Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30407 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 30407 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
Oggetto:
Impiego pubblico
–
decorrenza
giuridica
ed
economica progressione
AVV_NOTAIO
NOME COGNOME
Presidente
–
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO rel. –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
AVV_NOTAIO –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1653/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende, con diritto di ricevere le comunicazioni presso l’indirizzo pec dei Registri di Giustizia;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DIREZIONE INTERREGIONALE PER LA CAMPANIA E LA CALABRIA;
– intimate –
avverso la sentenza n. 139/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 25/06/2018 R.G.N. 10088/2011; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME aveva partecipato nel 1992 ad un concorso per titoli riservato al personale del RAGIONE_SOCIALE per l’attribuzione di numerosi posti (n. 746, poi elevato a n. 1343) di funzionario tributario (ottava qualifica funzionale) risultando nella graduatoria tra gli ammessi non vincitori.
Erano stati ammessi a partecipare a tale concorso anche alcuni dipendenti che non erano in possesso del requisito consistente nell’aver prestato servizio per almeno cinque anni nella settima qualifica.
Il Tar del Lazio, adito da alcuni lavoratori, con la sentenza n. 3679/2000 annullò la graduatoria cui fece seguito, stante l’inerzia dell’Amministrazione, la nomina un giudizio di ottemperanza e la nomina di un commissario ad acta il quale tuttavia inserì nella graduatoria soli i ricorrenti del giudizio di ottemperanza.
Con successiva sentenza n. 9687/2003 il TAR Lazio ordinò una nuova riformulazione della graduatoria e con determina n. 2810/2004 il commissario ad acta ottemperò a tale pronuncia.
Il COGNOME fu pertanto immesso nel ruolo con l’VIII qualifica funzionale con decorrenza giuridica e ricostruzione della carriera dal 1990, senza ricostruzione economica.
Con ricorso proposto nel 2010 dinanzi al Tribunale di Napoli il COGNOME chiedeva il riconoscimento della decorrenza economica dal sin dal 1996 con condanna dell’Amministrazione al pagamento RAGIONE_SOCIALE differenze retributive dal 1996 al 2004 ed al risarcimento da perdita di chance deducendo in ogni caso che dal 1996 al 2004 egli aveva disimpegnato mansioni superiori rientranti nell’VIII qualifica.
Il Tribunale dichiarava il proprio difetto di giurisdizione.
La Corte d’appello, ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario, respingeva, nel merito l’appello del COGNOME.
Riteneva che l’appellante non potesse, ai fini della ricostruzione della carriera anche agli effetti economici, valersi di un giudicato del giudice amministrativo cui non aveva partecipato.
In conseguenza egli non poteva invocare, a fini risarcitori, il ritardo con il quale l’Amministrazione aveva riformulato la graduatoria, ritardo che non era in ogni caso ad essa imputabile visto che vi era stato il vaglio giudiziale sulla legittimità dei provvedimenti assunti .
Riteneva comunque non provata la dedotta perdita di chance ed in particolare evidenziava che le allegazioni e acquisizioni processuali portassero ad escludere anche una lontana possibilità di positivo superamento di qualsivoglia selezione.
Riteneva del pari non provato lo svolgimento in fatto di mansioni riconducibili alla VIII qualifica.
Il dipendente ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ. e estensibilità del giudicato in favore dell’odierno ricorrente.
Lamenta che la Corte territoriale non abbia esteso nei suoi confronti gli effetti del giudicato RAGIONE_SOCIALE pronunce amministrativa.
Il motivo è inammissibile.
Né in rubrica né nel corpo del motivo sono indicate le norme che si assumono violate.
Inoltre, il preteso giudicato amministrativo non è neppure riprodotto in violazione del principio di specificità.
Come chiarito da questa Corte, a Sezioni Unite, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc.
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civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2020, n. 23745); ulteriormente, qualora venga allegata l’erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo RAGIONE_SOCIALE risultanze della causa di merito, tale deduzione è da ritenersi esterna alla esatta interpretazione RAGIONE_SOCIALE norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è ammissibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione ma non sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge (Cass. 5 giugno 2007, n. 13066; Cass. 12 luglio 2007, n. 15604; Cass. 24 febbraio 2020, n. 4905); nel caso in esame, il ricorso ha omesso di individuare anche una sola affermazione della decisione di merito su cui puntualmente basare una deduzione di violazione o falsa applicazione di legge, il che si traduce in una critica libera del provvedimento impugnato, in violazione della tassatività RAGIONE_SOCIALE ipotesi di ricorso per cassazione e della sua caratteristica di giudizio a critica vincolata, non consentendo di individuare, quali siano le questioni che si intendono sottoporre all’esame della Corte.
Senza dire che, nello specifico, anche a voler ricavare -con uno sforzo interpretativo cui questa Corte non è invero tenuta -, una dedotta violazione dell’art. 2909 cod. civ., la doglianza risulta inammissibile ex art. 360 bis , comma 1, cod. proc. civ.
È infatti consolidato il principio secondo cui i n tema di giudicato amministrativo, la regola generale dell’efficacia ‘ inter partes ‘ subisce
RAGIONE_SOCIALE eccezioni nei casi in cui la sua estensione si giustifica o per la particolare natura dell’atto – ad es. un regolamento o un atto plurimo inscindibile – o per la presenza di un legame inscindibile fra i destinatari che, valutato unitamente al vizio che inficia la validità del provvedimento, rende inconcepibile, sul piano logico e giuridico, che l’atto stesso possa continuare a produrre effetti nella sfera giuridica dei soggetti non impugnanti; tale estensione riguarda, tuttavia, solo l’effetto caducatorio dell’annullamento e non anche gli obblighi ordinatori e conformativi, rispetto ai quali torna ad espandersi la regola generale fissata dall’art 2909 cod. civ., poiché, mentre l’eliminazione del provvedimento impugnato non può che fare stato ‘ erga omnes ‘, quanto ai predetti obblighi, la mancata evocazione in giudizio di una parte impedisce la costituzione nei suoi confronti di quella ‘ res iudicata ‘ idonea a vincolare i successivi organi giudicanti (cfr. ex plurimis C.d.S., sez. VI, 1° dicembre 2017, n. 5634; C.d.S., sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 362; C.d.S., sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6964; C.d.S., sez. IV, 5 settembre 2003, n. 4977; C.d.S., sez. V, 6 marzo 2000, n. 1142; C.d.S., sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; C.d.S., sez. V, 9 aprile 1994, n. 276; C.d.S., sez. IV, 18 luglio 1990, n. 561; si vedano anche C.d.S. Ad. Pl. 27 febbraio 2019, n. 4 nonché Cass. 13 marzo 1998, n. 2734; Cass. 13 febbraio 2003, n. 2144; Cass. 6 agosto 2019, n. 21000).
Con il secondo motivo, subordinato rispetto al primo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 63/2001, della legge n. 266 del 2005, dell’art. 2095 cod. civ.
Lamenta che la Corte d’appello non abbia compiuto una analisi corretta del comportamento dell’amministrazione.
4. Il motivo è confuso e non conferente con il decisum .
La Corte territoriale ha ritenuto che il COGNOME non potesse valersi, a fini risarcitori, dell’eventuale ritardo dell’Amministrazione, ritardo che non era ad essa imputabile nella misura in cui vi era stato il vaglio
giudiziale sulla legittimità dei provvedimenti assunti e per il tempo del processo.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver qualificato come aquiliana la responsabilità dell’Amministrazione che aveva fatto decorrere illegittimamente gli effetti economici dell’attribuzione della superiore qualifica solo dal 6 febbraio 2004 anziché dal 2 settembre 1996.
Evidenzia di non aver chiesto nel ricorso introduttivo un trattamento retributivo ma uno meramente risarcitorio ex art. 1218 cod. civ. e quindi assume che, versandosi in tema di responsabilità contrattuale, l’imputabilità dell’inadempimento doveva presumersi fino a prova contraria.
Il motivo presenta gli stessi profili di inammissibilità evidenziati al punto sub 2. che precede.
Peraltro, il ragionamento della Corte deriva dalla affermata esclusione di ogni effetto diretto del giudicato amministrativo (sul punto vedasi quanto già sopra evidenziato). Non c’era un obbligo conformativo che consentisse di ragionare in termini di responsabilità contrattuale.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
Tale esito esime, per il principio della durata ragionevole del giudizio, dal disporre la rinnovazione presso l’Avvocatura generale della notifica del ricorso alle Amministrazioni statali intimate, che parte ricorrente ha erroneamente eseguito presso l’Avvocatura distrettuale (su tale principio v., ex aliis , Cass. n. 394/2021; Cass. n. 26997/2020; Cass. n. 6924/2020).
Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, perché le Amministrazioni intimate non hanno svolto attività difensiva.
10. Va dato atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione