Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5182 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5182 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 7462/2020 R.G. proposto da:
COMUNE DI COGNOME, p.i. P_IVA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma presso l’avv. NOME COGNOME, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
contro
ricorrenti
nonché contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL e EMAIL controricorrente
OGGETTO:
azione di risoluzione ex art. 1489 c.c.
RG. 7462/2020
C.C. 18-2-2025
avverso la sentenza n.3632/2019 della Corte d’Appello di Milano, depositata il 4-9-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18-22025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 824/2017 depositata il 20-5-2017 il Tribunale di Pavia ha accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti del Comune di Mortara, per l’effetto ha dichiarato la risoluzione del contratto di compravendita stipulato dalle parti il 29-62010 e ha condannato il Comune di Mortara a restituire a NOME COGNOME il prezzo pagato di Euro 390.000,00 con gli interessi dalla domanda e a risarcire il danno, quantificato in Euro 80.862,16 con gli interessi dalla sentenza al saldo.
La sentenza ha considerato che il Comune di Mortara aveva dettato le condizioni e le modalità di vendita all’asta dell’immobile di proprietà comunale denominato ‘magazzino comunale’ sito in INDIRIZZO con la espressa specificazione ‘situazion i particolari relative a diritti di terzi: nessuna’; era risultata aggiudicataria all’asta NOME COGNOME, alla quale l’immobile era stato trasferito in proprietà al prezzo di Euro 390.000,00 con rogito del segretario comunale del 29-6-2010, il cui art.4 prevedeva che la parte venditrice ‘garantisce la piena proprietà degli immobili oggetto del presente atto e ne garantisce la loro libertà da iscrizioni ipotecarie, trascrizioni pregiudizievoli, privilegi, pesi, diritti e pretese di terzi in genere aventi diritto a prelazioni, tasse, tributi e contributi, arretrati di imposta, canoni, vincoli e oneri ad eccezione di servitù costituita da cabina elettrica posta sul lato est in fregio all’attuale recinzione su INDIRIZZO. Successivamente l’attrice procede tte alla demolizione del fabbricato esistente sul terreno e a dare l’incarico per la progettazione
dell’intervento edilizio ma, in occasione dell’accesso per le misurazioni, il professionista notò la presenza sul terreno di due chiusini che si scoprì essere pozzi di ispezione di un condotto fognario che attraversava trasversalmente il terreno ; quindi, poiché l’esistenza del condotto fognario diminuiva di molto la potenzialità edificatoria dell’area, l’attrice aveva agito per sentire dichiarare la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1489 cod. civ., con condanna alla restituzione del prezzo pagato e al risarcimento dei danni, mentre il Comune di Mortara aveva chiesto il rigetto delle domande.
2.Avverso la sentenza di primo grado il Comune di Mortara ha proposto appello, al quale ha resistito proponendo anche appello incidentale NOME COGNOME a seguito del suo decesso si sono costituiti gli eredi, NOME e NOME COGNOME e separatamente NOME COGNOME.
Con sentenza n. 3632/2019 depositata il 4-9-2019 la Corte d’appello di Milano ha integralmente rigettato sia l’appello principale che quello incidentale. La sentenza ha considerato la descrizione dello stato dei luoghi eseguita dalla consulenza tecnica d’ufficio svolta in primo grado, secondo la quale il terreno venduto dal Comune era percorso da un condotto fognario di consistenti dimensioni ancora in utilizzo -stante la presenza di refluo, gli scarichi ben visibili nelle fotografie e le prove con colorante eseguite dal c.t.u., che confermavano la confluenza degli scoli nella fognatura comunale-, con presenza anche di pozzetti di ispezione. Ha dichiarato che, pur non essendo rinvenibile un titolo di acquisto della servitù, era ravvisabile una situazione di fatto equivalente a quella di una servitù, che era possibile anche con riferimento a servitù di uso pubblico in mancanza di opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio; ha dichiarato che si trattava di stato di fatto riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 1489 cod. civ., in quanto si era in presenza di un peso sul fondo che
ne diminuiva il valore e giustificava i rimedi di cui all’art. 1489 cod. civ., non essendo i manufatti destinati all’utilizzo della servitù tali da poter qualificare la servitù come apparente; ha aggiunto che terza nel senso richiesto dall’art. 1489 cod. civ. era la stessa Amministrazione comunale, avendo l ‘Amministrazione ceduto la proprietà dell’immobile sul quale transitava la fossa civica di utilità per la collettività, in quanto nel caso di diritto reale minore -fino alla vendita consolidato nel diritto di proprietà del venditore-, che gravasse sul bene venduto rimanendo in capo al venditore, il venditore diveniva terzo nel momento della vendita.
La sentenza ha confermato la sentenza di primo grado in ordine all’esistenza di elementi tali da giustificare la risoluzione del contratto, quali il minore valore del terreno considerandone la superficie non edificabile, calcolato in Euro 48.806,34 pari a oltre il 12,5% del prezzo concordato, la diminuzione di valore nella prospettiva futura di mancata edificazione sull’area occupata dalla condutt ura, calcolata in Euro 141.802,50, nonché considerando i costi di disfacimento dell’impianto fognario, calcolati dal c.t.u. in Euro 97.716,98, e perciò in importo pari a quasi un quarto del prezzo pagato.
3.Il Comune di Mortara ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Hanno resistito con unico controricorso NOME e NOME COGNOME e con separato controricorso NOME COGNOME.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il Comune ricorrente e i controricorrenti NOME e NOME COGNOME hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 18-2-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo di ricorso è intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione artt. 1489 e 825 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.’; il Comune ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia accolto la sua tesi in ordine all’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 1489 cod. civ. e abbia ritenuto presente sul fondo oggetto di compravendita una servitù di fatto di natura pubblicistica; evidenzia che non sussisteva servitù di uso pubblico, perché prima della compravendita il terreno era di proprietà del Comune e dal momento della stipula della compravendita non era sorta né poteva consolidarsi alcuna servitù di uso pubblico, avendo il Comune provveduto a scollegare il condotto dopo il sopralluogo del c.t.u. Quindi sostiene che l’art. 1489 cod. civ. non si applichi in presenza di mera situazione di fatto in astratto corrispondente a diritto altrui e aggiunge che la sentenza, laddove ha dichiarato che il venditore era divenuto terzo ai fini dell’applicazione dell’art. 1489 cod. civ. , abbia eseguito interpretazione aberrante dell’art. 1489 cod. civ.
1.1.Il motivo è fondato.
La sentenza impugnata, confermando la sentenza di primo grado, ha pronunciato la risoluzione del contratto di compravendita ex art. 1489 cod. civ. in presenza, testualmente, di una situazione di fatto corrispondente a una servitù di uso pubblico, dando espressamente atto che non sussisteva un atto costitutivo della servitù di fognatura, ma che la situazione di fatto corrispondeva all’esercizio del diritto e ciò era sufficiente a ritenere l’esistenza sul fondo compravenduto di peso ai sensi dell’art. 1489 cod. civ. La pronuncia non riesce a sottrarsi alle critiche della ricorrente, perch é l’art. 1489 cod. civ. disciplina il caso in cui la cosa venduta sia gravata da oneri, diritti reali o personali e, come già statuito dalla Suprema Corte , al fine dell’applicazione della disposizione occorre che il bene compravenduto sia effettivamente
gravato da un diritto da parte di un terzo. Non è pertanto sufficiente una situazione di fatto in astratto corrispondente a un diritto altrui, ma è necessario che ricorrano le condizioni per poter affermare l’effettiva esistenza di esso; ciò perché il venditore può essere chiamato a rispondere di pretese giuridiche che un terzo ritenga di poter vantare sul bene e non già di pretese di fatto, a cui il compratore a sua volta, in quanto titolare del bene, è perfettamente in grado di reagire. La delimitazione della responsabilità del venditore con riferimento ai soli casi in cui i terzi pretendano di vantare diritti nei confronti del bene è coerente, da un lato, con l’oggetto giuridico del trasferimento (il diritto di piena proprietà del bene, privo di vincoli e diritti altrui non apparenti e non dichiarati nell’atto), dall’altro con la situazione di possesso che, per effetto dello stesso, viene trasferita all’acquirente, in forza della quale questi può reagire a molestie di fatto; ne deriva che la responsabilità del venditore ai sensi dell’art. 1489 cod. civ. richiede la dimostrazione dell’esistenza di un diritto altrui sul bene, prova che non può che essere posta a carico di chi da tale situazione ritenga di far discendere propri diritti (Cass. Sez. 2 28-12-2011 n. 29367 Rv. 620777-01, Cass. Sez. 2 13-1-1979 n.276 Rv. 396354-01, Cass. Sez. 3 29-10-1971 n. 3067 Rv. 354385-01).
Non riescono ad addurre alcun argomento a favore della conclusione della Corte d’appello le ulteriori considerazioni svolte nella sentenza impugnata, né laddove richiama Cass. 14049/2008, relativamente all’ipotesi di occupazione di un fondo privato da parte di opere adibite a finalità pubbliche, che comportano l’imposizione e l’esercizio di una servitù di fatto, da cui deriva un pregiudizio permanente per la perdita di disponibilità della parte del bene occupato dal manufatto; né laddove afferma che il Comune, avendo ceduto la proprietà dell’immobile su cui transitava il tratto di fognatura, è divenuto terzo ai fini dell’art. 1489 cod. civ. al momento della vendita.
L’imposizione di servitù di fatto, secondo l’indirizzo richiamato dalla stessa sentenza impugnata, comporta esclusivamente una responsabilità risarcitoria da fatto illecito a carattere permanente (fino a che sia rimossa l’opera o sia costituita regolare servitù), in capo al l’ente pubblico che ha eseguito l’opera senza titolo (Cass. Sez. 1 511-2012 n. 18936 Rv. 624582-01 relativamente a rete fognaria e Cass. Sez. 1 7-6-2013 n. 14422 Rv. 626600-01 relativamente a condotta di scolo); quindi, non si tratta di attività che possano comportare l’insorgere di un diritto di terzo sul bene o di un onere sul bene ai fini dell’applicazione dell’art. 1489 cod. civ.
Per di più, come evidenziato dal ricorrente, nella fattispecie l’imposizione sarebbe da attribuire alla responsabilità dello stesso Comune venditore, il quale ha trasferito l’immobile sul quale era la condotta fognaria senza costituire alcun diritto a suo favore nell’atto di compravendita. L ‘affermazione della sentenza secondo la quale, a seguito della vendita, il Comune è divenuto terzo ai fini della titolarità della servitù presuppone che il Comune venditore intendesse vantare un qualche diritto relativamente alla condotta dopo la vendita; ciò risulta in insuperabile contraddizione con il fatto che l ‘ente non si era riservato alcun diritto sulla condotta al momento della compravendita, come riconosciuto dalla stessa sentenza laddove ha dato atto che non vi era un titolo costitutivo della servitù. Quindi, neppure sotto questo profilo emergono i presupposti per l’applicazione dell’art. 1489 cod. civ., in quanto, secondo risalente ma non contraddetto principio, la garanzia ai sensi dell’art. 1489 cod. civ. non richiede che l’accertamento dell’onere promani necessariamente da una pronuncia giudiziale resa tra il terzo e il compratore, ma richiede che sia certa l’esistenza del diritto del terzo, come nel caso in cui tale esistenza sia ammessa dal venditore (Cass. Sez. 2 28-8-1993 n. 9147 Rv. 48361401, Cass. Sez. 3 29-10-1971 n. 3067 Rv. 354385-01). Nella fattispecie,
diversamente, è acquisito che all’art. 4 del contratto il Comune garantiva la libertà dell’immobile compravenduto da qualsiasi peso e pretesa di terzi, a eccezione della servitù costituita dalla cabina elettrica; quindi non solo l’ente venditore non ammetteva l’esistenza della servitù ma anche, garantendone l’assenza , riconosceva di non avere neppure alcuna pretesa propria.
2.Con il secondo motivo il ricorrente deduce ‘ violazione e/o falsa applicazione art. 1480 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. -omessa pronuncia in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c.’ e lamenta che la sentenza impugnata, dopo avere esplicitato ragioni che avrebbero al più giustificato una domanda di riduzione del prezzo e di risarcimento del danno, non abbia motivato in ordine alla necessità, ai fini della risoluzione del contratto, che si configurasse l’essenzialità della parte del bene gravata dall’onere in relazione all’economia complessiva della convenzione.
2.1.Il motivo risulta assorbito in ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, in quanto l’illegittima applicazione dell’art. 1489 cod. civ. alla fattispecie comporta anche il venire meno del richiamo dell’art. 1489 cod. civ. all’art. 1480 cod. civ. e quindi l’irrilevanza delle questioni relativ e all’erronea applicazione dello stesso art. 1480 cod. civ.
3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che deciderà facendo applicazione dei principi esposti e attenendosi a quanto sopra esposto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano
in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione