Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4803 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4803  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17174/2021 R.G. proposto da :
NOME,  quale  procuratore  speciale  di NOME COGNOME, ed NOME COGNOME, erede di NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROGLIANO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente- nonché contro
NOME COGNOME e NOME, quali eredi di NOME COGNOME, e NOME COGNOME, erede di NOME COGNOME -intimanti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANZARO n. 380/2021 depositata il 19/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  20/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.NOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, convenivano in giudizio NOME, NOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, e NOME COGNOME, erede di NOME COGNOME, per sentire accertare il loro diritto di proprietà, contestato dagli eredi di NOME, su un terreno e sulle porzioni del sovrastante fabbricato in Comune di Scigliano, per sentir accertare il loro diritto di passaggio sulla proprietà dei convenuti per accedere all’edificio e per sentire condannare i convenuti al risarcimento del danno. Gli attori deducevano trattarsi di diritti loro riconosciuti dal Tribunale di Cosenza con sentenza n.1822 del 19 dicembre 2002, passata in giudicato il 3 febbraio 2004, in causa di scioglimento della comunione ereditaria di NOME COGNOME, dante causa di NOME, di NOME e di NOME COGNOME, tenendo conto delle scritture private del 1967 e del 1972 -dichiarate dal Tribunale valide ed efficaci- in forza delle quali le parti avevano prima diviso e poi rimesso in comune il terreno (‘unificato le quote’ del terreno) compreso nel patrimonio ereditario in modo da edificare il fabbricato ed avevano contestualmente provveduto alla ripartizione delle varie unità immobiliari dello stesso fabbricato.
I  convenuti  NOME  ed  NOME  proponevano  riconvenzionale  di usucapione  dei  beni  assegnati  in  forza  della  scrittura  del  1972  a NOME e a NOME.
L’adito  giudice  di  primo  grado,  con  sentenza  n.968  del  2014, rigettava  la  riconvenzionale  ‘in  forza  del  giudicato  di  cui  alla sentenza del Tribunale di Cosenza n. 1822/02’. Accoglieva in parte le domande degli attori.
La Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza 380 del 2021, ha respinto  l’appello  incidentale  degli  originari  attori  ed  ha  accolto l’appello di NOME e di NOME.
Con particolare riferimento all’appello principale, i giudici hanno affermato che la sentenza n.1822/02 non precludeva la ‘successiva domanda di usucapione avente ad oggetto il medesimo bene riguardante un diverso lasso temporale successivo alle scritture private del 1967 e del 1972’, ha poi accertato, sulla base di testimonianze, il possesso utile ad usucapionem, da parte degli appellanti e del loro dante causa NOME COGNOME, del fabbricato realizzato sul terreno e del terreno, a partire dal termine del suddetto lasso temporale, ed ha quindi accolto la originaria domanda riconvenzionale dichiarando che gli appellanti avevano usucapito il fabbricato e il relativo fondo attiguo;
 NOME  COGNOME,  quale  procuratore  speciale  di  NOME COGNOME, ed NOME COGNOME, erede di NOME COGNOME, ricorrono per la  cassazione  della  sentenza  di  appello  con  un  unico  motivo avversato da NOME COGNOME;
3.le parti hanno depositato memoria;
 NOME,  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  sono
rimasti intimati; considerato che:
 con  l’unico  motivo  di  ricorso  si  lamenta  la  violazione  dell’art. 2909  c.c.  per  avere  la  Corte  di  Appello  errato  ‘in  relazione  alla interpretazione del giudicato costituito dalla sentenza n.1822/2002 del Tribunale di Cosenza’. Sostengono i ricorrenti che l’interpretazione data dalla Corte di Appello della sentenza n.1822/2002 contrasta con ‘il principio secondo il quale il preteso
possesso esercitato in data anteriore al passaggio in giudicato della sentenza che ha rigettato la domanda di rivendica non può essere invocato al fine di fondare una domanda di usucapione essendo la sua rilevanza preclusa dal giudicato’, che, essendo la sentenza n.1822 passata in giudicato il 3 febbraio 2004, il possesso a cui unicamente avrebbe dovuto aversi riguardo era quello esercitato dal 4 febbraio 2004, che al momento in cui NOME e NOME avevano proposto la domanda riconvenzionale di usucapione -il 30 novembre 2009- il possesso aveva avuto una durata infraventennale e dunque insufficiente (art. 1158 c.c.) ai fini del perfezionarsi dell’usucapione;
2. il ricorso è fondato.
L’art. 2909 c.c. si riferisce al giudicato in senso ‘sostanziale’. La disposizione prevede che ‘l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa’. L’accertamento definitivo è irretrattabile per il giudice che sia chiamato a pronunciarsi di nuovo sulla stessa domanda giudiziale. La disposizione si lega a quella dell’art. 324 c.p.c., secondo cui si intende passata in giudicato formale la sentenza non più soggetta ai mezzi ordinari di impugnazione.
La ratio della sentenza impugnata sta nella affermazione per cui la sentenza  n.1822/2002  non  preclude  la  ‘successiva  domanda  di usucapione  avente  ad  oggetto  il  medesimo  bene  riguardante  un diverso lasso temporale successivo alle scritture private del 1967 e del 1972’.
La  questione  posta  dai  ricorrenti  è  relativa  ai  limiti  del  giudicato della sentenza nel tempo: se gli effetti di giudicato di una sentenza che abbia rigettato una domanda di usucapione -nel caso di specie la  sentenza  n.1822  del  2002  passata  in  giudicato  nel  2004precludano di far valere in un successivo processo l’usucapione in relazione  al  possesso  protrattosi  fino  alla  data  del  passaggio  in giudicato  della  sentenza  ovvero  -come  sostenuto  dalla  Corte  di
Appellofino alla data  rispetto alla quale  la protrazione del possesso era stata fatta valere nel processo conclusosi con la prima sentenza reiettiva, nel caso di specie fino al 1972.
Questa Corte (Sez. 2, sentenza n. 648 del 27/02/1969) ha affermato che, ‘intervenuta sentenza, passata in giudicato, attributiva ad un soggetto della proprietà di un immobile, da lui acquistato, e di reiezione della domanda riconvenzionale del convenuto di accertamento in proprio favore, dell’esclusiva proprietà dell’immobile medesimo, è preclusa per questo ultimo una nuova azione sulla base di un fatto giuridico (usucapione) non fatto valere nel precedente giudizio e che si sarebbe verificato nel corso del giudizio stesso’.
Questa Corte (Sez. 2, ordinanza n.36627 del 25/11/2021) ha poi statuito specificamente che ‘La proposizione di una domanda giudiziale determina, sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, l’interruzione della prescrizione acquisitiva che regola il possesso “ad usucapionem”. Ne consegue che, se il giudizio si conclude con il riconoscimento del diritto del titolare, il possessore potrà invocare l’usucapione in forza della protrazione del suo possesso solo a decorrere dal passaggio in giudicato, fatte salve le ipotesi di comportamenti provenienti dal possessore medesimo e comportanti, anche implicitamente, il riconoscimento del diritto del “dominus”‘.
La Corte di Appello ha errato nell’individuare il referente temporale a partire dal quale verificare il perfezionamento dell’usucapione nel giorno  successivo  alla  scrittura  del  1°  settembre  1972  e  non  nel giorno successivo al passaggio in giudicato della sentenza n.1822/2002.
La sentenza impugnata deve essere cassata.
È un dato oggettivo per il quale non occorre alcun accertamento da demandare al giudice del merito, che tra la data del passaggio in giudicato della sentenza n.1822 del 2002, il 4 febbraio 2004, e la
data di inizio del presente processo, il 1° giugno 2009, è decorso un  tempo  insufficiente  al  perfezionarsi  dell’usucapione  (art.  1158 c.c.)  cosicché  la  causa  può  essere  decisa  con  il  rigetto  della originaria domanda riconvenzionale di NOME e NOME;
 le  spese  seguono  la  soccombenza.  Per  i  gradi  di  merito  vanno confermate le statuizioni della Corte di Appello a parti invertite;
PQM
la  Corte  accoglie  il  ricorso,  cassa  la  sentenza  impugnata e decide nel merito rigettando l’originaria domanda di usucapione di NOME COGNOME e di NOME;
condanna NOME COGNOME ed NOME COGNOME a rifondere ai ricorrenti le spese del primo e del secondo grado di giudizio, liquidate complessivamente per entrambi i gradi in € 8106,00 per compensi professionali,  €  845,35  per  spese,  oltre  rimborso  delle  spese generali nella misura del 15% e oltre accessori se dovuti;
condanna  il  controricorrente  a  rifondere  ai  ricorrenti  le  spese  del giudizio di legittimità, liquidate in € 3400,00, per  compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese  generali  nella  misura  del  15%  e  altri  accessori  di  legge  se dovuti.
Roma 20 febbraio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME