Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9090 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9090 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32697/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio in ROMA, INDICOGNOME è elettivamente domiciliato;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in ROMA, INDICOGNOME;
-controricorrenti-
avverso la sentenza n. 1814 /2018 della Corte d’Appello di Roma, depositata in data 11.05.2018, N.R.G. 3097/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.02.2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME.
OGGETTO: PUBBLICO IMPIEGO
RILEVATO CHE
Con sentenza n. 19332/2012, il Tribunale di Roma ha accertato il diritto di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME all’assunzione alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE come dirigenti di seconda fascia, con decorrenza dal 1.11.2010, ed ha condannato l’Istituto al pagamento della differenza tra il dovuto ed il percepito dal 1.11.2010 fino alla data della sentenza.
Sulla base di tale sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno ottenuto l’emissione dei decreti nn. 3328/2014, 3793/2014 e 3545/2014, con cui all’Istituto è stato ingiunto il pagamento in loro favore delle retribuzioni maturate dal dicembre 2012 (mese successivo alla pubblicazione della sentenza n. 19332/2012) al marzo 2014.
Con sentenza n. 1086/2015, il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione proposta dall’RAGIONE_SOCIALE avverso tali decreti con separati ricorsi, poi riuniti.
La Corte di Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso tale sentenza.
La Corte territoriale, respinta l’istanza di sospensione del processo, ha rilevato che la sentenza n. 19322/2012 del Tribunale di Roma era stata confermata dalla Corte di Appello di Roma con sentenza n. 3622/2017, ed ha pertanto ritenuto provato il diritto dei suddetti lavoratori a percepire le differenze di retribuzione maturate dal mese di dicembre 2012 al marzo 2014.
Il giudice di appello ha in particolare evidenziato che nella fattispecie i lavoratori hanno dedotto e provato l’esistenza del credito, mentre l’Istituto non aveva provato il proprio adempimento.
Per la cassazione della sentenza di appello l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso prospettando un unico motivo, illustrato da memoria.
I lavoratori hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria.
CONSIDERATO CHE
L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 2056, I e II comma, 1226 e 2043 cod. civ., nonché dell’art. 19 d. lgs. n. 165/2001, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ.
Addebita alla Corte territoriale di non avere considerato che a seguito della privatizzazione dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni Pubbliche, il dirigente risulta in possesso dell’idoneità professionale a svolgere le mansioni
corrispondenti, ma acquista la qualifica dirigenziale solo mediante contratto individuale di lavoro con l’Amministrazione, mentre l’esito della procedura concorsuale non costituisce titolo per l’insorgenza del diritto e dell’obbligo a stipulare il contratt o.
Argomenta che i lavoratori sono titolari di un mero interesse legittimo di diritto privato, sostenendo che non si verte in materia di adempimento dell’obbligazione e che non sussistono i presupposti per il risarcimento del danno.
Evidenzia che la prestazione lavorativa non è stata resa e che pertanto il danno, che può essere risarcito solo in via equitativa, non può coincidere con le retribuzioni non percepite.
In sede di memoria ritualmente depositata l’RAGIONE_SOCIALE ha de dotto che con ordinanza di questa Corte n. 8898/2023 depositata in data 29/3/2023 è stato definito il giudizio afferente all’ an delle pretese degli odierni controricorrenti. Tale ordinanza è stata allegata alla memoria.
Il ricorso va accolto per le ragioni di seguito esposte.
Con la citata sentenza n. 8898/2023 prodotta dall’RAGIONE_SOCIALE questa Corte, decidendo sugli appelli proposti dall’RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 3622/2017 (con cui la Corte di Appello di Roma aveva respinto l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 19332/2012), ha rigettato le domande originariamente proposte da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME aventi ad oggetto il preteso diritto ( an ) ad essere assunti, quali dirigenti di II fascia, a far tempo dal 1° novembre 2010 per effetto dello scorrimento della graduatoria approvata con deliberazione n. 74 del 26 febbraio 1999 (diritto che, inizialmente, ritenuto sussistente aveva comportato l’emissione dei decreti nn. 3328/2014, 3793/2014 e 3545/2014, afferenti al quantum delle pretese, oggetto del presente giudizio.
Deve in proposito rammentarsi che il giudicato esterno fra le stesse parti a seguito di una sentenza della Corte di cassazione (e tale è quello formatosi nel giudizio sull’ an svoltosi separatamente da quello sul quantum ) risponde, al pari di quello interno, alla finalità d’interesse pubblico di eliminare l ‘ incertezza delle situazioni giuridiche e di rendere stabili le decisioni, sicchè il suo accertamento non costituisce patrimonio esclusivo delle parti potendo il giudice di legittimità può conoscerlo d’ufficio facendo, se necessario, ricorso a strumenti informatici e a banche dati elettroniche (in tal senso Cass. SU n. 26482/2007; Cass. n. 24740/2015 e Cass. n. 29923/2020).
Essendo sopraggiunto il giudicato costituito dalla suddetta sentenza di legittimità, è stato dunque caducato ex lege il titolo su cui si fondavano i ricorsi monitori.
L’art. 336, comma secondo, cod. proc. civ., prevede infatti che la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata.
Non può dichiararsi cessata la materia del contendere (come richiesto dagli odierni controricorrenti in sede di memoria), in quanto nella sua memoria l’RAGIONE_SOCIALE ha insistito nelle
conclusioni rassegnate chiedendo la riforma della sentenza impugnata e la condanna alle spese, ed ha dunque manifestato il proprio interesse alla pronuncia di merito.
Alla luce di quanto fin qui evidenziato, la sentenza impugnata va cassata e , non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto della domanda proposta in sede monitoria dagli originari ricorrenti.
La novità e la complessità delle questioni definite dal giudicato, in uno con la circostanza che l’attivazione dei giudizi sul quantum è stata giustificata da pronunce favorevoli dei giudici di merito in ordine all’ an , consentono la compensazione delle spese di lite.
Non sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dell’obbligo, per la parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata.
PQM
La Corte pronunciando sul ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 1814/2018 della Corte di Appello di Roma, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta