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Garanzia vizi cosa venduta: il fatto non basta

Un ente comunale vende un terreno su cui insiste un condotto fognario non dichiarato. L’acquirente chiede la risoluzione del contratto. La Corte di Cassazione, riformando le decisioni precedenti, stabilisce che la garanzia per vizi della cosa venduta, ai sensi dell’art. 1489 c.c., si applica solo in presenza di un effettivo diritto legale di un terzo sul bene, e non per una mera situazione di fatto, per quanto gravosa. La sentenza di appello viene quindi annullata con rinvio.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Garanzia per vizi della cosa venduta: quando un peso è solo di fatto e non di diritto

Acquistare un immobile e scoprire solo in seguito l’esistenza di un vizio occulto è uno degli incubi più comuni per chi investe nel mattone. Ma cosa succede se questo “vizio” non è un difetto materiale, ma la presenza fisica di un’opera, come una fognatura, che limita l’uso della proprietà? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, offre un chiarimento fondamentale sulla garanzia per vizi della cosa venduta, specificando la differenza tra una mera situazione di fatto e l’esistenza di un diritto di terzi, unica condizione che attiva la tutela prevista dall’art. 1489 del codice civile.

I fatti del caso: un acquisto immobiliare con sorpresa

La vicenda ha origine dalla compravendita di un terreno da parte di un’acquirente da un ente comunale. Il contratto garantiva la piena proprietà e la libertà del bene da pesi, diritti e pretese di terzi. Tuttavia, in fase di progettazione di un nuovo intervento edilizio, l’acquirente scopriva che il terreno era attraversato trasversalmente da un condotto fognario comunale in uso, completo di pozzetti di ispezione.

Questa presenza, non dichiarata nell’atto di vendita, diminuiva drasticamente la potenzialità edificatoria e il valore del terreno. Di conseguenza, l’acquirente citava in giudizio l’ente comunale chiedendo la risoluzione del contratto, la restituzione del prezzo pagato e il risarcimento dei danni.

Le decisioni dei giudici di merito

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello davano ragione all’acquirente. I giudici di merito ritenevano che, sebbene non esistesse un atto formale che costituisse una servitù di fognatura, la situazione di fatto fosse equiparabile a un onere gravante sull’immobile. Secondo la Corte d’Appello, tale situazione rientrava nell’ambito di applicazione dell’art. 1489 c.c., poiché l’ente venditore, dopo la vendita, era diventato “terzo” rispetto alla proprietà del bene ma rimaneva titolare dell’interesse pubblico servito dalla conduttura.

La garanzia per vizi della cosa venduta secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha ribaltato questa interpretazione, accogliendo il ricorso dell’ente comunale. Il punto centrale della decisione è la distinzione netta tra una “pretesa giuridica” di un terzo e una “molestia di fatto”.

L’art. 1489 c.c. è posto a tutela del compratore contro i rischi che terzi vantino diritti reali (come una servitù) o personali sul bene, che non siano stati dichiarati nel contratto. La norma, quindi, presuppone l’esistenza di un diritto effettivo, e non semplicemente di una situazione fisica che limita il godimento del bene.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che la responsabilità del venditore sorge quando l’acquirente rischia di subire un’azione legale da parte di un terzo che afferma di avere un diritto sul bene. Contro le mere “molestie di fatto”, come potrebbe essere un’occupazione senza titolo, l’acquirente, in quanto nuovo proprietario, ha già gli strumenti per difendersi da solo.

Nel caso specifico, non esisteva alcun diritto di servitù formalmente costituito. Prima della vendita, il proprietario del terreno e del condotto fognario era lo stesso ente comunale, e non può esistere una servitù su cosa propria. Con l’atto di vendita, l’ente non si era riservato alcun diritto sulla conduttura; anzi, aveva garantito che il bene fosse libero da pretese di terzi. Pertanto, mancava il presupposto fondamentale per l’applicazione della garanzia: un diritto altrui opponibile al compratore.

L’argomentazione secondo cui il Comune venditore sarebbe diventato “terzo” dopo la vendita è stata ritenuta contraddittoria, perché implicherebbe che lo stesso venditore intendesse vantare un diritto che non si era riservato e la cui esistenza aveva esplicitamente negato nel contratto.

Conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce un principio di diritto cruciale: per invocare la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 1489 c.c., l’acquirente deve dimostrare non solo che il bene è gravato da un onere fisico, ma che tale onere corrisponde a un diritto effettivo e giuridicamente tutelato in capo a un terzo. Una mera situazione di fatto, per quanto possa ridurre il valore o l’utilità del bene, non è sufficiente per attivare questa specifica forma di tutela contrattuale. Resta da vedere, nel giudizio di rinvio, se potranno essere esperiti altri rimedi a tutela dell’acquirente.

La semplice presenza di un’opera non dichiarata su un terreno venduto attiva la garanzia ex art. 1489 c.c.?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la garanzia prevista dall’art. 1489 c.c. non scatta per la mera presenza fisica di un’opera (situazione di fatto), ma richiede che tale opera sia oggetto di un effettivo diritto reale o personale di godimento vantato da un terzo.

Chi è considerato “terzo” ai fini dell’applicazione dell’art. 1489 c.c.? Il venditore può esserlo?
Il “terzo” è un soggetto diverso dal venditore e dal compratore che vanta un diritto sul bene. La Corte ha ritenuto contraddittorio considerare il venditore stesso come “terzo” dopo la vendita, specialmente quando nel contratto non si è riservato alcun diritto e ha garantito l’assenza di pretese altrui.

Cosa deve dimostrare l’acquirente per ottenere la risoluzione del contratto in base all’art. 1489 c.c.?
L’acquirente deve dimostrare l’esistenza di un diritto effettivo e giuridicamente opponibile di un terzo sul bene acquistato, non dichiarato nel contratto di vendita. La prova della sola esistenza di una situazione di fatto che limita il godimento del bene non è sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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