Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 34782 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 34782 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11390/2023 r.g. proposto da:
COMUNE DI ILLORAI (SS), in persona del Sindaco pro tempore NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Nuoro, alla INDIRIZZO in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore ing. NOME COGNOME
rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocato Prof. NOME COGNOME presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza del TRIBUNALE SUPERIORE RAGIONE_SOCIALE PUBBLICHE n. 40/2023, pubblicata in data 2 marzo 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 10/12/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME
COGNOME la quale ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ritualmente notificato in data 11/14 maggio 2019, il Comune di Illorai (SS) convenne la RAGIONE_SOCIALE innanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Cagliari al fine di ottenerne la condanna al rilascio degli impianti per la gestione del servizio idrico del comune stesso, di cui si affermava proprietario, atteso che la menzionata società ne manteneva illegittimamente il possesso e ne aveva rifiutato la consegna.
1.1. Nel costituirsi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE eccepì trattarsi di mera controversia possessoria, di competenza del Tribunale di Sassari, e, nel merito, chiese il rigetto della pretesa.
1.2. L’adito Tribunale Regionale, c on sentenza del 15 aprile 2021, n. 2001, accolse la domanda del Comune ed ordinò alla controparte il rilascio dei beni suddetti.
1.3. Quel giudice, ritenuta la propria competenza sul presupposto che non si era al cospetto di una controversia sul possesso, osservò che, giusta l’art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, vigente all’epoca dei fatti, l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato era facoltativa per i comuni con popolazione fino a mille abitanti, col consenso dell’Autorità d’ambito competente e purché gestissero l’intero servizio: nella specie, dalla documentazione in atti – la cessione del possesso dei beni alla RAGIONE_SOCIALE,
nel 2006, da parte del consiglio comunale e la successiva deliberazione di revoca del 7 luglio 2007 non impugnata; la delibera dell’AATO (Autorità di Ambito Territoriale Ottimale) della Sardegna del 20 aprile 2010, di autorizzazione del predetto Comune, di soli 997 abitanti, ad iniziare le procedure per la gestione autonoma del servizio e la delibera del 7 maggio 2010 della medesima autorità, che aveva rilevato la presenza dei presupposti e nuovamente autorizzato il Comune ad attivare le relative procedure, come ancora ribadito, in seguito, il 17 maggio 2010 ed il 15 marzo 2012; la deliberazione del consiglio comunale del 30 giugno 2015, con la quale si era deciso di attivare tutte le procedure dando incarico all’ufficio tecnico comunale ed all’ufficio tributi -era risultato che vi fossero le condizioni poste dall’art. 148 citato per la gestione diretta del servizio da parte del Comune, con conseguente insussistenza di un titolo per la occupazione dei beni da parte della società.
Il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE contro tale decisione fu accolto dall’adito Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche con sentenza del 2 marzo 2023, n. 40, pronunciata nel contraddittorio con il Comune di Illorai del quale, dunque, rigettò le domande.
2.1. In sintesi, quel Tribunale, ribadito che la prospettazione della pretesa azionata dal Comune suddetto non si limitava a profili possessori, avendo lo stesso agito, invero, direttamente in via petitoria, allegando la titolarità degli impianti, oltre al diritto di utilizzarli e gestirli al fine dell’espletamento del servizio idrico integrato, e dopo una dettagliata ricostruzione della normativa di riferimento e della sua ratio ispiratrice, ritenne che: i ) « la fattispecie prevista dall’art. 147, comma 2 -bis, del d.lgs. n. 152 del 2006 consente , , solo in casi eccezionali a singoli comuni la gestione in forma autonoma del S.i.i.; si tratta di norma derogatoria ed eccezionale, che deve essere interpretata in modo rigoroso e restrittivo, atteso che una più ampia interpretazione comporterebbe l’effetto di vanificare il principio dell’unicità di gestione per ambiti territoriali ottimali, riducendone fortemente la portata applicativa (Cons. Stato, sez. V, 26 agosto 2020, n. 5237) »; ii ) « le uniche
eccezioni all’inderogabilità dell’appartenenza dei comuni all’ente di governo dell’AAto, che possono inverarsi pure nel recesso da una precedente convenzione di cooperazione, sono pertanto di stretta interpretazione e sono ammesse sol perché rispondono a esigenze, di pari dignità costituzionale, su un uso ancor più efficace del ciclo delle acque (così T. sup. acque 16 febbraio 2017, n. 27; T. sup. acque n. 4/2017) »; iii ) « i comuni montani con popolazione inferiore ai mille abitanti, a norma dell’art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006, come sostituito dall’art. 2, comma 14, del d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, potevano non aderire alla gestione unica del servizio idrico integrato, alla duplice condizione di gestire ‘ l’intero servizio idrico integrato ‘ e ‘ previo consenso della Autorità d’ambito competente ‘ »; iv ) « con la novella del 2014, che ha modificato l’art. 147, comma 2, secondo periodo, lett. a), del d.lgs. n. 152 del 2006, ‘ sono fatte salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148 ‘ . Come si vede, la novella ha inteso far salve si le precedenti gestioni in economia, per i soli comuni montani di popolazione inferiore a mille abitanti, ma a condizione dell’esistenza e dell’istituzione di esse, alla data d’entrata in vigore del nuovo art. 147, secondo i canoni del successivo art. 148, comma 5. Quest’ultimo, per vero, è stato abrogato con effetto dal 31 dicembre 2012, a seguito dell’abolizione degli AAto ed in forza dell’art. 13, comma 2, del d.l. n. 216 del 2011, conv. dalla legge n. 14 del 2011 »; v ) « In sostanza, secondo le regole applicabili nel caso di specie, mentre l’adesione all’Autorità d’ambito era obbligatoria, si previde, invece, come facoltativa -per tale tipologia di comuni ed a quelle condizioni -la partecipazione alla gestione unica del s.i.i., da assentire entro il 31 dicembre 2012, e potendo poi proseguire in forza di tale previa gestione. Ne deriva che, fino a tale data, era possibile la istituzione di gestioni autonome per i casi considerati. Dunque, oggi la legislazione ammette che permanga, pur in un contesto che vuole la concentrazione dell’attività, una gestione propria dei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, ove già istituite, ai sensi del comma 5
dell’art. 148 d.lgs. n. 152 del 2006 »; vi ) nella vicenda in esame, non sussisteva il requisito della gestione ‘ già istituita ‘ , né la documentazione prodotta dal Comune di Illorai a sostegno della tesi dell’avvenuta verificazione di tale condizione, era idonea a provare l’assunto. « Invero, il comune ha dedotto, a comprova di tale previa gestione: a) la delibera del Commissario dell’AAto della Sardegna in data 20 aprile 2010: tuttavia, tale deliberazione ha per oggetto ‘Lavori di manutenzione straordinaria della rete fognaria dei comuni di Taiana e Urzulei -ID -2005-1112 -Approvazione progetto preliminare’ e prevede unicamente l’approvazione del progetto per la manutenzione della rete fognaria ; b) l’autorizzazione del Comune di Illorai ad iniziare le procedure per la gestione autonoma del servizio e la delibera del 7 maggio 2010 della medesima autorità, che aveva rilevato la presenza dei presupposti e nuovamente autorizzato il comune ad attivare le relative procedure, come ancora in seguito ribadito il 17 maggio 2010 ed il l 15 marzo 2012; c) la deliberazione del consiglio comunale del Comune di Illorai del 30 giugno 2015: con essa, avente ad oggetto ‘Cessazione della partecipazione alla Gestione Unica del Servizio Idrico Integrato -Gestione autonoma del Servizio Idrico Integrato’, il Comune ha premesso che ‘intende attivarsi al più presto per attivare la gestione diretta degli impianti idrici, fognan ti e dell’impianto di depurazione comunale’, e, quindi, ha deliberato ‘di attivare immediatamente tutte le procedure necessarie’ ai detti fini: era, dunque, un proclama di principio, inidoneo a provare la precedente gestione del servizio da parte del Comune stesso. È, dall’altro lato, in atti la convenzione di affidamento del 30 dicembre 2004, che ha provveduto a regolare i rapporti tra l’Autorità d’Ambito territoriale ottimale della Sardegna – costituita in consorzio obbligatorio tra i comuni e le province – e la allora RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE) per ‘la gestione del servizio idrico integrato, costituito dai servizi pubblici di captazione, adduzione, distribuzione e potabilizzazione di acqua ad uso civile, di fognatura e potabilizzazione delle acque reflue (in prosieguo s.i.i.) …, per il tempo di 24 anni. La convenzione è stata rinnovata ed integrata in data 22 febbraio 2012,
con durata sino al 3l dicembre 2028 (art. 2). Infine, non giova rilevare, da parte del Comune appellato, che l’iniziale trasferimento del possesso delle strutture de quibus sia stato poi dal medesimo ente caducato, con successiva deliberazione consiliare (allegando la cessione del possesso dei beni alla società RAGIONE_SOCIALE nel 2006 da parte del consiglio comunale e la successiva deliberazione di revoca del 7 luglio 2007). Non quella originaria delibera, invero, costituisce l’attuale titolo per la conservazione del potere di fatto sui beni da parte dell’appellante, ma il sistema normativo predetto sulla necessaria gestione unitaria: che, in mancanza di qualsiasi idonea prova, in punto di fatto, circa la compiuta e tempestiva deroga alla regola generale, per quanto riguarda il Comune appellato, deve anche al medesimo trovare applicazione (salvo un diverso futuro deliberato degli enti competenti, ove ne ricorrano i presupposti di legge) »; vii ) in definitiva, quindi, al 31 dicembre 2012, termine ultimo previsto dalla normativa, non sussisteva in capo al Comune, alcuna effettiva gestione del servizio idrico integrato, sicché la decisione di primo grado doveva essere riformata.
Per la cassazione di questa sentenza, il Comune di Illorai ha proposto ricorso affidato a tre motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
3.1. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, corredato pure da analoga memoria.
3.2. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato conclusioni scritte chiedendo rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso denunciano, rispettivamente:
« Nullità della Sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 115 e 132, n. 4), c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c. e comunque per difetto assoluto di motivazione e/o motivazione inesistente o solo apparente in relazione ad un fatto decisivo per la controversia ». Si deduce la nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione e/o motivazione inesistente o solo apparente in relazione ad un fatto decisivo
per la controversia, avendo il Tribunale Superiore: i ) travisato le informazioni probatorie oggettive risultanti dalla deliberazione AAto n. 27 del 20 aprile 2010 con altro ultroneo documento; ii ) travisato la deliberazione AAto n. 27 del 20 aprile 2010, la determinazione AAto n. 56 del 7 maggio 2010 nonché le successive note AAto nelle quali si attestavano come verificate le condizioni attuative per la cessazione della partecipazione alla gestione unica del servizio idrico integrato. Si ascrive, inoltre, al medesimo Tribunale di non aver valutato come pacifiche e riconosciute circostanze non contestate, quali la previa gestione del servizio idrico integrato da parte del Comune di Illorai, di avere omesso ogni valutazione sul contenuto di plurime prove documentali e di essere incorso in errore sulla ricognizione del contenuto oggettivo della copiosa documentazione al suo vaglio;
II) « Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ». Si censura la sentenza impugnata per avere il Tribunale Superiore omesso di motivare la propria decisione in relazione alla decisiva circostanza, emersa in atti ed oggetto di contradditorio, della previa gestione da parte del Comune di Illorai e del previo consenso espresso dall’AAto alla cessazione della partecipazione unica del servizio idrico integrato ed alla gestione autonoma dello stesso, così come dimostrata dalla Deliberazione n. 27 del 20 aprile 2010 dell’A.T.O. della Sardegna, dalla Determinazione dirigenziale n. 56 del 7 maggio 2010, dalla nota A.T.O. Prot. n. 1222 del 17 maggio 2010, che richiamava esplicitamente la nota del Comune Prot. n. 1824 del 30.04.2010, nonché la nota con prot. n. 1001 del 15.03.2012 AAto che ribadiva ancora l’intervenuta autorizzazione e la possibilità di una gestione diretta ed in autonomia del servizio idrico predetto. Si precisa che la circostanza è da considerarsi decisiva poiché la domanda di rilascio proposta dal Comune di Illorai è stata rigettata dal Tribunale Superiore in quanto non era stata dimostrata la previa gestione;
III) « Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, e segnatamente: dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale del codice c ivile, dell’art. 115 c.p.c., nonché dell’art. 148, comma 5, del d.lgs. n.
152/2006 , ratione temporis vigente, dell’art. 147, comma 2 -bis del d.lgs. n. 152/2006, dell’art. 150 del d .lgs. n. 152/2006, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c. ». Si contesta la sentenza impugnata: i ) per un ‘ errata applicazione di norme non ancora entrate in vigore rispetto ai fatti di causa; ii ) per non aver considerato la validità ed efficacia degli promanati dall’AAto nel periodo di sua vigenza; iii ) per aver disatteso l’art. 150, comma 3 , del d.lgs. n. 152/2006 che prevede una figura autonoma di gestione che costituisce un limite all’espansione del gestore unico del servizio; iv ) per non aver fatto applicazione dell’art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006, ratione temporis vigente, relativamente all’assenso ottenuto fin dall’anno 2010 .
I primi due descritti motivi, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connessi, si rivelano insuscettibili di accoglimento.
2.1. Invero, muovendo dal rilievo che, « Avverso le sentenze del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. è ammissibile se volto a dedurre vizi della motivazione nei limiti consentiti dalla formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come modificato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, e, dunque, soltanto per censurarne l’inesistenza, la contraddittorietà o la mera apparenza, non essendo consentita al giudice di legittimità la verifica della sufficienza o razionalità della motivazione stessa in ordine alle questioni di fatto, la quale comporterebbe un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito » (cfr. Cass., SU, n. 14995 del 2024), giova rimarcare che, nella specie, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha illustrato esaustivamente le argomentazioni, in fatto ed in diritto, poste a base della sua conclusione secondo cui, nella vicenda in esame, non sussisteva, in capo al Comune di Illorai, al 31 dicembre 2012, termine ultimo previsto dalla normativa ivi ampiamente richiamata, alcuna effettiva gestione del servizio idrico integrato, sicché la decisione di primo grado doveva essere riformata. Si tratta di motivazione che esplicita le ragioni della decisione su questo punto , rendendone agevolmente individuabile l’ iter logico seguito, dovendo
qui solo puntualizzarsi che il rispetto della prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132, n. 4, e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. impone al giudice del merito, non già di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, bensì di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse ( cfr. Cass. 24434 del 2016). In altri termini, la valutazione degli elementi istruttori costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in Cassazione ( cfr . Cass. n. 11176 del 2017, in motivazione). Deve ricordarsi, altresì, stante il concreto tenore della censura di cui al primo motivo di ricorso, che, come recentemente sancito da Cass., SU, n. 5792 del 2024, il travisamento del contenuto oggettivo della prova -che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., mentre, se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4 o n. 5, cod. proc. civ., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale.
2.2. Va osservato, inoltre, che l’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. nel testo novellato in precedenza richiamato, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia) per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che irritualmente estendano il paradigma normativo
a quest’ultimo profilo ( cfr., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 26255, 19371, e 2607 del 2024; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass., SU, n. 16303 del 2018). La deduzione di un tale vizio, peraltro, impone gli specifici oneri di allegazione descritti da Cass., SU, n. 8053 del 2014.
2.3. Tanto premesso, dalla sentenza oggi impugnata (del cui contenuto si è dato conto nel § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, da intendersi qui richiamato) emerge che il Giudice del secondo grado ha offerto una lettura della documentazione sottoposta al suo esame alla luce della normativa esaustivamente richiamata nella parte iniziale della sua pronuncia, giungendo alla conclusione che il requisito della gestione autonoma effettiva del servizio idrico, da parte del Comune di Illorai, alla data del 31 dicembre 2012, non poteva ritenersi sussistente. A tal fine, il Tribunale ha spiegato che la documentazione suddetta, richiamata in questa sede dal ricorrente per invocarn e l’errore percettivo, evidenziava soltanto che vi erano atti preliminari (come l’autorizzazione dell’AATO), ma che non vi era prova della gestione effettiva. In questo senso, il medesimo Tribunale ha valorizzato ‘ la deliberazione del consiglio comunale del Comune di Illorai del 30 giugno 2015 ‘, avente ad oggetto ‘Cessazione della partecipazione alla Gestione Unica del Servizio Idrico Integrato -Gestione autonoma del Servizio Idrico Integrato ‘, in cui l’odierno ricorrente, sulla premessa che intendeva ‘ attivarsi al più presto per attivare la gestione diretta degli impianti idrici, fognanti e dell’impianto di depurazione comunale ‘, aveva deliberato ‘ di attivare immediatamente tutte le procedure necessarie ‘ ai detti fini . Si era, dunque, al cospetto, sostanzialmente, di una dichiarazione di principio, non già di una prova della effettiva sussistenza della precedente gestione del servizio da parte del Comune stesso, profilo, questo, già di per sé idoneo a sostenere l’intera motivazione , posto che attesta che, ancora nel 2015, alcuna effettiva gestione diretta poteva dirsi in atto da parte del medesimo Comune. Né, dagli atti richiamati ricorso, emerge, anche indirettamente, la gestione diretta suddetta, dagli stessi ricavandosi soltanto l’intenzione di avviare
l’autoproduzione del servizio in questione, sicché nessun travisamento vi è stato da parte del Tribunale Superiore a quo .
2.4. Del resto, anche nel documento oggi invocato ( cfr . pag. 19 del ricorso) dal Comune di Illorai, « contrassegnato con il n. 7 allegato al fascicolo di parte che accompagnava il ricorso ex artt. 151 e ss. R.D. 1775/1933 nel procedimento con R.G. n. 282/19 proposto avanti il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Cagliari , ovvero la reale e dirimente Deliberazione del Commissario Straordinario AAto della Sardegna n. 27 del 20.04.2010 », si legge (nei termini in cui il relativo contenuto è riprodotto in ricorso) che il Commissario dott. ing. COGNOME con i poteri del Comitato Esecutivo, « dopo aver dato atto: che, con Deliberazione n. 23 del 7 luglio 2007, il Comune di Illorai aveva revocato la precedente deliberazione n. 35 del 29.09.2006 di adesione alla gestione unica del s.i.i.; che, con nota Prot. n. 326 del 12.01.2010, di cui al Prot. Gen. n. 147 del 20.01.2010, alla quale era allegata la Deliberazione di Giunta n. 3 del 18.01.2010, il sig. Sindaco del Comune di Illorai aveva richiesto il consenso all’AAto della Sardegna in merito alla ‘cessazione della partecipazione alla gestione unica del s.i.i. e passaggio alla gestione ai sensi dell’art. 148, comma 5, del D.lgs. n. 152/2006’ e che con Deliberazione della Giunta n. 3 del 18.10.2010, il Comune di Illorai aveva dichiarato che la popolazione attuale era di 997 abitanti residenti e che apparteneva alla VII Comunità Montana ‘Goceano’, deliberava di ‘auto rizzare il Comune di Illorai (SS) ad attivare le procedure finalizzate alla gestione autonoma del Servizio idrico integrato, ai sensi dell’art. 148, comma 5, del D.lgs. n. 152/2006, mediante adozione di una forma gestionale tra quelle previste nell’artt. 1 13, comma 5, del D.lgs. n. 267/2000, come integrato dall’art. 23 -bis del D.L. 112/2008’ » ( cfr . la medesima pag. 19 del ricorso). È palese, dunque, che, lungi dal dimostrare l’effettivo esercizio in corso, ad opera del menzionato Comune, della gestione diretta di cui si discute, detto documento denota soltanto l a volontà dell’ente di avviare le procedure finalizzate al l’autoproduzione del servizio in questione, sicché nessuna decisività lo stesso può oggi rivestire.
2.5. Quanto, poi, più specificamente, al secondo dei motivi in esame, esso, nel richiamare tutti gli atti già citati nel primo, investe, in realtà, la complessiva valutazione del materiale probatorio effettuata nella sentenza impugnata, dovendosi qui solo ribadire che la normativa di riferimento ivi ampiamente e correttamente richiamata non richiedeva che, entro il predetto termine del 31 dicembre 2012, fossero stati adottati atti autorizzativi o prodromici alla gestione, bensì che fosse in corso una gestione effettiva del servizio da parte del Comune di Illorai.
2.6. Ciò rileva anche in relazione all’asserita mancata impugnazione , da parte di RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, della determina del 2007 del medesimo Comune, di revoca ( a ) dell’adesione a detta società e ( b ) dell ‘avvenuta cessione alla stessa del possesso degli impianti per la gestione del servizio idrico, nonché agli atti, successivi al 2007, con i quali l’AATO aveva riconosciuto la possibilità per il comune di gestire il servizio in autonomia. Si è già detto, infatti, che la normativa predetta faceva salvi i comuni che gestivano effettivamente il servizio entro il termine del 31 dicembre 2012, a nulla rilevando i profili ‘amministrativi’ dell’adozione , o meno, di atti volti all’avvio della gestione in autonomia. In questo senso, dunque, le determine dell’A ATO richiamate in ricorso non consentono di superare le argomentazioni della sentenza impugnata, che ha effettuato una valutazione completa della situazione di fatto, valutandola (soprattutto avuto riguardo al già riportato contenuto della delibera comunale del 30 giugno 2015) non coerente con il regime di esclusione previsto in via eccezionale.
2.7. In definitiva, non resta se non constatare che i motivi in esame, per come formulati e concretamente argomentati, a fronte , tra l’altro, di una decisione ampiamente motivata, non rientrano nei canoni del ricorso per cassazione esperibile, per l’attuale assetto del vizio motivazionale, avverso le decisioni rese dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in grado d’appello: negli stessi, si ravvisa, invece, un tentativo di riversare dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione la cognizione dell’intero merito della vicenda, così nemmeno considerando che il giudizio di legittimità non può
essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr ., tra le più recenti, Cass. nn. 5237, 21424 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 14595 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 10712 e 27328 del 2024).
Analoga sorte negativa tocca al terzo motivo di ricorso che, giova ricordarlo, censura la sentenza impugnata perché « riporta un’errata applicazione di norme non ancora in vigore al momento dei fatti di causa, così violando il noto principio tempus regit actum e la regola di irretroattività della legge, cristallizzata all’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale del codice civile, il quale, anche in ragione della propria collocazione sistematica, assurge a principio generale del nostro ordinamento. Tale assunto lo si ricava dal percorso argomentativo riportato nel provvedimento impugnato laddove il Tribunale Superiore, anziché prendere le mosse dai circostanziati fatti di causa e dai documenti prodotti dalle parti, ovvero dall’esplicito contenuto della Sentenza emessa in primo grado, che tali fatti, per contro, li indicava analiticamente, opera una ricostruzione generale del quadro normativo di riferimento (pagg. da 5 a 13 Sentenza impugnata) e degli artt. 147 e 148 del D.lgs 152/2006 senza minimamente tener conto degli esiti istruttori e dei concreti fatti di causa, della loro collocazione nel tempo, e soprattutto, delle deliberazioni dell’AAto della Sardegna nel frattempo intervenute in favore del Comune di Illorai » ( cfr . pag. 33-34 del ricorso).
3.1. Orbene, richiamata in questa sede l’esaustiva e corretta descrizione dell’evoluzione della normativa applicabile alla vicenda in esame rinvenibile nella sentenza impugnata ( cfr . pag. 5 e ss. della sua motivazione), e ricordato che le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito ( cfr . Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015), va osservato che, nella specie, il Tribunale Superiore delle
RAGIONE_SOCIALE, come si è già riferito scrutinando i precedenti motivi, ha fornito ampia giustificazione del proprio convincimento -ricavato dalla valutazione della documentazione sottoposta alla sua attenzione alla luce della normativa ampiamente richiamata nella parte iniziale della sua pronuncia -circa il fatto che il requisito della gestione autonoma effettiva del servizio idrico, da parte del Comune di Illorai, alla data del 31 dicembre 2012, non poteva ritenersi sussistente.
3.2. Va rimarcato, peraltro, che il consenso dell’Autorità d’ambito ad una siffatta gestione, su cui ancora insiste in questa sede il ricorrente, costitutiva soltanto uno dei due requisiti, cumulativi, previsti dalla normativa complessivamente richiamata dal Tribunale predetto, che subordinava la gestione autonoma anche al requisito, obiettivo e ‘ di fatto ‘, della concreta prestazione del servizio da parte del Comune al 31 dicembre 2012, circostanza, quest’ultima, ritenuta indimostrata, invece, dalla sentenz a impugnata.
3.3. Pertanto, non resta che prendere atto dei relativi accertamenti, evidentemente fattuali, svolti dal giudice a quo , rispetto ai quali le argomentazioni della censura in esame si rivelano sostanzialmente volte ad ottenerne un riesame, così dimenticando che: i ) il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme assertivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 27328, 16448 e 15033 del 2024; Cass. nn. 13408 e 9014 del 2023; Cass. n. 31071 del 2022. Si veda pure Cass., SU, n.
23745 del 2020, a tenore della quale, « in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni -la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa »); ii ) il giudizio di legittimità -come si è già detto concludendo l’esame dei precedenti motivi non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative cfr ., tra le più recenti, Cass. nn. 5237, 21424 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 14595 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 10712 e 27328 del 2024).
3.4. Infine, nemmeno si rivelano conferenti le censure di violazione dell’art. 148, comma 5, del d.lgs. n. 152/2006, ratione temporis vigente, dell’art. 147, comma 2 -bis del d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 150 del d.lgs. n. 152/2006.
3.5. Invero, come condivisibilmente osservato dal sostituto procuratore generale nella sua requisitoria scritta, « Il TSAP ha considerato l’art. 148, comma quinto, d.lgs. n. 152/2006, vigente ratione temporis e gli effetti della novella di cui al d.lgs. n. 4/2008 e illustrato come, da tale momento, non fu più possibile una gestione in economia del tutto autonoma da parte dei singoli enti ossia a prescindere del diverso avviso dell’AAto. Il TSA P, inoltre, ha chiarito che l’esercizio di fatto, prima del ti tolo legittimo, non ne consentiva al contempo la persistente validità ed efficacia alla data di entrata in vigore della novella, ex d.l. n. 133/ 2014, dell’art. 147 d.lgs. n. 152/2006; e dunque,
in difetto di entrambi i presupposti previsti da quest’ultima, il comune non avrebbe potuto pretendere ed ottenere, neppure in via transitoria, il mantenimento di tale gestione, né impedirne il trasferimento ».
4. In definitiva, il ricorso del Comune di Illorai, deve essere respinto, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza e liquidate come in dispositivo, altresì dandosi atto -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso del Comune di Illorai e lo condanna al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente che si liquidano in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni Unite civili