Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26235 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 26235 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20850-2020 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO VIBRATA 15;
– intimato – avverso la sentenza n. 795/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 05/12/2019 R.G.N. 45/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 795/2019 la Corte di appello di L’Aquila ha rigettato il gravame proposto da NOME COGNOME, nei confronti del INDIRIZZO Sant’Egidio alla Vibrata (Teramo),
Oggetto
Qualificazione rapporto privato
R.G.N. 20850/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/09/2024
CC
avverso la pronuncia del Tribunale di Teramo che, rigettando le originarie domande della lavoratrice, aveva escluso la natura subordinata del lavoro di pulizia da lei svolto in favore del citato Condominio.
I giudici di seconde cure hanno rilevato che, in un precedente giudizio intercorso tra le parti avente ad oggetto il licenziamento asseritamente patito dalla COGNOME, era stata affermata in primo grado l’insussistenza di un rapporto di lavoro e l’im pugnazione era stata dichiarata inammissibile. I suddetti giudici hanno, quindi, ritenuto che sulla questione della natura del rapporto di lavoro si era formato un giudicato tra le stesse parti che precludeva la riproposizione della medesima questione.
Avverso la sentenza di appello NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. L’intimato non ha svolto attività difensiva.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico articolato motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cc, sostenendo che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto essersi formato un giudicato, sulla natura del rapporto intercorso tra le parti, in quanto la pronuncia di secondo grado, che, nel giudizio di impugnazione del licenziamento ove era stata esclusa la subordinazione, aveva dichiarato inammissibile il gravame per tardività dello stesso, era una pronuncia di ordine processuale per cui esplicava effetti preclusivi limitatamente al processo in cui era stata emessa. Ne consegue, secondo la ricorrente, che la Corte distrettuale avrebbe dovuto escludere l’applicabilità del principio sancito dall’art. 2909 cc poiché, nel giudizio parallelo richiamato, non vi era stata una pronuncia nel merito ma una diversa statuizione di mero ordine processuale che non aveva minimamente affrontato la causa petendi e la sua eventuale infondatezza.
Il motivo non è meritevole di accoglimento.
In primo luogo, va rilevato un profilo di inammissibilità della censura perché nella sua articolazione non è stato riportato il testo delle pronunce in relazione alle quali è stato dedotto l’asserita violazione dell’art. 2909 cc.
Invero, in tema di ricorso per cassazione, pur costituendo il giudicato la regola del caso concreto e conseguentemente una questione di diritto da accertare direttamente, la sua interpretazione, da parte del giudice di legittimità, è possibile solo se la sentenza da esaminare venga messa a disposizione mediante trascrizione nel corpo del ricorso, derivandone in mancanza l’inammissibilità del motivo, con cui si denuncia la violazione dell’art. 2909 cod. civ., restando precluse ogni tipo di attività nomofilattica (Cass. n. 16227/2014).
In secondo luogo, sotto l’aspetto della infondatezza della doglianza, deve osservarsi che è un principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità che l’inammissibilità dell’appello, per il deposito del relativo atto oltre i termini di legge, implica il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado (Cass. n. 2230/1996; Cass. n. 2260/1990).
Nella fattispecie in esame, pertanto, il giudicato che si è formato sulla natura del rapporto di lavoro intercorso tra le parti non è quello, come sostiene parte ricorrente, della pronuncia processuale di secondo grado sulla dichiarata inammissibilità del gravame per tardività dello stesso (fatto incontestato), ma quello che si è formato in relazione alle statuizioni di merito della sentenza di primo grado che non risultano essere state rite et recte impugnate.
Correttamente, pertanto, la Corte territoriale, con la decisione oggi impugnata, ha rilevato la avvenuta definitività di un punto deciso, nel medesimo rapporto tra le parti, da altra pronuncia, comune ad entrambe le cause, che rendeva precluso il riesame della stessa questione già accertata e risolta, sebbene ad altri fini (Cass. Sez. Un. n. 13916/2006; Cass. n. 27013/2022).
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio non avendo la intimata svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 settembre 2024