Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11314 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11314 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
Oggetto
Impugnazioni civili – Revocazione (giudizio di) – Motivi di revocazione -Contrarietà ad un precedente giudicato -Requisiti – Fattispecie
NOME COGNOME
Presidente –
Oggetto
NOME COGNOME
Consigliere Rel. –
R.G.N. 16732/2022
NOME COGNOME
Consigliere –
NOME COGNOME
Consigliere –
COGNOME
NOME COGNOME
Consigliere –
CC – 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16732/2022 R.G. proposto da Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata digitalmente ex lege ; -ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME domiciliato digitalmente ex lege ;
-controricorrenti –
e contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
domiciliato digitalmente ex lege ;
-controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa, dall’ Avv. NOME COGNOME e dall’ Avv. NOME COGNOME domiciliati digitalmente presso l’indirizzo p.e.c. della seconda;
-controricorrente –
e contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e dall’Avv . NOME COGNOME domiciliati digitalmente ex lege ;
-controricorrente –
e contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e dall’Avv . NOME COGNOME domiciliati digitalmente ex lege ;
-controricorrente –
e nei confronti di
Basso NOME, COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME Francesco e COGNOME NOME;
-intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 129/2022,
depositata il 12 gennaio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 1° aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
con sentenza n. 6788 del 2019 la Corte d’Appello condann ò la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore dei medici indicati in epigrafe, delle somme per ciascuno ivi specificate a titolo di risarcimento del danno derivante dalla tardiva e incompleta trasposizione nell’ordinamento interno delle direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, relative al compenso in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari;
l’Amministrazione impugnò per revocazione tale sentenza, ex art. 395 n. 5 cod. proc. civ., in quanto contraria a due precedenti sentenze aventi tra le parti autorità di cosa giudicata, e segnatamente: a) per i dottori COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME, COGNOME COGNOME e COGNOME, alla sentenza n. 17039 del 2005 del Tribunale di Roma; b) per la dott.ssa COGNOME, alla sentenza n. 2356 del 2006 del Tribunale di Bologna;
con sentenza n. 129/2022, resa pubblica il 12 gennaio 2022, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato rinunciata l’azione in quanto proposta nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME rigettandola in quanto proposta nei confronti degli altri medici;
ha infatti ritenuto « non provato il passaggio in giudicato delle indicate sentenze », sul rilievo che ─ a differenza della sentenza della Corte d’appello oggetto della chiesta revocazione ─ « né la sentenza n. 17039/05 del Tribunale di Roma, né la sentenza n. 2356/2006 del Tribunale di Bologna identificano gli attori con l’indicazione delle rispettive generalità e dei codici fiscali, né tantomeno contengono l’indicazione della specializzazione e degli anni frequentati da ciascuno di essi » e che, pertanto, « in mancanza di altri elementi offerti dalla parte attrice in revocazione idonei a dimostrare l’identità
dei soggetti e delle specializzazioni oggetto della domanda risarcitoria nella sentenza impugnata e nelle precedenti sentenze indicate, deve ritenersi non provato il precedente passaggio in giudicato delle indicate sentenze per la stessa domanda risarcitoria sulla quale ha statuito la Corte d’appello di Roma con l’impugnata sentenza n. 6788/2019 »;
la Corte territoriale ha inoltre rilevato che, con note del 31/05/2021, l’Avvocatura generale dello Stato aveva dichiarato di rinunciare all’azione nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME domandando la compensazione delle spese di lite, spese nondimeno poste in sentenza integralmente a carico della « parte attrice in revocazione, avuto riguardo alla soccombenza virtuale della medesima »;
per la cassazione di tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri propone ricorso per cassazione con unico mezzo, cui resistono -depositando distinti controricorsi ─ NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché, con unico controricorso, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
gli altri intimati non svolgono difese nella presente sede;
è stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata da rituale comunicazione alle parti;
non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero; NOME COGNOME ha depositato memoria e altrettanto hanno fatto, con unico atto, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
considerato che:
con l’unico motivo di ricorso ─ rubricato « violazione degli artt. 24 Cost., 2909 c.c., 324 c.p.c., 124 disp. att. c.p.c., 2697 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3) c.p.c. » ─ la P.C.M. lamenta che erroneamente la Corte di merito abbia errato nel non ritenere sufficienti, ai fini della dimostrazione del giudicato formatosi sulle
precedenti decisioni, le certificazioni rilasciate dalla Corte d’appello di Roma e, ai sensi dell’art. 124 disp. att. c.p.c., dal Tribunale di Bologna;
osserva che:
─ a tal fine nessun onere probatorio su di essa poteva ritenersi gravare oltre quello, assolto con tali certificazioni, di dimostrare l’identità dei giudizi e delle parti, intese come nome e cognome delle stesse, così come emergono dal raffronto delle motivazioni delle sentenze in contestazione, nonché il passaggio in giudicato delle precedenti sentenze, non essendo in particolare richiesto di identificare la parte con le generalità ed il codice fiscale, né l’indicazione della specializzazione e degli anni frequentati da ciascuno dei medici che erano parti dei precedenti giudizi;
─ per il principio di vicinanza della prova era semmai onere della parte, nei cui confronti è stato eccepito il giudicato, dimostrare l’inesistenza dello stesso, evidenziando, ad esempio, che si tratti di un caso di omonimia o che si è agito in giudizio per specializzazioni differenti;
─ d iversamente opinando, chi eccepisce il giudicato verrebbe gravato di una probatio diabolica , perché sarebbe costretto a compiere accertamenti non richiesti dalla legge e dalla giurisprudenza della Cassazione ed, in alcuni casi, addirittura impossibili da compiere;
─ tale è il caso che riguarda gli odierni litisconsorti, atteso che nell’atto introduttivo queste informazioni non sono reperibili;
il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto proposto nei confronti dei dottori COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME
ed invero:
─ nei confronti dell’intimato NOME COGNOME costituito in appello per ministero dell’Avv. NOME COGNOME non risulta documentata alcuna notifica del ricorso;
─ non vi è inoltre prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica a mezzo posta nei confronti degli intimati COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME rimasti contumaci nel giudizio di appello, essendo risultati i primi due sconosciuti all’indirizzo o irreperibili, della terza non essendo stato documento l’esito, del quarto non essendo stata prodotta la comunicazione (c.d. CAD) del compimento delle formalità descritte dall’art. 8, secondo comma, l. n. 890 del 1982 e del deposito del piego presso l’ufficio postale ( v. Corte Cost. sent. n. 346 del 1998; Cass. Sez. U. sent. n. 10012 del 2021);
il ricorso è altresì inammissibile in quanto proposto nei confronti dei dottori NOME COGNOME e NOME COGNOME in mancanza di specifica censura che investa la statuizione riguardo ad essi adottata nella sentenza impugnata, che è di mera presa d’atto della rinuncia, espressa dalla stessa amministrazione nel corso del giudizio a quo , alla revocazione nei loro confronti proposta;
del resto, dalla stessa certificazione richiamata dalla odierna ricorrente risulta che la sentenza del Tribunale di Roma richiamata quale fonte del giudicato contrastante (sentenza n. 17039 del 2005) era stata dai predetti impugnata e, dunque, per loro, tale non poteva considerarsi;
a non diverso esito, ma per altre ragioni, deve pervenirsi anche in relazione alla posizione degli altri medici;
giova preliminarmente rilevare che l’insussistenza del dedotto vizio revocatorio è affermata in sentenza per la mancanza di prova non già del giudicato formale quanto di un giudicato sostanziale effettivamente contrastante con il dictum della sentenza impugnata;
tale sembra dover essere la più corretta interpretazione della motivazione, non potendo ad una diversa conclusione condurre l’equivoco inciso d’apertura circa la mancata prova del « passaggio in giudicato delle indicate sentenza », in quanto subito dopo univocamente argomentato, nei sensi sopra indicati, esclusivamente
con riferimento alla supposta mancata concordanza del contenuto soggettivo e oggettivo delle due sentenze con quello del provvedimento impugnato per revocazione;
ciò precisato, occorre rammentare che, secondo principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, ai fini dell’applicazione dell’art. 395, n. 5, cod. proc. civ., perché una sentenza possa considerarsi contraria ad un precedente giudicato, occorre che tra i due giudizi esista identità di soggetti ed oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli elementi sui quali deve essere espresso il secondo giudizio rispetto agli elementi distintivi della decisione emessa per prima; la contrarietà con la sentenza avente autorità di cosa giudicata è poi ipotizzabile solo in relazione all’oggetto degli accertamenti in essa racchiusi; l’apprezzamento del giudice della revocazione al riguardo è incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici (Cass. n. 13870 del 11/12/1999; n. 7697 del 23/06/1992; n. 33 del 11/01/1963);
nella specie, la motivazione della sentenza impugnata si sottrae a censure su tale piano ed è piuttosto il ricorso a rivelarsi carente sul piano del rispetto degli oneri di specificità;
delle pronunce indicate come fonti dei giudicati contrastanti non si forniscono infatti indicazioni sufficienti quanto al contenuto, limitandosi la ricorrente a riportare (alle pagine 14 -19 del ricorso) un limitato stralcio dell’atto di citazione introduttivo (pagg. 1, 64, 65, 91, 92, 93) del giudizio n. 25003/2002 R.G. esitato con la sentenza n. 17039/05 del Tribunale di Roma, dal quale, risultando omessa pressoché tutta la parte espositiva, non è dato affatto evincere se e quali specializzazioni fossero state indicate a fondamento della pretesa risarcitoria;
il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile; avuto riguardo alla peculiarità della vicenda si ravvisano
i
presupposti per l’integrale compensazione delle spese;
non può trovare applicazione l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, essendo la ricorrente Amministrazione dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, è esentata dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (v. Cass. 29/12/2016, n. 27301; Cass. 29/01/2016, n. 1778; v. anche Cass., Sez. U, 08/05/2014, n. 9938; Cass. 14/03/2014, n. 5955);
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; compensa integralmente tra le parti le spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza