Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24432 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24432 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6026/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
NOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studi o dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende; -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7583/2019, depositata il 5/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 1/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Nel 2001 RAGIONE_SOCIALE ha citato in giudizio RAGIONE_SOCIALE deducendo che tra le parti era stato sottoscritto un contratto di fornitura di materiale rotabile destinato alla Gestione Commissariale Governativa delle Ferrovie della Calabria e che con atto integrativo della convenzione principale era stata indicata la data dell’8 agosto 1996 quale data di ultimazione della fornitura, data poi spostata al 24 ottobre 1996, termine poi prorogato, e che l’ultima motrice era stata da essa consegnata nel novembre del 1997 e di avere quindi diritto al pagamento del saldo del corrispettivo. La convenuta si costituiva e deduceva che Gestione aveva applicato all’Associazione temporanea d’imprese (ATI) la penale di lire 1.984.046.336 pari al 10% dell’importo contrattuale in ragione del ritardo nella consegna lavori, ritardo derivante dal mancato rispetto da parte di RAGIONE_SOCIALE del termine contrattuale per la consegna della fornitura. La convenuta chiedeva quindi di rigettare le domande dell’attrice e, in via riconvenzionale, di condannare la stessa al pagamento di lire 1.060.990.866.
La causa è stata decisa con la sentenza n. 5589/2006 del Tribunale di Roma, non appellata, che ha accertato il diritto dell’attrice a percepire il saldo, essendo nel corso del processo intervenuto il collaudo dell’appalto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che costituiva il presupposto indispensabile per il sorgere del credito dell’attrice. Il Tribunale ha poi rigettato la domanda riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che la penale non potesse ritenersi definitivamente applicata dal concedente, presupposto stabilito dall’art. 6 del contratto del 1994 stipulato tra le parti.
Nel 2004 RAGIONE_SOCIALE, subentrata per cessione di ramo d’azienda con effetto dal 2000 a una delle imprese dell’ATI concessionaria dei lavori, per il cui svolgimento era stata costituita
RAGIONE_SOCIALE, ha proposto domanda di arbitrato convenendo RAGIONE_SOCIALE (già Gestione Commissariale Governativa delle Ferrovie della Calabria) davanti ad un collegio arbitrale per ottenere il risarcimento di danni ulteriori rispetto a quelli oggetto di una transazione conclusa nel 2002; tra i tanti temi affrontati vi è stato quello -oggetto del quesito n. 19 -relativo alla disapplicazione della penale. Il quesito n. 19 è stato respinto con lodo del 19 settembre 2006, che ha ritenuto legittima l’applicazione della penale per un numero inferiore di giorni. Il lodo non è stato impugnato.
Con atto notificato l’11 ottobre 2008 RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha convenuto in giudizio RAGIONE_SOCIALE affinché fosse condannata al pagamento della penale, nella misura di euro 547.956,05, nonché al maggior danno nella misura di euro 476.718,37, essendosi avverata la condizione per l’applicazione della penale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE con la decisione arbitrale del 2006. La convenuta si è costituita e ha eccepito l’inammissibilità della domanda in quanto rigettata dal Tribunale di Roma nel 2006 con la sentenza n. 5598/2006.
Il Tribunale di Roma ha ritenuto inammissibile la domanda di condanna al pagamento della penale, essendo coperto da giudicato il rigetto della medesima: si tratterebbe di due domande identiche; la statuizione è stata di merito e quindi, per evitare il passaggio in giudicato del rigetto della domanda, RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto impugnare la sentenza; d’altro canto RAGIONE_SOCIALE, convenuta nel primo processo, aveva fondato la sua domanda riconvenzionale proprio sull’allegazione dell’applicazione della penale, cosicché si tratta non soltanto di questione deducibile nel primo processo, ma di questione che è stata espressamente dedotta e decisa dal giudice.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE quale incorporante di RAGIONE_SOCIALE per atto di fusione. Con la sentenza n. 7583/2019 la Corte d’appello di Roma ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
Memoria è stata depositata da entrambe le parti.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. e di ogni norma o principio in materia di giudicato e di identificazione della domanda: la Corte d’appello ha respinto il gravame della ricorrente sul presupposto che il presente processo avrebbe avuto ad oggetto il già azionato diritto al ribaltamento della penale, diritto che nella prospettazione della domanda originariamente formulata avrebbe dovuto essere riconosciuto, sebbene fosse ancora pendente l’arbitrato in cui si sarebbe deciso della disapplicazione di quella stessa penale; la decisione è errata perché prescinde dai principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di giudicato in relazione ai rapporti di durata, all’accertamento del mancato avveramento di una condizione, alla sopravvenienza di eventi nuovi rispetto a quelli considerati dalla decisione passata in giudicato, all’individuazione dell’azione in riferimento alla causa petendi, all’irrilevanza del difetto di prova.
Il ricorso è fondato. La Corte d’appello ha rigettato il gravame ritenendo che FALC 2000, nel giudizio definito con la sentenza n. 5598/2006, avesse già azionato il diritto al ribaltamento della penale, assumendo che sussistessero tutti i presupposti per il suo riconoscimento; la circostanza che in quel processo il Tribunale avesse rilevato che il ribaltamento della penale fosse espressamente subordinato alla definitività del provvedimento di applicazione della medesima da parte del concedente nei confronti del concessionario non toglie che nella prospettazione della domanda il diritto al ribaltamento della penale dovesse essere
riconosciuto, pur nella consapevolezza che fosse contemporaneamente pendente il giudizio arbitrale contro il concedente, nel quale la concessionaria o chi per essa aveva richiesto la disapplicazione della penale già applicata a proprio carico; la concessionaria ha perduto la causa perché non ha allegato né provato tutto ciò che avrebbe dovuto allegare e provare per ottenere il riconoscimento del diritto al ribaltamento della penale, correndo il rischio che quel diritto venisse irrimediabilmente pregiudicato; e ciò è avvenuto, senza che valga opporre che il passaggio in giudicato del lodo arbitrale, che rigettava la domanda di disapplicazione e sanciva la definitività dell’applicazione della penale, sarebbe sopravvenuto qualche mese dopo, atteggiandosi come fatto nuovo non deducibile nel giudizio davanti al Tribunale. Anche l’accertamento negativo di un diritto incautamente azionato -ha concluso la Corte d’appello costituisce pronuncia di merito suscettibile di passaggio in giudicato che preclude la riproposizione della medesima domanda, perché il nostro ordinamento processuale ripudia l’emanazione di sentenze allo stato degli atti. Il ragionamento della Corte d’appello non può essere seguito. Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 5598/2006, ha respinto la domanda riconvenzionale fatta valere da RAGIONE_SOCIALE, osservando che l’art. 6 del contratto di fornitura del 1994 prevede che ‘la penale per i ritardi potrà essere applicata a carico del fornitore solo nel caso di analogo provvedimento definitivo da emettersi in sede di collaudo finale da parte del concedente nei confronti del concessionario’ e che la penale è stata applicata dall’esercente nel conto finale del lavori, ma in calce allo stesso la convenuta ha inserito espressa riserva sul punto e nell’atto unico di collaudo è ribadito il ritardo nell’ultimazione dei lavori e nello stato finale la penale risulta detratta dall’importo dovuto. Tuttavia ha rilevato il Tribunale -‘la penale non può ritenersi definitivamente applicata dal concedente’, in quanto non è stata acquisita al giudizio né la
relazione riservata del direttore dei lavori né la relazione riservata della commissione di collaudo e pertanto non è stato accertato se e quali determinazioni siano state assunte dal concedente in relazione alla questione controversa tra le parti; nell’atto di transazione, intervenuto a distanza di sei mesi dal collaudo definitivo, le parti hanno espressamente ribadito che le questioni relative all’applicazione della penale erano impregiudicate, restando salvo il diritto dell’esercente di chiederne la disapplicazione, cosicché non può ritenersi che il concedente abbia definitivamente applicato la penale per il ritardo.
Dalla lettura della decisione emerge come il rigetto da parte del Tribunale della domanda riconvenzionale sia sì passato in giudicato, ma limitatamente alla non definitività della applicazione della penale al momento della pronuncia. Secondo il costante orientamento di questa Corte, il giudicato copre infatti il dedotto e il deducibile con esclusivo riguardo alla situazione che esisteva e fu tenuta presente dal giudice al momento della decisione, ma non preclude la rilevabilità dei fatti che sopravvengono alla sua formazione (cfr., ex multis , Cass. n. 3525/1986, nonché più di recente Cass. n. 9176/2000 e Cass. n. 24922/2018).
Il passaggio in giudicato della sentenza con la quale è stata rigettata la domanda riconvenzionale di pagamento della penale per la mancata definitività dell’applicazione della penale medesima da parte del concedente al concessionario, non esclude pertanto la riproposizione della stessa domanda qualora – successivamente al passaggio in giudicato della prima decisione -quella condizione si sia verificata. Pertanto, a fronte del sopravvenuto accertamento della definitività dell’applicazione della penale da parte del giudice arbitrale con decisione non impugnata dalle parti del giudizio (il concedente e il concessionario), la domanda di pagamento della penale da parte del concessionario nei confronti del fornitore era
proponibile e non trovava ostacolo nel precedente giudicato formatosi con riguardo alla precedente situazione.
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Roma, che