Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7206 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7206 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22262/2019 R.G. proposto da : NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, NOME COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 131/2019 depositata il 17/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La vicenda trae origine dalla costruzione di un edificio trifamiliare, realizzato dalla RAGIONE_SOCIALE, con progettazione del geom. NOME COGNOME e direzione lavori strutturali dell’arch. NOME COGNOME. NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME acquistavano unità immobiliari nel 2000. Successivamente, emergevano infiltrazioni d’acqua nei locali interrati. Nel 2001, la RAGIONE_SOCIALE eseguiva un’opera di drenaggio, ma problemi di questa natura si verificavano di nuovo nel 2003 e nel 2008. Nel 2008, i proprietari si rivolgevano al Tribunale di Treviso, promuovendo un accertamento tecnico preventivo che attribuiva i difetti a carenze progettuali e costruttive, in particolare alla discontinuità del sistema di fondazione. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., i proprietari domandavano ai sensi dell’art. 1669 c.c. la condanna solidale di RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e COGNOME, al risarcimento dei danni, quantificati in € 104.950. I convenuti eccepivano decadenza e prescrizione de ll’azione, sostenendo che i vizi erano noti dal 2000. Inoltre, COGNOME e COGNOME chiamavano in causa RAGIONE_SOCIALE per la manleva relativa alla loro responsabilità professionale. Il Tribunale di primo grado rigettava le eccezioni di decadenza e prescrizione, ritenendo che i vizi fossero stati scoperti nel 2008, e condannava i resistenti al pagamento solidale di € 120.380 oltre a interessi e rivalutazione. Condannava inoltre RAGIONE_SOCIALE a tenere indenni i progettisti nei limiti delle polizze. La Corte di appello di Venezia, adita da RAGIONE_SOCIALE con appello principale e dai convenuti con appello incidentale, riformava la decisione del Tribunale. La Corte accoglieva l ‘eccezione di prescrizione del termine
ex art. 1669 co. 1 c.c. di un anno dal denuncia dei vizi, osservando che essi erano stati denunciati già nel 2000 e che il drenaggio realizzato nel 2001 non poteva costituire un nuovo dies a quo. Rilevava infatti che gli attori non avevano dimostrato la diversità tra i difetti denunciati nel 2008 e quelli precedenti. La Corte rigettava quindi la domanda risarcitoria, dichiarava assorbita la domanda di manleva e condannava i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Ricorrono in cassazione gli attori con otto motivi, illustrati da memoria. Resiste l’assicurazione con controricorso e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia violazione di legge per avere la Corte di appello ritenuto ammissibile l’appello incidentale tardivo proposto da RAGIONE_SOCIALE, nonostante tale parte fosse estranea rispetto all’appellante principale, Zurich RAGIONE_SOCIALE La sentenza impugnata, basandosi su un’errata applicazione dell’art. 334 co. 1 c.p.c., ha considerato legittima l’impugnazione incidentale tardiva di RAGIONE_SOCIALE, malgrado mancasse un interesse giuridico connesso all’appello principale, in quanto non esis teva alcuna relazione tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Tale decisione contrasta con il principio secondo cui l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile solo se strettamente collegata all’oggetto dell’impugnazione principale.
Il motivo è rigettato.
All’accoglimento del motivo si frapporrebbe già una lettura dell ‘a rt. 334 co. 1 c.p.c. scevra da superfetazioni: « le parti contro le quali è stata proposta l’impugnazione possono proporre impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine ». Una tale lettura ha trovato finalmente ingresso presso questa Corte, nel senso che: « L’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile tutte le volte che quella principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla
sentenza che l’impugnato, in mancanza dell’altrui gravame, avrebbe accettato e, conseguentemente, può essere proposta sia nei confronti del ricorrente principale, anche con riguardo ad un capo della sentenza diverso da quello investito dall’impugnazione principale, sia nelle forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro parti processuali diverse dall’impugnante principale, tutte le volte che, nel caso concreto, il gravame di uno qualsiasi dei litisconsorti, se accolto, comporterebbe un pregiudizio per l’impugnante incidentale tardivo poiché darebbe luogo ad una sua soccombenza totale o, comunque, più grave di quella stabilita nella decisione gravata (così, Cass. 14596/2020). La lettura estensiva rispetto agli orientamenti giurisprudenziali restrittivi più risalenti nel tempo ha trovato ulteriore suggello nella recente pronuncia delle Sezioni Unite: Cass. SU 8486/2024.
2. Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1669 c.c. sotto il profilo della determinazione del dies a quo di decorrenza dei termini ivi previsti a partire dalla edificazione del fabbricato invece che dal «compimento dell’opera» come previsto dall’arti colo menzionato.
Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., per non avere la Corte di appello considerato gli elementi probatori che dimostravano come l’immobile fosse ancora in costruzione nel 2000. Tale omissione ha inficiato il ragionamento logico-giuridico alla base della decisione, con conseguente erronea individuazione del dies a quo dei termini decadenziali.
Il quarto motivo denuncia omesso esame di fatto decisivo per avere la Corte di appello ritenuto irrilevante il sistema di drenaggio realizzato nel 2001, escludendo che tale intervento potesse costituire riconoscimento per facta concludentia dei vizi. La sentenza ha omesso di considerare che l’intervento di drena ggio era stato eseguito su un’opera non ancora completata, pregiudicando una corretta valutazione della sua rilevanza ai fini del decorso dei termini.
Il secondo, il terzo e il quarto motivo possono essere conosciuti contestualmente per connessione.
Il secondo motivo è accolto.
L’art. 1669 c.c. è univoco nel ricollegare al «compimento» dell’opera (e non già alla mera edificazione della sua struttura portante) l’inizio del decorso del termine decennale , come è stato recentemente ribadito da Cass. 27385/2023, ove si è parimenti ritornati a precisare che tale previsione concreta un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale con carattere di specialità rispetto al disposto dell’art. 2043 c.c., finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale.
Nel caso di specie, la Corte di appello non ha svolto alcun accertamento circa il momento in cui l’opera poteva dirsi comp iuta, ma si è accontentata di constatare -quasi en passant -che « l’edificazione del fabbricato risale al 1999». In altre parole, la sentenza ha confuso la mera edificazione del fabbricato con il completamento dell’opera, determinando così in modo conseguentemente erroneo l’inizio di decorrenza del termine decennale , sebbene l’immobile risultasse ancora in costruzione nel periodo successivo, come emerge da un altro passo della stessa sentenza di appello, p. 9 s., ove la Corte di appello mostra di ad erire alla constatazione che l’intervento di drenaggio del 2001 rientrava fra quelli di «completamento dell’immobile» . Ciò che rende giuridicamente impossibile far decorrere dal 2000 il termine annuale ex art. 1669 co. 2 c.c. di prescrizione del diritto del committente (come invece statuito dalla Corte), poiché ciò equivarrebbe ad ancorarne il dies quo ad una denuncia anteriore al «compimento dell’opera» , che invece è il presupposto affinché si metta in moto la serie dei tre termini interdipendenti prevista dall’art. 1669 c.c. (termine decennale ex art. 1669 co. 1 c.c., appunto dal compimento dell’opera ; termine di un anno ex art. 1669 co. 1 ultima parte c.c. dalla scoperta; termine di un anno ex art. 1669 co. 2 c.c. dalla denuncia).
L’accoglimento del secondo motivo implica che, in sede di rinvio, la Corte di appello dovrà prima di tutto accertare la data di compimento dell’opera.
L’accoglimento del secondo motivo implica altresì l’assorbimento del terzo e del quarto motivo, formulati in via subordinata dallo stesso ricorrente.
3. – Il quinto motivo denuncia nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., per avere la pronuncia impugnata ritenuto che la contro-eccezione -di avere acquisito solo in coincidenza con il deposito della relazione di consulenza svolta nel procedimento per ATP un apprezzabile grado di conoscenza circa l’origine dei vizi non era stata svolta dagli acquirenti, e che il giudice di primo grado l’ha illegittimamente valorizzata d’ufficio, trattandosi, in thesi, di eccezione riservata alla parte, quando invece essa concreta senz’altro una contro -eccezione circa l’eccepita decadenza dal termine di denuncia dei vizi, come tale pacificamente rilevabile d’ufficio . In altre parole, si fa valere che la Corte di appello ha anticipato il momento della scoperta dei vizi al 2000, senza tenere conto che solo con il deposito della relazione tecnica dell’ ATP, avvenuto nel 2009, era stata acquisita una sicura conoscenza delle cause dei difetti. La sentenza ha quindi violato il principio secondo cui il termine per la denuncia dei vizi decorre solo dal momento in cui il danneggiato ottiene una conoscenza completa e adeguata dei difetti e delle loro cause.
Il sesto motivo denuncia violazione di legge, per avere la sentenza impugnata individuato la scoperta dei vizi, ai fini del computo dei termini annuali posti dall’art. 1669 c.c., in un momento anteriore all’acquisizione, da parte dei condòmini, di idonei accertamenti tecnici.
Il settimo motivo denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., per avere la Corte di appello erroneamente posto a carico dei proprietari l’onere di provare che i vizi denunciati nel 2008 fossero diversi da
quelli già emersi nel 2000, anziché richiedere all’appaltatore di dimostrare l’esistenza di una sicura conoscenza delle cause dei vizi in epoca anteriore al deposito dell’ ATP del 2009. Tale errata ripartizione dell’onere della prova ha comportato un ulteriore vizio della decisione impugnata.
Il quinto, il sesto e il settimo motivo possono essere conosciuti contestualmente per connessione.
È fondato il sesto motivo, con assorbimento del quinto e del settimo.
In primo luogo, la decisione della Corte di appello si fonda sul costrutto singolare e insostenibile (riprodotto dal ricorrente nel quinto motivo, al fine della critica) di un erroneo rilievo d’ufficio di una contro-eccezione riservata alla parte. Ciò impone di ritornare a precisare che, se è vero che incombe al committente l’onere di provare che la data della scoperta dei vizi si colloca entro l’anno anteriore alla denuncia, è altrettanto vero che, alla stregua del l’orientamento costante di questa Corte (disatteso dalla Corte di appello), come espresso esemplarmente da Cass. 27693/2019 (cui si rinvia per ulteriori precedenti): « In tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’art. 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finché il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti e tale consapevolezza non può ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravità dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause».
Applicato al caso di specie, ciò significa che il termine per la denunzia non è iniziato a decorrere prima del giorno in cui è stato depositato l’ ATP (nell’ottobre del 2009) . Infatti, tale termine può essere eccezionalmente anticipato ad una data anteriore all’esito degli approfondimenti tecnici (per continuare a citare Cass. 27693/2019) solo in presenza di tre condizioni concomitanti, cioè
che il problema sia percepibile immediatamente: (a) sin dal suo primo manifestarsi, sia (b) nella sua reale entità (cioè nelle sue dimensioni effettive), sia (c) nelle sue possibili cause. Già la semplice narrazione dello svolgimento dei fatti, sul quale fondamentalmente non vi è contrasto fra le parti, esclude che tale concomitanza di condizioni si sia verificata nel caso di specie.
È accolto il sesto motivo.
Sono assorbiti il quinto e il settimo motivo.
4. -L’accoglimento del sesto motivo determina altresì l’assorbimento dell ‘ ottavo motivo, che denuncia nullità della sentenza per essere la Corte distrettuale incorsa in violazione del giudicato interno là dove ha valorizzato i vizi manifestatisi nel 2003 -ritenendo non assolto l’onere della prova, da parte dei ricorrenti, della diversità degli stessi rispetto ai vizi oggetto di causa -in totale assenza di idoneo motivo d’appello avverso l’accertamento di prime cure circa la radicale alterità, sul piano ontologico ed eziologico, di quei vizi manifestatisi nel 2003 rispetto a quelli oggetto del presente giudizio.
-La Corte accoglie il secondo e il sesto motivo, rigetta il primo motivo, dichiara assorbiti il terzo, il quarto, il quinto e il settimo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai due motivi accolti; rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il sesto motivo, rigetta il primo motivo, dichiara assorbiti il terzo, il quarto, il quinto e il settimo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai due motivi accolti; rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29/01/2025.