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Gestione affari altrui: no rimborso senza assenza

Un cittadino si prendeva cura di cani randagi e ha citato in giudizio il Comune di appartenenza per ottenere un rimborso, sostenendo di aver agito in una situazione di “gestione affari altrui”. La Corte di Cassazione ha respinto la richiesta, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Il motivo principale del rigetto è la mancanza del requisito dell'”absentia domini”, poiché il Comune aveva già affidato il servizio di gestione del randagismo a una ditta esterna, rendendo l’intervento del cittadino un’iniziativa unilaterale e non rimborsabile.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Gestione Affari Altrui: Niente Rimborso se il Comune è Già Attivo

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 25506/2024 affronta un tema delicato: può un cittadino che si occupa spontaneamente di un servizio di pubblica utilità, come la cura di cani randagi, chiedere un rimborso al Comune? La risposta, come vedremo, dipende da un presupposto fondamentale dell’istituto della gestione affari altrui: l’effettiva “assenza” o inerzia dell’ente pubblico. Questo caso offre spunti cruciali per comprendere i limiti dell’iniziativa privata nell’ambito delle competenze della Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso

Un cittadino conveniva in giudizio un Comune del Sud Italia chiedendo il pagamento di somme a vario titolo. In particolare, richiedeva un risarcimento danni per il rifiuto del Comune di fornirgli cibo e farmaci per i cani randagi che egli ricoverava su un proprio fondo. In subordine, chiedeva il rimborso delle spese sostenute sulla base della gestione di affari altrui (art. 2028 c.c.) e, in via ancora più subordinata, un indennizzo per ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.).

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello rigettavano le sue domande. I giudici di merito accertavano che il Comune non era rimasto inerte, ma aveva stipulato una convenzione con una ditta privata per la gestione del servizio di canile. Di conseguenza, l’intervento del cittadino era stato ritenuto un’iniziativa puramente unilaterale e spontanea, non idonea a far sorgere un diritto al rimborso.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il cittadino proponeva quindi ricorso per Cassazione, basandolo su quattro motivi principali:

1. Errata applicazione della gestione affari altrui: Sosteneva che il requisito dell’ absentia domini (l’impossibilità del titolare di provvedere) sussistesse, poiché la convenzione del Comune copriva solo il ricovero e la cura, ma non il recupero dei cani, attività svolta esclusivamente da lui.
2. Omesso esame di un fatto decisivo: Lamentava la mancata ammissione della prova testimoniale che avrebbe, a suo dire, dimostrato i suoi assunti.
3. Errata applicazione dell’azione di arricchimento senza causa: Contestava l’esclusione di tale azione da parte della Corte d’Appello.
4. Errato calcolo delle spese legali: Riteneva che i giudici di merito avessero sbagliato a determinare il valore della causa, con conseguente aumento delle spese a suo carico.

La Decisione della Corte sulla Gestione Affari Altrui

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili o infondati tutti i motivi, rigettando il ricorso e confermando la decisione della Corte d’Appello. La pronuncia è fondamentale per chiarire i paletti entro cui può operare la gestione affari altrui nei confronti della Pubblica Amministrazione.

L’Insussistenza della Absentia Domini

Il cuore della decisione risiede nel primo motivo. La Corte ha ribadito che il presupposto dell’ absentia domini non può sussistere quando l’ente pubblico, titolare della funzione, si è già attivato per gestirla, anche se attraverso l’affidamento a terzi. Nel caso di specie, l’esistenza di una convenzione formale con un’altra ditta escludeva in radice l’inerzia o l’impossibilità di agire del Comune.

I giudici hanno precisato che l’iniziativa spontanea e unilaterale del cittadino, sebbene meritevole, non può sovrapporsi alle scelte organizzative della Pubblica Amministrazione. Pertanto, non era configurabile la gestione affari altrui.

L’Inammissibilità degli Altri Motivi

Anche gli altri motivi sono stati respinti:
– Il secondo motivo sull’omesso esame è stato dichiarato inammissibile a causa della cosiddetta “doppia conforme”, ovvero il fatto che entrambe le sentenze di merito erano giunte alla stessa conclusione basandosi sulla prova documentale della convenzione stipulata dal Comune, ritenuta decisiva.
– Il terzo motivo sull’arricchimento senza causa è stato giudicato inammissibile perché il ricorrente non aveva criticato la specifica ratio decidendi della Corte d’Appello, la quale aveva basato il rigetto sull'”indifferenza” dell’ente verso l’attività non richiesta del privato, dato che il servizio era già stato coperto.
– Infine, il quarto motivo sulle spese è stato ritenuto infondato, poiché i giudici di merito avevano correttamente calcolato il valore della causa sommando al capitale gli interessi maturati, come previsto dal codice di procedura civile.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su un principio di ordine e certezza nei rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione. L’istituto della negotiorum gestio è concepito per situazioni di emergenza in cui il titolare di un interesse è impossibilitato a provvedervi. Non può essere utilizzato per contestare o sostituirsi alle scelte discrezionali dell’ente pubblico su come organizzare un servizio.

La Corte ha sottolineato che la P.A. deve agire secondo principi di evidenza pubblica. L’affidamento di un servizio tramite convenzione è la modalità con cui il Comune ha esercitato il proprio dovere. L’intervento del privato, in questo contesto, resta un fatto suo, non in grado di generare obbligazioni a carico dell’ente. La valutazione di merito compiuta dai giudici precedenti, secondo cui il Comune non era “assente” ma anzi pienamente operativo, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un principio chiaro: non è possibile ottenere un rimborso per un’attività svolta spontaneamente in un settore di competenza pubblica se l’ente si è già attivato per fornire quel servizio. L’esistenza di un contratto o di una convenzione formale è prova sufficiente della “presenza” e dell’operatività dell’amministrazione, facendo venir meno il presupposto chiave della gestione affari altrui. Questa decisione serve da monito per chiunque intenda agire di propria iniziativa in ambiti di pubblica utilità, evidenziando che l’encomiabile spirito civico non si traduce automaticamente in un diritto al rimborso delle spese sostenute.

È possibile ottenere un rimborso per essersi presi cura di cani randagi se il Comune non interviene direttamente?
No, secondo questa ordinanza non è possibile se il Comune ha già provveduto a gestire il servizio, ad esempio stipulando una convenzione con una ditta privata. L’intervento del privato è considerato un’iniziativa unilaterale che non dà diritto a rimborso perché manca il presupposto dell’inerzia dell’ente.

Cosa si intende per ‘absentia domini’ nella gestione di affari altrui riguardante una pubblica amministrazione?
Si intende l’effettiva inerzia o impossibilità dell’ente pubblico a provvedere ai propri compiti. Non sussiste se l’amministrazione ha già organizzato e affidato il servizio, anche a soggetti terzi. Il modo in cui l’ente opera non può essere considerato ‘inerzia’ solo perché non corrisponde alle aspettative del privato.

Quando un motivo di ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile per non aver censurato la ‘ratio decidendi’?
Quando la sentenza impugnata si basa su più ragioni autonome e sufficienti a sorreggerla (rationes decidendi) e il ricorrente ne critica solo alcune, tralasciandone altre. La ragione non criticata diventa definitiva e rende inutile l’esame delle altre censure, determinando l’inammissibilità del motivo per difetto di interesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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