Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 843 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 843 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto
Riliquidazione pensione, giudicato
R.G.N. 421/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
ORDINANZA
sul ricorso 421-2022 proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente principale contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale
–
nonchŁ contro
COGNOME
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 2596/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/06/2021 R.G.N. 365/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
In parziale riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Roma accoglieva la domanda di COGNOME NOME limitatamente al ricalcolo della propria pensione previo computo dei contributi per i periodi 1.10.55 – 30.11.55 e 1.4.63 – 5.4.63, così determinando il rateo di pensione al 1°.2.2009 e condannando l’Inps al pagamento della complessiva somma di € 21.105,30 dal 1°.2.2009 al 27.5.2016.
Riteneva la Corte che per i suddetti periodi, la decisione di cessazione della materia del contendere emessa in precedente giudizio non avesse valore di giudicato sostanziale ma solo processuale, e quindi non impedisse il riconoscimento della domanda riproposta in questo processo. Rigettava invece la Corte le altre domande proposte da COGNOME, e già respinte in primo grado, ovvero: a) quella tesa al ricalcolo della pensione conteggiando altri periodi contributivi, ovvero dal l’ 1.8.93 al 6.3.96, già respinta con decisione passata in giudicato da altre due precedenti sentenze rese in diversi giudizi, le cui statuizioni coprivano il dedotto e il deducibile; essendovi preclusione di giudicato, non era stata ammessa la c.t.u. contabile chiesta da COGNOME vertente su ulteriori quesiti rispetto a quelli posti dalla Corte e identici a quelli già ammessi in primo grado, rispetto ai quali COGNOME non aveva sollevato specifiche censure; b) la domanda tesa alla restituzione di trattenute mensili operate dall’Inps quale terzo pignorato, in quanto la rinuncia del creditore procedente ex art.629 c.p.c. era successiva al periodo marzo 2005 -agosto 2017 cui si riferivano le trattenute, e considerato che la richiesta di restituzione andava semmai avanzata contro il creditore procedente.
Avverso la sentenza, COGNOME NOME ricorre per quattro motivi, illustrati da memoria.
L’Inps resiste con controricorso contenente anche ricorso incidentale, affidato a due motivi, cui COGNOME resiste con controricorso.
All’adunanza camerale il collegio riservava termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso principale, NOME COGNOME deduce violazione e falsa applicazione degli artt.2909 c.c. e 115 c.p.c. La Corte avrebbe errato nel ritenere coperta da giudicato la domanda avente ad oggetto il ricalcolo della pensione sulla base dei contributi accreditati nel periodo 1.8.93-6.3.96 per complessivi 790 giorni, in quanto nessuna delle precedenti sentenze aveva ad oggetto tale periodo, ma il computo di contributi riferiti ad altri periodi temporali.
Con il secondo motivo di ricorso principale, si deduce nullità della sentenza in relazione agli artt.24, co.2 e 111, co.1 e 2 Cost., 61, co.1, 191, co.1, 115, co.1, 414, co.1, n.5, 420 co.5 c.p.c. La decisione della Corte di non ammettere la c.t.u. contabile anche sul ricalcolo alla luce del periodo 1.8.93-6.3.96 aveva violato il diritto di difesa del ricorrente, considerato che tale richiesta era stata già avanzata in primo grado.
Con il terzo motivo di ricorso principale, si deduce omesso esame di fatti decisivi, non avendo la Corte considerato che già in primo grado il ricorrente aveva contestato la formulazione dei quesiti oggetto di c.t.u. chiedendone l’estensione ai fini del computo dei contributi versati nel periodo 1.8.93-6.3.96.
Con il quarto motivo di ricorso principale, si deduce omesso esame di fatti decisivi, per avere la Corte ritenuto che la richiesta di restituzione dei ratei mensili trattenuti dall’Inps andasse avanzata al creditore procedente, non avendo considerato le emergenze istruttorie dalle quali risultava che l’Inps, dopo aver
proceduto alla trattenuta dei ratei, non aveva però mai versato nulla al creditore procedente.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, l’Inps deduce violazione dell’art.2909 c.c. e dell’art.323 c.p.c., per avere la Corte d’appello considerato che la pronuncia di cessazione della materia del contendere non avesse portata di giudicato sostanziale, senza però considerare che in due successive pronunce, passate in giudicato e successive a quella di cessazione della materia del contendere, il tribunale, giudicando sulla stessa questione accolta dalla Corte d’appello, aveva ritenuto la domanda inammissibile poiché preclusa dalla pronuncia di cessazione della materia del contendere avente efficacia di giudicato sostanziale e, contro tali pronunce, non era stata proposta impugnazione, sicché esse, aventi forza di giudicato sostanziale, dovevano far stato entrambe anche in questo giudizio.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale, l’Inps deduce nullità della sentenza per motivazione insanabilmente contradditoria, poiché la Corte aveva da un lato respinto la domanda di restituzione delle trattenute effettuate dall’Inps quale terzo pignorato e però, dall’altro, aveva condannato l’Inps al pagamento della somma di € 21.105,30 determinata dal c.t.u., non considerando che tale somma era stata quantificata dal consulente includendo anche i ratei mensili oggetto di trattenuta in sede esecutiva.
Il primo motivo di ricorso principale è per un verso inammissibile e per altro infondato.
Occorre premettere che il presente giudizio fu preceduto da altri tre giudizi, conclusisi con altrettante sentenze. In
particolare, il terzo giudizio terminò con una sentenza che quantificò in € 3.390,39 mensili, il trattamento pensionistico dovuto al ricorrente dall’1.3.2009.
Il motivo adduce che nessuno dei tre precedenti giudizi concerneva la domanda svolta nel primo grado del presente giudizio avente ad oggetto il computo dei contributi per il periodo 1.8.93-6.3.96.
Il motivo si mostra inammissibile per difetto di autosufficienza in quanto non indica specificamente l’atto su cui esso si fonda, ovvero l’atto di parte da cui emergerebbe la differenza di petitum tra i precedenti giudizi e il presente. In particolare, per quanto riguarda il terzo giudizio, quello più rilevante in quanto calcola il rateo pensionistico al 1°.3.2009 e quindi cristallizzandolo a un periodo successivo e che potrebbe comprendere il periodo 1.8.93 -6.3.96, non viene riportato specificamente quale fu il contenuto del ricorso introduttivo del predetto terzo giudizio, onde allegare in modo specifico la diversità di domanda colà svolta rispetto a quella qui coltivata. Dell’atto introduttivo del terzo giudizio, il ricorso per cassazione riporta solo in modo parziale, con omissis, un brano delle conclusioni, in tal modo non essendo escluso che nella narrativa del l’atto introduttivo o in altra parte delle conclusioni, sia stato allegato il periodo in questione.
Sotto altro profilo, il motivo è infondato poiché non considera che il giudicato copre non solo il dedotto ma anche il deducibile, come affermato dalla Corte d’appello. Nel momento in cui la terza sentenza cristallizza la quantificazione del rateo mensile pensionistico all’1.3.2009 essa è tale da includere in tale
quantificazione le varie componenti del trattamento pensionistico dipendenti da fatti, quali un determinato periodo di contribuzione, antecedenti alla quantificazione finale e incidenti sul contenuto del diritto e non in grado di modificarne la natura.
Questa Corte (Cass.21653/23) ha già precisato che la riliquidazione del quantum del trattamento pensionistico sulla base dell’applicazione di circostanze non precedentemente dedotte nel giudizio conclusosi con la determinazione del quantum, è preclusa dal giudicato intervenuto, il quale copre anche il deducibile e, in particolare, tutte le questioni incidenti sulla quantificazione del diritto colà deducibili e non dedotte.
Il secondo e terzo motivo sono di conseguenza assorbiti, attesa la preclusione al riesame della domanda coperta dal giudicato.
Il quarto motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata è infatti fondata su una duplice ratio decidendi: le trattenute operate in sede esecutiva dall’Inps non potevano essere restituite al ricorrente sia perché la rinuncia ex art.629 c.p.c. del creditore procedente era intervenuta successivamente alle effettuate trattenute, sia perché, ‘in ogni caso’, la restituzione andava domandata non all’Inps ma al creditore procedente.
Il motivo di ricorso censura solo quest’ultima ratio, mentre non contiene alcuna critica alla prima, in ciò mostrandosi inammissibile per difetto di interesse, secondo costante orientamento di questa Corte (Cass.2108/12, Cass.9752/17, Cass.18119/20).
Passando all’esame del ricorso incidentale, preliminarmente va respinta l’eccezione di sua tardività svolta dal ricorrente principale. L’Inps ha impugnato incidentalmente nel termine dell’art.371, co.2 c.p.c., ma senza rispettare il termine di cui all’art. 327 c.p.c. Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, l’impugnazione incidentale tardiva è ammessa quando il relativo interesse sorga direttamente dall’impugnazione principale (Cass.12387/16, Cass.6156/187). A sua volta, tale interesse è direttamente connesso all’impugnazione principale quando questa, ove accolta, modificherebbe lo stato delle situazioni giuridiche soggettive accertate in sentenza e originariamente accettate, dando luogo, in caso di suo accoglimento, a una soccombenza totale o più grave, in capo all’impugnante incidentale, di quella derivante dalla sentenza impugnata in via principale e originariamente ritenuta accettabile dal ricorrente incidentale (il principio è stato affermato da Cass. S.U. 24627/07 e ripreso in varie altre pronunce, tra cui Cass.12387/16, cit., Cass.14596/20).
Ciò è quanto accade nel caso di specie, poiché l’accoglimento del ricorso principale avrebbe determinato una soccombenza dell’Inps più grave di quella risultata dalla sentenza d’appello, ed estesa ad un obbligo di restituzione delle trattenute nonché ad un incremento dell’importo del rateo mensile di pensione. L’Inps ha dunque impugnato un diverso capo della sentenza al fine di contra stare l’aggravamento della propria soccombenza in ipotesi derivante dall’accoglimento dei motivi di ricorso principale.
Ribadita l’ammissibilità del ricorso incidentale, il primo motivo è fondato. Risulta dagli atti e dalla stessa
sentenza impugnata che, nel primo dei tre giudizi che hanno preceduto il presente, fu dichiarata la cessazione della materia del contendere relativamente al ricalcolo della pensione previo conteggio dei periodi contributivi 1.10.55 – 30.11.55 e 1.4.63 – 5.4.63. La medesima domanda fu proposta nel secondo e terzo giudizio e fu dichiarata inammissibile per intervenuto giudicato costituito dalla pronuncia di cessazione della materia del contendere. Le pronunce del secondo e terzo giudizio non furono impugnate.
Tali pronunce non dichiararono cessata la materia del contendere ma, affermando l’ inammissibilità della domanda perché preclusa ex art.2909 c.c., ebbero esse stesse attitudine di giudicato sostanziale, siccome negarono il diritto fatto valere in causa. La Corte d’appello, non considerando tali pronunce e la loro forza di giudicato, ma la sola prima sentenza di cessazione della materia del contendere ritenendola priva di efficacia preclusiva, ha violato l’art.2909 c.c., decidendo su un diritto che era già stato negato in modo definitivo, se non dalla prima sentenza, dalla seconda e dalla terza.
Né rileva che, come afferma parte ricorrente, la sentenza impugnata si riferisca al trattamento pensionistico dovuto nel periodo 1.2.09 – 27.4.2016, mentre le precedenti sentenze avevano ad oggetto il precedente periodo 1.8.93 – 1.2.2009. La diversità di periodo, entro un rapporto obbligatorio di durata come quello in questione, è irrilevante poiché il giudicato copre quel medesimo fatto -conteggio dei contributi nei periodi 1.10.55 – 30.11.55 e 1.4.63 – 5.4.63 -sulla scorta delle quali si sono basate sia le precedenti pronunce sia quella qui impugnata per determinare l’ammontare del rateo
mensile, medesimo fatto destinato a trascinarsi tempo per tempo nella liquidazione di tutti i futuri ratei del rapporto obbligatorio previdenziale. In particolare, il giudicato formatosi relativamente ad un periodo del rapporto previdenziale rimane fermo per i futuri periodi, a meno che non intervengano mutamenti sopravvenuti del quadro fattuale o normativo, e a condizione che il fatto costitutivo sia lo stesso e in relazione ai soli aspetti permanenti del rapporto, con esclusione di quelli variabili (Cass.17223/20, Cass.10430/23). Nel caso di specie, il fatto costitutivo – conteggio dei contributi nei periodi 1.10.55 – 30.11.55 e 1.4.63 – 5.4.63 – è rimasto il medesimo e destinato a riverberarsi sul calcolo di ogni rateo di pensione successivo a quello di maturazione del diritto.
Il secondo motivo di ricorso incidentale rimane assorbito, dato l’accoglimento del primo.
Conclusivamente, in accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale, la sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda originaria di primo grado. Le spese dell’in tero processo seguono la soccombenza del ricorrente principale.
P.Q.M.