Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21521 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21521 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. R.G. 25835/2019, proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato a ll’ indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
RICORRENTE
contro
RAGIONE_SOCIALE DI INDIRIZZO DI COGNOME, in persona dell’amministratore p.t..
INTIMATO
avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 827/2019, pubblicata in data 11.6.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 3.4.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n.827/2019 la Corte d’appello di Salerno ha confermato la pronuncia del Tribunale di Nocera Inferiore, che, in accoglimento della domanda del RAGIONE_SOCIALE, aveva condannato l’ex amministratore NOME COGNOME a restituire l’importo di €. 11564,41 quale residuo di gestione relativo agli esercizi 2000-2005.
Oggetto: professioni
Il convenuto aveva eccepito già in primo grado di aver ottenuto un decreto ingiuntivo per la restituzione di somme anticipate nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE, passato in giudicato poiché non opposto, sostenendo che ogni ulteriore pretesa del RAGIONE_SOCIALE era preclusa poiché il suddetto giudicato copriva il dedotto e il deducibile.
La Corte distrettuale ha nuovamente respinto l’eccezione di giudicato negando qualsiasi connessione tra due giudizi sul rilievo che, con il procedimento monitorio il COGNOME aveva chiesto la restituzione delle somme anticipate e dei compensi per l’attività di amministratore e che invece, con il giudizio ordinario, il RAGIONE_SOCIALE mirava ad ottenere la restituzione dei documenti e dell’avanzo di spesa, trattandosi di due azioni autonome, l’una di accertamento di un diritto di credito, l’altra fondata sulla responsabilità professionale dell’amministratore revocato dall’incarico.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a tre censure, illustrate con memoria.
Il RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 1713, 1720 c.c. e 647, comma secondo, c.p.c., sostenendo che, essendo intervenuto il giudicato sul decreto ingiuntivo con cui il condominio era stato dichiarato debitore delle somme anticipate dall’ex amministratore nell’esercizio delle funzioni gestorie, comprovate dai rendiconti annuali regolarmente approvati, la domanda di pagamento dell’avanzo di cassa, formulata sulla base di successive contestazioni alle risultanze dei medesimi consuntivi, non era più ammissibile, poiché il giudicato copriva il dedotto ed il deducibile, essendo sia la pretesa dell’ex amministratore, che quella del RAGIONE_SOCIALE fondata sul medesimo rapporto sostanziale di mandato.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 2697, 2909 c.c. e 647, comma secondo c.p.c., per aver la Corte d’appello accolto la domanda di restituzione degli attivi di cassa sulla base dei documenti giustificativi prodotti in giudizio, violando il giudicato di cui al decreto ingiuntivo non opposto, ottenuto dal ricorrente per la restituzione delle somme anticipate nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE.
I due motivi sono fondati.
E’ indubbio che l’amministratore di condominio cessato dall’incarico possa richiedere il rimborso delle somme anticipate nell’interesse del condominio nel corso della sua gestione, che risultino dalla deliberazione di approvazione del rendiconto: detta pretesa trova fondamento nelle specifiche funzioni dell’amministratore previste dalla legge (artt. 1130, n. 3 e 1135, n. 3 c.c.) e, più in generale, nella disciplina del rapporto di mandato che intercorre tra questi e i condomini (art. 1720 c.c.: Cass. 8530/1996; Cass. 1286/1997; Cass. 7498/2006; Cass. 10204/2010).
Tale credito deve trovare riscontro nella documentazione contabile regolarmente approvata (Cass. 3892/2017; Cass. 14197/2011): l’amministratore non ha – salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 cod. civ. in tema di lavori urgenti – un generale potere di spesa, spettando all’assemblea condominiale il compito non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l’opportunità delle spese sostenute.
Inoltre, pur essendo il rapporto tra l’amministratore ed i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell’art. 1720 c.c. – secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario – deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, secondo i quali il credito dell’amministratore non può
considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo e una delibera dell’assemblea (Cass. 14197/2011; Cass. 5062/2020).
Nel caso in esame, la domanda del condominio era volta ad ottenere la restituzione dei documenti relativi alla gestione e -per quanto qui rileva – il pagamento di un avanzo di cassa per il periodo in cui NOME COGNOME aveva svolto le attività di amministratore (1/7/2000-31/5/2005).
In precedenza, il ricorrente aveva ottenuto un decreto ingiuntivo, passato in giudicato, con cui, sulla base dei rendiconti approvati dall’assemblea condominiale per il suddetto periodo di gestione, questi era stato riconosciuto creditore di somme anticipate nell’interesse della pluralità dei condomini.
Occorre anche considerare che il giudicato sul decreto ingiuntivo per mancata opposizione determina un accertamento, con efficacia di giudicato, sulla esistenza del credito azionato (e del rapporto da cui esso origina) ed anche sull’inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del diritto azionato in via monitoria che si siano verificati in epoca anteriore al provvedimento ingiuntivo (siano essi dedotti o meno con l’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ.), non potendosi diversamente accertare un punto decisivo o costituente indispensabile premessa logica della statuizione passata in giudicato e ne è preclusa la contraria deduzione, ad opera dell’ingiunto, con un’azione di accertamento negativo, di ripetizione dell’indebito o con il rimedio dell’opposizione all’esecuzione eventualmente minacciata o intrapresa (Cass. s.u. 9479/2023; in tema di definitività del decreto ingiuntivo a seguito di pronuncia in rito sull’opposizione: Cass. 4600/2024 Cass. 19/03/2014, n. 6337; Cass. 14/10/2021, n. 28044).
Nel caso in esame, sia la pretesa azionata in via monitoria dall’ex amministratore, oggetto del giudicato esterno, sia la domanda
introdotta nel presente giudizio traevano origine dal medesimo rapporto di mandato e si fondavano sui medesimi consuntivi che il RAGIONE_SOCIALE aveva inizialmente approvato e che, tuttavia, erano stati riesaminati dal c.t.u., pervenuto ad accertare l’avanzo di cassa già preteso in restituzione in via riconvenzionale con l’opposizione ex art. 645 c.p.c. non iscritta a ruolo.
Di conseguenza, il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo con cui il RAGIONE_SOCIALE era stato condannato a rimborsare somme che il COGNOME sosteneva di aver anticipato nell’esercizio delle funzioni di amministratore non consentiva di rimettere in discussione le risultanze di quei rendiconti, né di adottare una regolazione dei profili economici del rapporto di mandato incompatibile con quella del decreto non opposto, essendo l’accertamento di un debito a carico dell’ex amministratore inconciliabile ed in rapporto di reciproca esclusione con l’accertata sussistenza di un credito in capo a quest’ultimo sulla base dei medesimi presupposti e sui medesimi documenti dedotti nel presente giudizio, dovendo escludersi che la domanda di cui si discute si fondasse su un’ipotesi di responsabilità professionale, come invece sostenuto dalla Corte di appello.
Per altro verso, sebbene le domande proposte in via riconvenzionale dall’opponente nel giudizio ex art. 645 c.p.c. non siano necessariamente precluse dal passaggio in giudicato del decreto monitorio, tale preclusione opera allorquando, come nella specie, sussista tra di esse un rapporto di incompatibilità (cfr., in motivazione, Cass. 4131/2024).
3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 1131 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c. per aver la Corte di Appello rigettato l’eccezione di carenza di legittimazione processuale attiva
dell’amministratore pro tempore a promuovere l’azione di risarcimento danni nonostante non sia stata documentata l’autorizzazione dell’assemblea. Assume il ricorrente che l’amministratore era stato autorizzato ad agire per il recupero delle somme indebitamente trattenute, ma non per il risarcimento del danno.
Il motivo deve esser respinto, avendo la Corte d’appello dato atto della produzione delle delibere autorizzative con cui era stata autorizzata l’azione per il recupero delle somme, non rilevando poi che detta domanda sia stata proposta a titolo risarcitorio, essendo diretta al medesimo risultato ed avendo il medesimo contenuto di quella per il quale l’amministrazione era munito di autorizzazione.
Segue, pertanto, l’ accoglimento dei primi due motivi, con rigetto del terzo.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la domanda del RAGIONE_SOCIALE volta ad ottenere la restituzione degli avanzi di cassa per la gestione 2001-2005 è respinta, con aggravio delle spese processuali liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
accoglie i primi due motivi di ricorso, respinge il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE volta ad ottenere la restituzione degli avanzi di cassa della gestione condominiale; condanna il suddetto RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in €. 100,00 per esborsi ed €. 1500,00 per compensi di primo grado, oltre alle spese di c.t.u., nonché in €. 120,00 per esborsi ed € 4100,00 per compensi di appello e, infine, in € 200,00 per esborsi ed € 2500,000 per compensi del presente
giudizio di legittimità, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese processuali, in misura del 15%.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda