Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3364 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3364 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28449/2019 R.G . proposto da :
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte si Cassazione, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE TARANTO , elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce sez.dist. di Taranto n. 116/2019 depositata il 19.2.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 27.7.2012 la TM.ERAGIONE_SOCIALE (di seguito, semplicemente, TME), società capogruppo dell’ associazione temporanea di imprese (RAGIONE_SOCIALE) composta anche da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, concessionaria della gestione decennale dell’impianto di smaltimento di rifiuti solidi urbani (RSI) ha convenuto in giudizio dinanzi al locale Tribunale il Comune di Taranto, lamentando l’inadempimento da parte del Comune delle obbligazioni assunte con il contratto inter partes del 2.8.2000; in particolare TME ha sostenuto il mancato conferimento del quantitativo di rifiuti pattuito e il mancato regolare pagamento dei corrispettivi e ha fatto presente che l’attività era stata sospesa a gennaio 2006 e quindi ripresa dopo il dissesto del Comune ed ancora sospesa; TME ha aggiunto che il 2.8.2007 il Comune aveva annullato in autotutela la deliberazione di approvazione della convenzione.
TME ha pertanto chiesto la condanna del Comune a pagare € 1.847.900,00 per le prestazioni effettuate.
Si è costituito in giudizio il Comune di Taranto, chiedendo il rigetto delle avversarie pretese; ha sostenuto che il rapporto era stato sospeso nel 2006 e non riattivato; che nell’agosto 2007 il Comune aveva annullato in autotutela la deliberazione di approvazione della convenzione per falsità ideologica e abuso d’ufficio; ha dedotto che l’impianto nel periodo 2001 -2006 era stato sottoutilizzato per inefficienza e che per il 2007 non vi era convenzione in atto.
Il Tribunale di Taranto con sentenza del 23.5.2015 ha respinto le domande di TME con aggravio di spese, ritenendo l’illiceità della delibera di approvazione e del contratto di concessione a causa della irregolarità della procedura e dei reati accertati in sede
penale, con esclusione di pretese creditorie fondate sul contratto nullo ed escludendo che vi fosse stata la valida stipulazione di un nuovo contratto nel 2007, mentre il contratto nullo non poteva essere convalidato.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello TME, a cui ha resistito l’appellato Comune di Taranto.
La Corte di appello di Lecce -Sezione distaccata di Taranto con sentenza del 19.2.2019 ha respinto il gravame, con l’aggravio d elle spese.
La Corte di appello ha ritenuto la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario; ha escluso che i decreti ingiuntivi del 2003 e del 2005 costituissero giudicato esterno opponibile perché anteriori all’annullamento in autotutela della delibera di scelta dell’appaltatore; ha sostenuto che il contratto di appalto era nullo per illiceità derivata dell’oggetto e per evidente e accertata contrarietà a norme imperative; ha affermato che il provvedimento di annullamento in autotutela della delibera di scelta dell’appaltatore dispiegava effetti ex tunc ; ha osservato che la domanda di pagamento delle prestazioni rese nel 2007 non poteva essere accolta perché il contratto nullo non poteva essere convalidato né vi era stata stipulazione in debita forma scritta; ha escluso la configurabilità di un affidamento tutelabile; la domanda di indennizzo ex art.2041 cod.civ. era domanda nuova e inammissibile perché proposta solo in appello.
Avverso la predetta sentenza, non notificata, con atto notificato il 19.9.2019 ha proposto ricorso per cassazione TME, svolgendo tre motivi.
Con atto notificato il 29.9.2019 ha proposto controricorso il Comune di Taranto, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
La ricorrente ha presentato memoria.
Il Comune controricorrente con nota di deposito ha segnalato la connessione del procedimento ad altro pendente dinanzi alla Cassazione con il numero di r.g. 24523/2021.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre rilevare che la segnalazione di connessione è del tutto generica e non prospetta alcuna specifica ragione per cui i due ricorsi non possano essere trattati separatamente.
Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma primo, n.3 e n.4, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge e nullità della sentenza in relazione agli artt. 2909 cod.civ., 324, 650 e 656 cod.proc.civ. e lamenta l’erroneo rigetto dell’eccezione di giudicato esterno da essa sollevata in appello.
6.1. La ricorrente ricorda di aver eccepito che sette decreti ingiuntivi avevano accertato con efficacia di giudicato crediti derivanti dalla convenzione del 2.8.2000, per l’effetto accertando anche la validità e l’efficacia della convenzione stessa. La Corte di appello, assumendo che il giudicato non teneva conto del fatto sopravvenuto dell’annullamento in autotutela, non aveva considerato che il giudicato su uno dei decreti in questione si era formato nel 2013, né si era data carico del fatto che la nullità era originaria e preesistente all’annullamento in autotutela del 2007.
6.2. I titoli giudiziari invocati da TME sono in effetti in massima parte anteriori all’annullamento (sentenza n.5188/2003 del TAR Puglia; d.i. 47/2003 del 13.10.2003 del TAR Puglia; d.i. 134/2005 del 4.2.2005 del Tribunale di Taranto; d.i. n.3356/2005 del 18.3.2005 del Tribunale di Taranto; d.i. n.724/2005 dell’8.7.2005 del Tribunale di Taranto).
Tuttavia, come rileva la ricorrente, il d.i. 23/2006 del 9.1.2006 del Tribunale di Taranto è stato oggetto di opposizione ed è stato dichiarato esecutivo solo con la sentenza n.1713 del 25.9.2012 del Tribunale di Taranto, passata in giudicato, che ha dichiarato la improcedibilità dell’opposizione promossa dal Comune per la mancata riassunzione del giudizio in seguito a un evento interruttivo.
6.3. Indubbiamente l’eccezione sollevata per la prima volta in appello era tempestiva.
Secondo le Sezioni Unite di questa Corte, poiché nel nostro ordinamento vige il principio della rilevabilità di ufficio delle eccezioni, derivando invece la necessità dell’istanza di parte solo dall’esistenza di una eventuale specifica previsione normativa, l’esistenza di un giudicato esterno, è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, ed il giudice è tenuto a pronunciare sulla stessa qualora essa emerga da atti comunque prodotti nel corso del giudizio di merito. Del resto, il giudicato interno e quello esterno, non solo hanno la medesima autorità che è quella prevista dall’art. 2909 cod. civ., ma corrispondono entrambi all’unica finalità rappresentata dall’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche e dalla stabilità delle decisioni, le quali non interessano soltanto le parti in causa, risultando l’autorità del giudicato riconosciuta non nell’interesse del singolo soggetto che lo ha provocato, ma nell’interesse pubblico, essendo essa destinata a esprimersi – nei limiti in cui ciò sia concretamente possibile – per l’intera comunità. Più in particolare, il rilievo dell’esistenza di un giudicato esterno non è subordinato ad una tempestiva allegazione dei fatti costitutivi dello stesso, i quali non subiscono i limiti di utilizzabilità rappresentati dalle eventualmente intervenute decadenze istruttorie, e la stessa loro allegazione può essere effettuata in ogni stato e fase del giudizio di merito. Da ciò consegue che, in mancanza di pronuncia o nell’ipotesi in cui il
giudice di merito abbia affermato la tardività dell’allegazione – e la relativa pronuncia sia stata impugnata – il giudice di legittimità accerta l’esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice del merito. (Sez. U, n. 226 del 25.5.2001; Sez. U, n. 10977 del 9.8.2001).
Più recentemente si è ribadito che l’eccezione di giudicato esterno non è soggetta a preclusioni per quanto riguarda la sua allegazione in sede di merito in quanto prescinde da qualsiasi volontà dispositiva della parte e in considerazione del suo rilievo pubblicistico, è rilevabile d’ufficio. (Sez. 6 – 3, n. 48 del 7.1.202).
In effetti nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto (Sez. L, n. 12754 del 21.4.2022).
6.4. D’altro canto, il principio secondo cui l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logico-giuridico, trova applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al
credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda. (Sez. 1, n. 18725 del 6.9.2007;Sez. 3, n. 28318 del 28.11.2017; Sez. 1, n. 22465 del 2 4.9.2018).
E difatti il giudicato sostanziale conseguente alla mancata opposizione di un decreto ingiuntivo copre non soltanto l’esistenza del credito azionato, del rapporto di cui esso è oggetto e del titolo su cui il credito e il rapporto stessi si fondano, ma anche l’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi del rapporto e del credito precedenti al ricorso per ingiunzione e non dedotti con l’opposizione (Sez. 6 – 3, n. 19113 del 18.7.2018; Sez. 3, n. 28318 del 28.11.2017).
Il predetto decreto ingiuntivo è passato in giudicato nel corso del 2013 il 28.1.2013 o l’11.11.2013, a seconda che si consideri o meno la notificazione della pronuncia ai fini del decorso del termine breve. Comunque, ben dopo l’annullamento in autotutela della delibera di scelta dell’appaltatore del 2007.
Il Comune di Taranto ben avrebbe potuto eccepire in quel giudizio che vi era stato l’annullamento d’ufficio della delibera di affidamento in data 2.8.2007 e anche la circostanza che il Consiglio di Stato con sentenza del 17.11.2009 aveva definitivamente respinto il ricorso di TME avverso l’annullamento di ufficio.
Ciò non è avvenuto e non è stata neppure impugnata la sentenza n.1713 del 25.9.2012 di cui è documentato il passaggio in giudicato.
6.5. Quanto esposto dimostra l’erroneità della decisione della Corte leccese (pag.67) che si è fondata sul fatto che l’annullamento in autotutela della delibera di scelta dell’appaltatore, con la correlata nullità del contratto, era stato effettuato ad agosto del 2007 e dunque costituiva « fatto impeditivo del sorgere di credito solo
successiva ai ricorsi monitori, in relazione alla quale, dunque, evidentemente, i decreti ingiuntivi non integrano alcun intangibile giudicato circa la validità ed efficacia del contratto inter partes ».
Uno dei titoli giudiziali si era formato ben successivamente al 2007 nell’ambito di un giudizio di cognizione nel quale il Comune ben avrebbe potuto far valere la circostanza in questione e addirittura il passaggio in giudicato della sentenza che aveva accertato la legittimità dell’annullamento de quo.
Il secondo profilo del primo motivo resta assorbito al pari degli altri motivi di ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360,n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 21-nonies della legge 241/1990, 121 c.p.a. 1360 cc.. e dei principi, anche di matrice europea in materia di affidamento di contratti pubblici in quanto la sentenza ha ritenuto la convenzione già in origine inefficace e non a far data dalla delibera di annullamento in autotutela del 2007.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art.360,n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt.1346 e 1418, comma 1, cod.civ. e 121 c.p.a. e dei principi, anche di matrice europea in materia di affidamento di contratti pubblici in quanto la sentenza ha ritenuto la convenzione nulla per effetto della delibera n.21 del 2007 di all’annullamento in autotutela della delibera n.97 del 2000.
Per i motivi esposti la Corte deve accogliere il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri, cassare la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviare alla causa alla Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
La Corte
accoglie il primo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione