Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27032 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27032 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 27725/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE p.i. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE p.i. 09748971000, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
avverso la sentenza n. 182/2022 della Corte d’ appello di Perugia, depositata il 22-4-2022, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24-92025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Spoleto l’aveva condannata a pagare a RAGIONE_SOCIALE Euro 114.000,00, oltre interessi e spese, quale saldo del prezzo di Euro
OGGETTO:
compravendita di cosa mobile
RG. 27725/2022
C.C. 24-9-2025
190.000,00 relativo alla fornitura di macchinario per la lavorazione del sapone e la produzione di saponette. L’opponente ha lamentato , tra l’altro, che il macchinario aveva una produttività di sapone inferiore a quella convenuta di kg. 456 all’ora, come accertato nel procedimento di accertamento tecnico preventivo svolto ante causam, che aveva quantificato in Euro 150.000,00 i danni e costi da sostenere per il ripristino di funzionalità del macchinario; ha chiesto perciò in via riconvenzionale la riduzione del prezzo e la condanna della società opposta al pagamento degli importi, riferiti ai costi per il ripristino della funzionalità dell’impianto e al risarcimento degli ulteriori danni.
RAGIONE_SOCIALE ha chiesto il rigetto dell’opposizione . Con sentenza n. 675/2018 pubblicata il 14-8-2018 il Tribunale di Spoleto ha revocato il decreto ingiuntivo e, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE di Euro 40.480,00; ha dichiarato che dal prezzo pattuito dovevano essere detratti l’ importo di Euro 130.000,00 necessario per sostituire la trafilatrice, quello di Euro 19.900,00 per l’adeguamento della macchina alla normativa CE in materia di sicurezza e quello Euro 4.850,00 per costi di consulenze esterne.
Avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello principale e RAGIONE_SOCIALE, appello incidentale. La Corte d’appello di Perugia ha integralmente rigettato entrambe le impugnazioni con la sentenza n. 182/2022, depositata il 22-4-2022.
Per quanto interessa in relazione al ricorso per cassazione proposto, la sentenza ha dichiarato che la circostanza che il macchinario fosse usato non implicava l’esonero della venditrice dall’obbligo di garantire la produttività pattuita di kg. 456 all’ora; la venditrice non aveva circostanziato la peculiarità che l’immissione di
olio d’oliva al 100% nella linea determinasse una minore produttività oraria rispetto al prodotto standard; tale genericità contrastava con l’onere di specificità assertiva facente capo alla venditrice e dalla relazione nell’accertamento tecnico preventivo non risultava fosse stata formulata una richiesta di simulazione della produzione con prodotto composto per l’80% da grasso animale e per il 20% di olio di cocco o di oliva; quindi non poteva essere accolta neppure la richiesta di ammissione di consulenz a tecnica d’ufficio, che non poteva essere utilizzata al fine di esonerare la parte dall’onere di fornire la prova di quanto asserito; inoltre lo strumento d’indagine non poteva essere ammesso nel caso in cui, come nella specie, con esso la parte tendesse con la richiesta di consulenza a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova.
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
In data 11-12-2024 il consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata ex art. 380-bis cod. proc. civ. nel senso della sua manifesta infondatezza e il 15-1-2025 la ricorrente ha chiesto la decisione.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 24-9-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente si dà atto che non sussiste l’incompatibilità del consigliere relatore per il fatto di essere stato anche l’estensore della proposta di definizione ex art. 380-bis cod. proc. civ., in forza dei principi enunciati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10-4-2024 (Rv. 670667-01), alla quale è sufficiente in questa sede rimandare.
2.Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente deduce ‘ nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 115, 132, secondo comma, n. 4, 163 n. 4 e 196 c.p.c. in relazione all’art. 360 n.4 c.p.c.’ e lamenta che la sentenza impugnata erroneamente abbia ritenuto non sufficientemente e specificamente allegati i fatti posti a fondamento della domanda di integrazione e/o rinnovazione della c.t.u. sul livello di produttività del macchinario in relazione al tipo di prodotto nello stesso immesso; rileva di avere dedotto e allegato che il macchinario era concepito per produrre una certa quantità di sapone all’ora , se usato con il prodotto standard, come la società acquirente ben sapeva, e che la ragione per la quale si era riscontrato il lamentato rallentamento nella produzione era da ricercare proprio nella composizione del prodotto immesso nel macchinario, per cui aveva chiesto di integrare o rinnovare la c.t.u., con un esperimento in tal senso. La ricorrente richiama, trascrivendolo nel ricorso, il contenuto dei suoi atti, coi quali aveva chiesto, già in fase di accertamento tecnico preventivo, che le prove di produzione fossero eseguite con il prodotto standard e poi aveva anche dedotto che l’acquirente non aveva mai specificato o preteso che il macchinario dovesse servire per la produzione di sapone costituito da olio di oliva al 100%. Quindi sostiene che, diversamente da quanto affermato nella sentenza, le sue deduzioni non erano state affatto generiche e insufficienti, ma precise e tempestive e avrebbero consentito di verificare quanto da esse sostenuto circa la riscontrata ridotta produttività in relazione all’uso di un prodotto inadeguato al macchinario; deduzione che sarebbe stata verificabile solo con l’esperimento d i c.t.u. Evidenzia, infine, che la prova non avrebbe potuto essere ottenuta con mezzi ordinari e che fin dalla fase sommaria la venditrice aveva prodotto le schede tecniche, dalle quali risultava quale componente chimica avrebbe dovuto avere
l’impasto da immettere nel macchinario per farlo funzionare a pieno regime.
3.La proposta di definizione accelerata ha così testualmente rilevato:
«1.considerato che l’unico articolato motivo di ricorso risulta manifestamente infondato, in quanto non è ravvisabile nella sentenza impugnata alcuna delle violazioni ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. denunciata,
-non è ravvisabile violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che ricorre allorché sia omessa la pronuncia sulla domanda o sull’eccezione e non sul mancato rinnovo della c.t.u. (Cass. Sez. 2 24-11-2020 n. 26709 Rv. 659724-01); per di più nella fattispecie la sentenza impugnata ha compiutamente esposto le ragioni in forza delle quali ha rigettato l’istanza di rinnovazione della c.t.u.,
-non è ravvisabile violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in quanto per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione con la disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30-9-2020 n.20867 Rv. 659037-01),
-non sussiste nullità della motivazione, perché la motivazione soddisfa il minimo costituzionale entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità; infatti la motivazione, avendo esposto le ragioni sulle quali ha fondato la decisione di non rinnovare la c.t.u., non è né mancante, né meramente apparente, né affetta da manifesta e irriducibile
contraddittorietà, né perplessa o incomprensibile, con vizio che emerga esclusivamente dal suo contenuto, mentre rimane estranea al sindacato di legittimità la mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte); nella fattispecie la motivazione della sentenza in ordine al rigetto del rinnovo della c.t.u., con il contenuto che non è necessario in questa sede riportare, risulta -diversamente da quanto lamentato dalla ricorrente- immune da vizi logici e giuridici,
-non sono apprezzabili in sede di legittimità neppure gli argomenti con i quali la ricorrente sostiene di avere fornito gli elementi che giustificavano la rinnovazione della c.t.u. e perciò sostiene l’erroneità della sentenza che non li ha apprezzati e li ha ritenuti generici; si tratta di argomenti che involgono l’apprezzamento di fatto di esclusiva pertinenza del giudice di merito e che rimangono estranei al giudizio di legittimità».
4.Gli argomenti trovano integrale conferma in questa sede, in quanto nessuna delle deduzioni della ricorrente consente al Collegio di discostarsi dal contenuto della proposta, dovendosi dare continuità al principio secondo il quale nel giudizio di appello è ammissibile la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio, ove si contestino le valutazioni tecniche del consulente fatte proprie dal giudice di primo grado; però il giudice di appello non ha l’obbligo di motivare il diniego, che può essere anche implicito, ma è tenuto a rispondere alle censure tecnicovalutative mosse dall’appellante avverso le valutazioni di ugual natura contenute nella sentenza impugnata; quindi, a riguardo non è configurabile un vizio di omessa pronuncia ma, eventualmente, un vizio di motivazione in ordine alle ragioni addotte per rigettare le censure tecniche alla sentenza impugnata (Cass. Sez. 2 24-11-2020 n. 26709 Rv. 659724-01, già
richiamata nella sentenza impugnata, Cass. Sez. 6-2 18-3-2015 n. 5339 Rv. 634871-01, Cass. Sez. 3 19-5-1999 n. 4852 Rv. 526402-01).
Nella fattispecie la sentenza impugnata ha diffusamente esposto le ragioni per le quali ha ritenuto attendibili le conclusioni del consulente d’ufficio nominato in sede di accertamento tecnico preventivo, senza necessità di ulteriori indagini, in quanto ha evidenziato che la società attrice non aveva mai indicato i motivi per i quali la composizione chimica del prodotto al 100% di olio di oliva, con le caratteristiche di cui all’allegato F -olio di sansa di qualità pessima del quale era vietata la commercializzazione come olio da cucinaimmesso nel macchinario determinasse una minore produttività rispetto alla composizione standard di 80% di sego bovino e per il residuo di olio di cocco o di oliva e rallentasse il processo di estrusione del sapone dalla trafilatrice.
L ‘argomentazione è concreta, logica, pienamente comprensibile e ulteriormente si giustifica a fronte del fatto che la sentenza di primo grado, nella parte che era stata censurata dall’appellante e d è riportata in ricorso, recependo la c.t.u., aveva individuato la causa principale della ridotta produzione nel fatto che la trafila della macchina non era in grado di estrudere 450 kg/h di sapone ed era necessaria a tal fine una trafila di maggiori dimensioni, in grado di estrudere un quantitativo maggiore di sapone; per questo la sentenza di primo grado, integralmente confermata da quella di appello, aveva riconosciuto all’acquirente l’importo necessario per la sostituzione della trafila . In effetti; nessuno degli atti che la ricorrente trascrive nel ricorso dimostra che fosse stata data la spiegazione ritenuta dalla Corte d’appello mancante in relazione alla statuizione della sentenza di primo grado, e perciò in ordine all’incidenza sulla produzione oraria della composizione chimica del prodotto immesso, anziché delle dimensioni della trafila. Emerge che la deduzione della società in atti era stata, in sostanza, nel
senso che il dato della minore produzione con l’utilizzo di prodotto al 100% olio d’oliva fosse risaputo; mentre non risulta alcuna concreta deduzione in ordine alle dimensioni della trafila o in ordine all’incidenza della composizione chimica del prodotto sulle dimensioni della trafila. La ricorrente non dichiara neppure che la sentenza non abbia recepito la spiegazione che essa aveva dato, perché continua a insistere sul fatto che la rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio avrebbe dimostrato la sua tesi, che non aveva possibilità di essere confermata in altro modo. Al contrario, è proprio la mancanza di qualsiasi allegazione della ricorrente in ordine a ll’incidenza delle dimensioni della trafila sulla produzione oraria a confermare che la sentenza impugnata non è incorsa in alcun vizio nel ritenere meramente esplorativa la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio.
5.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente è condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
Inoltre, poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ex art. 380-bis cod. proc. civ., devono essere applicati, come previsto dal comma terzo dello stesso art. 380-bis cod. proc. civ., il terzo e il quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento a favore della controricorrente di somma equitativamente determinata nella misura di cui in dispositivo, nonché al pagamento di ulteriore somma a favore della cassa delle ammende.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 (Rv. 668909-01) e Cass. Sez. U 13-10-2023 n. 28540 (Rv. 669313-01), l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 3 e 4 cod. pro c. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal
legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata.
Infine, in considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per spese ed Euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege;
condanna la ricorrente ex art. 96 co. 3 e 4 cod. proc. civ. al pagamento di Euro 6.000,00 a favore della controricorrente e di Euro 3.000,00 a favore della cassa delle ammende.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il 24-9-2025
Il Presidente NOME COGNOME