Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15596 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15596 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12367/2019 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3642/2018 de lla Corte d’Appello di Roma, depositata il 10.10.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.3.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente, già dirigente medico alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE , convenne in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE per chiederne la condanna al pagamento d elle differenze retributive dovute per lavoro straordinario e dell’indennizzo sostitutivo per ferie non godute nel corso degli anni.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, condannò l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’importo di € 68.429,67, in linea capitale, a titolo di indennizzo per ferie non godute, respingendo invece la domanda volta a ottenere la condanna al pagamento degli straordinari.
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE impugnò la sentenza di primo grado davanti all a Corte d’Appello di Roma e anche il lavoratore propose appello incidentale. La Corte territoriale accolse l’appello principale dell’ARAGIONE_SOCIALE e rigettò quello incidentale, con conseguente rigetto integrale delle domande del lavoratore, in quanto ritenute generiche « per non avere indicato i presupposti di fatto posti a fondamento della pretesa ».
Contro la sentenza della Corte d’Appello, il medico ha proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi.
L’A RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso, illustrato anche con memoria depositata nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente censura «violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1m, n. 3, c.p.c. di norme di diritto in relazione agli artt. 414 e 416 c.p.c.».
Il secondo motivo è volto a denunciare «violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. di norme di diritto e di contratti collettivi di lavoro in relazione al CCNL 17.10.2008 della RAGIONE_SOCIALE».
Il terzo motivo censura «violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. dell’art. 21, comma 13, del CCNL 1994/1997».
Il quarto mezzo di duole della «errata valutazione di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.».
Con il quinto motivo si denuncia «contraddittorietà e perplessità logica ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. rispetto all’applicazione della richiamata ordinanza della Corte di legittimità n. 3022 dell’8.2.2018 ».
Infine, il sesto motivo denuncia «violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. di norme di diritto ex art. 112 c.p.c.».
Conviene pren dere le mosse dall’esame congiunto del primo e del quarto motivo di ricorso, che sono fondati e meritano accoglimento, nei termini e nei limiti di seguito precisati, con conseguente assorbimento dei restanti motivi, dal momento che le domande del ricorrente dovranno essere esaminate nel merito , superando l’ostacolo ravvisato dalla Corte territoriale nell’asserita genericità delle allegazioni dei fatti costitutivi.
Il dispositivo della sentenza («respinge integralmente la domanda proposta») non è coerente con la premessa (la dichiarata genericità dei fatti allegati), perché l’incompleta allegazione dei fatti posti a fondamento dei diritti azionati può
determinare la nullità della domanda, qualora sia talmente grave da potersi dire che «manca» (artt. 164, comma 4, c.p.c.) «l ‘ esposizione dei fatti … sui quali si fonda la domanda» (art. 414, n. 4, c.p.c.). In tal caso, però, il giudice di primo grado avrebbe dovuto assegnare al ricorrente un termine perentorio per integrare l’atto introduttivo e sanare la nullità (art. 164, comma 5, c.p.c.; disposizione applicabile anche nel rito del lavoro: v., ex multis , Cass. n. 7705/2018).
Evidentemente l’asserita genericità d ell’allegazione dei fatti non è stata considerata dal Tribunale e dalla Corte d’Appello così grave da determinare la nullità della domanda e da impedirne l’esame nel merito. E ciò con buona ragione, posto che il ricorrente aveva descritto in modo sufficientemente chiaro e preciso i fatti posti a fondamento delle sue pretese, ovverosia l’avere svolto nel corso degli anni ore di lavoro straordinario non retribuite e non avere potuto godere di tutte le ferie contrattualmente previste.
Ma, allora, l’asserita genericità delle allegazioni una volta esclusa la nullità della domanda (o, se si preferisce, una volta sanata la nullità in mancanza di fissazione di un termine perentorio da parte del giudice per l ‘ integrazione e di tempestiva eccezione di nullità da parte del convenuto: v. Cass. S.U. n. 11353/2004) -non può essere ragione che impedisce al giudice del merito di apprezzare le prove dei fatti (pur genericamente) allegati , come invece ha ritenuto la Corte d’Appello di Roma, che si è rifiutata di esaminare il contenuto dei documenti prodotti dal ricorrente sul dichiarato presupposto che « il difetto di articolazione … non può essere certamente sanato ricorrendo alla documentazione riversata in atti, giacché la stessa può e deve essere utilizzata per provare i
fatti che siano stati correttamente e specificamente dedotti negli atti introduttivi del giudizio e non anche per specificarli ».
L’affermazione dell’ impossibilità di integrare le lacune espositive degli atti con il contenuto dei documenti in essi richiamati e con essi prodotti in giudizio sarebbe corretta nella prospettiva -che la stessa Corte d’Appello non ha preso in considerazione -della nullità degli atti medesimi, ma non lo è, invece, ai fini della motivazione del rigetto nel merito di una domanda validamente proposta; rigetto che può derivare solo dall’infondatezza dell e regioni di diritto o dalla mancanza di prova dei fatti costitutivi . E quest’ultima (la mancanza di prova) non può essere accertata se non all’esito dell’esame del materiale istruttorio disponibile, ivi compresi i documenti tempestivamente prodotti (artt. 115 e 116 c.p.c.). Proprio ciò che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto di non poter fare.
L’unico limite -che vale nel rito del lavoro, secondo le sue regole peculiari, ma non è estraneo neppure al rito ordinario, anch’esso basato su un regime di preclusioni istruttorie, seppur diversamente regolato -è che la «sanatoria» della genericità, che non sia stata rilevata e trattata come nullità, non vale a rimettere in termini il ricorrente rispetto alla deduzione e produzione di mezzi di prova (Cass. n. 7705/2018). Ma nel caso qui in discussione il ricorrente non ha preteso alcuna rimessione in termini e si lamenta innanzitutto del mancato esame proprio dei documenti prodotti con il ricorso introduttivo del processo.
In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata, in accoglimento del primo e del quarto motivo, per
quanto di ragione come sopra motivato, con assorbimento dei rimanenti motivi.
Alla cassazione segue il rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, perché proceda all ‘esame nel