SENTENZA CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI N. 379 2025 – N. R.G. 00000405 2021 DEPOSITO MINUTA 06 10 2025 PUBBLICAZIONE 06 10 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE CIVILE
composta da
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 405 del RAGIONE_SOCIALE contenziosi RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2021 , promossa da
(c.f. ) e c.f. ), residenti a San Sperate ed elettivamente domiciliate a Cagliari, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che le rappresenta e difende per procura in atti, C.RAGIONE_SOCIALE.F.
appellanti
TABLE
a Cagliari, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende giusta procura in atti,
appellati
con la partecipazione di
(c.f. ) , residente a San Sperate, C.F.
chiamata in giudizio-contumace
La causa è stata decisa sulle seguenti
CONCLUSIONI
Nell’interesse delle appellanti : voglia la Corte d’appello, contrariis reiectis ,
in riforma della sentenza impugnata, per le ragioni indicate nella memoria di costituzione e risposta depositata nel primo grado del giudizio, e per le ragioni specificate nel presente atto, accogliere le conclusioni formulate nel merito dagli appellanti in primo grado, ovvero, dichiarare infondata la domanda spiegata da e e condannare i medesimi alle spese e competenze del primo grado del giudizio ( ivi comprese le spese per l’A.T.P );
per l’effetto, condannare la parte appellata al pagamento anche delle spese e competenze del giudizio di secondo grado in favore RAGIONE_SOCIALE appellanti;
sempre in riforma dell’impugnata sentenza, in via graduata e subordinata al mancato accoglimento, anche parziale, dell’appello, nell’ipotesi in cui risulti accertata un’obbligazione risarcitoria RAGIONE_SOCIALE appellanti, accertare l’inesistenza dei danni, o quantificare, eventualmente, la minore eventuale entità RAGIONE_SOCIALE stessi, sempre con condanna della parte appellata al pagamento delle competenze e spese del giudizio di primo e di secondo grado in favore RAGIONE_SOCIALE appellanti, oltre le spese di ATP.
Nell’interesse RAGIONE_SOCIALE appellati : voglia la Corte d’appello adita, disattesa ogni avversa domanda, eccezione e deduzione:
dichiarare inammissibile, ovvero, rigettare l’appello ex averso proposto confermando integralmente la sentenza impugnata;
con vittoria di compensi professionali anche del presente grado di giudizio, maggiorati di rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
e convennero in giudizio, nanti il Tribunale di Cagliari, , ed spiegando di aver acquistato, in data 8 aprile 2015, un’unità immobiliare ubicata a San Sperate, INDIRIZZO, composta da piano terra, primo piano e locali di sgombero nel sottotetto, e di non avere potuto ispezionare, al momento della compravendita, il sottotetto dell’immobile, a causa della vetustà e pericolosità della scala di accesso.
In occasione di forti piogge verificatesi nell’ottobre 2015 lamentarono gli attori- si erano manifestate infiltrazioni meteoriche al primo piano, con fuoriuscita di liquido marrone-nerastro in più ambienti e a seguito di ispezione effettuata con cestello elevatore era stata accertata la presenza nel sottotetto di uno strato di guano di piccione di circa cm 15 nonché l’assenza di guaina di impermeabilizzazione del pavimento e il degrado della copertura in eternit.
Precisato di avere subito danni che avevano pregiudicato l’idoneità abitativa dell’immobile, i ricorrenti esposero che, tramite ATP, era stata accertato che le infiltrazioni nell’immobile erano state determinate dallo stato precario RAGIONE_SOCIALE
elementi della copertura, vetusta e particolarmente degradata, che manifestava punti di debolezza in cui l’acqua poteva infiltrarsi.
Sottolineato come le venditrici non potessero non essere consapevoli dei vizi del sottotetto, dato che nel soffitto della camera da letto era presente una stuccatura con smalto impermeabile, e che le stesse avevano reso impossibile l’accesso al sottotetto giustificandosi con la mancanza di una scala d’accesso resa inservibile dai precedenti proprietari, gli attori chiesero l’accertamento dei vizi e la condanna delle venditrici al pagamento di euro 54.000,00, pari al costo RAGIONE_SOCIALE interventi necessari per il ripristino dell’idoneità abitativa, quale determinato in sede di ATP.
Le convenute resistettero, opponendo che:
edificato anteriormente al 1967, l’immobile era stato venduto nello stato di fatto e di diritto;
le condizioni generali dell’immobile, visibili e note agli acquirenti, erano state considerate nella determinazione del prezzo (euro 122.000,00), più basso rispetto a quello che avrebbe avuto un bene della stessa tipologia nuovo;
i vizi lamentati erano prevedibili e riconoscibili con l’ordinaria diligenza , anche in considerazione della vetustà dell’edificio;
l’immobile era stato valutato da perito incaricato dalla banca ai fini della concessione del mutuo, con stima conforme al prezzo di vendita.
Acquisiti gli atti del procedimento di ATP e la corrispondente relazione, all’esito dell’istruttoria, con la sentenza n. 1183 pubblicata il 16 aprile 2021 , il
Tribunale ritenne la riconducibilità delle infiltrazioni alle condizioni di degrado della copertura, non più idonea a garantire tenuta statica e impermeabilizzazione, e accolse integralmente la domanda attorea, ritenendo:
non operante l’esclusione di responsabilità ex art. 1491 c.c. , in quanto i vizi non erano facilmente riconoscibili;
non superata la presunzione di colpa del venditore ex art. 1494 c.c.;
sussistente il danno risarcibile, anche in assenza di effettiva esecuzione dei lavori.
Il primo giudice dispose la condanna delle convenute, in solido, al pagamento:
di euro 54.000,00 a titolo di risarcimento del danno;
delle spese di lite (euro 7.795,00) e di quelle del giudizio di RAGIONE_SOCIALE (euro 2.147,00);
la condanna al pagamento delle spese di CTU.
Contro questa pronuncia hanno proposto appello e
2.1. Con un primo motivo , le appellanti hanno denunciato l’erronea esclusione della responsabilità per vizi facilmente riconoscibili, ex art. 1491 c.c., nonostante:
la vetustà dell’immobile fosse evidente e nota;
il prezzo fosse commisurato allo stato di conservazione;
la scala inagibile fosse indice sintomatico delle condizioni del sottotetto.
2.2. Con un secondo motivo , le hanno lamentato l’erroneità della valutazione in ordine alla necessità di indagine tecnica, ossia circa il fatto che la scoperta dei vizi sarebbe stata possibile solo tramite c.t.u., malgrado:
gli acquirenti avessero già denunciato i vizi prima dell’ATP;
la manifestazione esteriore dei difetti fosse sufficiente per la loro riconoscibilità;
la giurisprudenza di legittimità distingua tra conoscenza del vizio e conoscenza della causa di essi.
2.3. Con un terzo motivo sono state criticate l’interpretazione da parte del primo giudice RAGIONE_SOCIALE articoli 1490, 1491 e 1494 c.c. e la mancata considerazione sistematica delle norme sulla vendita.
Le appellanti hanno lamentato che il giudice abbia ignorato l’orientamento consolidato della giurisprudenza, secondo cui i vizi derivanti dalla vetustà di un immobile -specie se evidente e non occultata -non danno luogo a responsabilità del venditore, poiché facilmente riconoscibili con l’ordinaria diligenza.
Sul rilievo che la riconoscibilità di un vizio non coincide con la sua visibilità, ma si estende anche a ciò che è prevedibile in base allo stato RAGIONE_SOCIALE del bene, le hanno argomentato come, nel caso di specie, la vetustà dell’immobile, l’assenza di ristrutturazioni e l’uso di materiali obsoleti fossero circostanze note agli acquirenti e documentate, anche nell’atto di vendita.
2.4. Con il quarto motivo , le appellanti hanno censurato la sentenza di primo grado per avere riconosciuto un risarcimento del danno ex art. 1494 c.c. in assenza di una chiara allegazione, qualificazione e prova del danno stesso, stante la sovrapposizione alla nozione di vizio di quella di danno , con conse-
guente quantificazione dei costi di risanamento dell’immobile senza specificazione della natura del pregiudizio subito (patrimoniale o non patrimoniale) né indicazione RAGIONE_SOCIALE elementi probatori sul nesso causale.
Nella stessa ottica -hanno proseguito le appellanti- il Tribunale ha erroneamente equiparato i costi di eliminazione dei vizi al danno risarcibile, senza considerare che tali interventi avrebbero aumentato il valore dell’immobile, generando un ingiustificato arricchimento per gli acquirenti.
2.5 Con il quinto motivo , le appellanti hanno ribadito l’inesistenza di un danno patrimoniale in capo agli acquirenti, rilevando che questi ultimi non avevano fornito alcuna prova concreta di un pregiudizio economico effettivo.
Le hanno osservato che l’immobile, pur vetusto e non ristrutturato, era stato acquistato a un prezzo coerente con il suo stato e che i lavori di risanamento ordinati in primo grado avrebbero determinato un incremento del valore di mercato dell’immobile, generando un ingiustificato arricchimento per gli acquirenti.
Secondo le appellanti, il danno non può coincidere con i costi di ristrutturazione, in assenza di una valutazione comparativa tra tali costi e il valore dell’immobile post -intervento.
Gli appellati hanno resistito, sostenendo la correttezza della sentenza di primo grado tanto sotto il profilo probatorio quanto giuridico.
Evidenziato come l’atto d’appello non fosse stato notificato all’attrice in primo grado anch’essa parte soccombente, gli appellati hanno ricordato che il giudizio era stato preceduto da un accertamento tecnico preven-
tivo, nel quale le venditrici non avevano contestato né i documenti fotografici né la relazione del CTU, la quale aveva evidenziato gravi vizi strutturali e infiltrazioni nonché la presenza di guano nel sottotetto e ciò nonostante l’atto di vendita facesse riferimento a una ristrutturazione del 2012 e l’immobile fosse stato presentato come abitabile, con impianti funzionanti e in buono stato, come confermato anche dalla peNOME bancaria.
Gli appellati hanno sostenuto che:
-i venditori fossero a conoscenza dei vizi e li avessero dolosamente occultati, anche mediante interventi posticci;
-non fosse accoglibile la tesi dell’accettazione del rischio, in quanto incompatibile con la mala fede dei venditori, che rendeva inefficace qualsiasi patto limitativo della garanzia ex art. 1490 c.c.:
-risultava inammissibile, in quanto nuova, la difesa fondata sull’art. 1491 c.c., introdotta solo in appello, e comunque infondata nel merito, poiché i vizi non erano riconoscibili senza indagini tecniche;
-neppure il tecnico della banca aveva rilevato i vizi, a dimostrazione del loro occultamento.
Rispetto ai motivi di appello, hanno contestato:
primo motivo : che l’eccezione ex art. 1491 c.c. era tardiva e infondata, poiché i vizi erano stati dolosamente nascosti;
secondo motivo : la doglianza sulla decorrenza della conoscenza del vizio era irrilevante, poiché non è stata eccepita la decadenza;
terzo motivo : la vetustà dell’immobile non era causa dei vizi, che derivavano da difetti costruttivi e non da usura;
quarto motivo : il risarcimento richiesto era stato correttamente parametrato ai costi di rimozione dei vizi, senza confusione concettuale alcuna.
Con ordinanza a verbale del 28 gennaio 2022, la Corte ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’attrice, soccombente in primo grado, la quale, malgrado a regolarità della notificazione, è rimasta contumace.
I primi tre motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto volti a censurare la sentenza impugnata per avere escluso l’operatività dell’art. 1491 c.c. senza considerare le circostanze concrete della fattispecie, sono fondati e meritano accoglimento.
4.1 Preliminarmente, occorre esaminare la difesa RAGIONE_SOCIALE appellati in ordine all’inammissibilità, per sua novità in appello, della questione circa la non operatività della garanzia ex art. 1491 c.c.
Sebbene la questione relativa alla riconoscibilità dei vizi e all’operatività dell’esclusione della garanzia ex art. 1491 c.c. non sia stata formalmente qualificata come tale nella comparsa di costituzione in primo grado, essa risulta implicitamente contenuta nelle difese svolte dagli appellanti sin dalla fase iniziale del giudizio.
In particolare, gli appellanti avevano sostenuto che l’immobile era stato venduto nello stato di fatto e di diritto , che la scala di accesso al sottotetto era
inagibile e che tale circostanza lasciasse chiaramente presagire le condizioni dei locali non ispezionabili; inoltre avevano affermato che le condizioni strutturali dell’immobile fossero visibili al momento della compravendita e che gli acquirenti avessero accettato il rischio connesso alla mancata verifica diretta.
Tali argomentazioni, pur non esplicitamente ricondotte all’art. 1491 c.c., integrano una contestazione sulla riconoscibilità dei vizi e sulla diligenza esigibile dall’acquirente , che costituiscono il presupposto logico e giuridico per l’applicazione della norma invocata in appello.
La giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che non può ritenersi nuova e, dunque, inammissibile, una domanda o un’eccezione che costituisca sviluppo o precisazione di difese già svolte in primo grado, purché fondata su fatti già acquisiti al processo e non comportante ampliamento del thema decidendum (tra le tante, cfr . ord. 27 settembre 2018, n. 23415).
Nel caso di specie, la questione relativa all’art. 1491 c.c. è stata dedotta in appello come qualificazione giuridica di fatti già allegati e discussi, senza introdurre nuovi elementi fattuali né modificare il contenuto della domanda o delle eccezioni
4.2 Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (da ultimo ribadito da Cass., 15 maggio 2024 , n. 13425 ) , l’esclusione della garanzia per vizi ex art. 1491 c.c. opera ogniqualvolta il vizio sia stato facilmente riconoscibile, ossia percepibile con l’ordinaria diligenza, senza necessità di indagini tecniche approfondite.
La garanzia per i vizi redibitori non copre, infatti, i rischi che l’acquirente per forza di cose assume acquistando un bene in relazione al quale il vizio che
lo inficia sia da ritenere facilmente riconoscibile, cioè, individuabile con l’ordinaria diligenza.
È, pertanto, ragionevole ritenere che l’acquisto di un bene di vetusta costruzione (il quale è fisiologicamente maggiormente sensibile all’usura del tempo per più note ragioni: la sua diuturna esposizione alle intemperie, la sua struttura costituita da materiali compositi e degradabili, la presenza d’impianti tecnologici altamente logorabili, la sua destinazione alla sopportazione di carichi continui, le tecniche in uso al tempo della sua messa in opera etc .), la cui datazione non sia stata celata dalla parte alienante, possa far ritenere agevolmente riconoscibili vizi, anche importanti, che eventualmente lo inficino.
Riesce, di conseguenza, irrilevante la circostanza che la parte degradata e bisognosa di ristrutturazione possa, eventualmente, riguardare parti strutturali dell’edificio immediatamente non percepibili con il senso della vista, quali, a titolo d’esempio, il tetto, i solai o le fondamenta.
Da tutte queste considerazioni deriva -contrariamene a quanto ritenuto dal primo giudice -l’insussistenza della natura occulta dei vizi denunciati.
Nel caso di specie, è risultato pacifico che l’immobile compravenduto sia stato edificato anteriormente all’anno 1967 e che abbia subito una limitata ristrutturazione nel 2012, come da peNOME tecnica redatta ai fini della concessione del mutuo ipotecario (all. 6 appellanti).
Tale intervento ha riguardato esclusivamente gli impianti elettrico, idrico e di riscaldamento, senza alcuna incidenza sulle strutture portanti, sulla copertura o sul sottotetto, che sono rimasti nello stato originario, tanto che nella citata pe-
NOME era stato indicato come la condizione dei locali secondari fosse scarsa o scadente e necessitasse di ristrutturazione.
Soprattutto, poi, gli acquirenti hanno acquistato l’immobile consapevoli della mancata possibilità di accesso al sottotetto per mancanza della scala divenuta inagibile.
Lungi dal costituire un impedimento assoluto alla conoscenza dello stato dei locali, tale circostanza aveva rappresentato un chiaro e allarmante indice della condizione di degrado dell’edificio .
Tale impossibilità di accesso avrebbe dovuto indurre gli acquirenti, secondo l’ordinaria diligenza, a pretendere una verifica tecnica o a considerare il rischio insito nella mancata ispezione.
Inoltre, il prezzo di acquisto è risultato significativamente inferiore (euro 120.000,00) rispetto al valore di mercato quale accertato dalla stessa peNOME della banca (euro 224.191,00).
Seppure voglia ammettersi che le valutazioni effettuate a fini dell’accensione di un mutuo, pur basandosi su criteri comparativi e parametri oggettivi, non sempre restituiscano una rappresentazione esatta del valore di mercato effettivo, deve cionondimeno ritenersi che l’ampia forbice tra il prezzo concreto di vendita e il valore attribuito dalla peNOME facciano emergere la consapevolezza in capo agli acquirenti dello stato di conservazione del bene.
Deve ritenersi, in conclusione, che, alla luce della vetustà dell’immobile , della mancata possibilità di accesso al sottotetto, della natura parziale della ristrutturazione del 2012 e della presenza di indici sintomatici di degrado, i vizi lamentati fossero facilmente riconoscibili e, comunque, conoscibili con
l’ordinaria diligenza , in applicazione del principio di autoresponsabilità dell’acquirente.
Ne deriva l’esclusione della garanzia ex art. 1491 c.c., con conseguente insussistenza della responsabilità risarcitoria ex art. 1494 c.c. in capo agli appellanti.
L’accoglimento dei primi tre motivi di appello determina l’assorbimento RAGIONE_SOCIALE ulteriori motivi sollevati dalle appellanti.
In considerazione del criterio della soccombenza, gli appellati devono essere condannati, in solido, alla rifusione in favore delle appellanti delle spese processuali.
Sullo scaglione determinato sulla base del decisum , i compensi sono liquidati:
-ai valori minimi per le tre fasi del procedimento di istruzione preventiva;
-ai valori medi per le fasi studio e introduttiva e al valore minimo per le fasi istruttoria e decisionale del giudizio di primo grado;
-ai valori medi per le fasi introduttiva e studio e al valore minimo per la fase di decisione del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte d’appello, definitivamente pronunciando, rigettata ogni contraria istanza, eccezione e deduzione,
accoglie l’appello proposto da e contro
la sentenza n.1183/2021 del Tribunale di Cagliari;
rigetta la domanda proposta da e nei confronti di , ed
condanna gli appellati alla rifusione in favore delle appellanti delle spese processuali, che liquida in:
euro 1.914,00 per compensi ed euro 574,20 per maggiorazione per la presenza di più parti aventi stessa posizione processuale (art. 4, secondo e quarto comma, d.m. 55/2014), oltre spese generali, c.p.a. e i.v.a. e la rifusione delle spese del tecnico eventualmente anticipate per il procedimento di istruzione preventiva;
euro 9.142,00 per compensi ed euro1.919,82 ai sensi del citato art. 4, oltre spese generali, c.p.a. e i.v.a. per il giudizio di primo grado;
euro 7.440,00 per compensi, euro 1.562,40 ai sensi del citato art. 4 ed euro 1.138,50 per spese esenti, oltre spese generali, c.p.a. e i.v.a. per il presente grado di giudizio.
Cagliari, 6 ottobre 2025
Il consigliere estensore dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME