Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16826 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16826 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
la Corte d’Appello rilevava quindi come quest’ultima ratio decidendi non fosse stata impugnata, in quanto non emergeva che l’appellante avesse confutato la ritenuta efficacia ultrattiva del giudicato, né la ritenuta persistenza delle condizioni di fatto e di diritto che consentivano l’estensione degli effetti di esso;
il consolidarsi della pronuncia sul giudicato e sugli effetti ultrattivi di esso era ritenuto quindi decisiva ed assorbente, sicché non vi era luogo a disaminare le altre questioni proposte dall’Azienda;
2.
l’Azienda ha proposto ricorso per cassazione con un motivo, suddiviso in due parti;
l’Università ha depositato controricorso, in sé adesivo rispetto al ricorso principale, contenente altresì ricorso incidentale sul tema della legittimazione passiva;
NOME COGNOME ha resistito anch’egli con controricorso; sono in atti memorie della ricorrente principale e del lavoratore.
CONSIDERATO CHE
il motivo di ricorso principale è rubricato come violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. in relazione alla violazione
e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.;
1.1 nella prima parte della censura si assume che il passaggio della sentenza di primo grado valorizzato dalla Corte territoriale come non era idoneo al giudicato, avendo
autonoma ratio decidendi natura puramente argomentativa;
la censura è apodittica e non sorretta, a giustificazione dell’assunto, dalla trascrizione dei passaggi della sentenza di primo grado che dovrebbero dare atto di quanto sostenuto dalla ricorrente;
in particolare, mentre è trascritto il passaggio in cui il Tribunale ritenne l’esistenza del giudicato, mancano i passaggi in cui il primo giudice aveva ritenuto comunque spettante l’indennità;
il ragionamento sull’esistenza o meno di una doppia ratio necessita ovviamente della trascrizione di entrambi i passaggi interessati, anche nella loro consecuzione grammaticale e fraseologica, ma, come si è detto, solo uno di essi è riportato;
ciò senza contare che il passaggio trascritto delinea con nettezza lo sviluppo di un’autonoma ratio decidendi , ove si fa riferimento, « inoltre », ad una « concorrente ragione » e si spiega dell’esistenza del giudicato amministrativo;
resta dunque consolidata la conclusione per cui vi è stato un giudicato su rapporto di durata che, come peraltro da giurisprudenza consolidata, dispiega effetti anche per il futuro, nell’invarianza delle condizioni di fatto e di diritto (Cass. 7 dicembre 2021, n. 38897, punti 10 e 11; Cass. 29 novembre 2021, n. 37269; Cass. 17 agosto 2018, n. 20765);
1.2
nella sua seconda parte, il motivo sostiene che l’appello aveva confutato, sia in punto di fatto, sia in punto di diritto, la spettanza dell’indennità e a tal fine riporta il contenuto del gravame proposto in secondo grado;
esso argomenta sulle ragioni per cui -secondo la ricorrente -l’indennità riconosciuta non sarebbe stata dovuta;
si tratta tuttavia di censure ininfluenti;
infatti, nel considerare il giudicato riveniente dalla pronuncia amministrativa, la Corte d’Appello afferma che non era stata intaccata dai motivi di appello la valutazione del Tribunale in ordine al proiettarsi nel futuro degli effetti di esso rispetto ad un rapporto di durata, stante la persistenza delle condizioni di fatto e di diritto esistenti nel periodo considerato dalla pronuncia;
sul resistere della ratio decidendi all’impugnazione per cassazione già si è detto;
da ciò deriva che argomentare, come fa il motivo di ricorso per cassazione anche attraverso il richiamo ai motivi di appello, sulla non debenza in sé dell’indennità è inutile, perché – una volta stabilito che il giudicato aveva quella portata in relazione ad un rapporto di durata ciò che poteva al più essere posto in discussione era che in realtà dopo di esso erano intervenuti nuovi fatti che avevano modificato la realtà circostanziale del rapporto oggetto di causa o nuove norme, ma non è così che è impostato il motivo;
il periodo di causa va dal gennaio 2007 al settembre 2011 ed il giudicato del TAR copre il periodo dall’aprile 2001 al dicembre 2006, sicché anche i ragionamenti che il motivo di appello svolge rispetto ai tempi necessari per l’attuazione del nuovo regime di cui al d. lgs. n. 519 del 1999, a dire dell’Azienda definitosi solo a far tempo dal 1.1.2014 con gli adempimenti resi necessari dalla nuova normativa (sul regime transitorio, v. Cass. 22 aprile 2022, n. 12952), sono ininfluenti;
2.
il ricorso principale presenta quindi tratti di inammissibilità e di infondatezza e va quindi complessivamente rigettato;
3.
il ricorso incidentale adduce, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 8-bis e 8-sexies e 15 del d. lgs. n. 502 del 1992, dell’art. 2, co. 8, del d. lgs. n. 517 del 1999, il tutto con riferimento al tema della legittimazione passiva, che l’Università nega sia in capo ad essa;
il motivo è infondato perché è consolidato l’orientamento per cui vi è legittimazione passiva solidale e concorrente dell’azienda universitaria e dell’università (Cass., S.U., 9 maggio 2016, n. 9279, nonché Cass. 7 marzo 2014 n. 5325 e Cass. 24 maggio 2013 n. 12908) e ciò in quanto, come precisato dalla citata pronuncia delle S.U., cui si rinvia per i dettagli motivazionali, « i rapporti fra i due soggetti, quali emergono dall’esame della normativa che disciplina la loro attività, configurano una vera e propria cogestione, il che giustifica pienamente le conclusioni … circa la sussistenza della legittimazione di entrambi gli enti » sul piano delle obbligazioni passiva di lavoro;
4.
la soccombenza di entrambi gli enti pubblici (v. anche Cass., S.U., 30 ottobre 2019, n. 27846) giustifica la loro condanna solidale alle spese in favore del lavoratore;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale.
Condanna l’Azienda Ospedaliera Università Federico II e l’Università Federico II, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore di NOME COGNOME che liquida in euro 3.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge , da attribuirsi all’avvocato NOME COGNOME antistatario.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro