelle somme che quest’ultima fosse dichiarata tenuta a corrispondere al l’Amministrazione delle Finanze con sentenza definitiva o in virtù di transazione, per la violazione in materia di IRAP».
Come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, «non emerge alcun collegamento con la seconda questione trattata nel medesimo contesto» e, cioè, con la seconda parte della missiva, trattata dal
Tribunale di Livorno di seguito alla dichiarazione del difetto di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE
La parte di lettera sopra riportata è stata qualificata dal Tribunale di Livorno, come puntualizzato dalla Corte d’appello, quale «chiaro impegno a rimborsare» le somme da corrispondere all’Amministrazione delle Finanze.
L’interpretazione del contenuto della stessa lettera quale proposta contrattuale è stata invece resa, dal Tribunale di Livorno, sulla diversa parte contenente gli impegni che NOME COGNOME – unica firmataria della missiva -auspicava che RAGIONE_SOCIALE assumesse per il rimborso della somma di Euro 350.000,00 non erogata dall’Autorità Portuale e, cioè, per una pretesa differente da quella per cui è giudizio.
Conseguentemente, deve confermarsi che nessun giudicato si sia formato sull’interpretazione della missiva come poi resa dal Tribunale e dalla Corte territoriale, non impugnata per diverso profilo in questa sede di legittimità.
Il ricorso è perciò respinto, con conseguente condanna della NOME COGNOME d.d. al rimborso delle spese processuali in favore di RAGIONE_SOCIALE, liquidate in dispositivo in relazione al valore della domanda.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna NOME COGNOME d.d. al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda