Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 31288 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 31288 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28447/2020 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 149/2020 depositata il 21/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/10/2024 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza N.149/2020 del 21.1.2020, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha accolto la domanda con la quale COGNOME NOME e COGNOME NOME avevano chiesto la condanna di COGNOME NOME alla riduzione del prezzo di vendita del cane NOME per vizi dell’animale, oltre al risarcimento dei danni.
Gli attori avevano esposto di aver acquistato da COGNOME NOME, venditore di animali, il cane di nome NOME che, al momento dell’acquisto era privo di coda e di un testicolo; dopo la consegna, avevano scoperto che il cane aveva anche altre gravi malformazioni genetiche ed avevano sostenuto consistenti spese per le sue cure.
1.1.La Corte d’appello ha ritenuto che l’assenza di coda e di un testicolo fossero vizi manifesti, tanto più che l’animale non era stato acquistato per finalità riproduttive e, in relazione a tali vizi, ha rigettato la domanda; quanto alla malformazione a carico delle vertebre e dei tessuti molli, il giudice d’appello ha ritenuto che si trattasse di vizi occulti ed ha condannato il venditore alla riduzione del prezzo ed al risarcimento dei danni.
1.2.Con ordinanza del 21.5.2020, su istanza di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME è stata disposta la correzione della sentenza d’appello nella parte in cui era stata omessa la condanna di COGNOME NOME alla consegna del pedigree di entrambi i cani oggetto del contratto e l’iscrizione all’anagrafe canina di Siena del passaggio di proprietà del cane NOME, in forza del contratto del 19.9.2007; la
sentenza è stata corretta anche in relazione alla condanna del Marchi alla restituzione di quanto pagato dagli attori in eccedenza rispetto alla somma di € 100,00 e non di € 200,00.
2.COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di due motivi.
2.1.NOME e NOME hanno resistito con controricorso
2.2.Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
2.3.In prossimità della camera di consiglio, i controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Deve essere preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per omessa notifica del decreto di correzione della sentenza impugnata perché irrilevante ai fini della decisione.
1.1.La correzione della sentenza d’appello ha riguardato l’omessa condanna di COGNOME NOME alla consegna del pedigree di entrambi i cani oggetto del contratto di vendita e l’iscrizione all’anagrafe canina di Siena del passaggio di proprietà del cane NOME, in forza del contratto del 19.9.2007, profilo che non è attinto dai motivi di ricorso. 1.2.Parimenti irrilevante è la correzione della sentenza in relazione alla condanna del Marchi alla restituzione di quanto pagato dagli attori in eccedenza rispetto alla somma di € 100,00 e non di € 200,00, trattandosi di capo della sentenza che non influisce sulla decisione.
2.Va rilevato, sempre in via preliminare, che i controricorrenti, nella memoria illustrativa, hanno dedotto loro qualifica di consumatori.
2.1.Anche questa deduzione non incide sull’esito del giudizio.
2.2. E’ ius receptum che la qualifica di consumatore deve essere rilevata d’ufficio, anche se non dedotta dalle parti in causa, con la conseguente applicazione della normativa speciale (da ultimo Cassazione civile sez. un., 06/04/2023, n.9479).
2.3.Nel caso di specie, non vi è dubbio che COGNOME NOME abbia venduto il cane nell’esercizio della propria attività professionale ed i ricorrenti lo abbiano acquistato per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana, estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata (Cass., Sez. 6 – 3, n. 5705 del 12/03/2014; Sez. 6 – 1, n. 21763 del 23/09/2013).
2.4. In tema di compravendita di animali, la persona fisica che acquista un animale da compagnia (o d’affezione), per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata, va qualificato a tutti gli effetti “consumatore”, così come va qualificato “venditore”, ai sensi del codice del consumo, chi, nell’esercizio del commercio o di altra attività imprenditoriale, venda un animale da compagnia (Cassazione civile sez. II, 06/12/2022, n.35844 non massimata).
2.5.Quanto alla disciplina applicabile, l’art. 135, comma 2, del codice del consumo stabilisce che, in tema di contratto di vendita, le disposizioni del codice civile si applicano “per quanto non previsto dal presente titolo”; e che l’art. 1469 bis c.c., introdotto dall’art. 142 del codice del consumo, stabilisce che le disposizioni del codice civile contenute nel titolo “Dei contratti in generale” “si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore”. Esiste, dunque, nell’attuale assetto normativo della disciplina della compravendita, una chiara preferenza del legislatore per la normativa
del codice del consumo relativa alla vendita ed un conseguente ruolo “sussidiario” assegnato alla disciplina codicistica (relativa tanto al contratto in generale che alla compravendita): nel senso che, in tema di vendita di beni di consumo, si applica innanzitutto la disciplina del codice del consumo (artt. 128 e segg.), potendosi applicare la disciplina del codice civile solo per quanto non previsto dal codice del consumo.
2.6. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha applicato le norme del Codice civile in materia di vendita ma l’applicazione del Codice del Consumo avrebbe condotto al medesimo esito del giudizio, non venendo in contestazione l’esistenza di clausole abusive, né l’eccezione in ordine alla violazione dei termini di decadenza e prescrizione per la denuncia dei vizi sicchè la normativa civilistica, per quanto residuale rispetto alla normativa del Codice del Consumo, ha garantito la medesima tutela agli attori, indipendentemente dalla loro qualità di consumatori.
3. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione de ll’ art. 1490 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello applicato la disciplina della vendita di cose mobili, senza considerare la peculiarità della vendita di animale; in tale ipotesi, i vizi consistenti nelle malformazioni congenite a carico delle vertebre e dei tessuti molli costituirebbero vizi occulti non conoscibili dal venditore se non con indagini invasive e mirate. Trattandosi di essere vivente, pur applicandosi la disciplina della vendita di cosa mobile, non sarebbe prassi o consuetudine svolgere mirati esami diagnostici, considerando che il cane NOME era destinato ad essere un animale di compagnia. Gli acquirenti avrebbero, pertanto, dovuto fronteggiare evenienze relative allo stato di salute del cucciolo e, conseguentemente, l’obbligo di
garanzia dovrebbe valutarsi con minor rigore. In ogni caso, in presenza di vizi dell’animale, il rimedio previsto dovrebbe essere la risoluzione del contratto e non la riduzione del prezzo, con condanna del venditore a rimborsare le spese e le cure sopportate dal cane.
4.Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt.1490 e 1476 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.; la Corte d’appello avrebbe errato nell’affermare che il venditore si era obbligato a garantire che il cane fosse in buone condizioni di salute in quanto il venditore avrebbe espressamente dichiarato di non conoscere il cucciolo. I compratori sarebbero stati consapevoli delle malformazioni dell’animale ed avrebbero accettato il rischio dell’evoluzione clinica delle patologie.
5.I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
5.1.L’art. 810 c.c. definisce i beni come le cose che possono formare oggetto di diritti reali ovvero di rapporti negoziali e, nel novero dei beni mobili sono inclusi anche gli animali.
5.2.Gli animali, perciò, possono costituire oggetto di compravendita (art. 1470 c.c.); e lo stesso codice civile disciplina specificamente la compravendita di animali nell’apposita fattispecie di cui all’art. 1496 c.c., denominata appunto “vendita di animali”.
5.3. La Corte d’appello ha correttamente applicato la disciplina della vendita di cose mobili.
5.4.Il venditore era, pertanto, tenuto a garantire il compratore dai vizi della cosa, ai sensi dell’art.1476, comma 1, n.3 c.c. salvo che i vizi non fossero evidenti o facilmente riconoscibili; in applicazione di tale principio, la garanzia non è stata correttamente estesa dalla Corte d’appello alla mancanza della coda o del testicolo, anomalie che erano evidenti ictu oculi al momento della vendita.
5.5. Si trattava non solo di vizi palesemente riconoscibili ma non rilevanti ai fini della garanzia perché il venditore non aveva garantito la capacità riproduttiva del cucciolo ed i compratori non avevano manifestato interesse alla capacità riproduttiva.
5.6. Diversamente, la garanzia per vizi era operante per le altre patologie dell’animale, risultando che il cane era affetto da criptorchidismo e da malformazione genetica delle pelvi, da patologie a carico delle vertebre e dei tessuti molli.
5.7.Si trattava di vizi occulti che si erano manifestati dopo la vendita nonostante il venditore avesse garantito la qualità, sanità e purezza di razza del cane ( pag.7 della sentenza impugnata).
5.8.Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di vendita di animali, le norme del codice civile si applicano in mancanza di leggi speciali o, in via gradata, degli usi locali; il venditore è tenuto alla garanzia per vizi per il solo fatto oggettivo della loro presenza, salvo che il compratore fosse a conoscenza dei vizi o che gli stessi fossero facilmente riconoscibili sempre che il venditore non abbia dichiarato che l’animale ne era esente (Cassazione civile sez. II, 17/05/2004, n.9330 )
5.9. Si tratta di vizi che rilevano anche in relazione all’art.130 del Codice del Consumo, nella formulazione ratione temporis applicabile , sotto il profilo del ‘difetto di conformità’ del bene.
5.10.Sussiste, pertanto, la responsabilità del venditore, il quale era tenuto ad una particolare diligenza in qualità di venditore professionale mentre aveva garantito la salute del cucciolo, senza assicurarsi delle reali condizioni patologiche in modo da porre gli acquirenti nella condizione di decidere se concludere il contratto, nella consapevolezza delle sofferenze che l’animale avrebbe dovuto sopportare, dei disagi da affrontare e delle spese per le cure.
5.11.Ne consegue che, sia ai sensi della normativa civilistica ( art.1492 c.c.) che del Codice del Consumo (art.130, commi 2 e 7 del Codice del Consumo), gli acquirenti potevano chiedere, a loro scelta, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, oltre al risarcimento dei danni.
5.12.Non ha pregio la tesi del ricorrente secondo cui gli acquirenti avrebbero dovuto chiedere la risoluzione del contratto, con gli effetti restitutori che ne derivano dal momento che la normativa generale e quella consumeristica prevedono la possibilità di scelta tra i due rimedi.
5.13.L’obbligo di garanzia per vizi della cosa venduta pone il venditore in situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all’iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto od alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, della ” actio quanti minoris ” o della ” actio redhibitoria “, azioni fondate sul solo dato obiettivo dell’esistenza di vizi, indipendentemente da ogni giudizio di colpevolezza (Cass. Sez. Unite, 13.11.2012, n.19702; Cass. Civ., Sez. II, 28.3.2022, n.9960).
5.14.Quanto al Codice del Consumo, l’art.130, comma 2, subordina la risoluzione del contratto a determinate condizioni, ovvero che : a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5 ;c ) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Si tratta di condizioni che operano anche nel caso di vendita di animali, con gli opportuni adeguamenti inerenti la peculiarità del bene venduto e devono essere dedotte ed allegate in giudizio, mentre nel
caso in esame il venditore nulla ha dedotto al fine di sostenere che non operasse la garanzia per vizi.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione