Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4763 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4763 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
sul ricorso 33365/2019 proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI 1 RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 479/2019 depositata il 22/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/2/2024 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO
1. L’RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di quattro motivi resistiti avversariamente con controricorso, avverso la sentenza -il gravame nei confronti della quale era stato dichiarato inammissibile a mente dell’art. 348bis cod. proc. civ. -con la quale il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ne aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dal RAGIONE_SOCIALE per il pagamento, nella misura del 90% ancora dovuto, delle prestazioni sanitarie rese in regime di accreditamento anche nei confronti di pazienti ‘ extraregione ‘ tra l’ottobre ed il dicembre 2014.
Onde motivare il rigetto dell’opposizione il Tribunale ha spiegato che il credito azionato, quantunque documentato solo dalle distinte riepilogative contabili delle prestazioni trasmesse mensilmente dalla struttura erogante, fosse comunque provato in ragione della mancata contestazione di esso da parte dell’opponente; che la remunerabilità delle prestazioni rese in favore di pazienti ‘extraregione’ oltre i limiti imposti dai tetti di spesa fosse coperta dal giudicato formatosi sulla pretesa analogamente esercitata in relazione al 10% delle prestazioni mediche rese nel medesimo arco temporale; e che fossero infine dovuti gli interessi moratori nella percentuale imposta dal d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231 ricadendo il rapporto tra l’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE nel quadro delle transazioni
commerciali regolate, quanto agli interessi di mora, dal citato provvedimento di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Le memorie di entrambe le parti sono tardive essendo state depositate il 29.1.2024 nell’inosservanza del termine previsto dall’art. 380bis 1 cod. proc. civ.
Il primo motivo di ricorso, mercé il quale si censura l’impugnata decisione di primo grado per aver ritenuto, quanto alla prova delle prestazioni rese dal RAGIONE_SOCIALE, che la relativa pretesa non fosse stata fatta oggetto di contestazione e che essa fosse perciò affetta da nullità per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., posto che dagli atti del giudizio emerge inequivocamente il contrario ed il secondo motivo di ricorso, mercé il quale, analogamente, si censura la decisione di primo grado per aver ritenuto, sulla scorta dell’asserito difetto di non contestazione, che fossero prova sufficiente del credito le citate distinte riepilogative delle prestazioni mensilmente trasmesse dal RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE ai fini del pagamento, malgrado fosse nota l’inidoneità a tal fine delle fatture commerciali, esaminabili congiuntamente in quanto svolgenti la medesima doglianza, sono inammissibili e si sottraggono perciò al sindacato qui richiesto.
E’ invero convincimento saldamente invalso nella giurisprudenza di questa Corte che, siccome il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado a suo tempo previsto dall’art. 348ter , comma 3, cod. proc. civ. ha natura di ricorso ordinario, regolato dall’art. 366 cod. proc. civ. quanto ai requisiti di contenuto forma e siccome in ragione di ciò deve contenere, in relazione al n. 3 di detta norma, l’esposizione sommaria dei fatti di causa, da intendersi come fatti sostanziali e processuali relativi sia al giudizio di primo
grado che a quello di appello, nel ricorso la parte è tenuta ad esporre, oltre agli elementi che evidenzino la tempestività dell’appello e i motivi su cui esso era fondato, le domande e le eccezioni proposte innanzi al giudice di prime cure e non accolte, o rimaste assorbite, trovando applicazione, rispetto al giudizio per cassazione instaurato ai sensi dell’art. 348ter cod. proc. civ., le previsioni di cui agli artt. 329 e 346 cod. proc. civ., nella misura in cui esse avevano inciso sull’oggetto della devoluzione al giudice di appello (Cass., Sez. VI-III, 6/10/2020, n. 21369; Cass., Sez. VI-III, 12/02/2015, n. 2784; Cass., Sez. VI-III, 17/04/2014. n. 8942).
Orbene, poiché nella specie né dal ricorso né in via suppletiva dall’ordinanza pronunciata in grado di appello si evince alcunché al riguardo, dato che, segnatamente, nel primo manca una qualsiasi enunciazione concernente i motivi di gravame, è da credere che riguardo alle questioni sollevate con entrambi i motivi in disamina, in adesione a quanto previsto in particolare dall’art. 329 cod. proc. civ., si sia in presenza di una parziale acquiescenza, con l’ovvio conseguente corollario che le questioni di che trattasi non sono scrutinabili da questa Corte.
Il terzo motivo di ricorso, mercé il quale si censura l’impugnata decisione di primo grado per aver ritenuto che in relazione alla questione della remunerabilità delle prestazioni rese in favore di pazienti residenti al di fuori della Regione e in eccesso rispetto ai prefissati tetti di spesa fosse dirimente il giudicato favorevole al RAGIONE_SOCIALE formatosi in ordine all’analoga pretesa relativa al 10% delle prestazioni erogate nel medesimo periodo temporale a seguito della mancata opposizione del relativo decreto ingiuntivo, sicché, avuto riguardo al prevalente orientamento giurisprudenziale di segno contrario sviluppatosi riguardo alla portata del giudicato che si forma in tal caso, anche sotto questa angolazione la sentenza sarebbe inficiata da nullità per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, cod.
proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., è inammissibile ai sensi dell’art. 360bis, n. 1, cod. proc. civ.
7. E’ da tempo consolidata nella giurisprudenza di questa Corte -che ha così preso le distanze ed ha superato l’orientamento pregresso a cui si è richiamata la ricorrente -la convinzione che il principio secondo cui l’autorità del giudicato spiega i suoi effetti non solo sulla pronuncia esplicita della decisione, ma anche sulle ragioni che ne costituiscono, sia pure implicitamente, il presupposto logicogiuridico, trovi applicazione anche in riferimento al decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di una somma di denaro, il quale, ove non sia proposta opposizione, acquista efficacia di giudicato non solo in ordine al credito azionato, ma anche in relazione al titolo posto a fondamento dello stesso, precludendo in tal modo ogni ulteriore esame delle ragioni addotte a giustificazione della relativa domanda in altro giudizio (Cass., Sez. III, 28/11/2017, n. 28318).
8. Come si è anticipato nella specie, l’odierna pretesa, concernente la reclamata remunerazione del 90 per cento delle prestazioni mediche rese in favore di pazienti ‘extraregione’ nel periodo ottobre-dicembre 2014, ha fatto seguito ad analoga pretesa dispiegata anzitempo, sempre a mezzo di ricorso per ingiunzione, in relazione al 10 per cento delle medesime prestazioni, sicché, non essendo stato fatto il relativo decreto oggetto di opposizione, sul fatto che l’accreditato debba essere compensato anche per le prestazioni in parola anche in relazione al 90 per cento di esse, di cui oggi si discute, non vi è ragione di dubitare alla luce del giudicato formatosi in relazione al pregresso 10 per cento.
Onde perciò il richiamato principio di diritto, in relazione al quale, poiché il ricorso non offre ragioni per una sua revisione, insistendo unicamente nel richiamare i precedenti di segno contrario che la pronuncia dianzi citata ha inteso superare, il motivo si presta al
preclusivo rilievo sopra enunciato e non è dunque scrutinabile.
9. Il quarto motivo di ricorso, mercé il quale si censura l’impugnata decisione di primo grado per aver ritenuto applicabili al rapporto tra l’RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE la disciplina degli interessi moratori introdotta dal d.lgs. 231/2002, quantunque riguardo alle prestazioni farmaceutiche si fosse affermato il contrario, con la conseguenza che, dunque, anche sotto questa angolazione, la sentenza sarebbe inficiata da nullità per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., è infondato e va dunque disatteso.
10. Sciogliendo le riserve palesatesi nella giurisprudenza delle sezioni semplici sulla questione, le SS.UU. di questa Corte con la recente pronuncia n. 35092 del 14/12/2023 hanno infatti affermato il principio -a cui si è esattamente attenuto il Tribunale, sicché quanto da esso statuito sul punto é immune da censura -che «le prestazioni sanitarie erogate ai fruitori del Servizio sanitario nazionale dalle strutture private con esso accreditate, sulla base di un contratto scritto, accessivo alla concessione che ne regola il rapporto di accreditamento, concluso dalle stesse con la pubblica amministrazione dopo l’8 agosto 2002, rientrano nella nozione di transazione commerciale di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 2 avendo le caratteristiche di un contratto a favore di terzo, ad esecuzione continuata, per il quale alla erogazione della prestazione in favore del privato da parte della struttura accreditata corrisponde la previsione dell’erogazione di un corrispettivo da parte dell’amministrazione pubblica. Ne consegue che, in caso di ritardo nella erogazione del corrispettivo dovuto da parte della amministrazione obbligata, spettano alle strutture private accreditate gli interessi legali di mora ex D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 5».
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in delle spese del presente giudizio che liquida in favore della parte resistente in euro 16.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il