Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5549 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 5549  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16389/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
 contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  D’APPELLO  di  GENOVA  n. 1722/2019, depositata il 30/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  20/12/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
1. RAGIONE_SOCIALE (ISG) proponeva opposizione avverso il decreto ottenuto da RAGIONE_SOCIALE, che le aveva ingiunto il pagamento di euro 29.010, in relazione a una fattura relativa alla ‘fornitura di materiale, montaggio e riparazione di un macchinario (stanghella completa in acciaio telaio 4 e 117 ore di manodopera)’. RAGIONE_SOCIALE, con l’opposizione, non ha contestato l’intervento effettuato da RAGIONE_SOCIALE, ma ha dedotto che il macchinario oggetto dell’intervento era stato fornito dalla medesima RAGIONE_SOCIALE nel 2003 e che il guasto verificatosi nel febbraio del 2007 (rottura della biella) ed oggetto del suddetto intervento era ‘l’ennesimo, atteso che il macchinario ha da sempre presentato anomalie di funzionamento che hanno portato a continui interventi di RAGIONE_SOCIALE‘; infatti ‘la testa di biella del macchinario ha creato problemi sin dal momento dell’avviamento, cosa che ha portato alla sostituzione, da parte della stessa RAGIONE_SOCIALE, del motore di regolazione della tratta, dell’ingranaggio e delle viti di fissaggio del motore e del riduttore; inoltre nel luglio del 2006 il telaio ha subito la rottura, sempre anomala, dell’asse della batteria e dell’asse di biella’; al momento del guasto del febbraio 2007 -riparato in due settimane -il telaio stava segando materiale del valore di circa euro 100.000, materiale che ‘si è macchiato a causa del fermo con conseguente inutilizzabilità di gran parte del medesimo’. Sulla base di tali fatti l’opponente concludeva di nulla dovere in relazione al credito monitorio, essendo creditrice in relazione ai danni subiti, che quantificava in circa 100.000 euro e al cui pagamento chiedeva fosse condannata l’opposta in via riconvenzionale.
L’opposta, costituendosi, eccepiva la prescrizione dell’azione ai sensi dell’art. 1490 c.c., trattandosi di macchinario fornito nel 2003 per  il  quale  non  vi  erano  state  denunce  di  vizi  o  atti  idonei  a interrompere la prescrizione del diritto fatto valere.
Con sentenza n. 572 del 2015 il Tribunale di Massa rigettava l’opposizione, rilevando come l’azione risarcitoria, che era stata esercitata ad oltre cinque anni di distanza dalla consegna del bene, senza che fosse stata provata l’esistenza di validi atti interruttivi, dovesse ritenersi prescritta, mentre non era contestabile che l’accordo diretto alla eliminazione del vizio riscontrato nel 2007 fosse stato regolarmente adempiuto, atteso che la stessa opponente aveva riconosciuto il ripristino dell’attività del macchinario dopo due settimane dalla consegna del pezzo danneggiato per la riparazione.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi, che contestavano il primo ‘travisamento dei fatti in ordine alle cause della rottura del pezzo meccanico per cui è causa e conseguente erronea applicazione dell’art. 1495 c.c.’ per avere il Tribunale erroneamente qualificato l’azione promossa quale azione di garanzia ex art. 1490 c.c., erronea qualificazione che sarebbe scaturita dal travisamento delle circostanze di fatto dedotte; il secondo ‘travisamento dei fatti ed erronea applicazione dell’art. 1495 c.c. e conseguente rigetto della domanda riconvenzionale’. La Corte d’appello di Genova, con la sentenza 30 dicembre 2019, n. 1722, ha respinto il gravame.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione.
L’intimata RAGIONE_SOCIALE non ha proposto difese.
Memoria è stata depositata dalla ricorrente, che si è riportata integralmente al contenuto e ai motivi del ricorso.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi.
 Il  primo  motivo  denuncia,  ai  sensi  del  n.  4  dell’art.  360 c.p.c.,  ‘nullità  della  sentenza,  originata  dalla  violazione  degli  artt. 99 e 112 c.p.c., per avere la Corte errato nella individuazione della domanda,  in  ciò  uniformandosi  al  giudice  del  Tribunale,  avendo
dato  rilievo  all’originario  contratto  di  fornitura  e  vendita  della macchina  per  RAGIONE_SOCIALE  di  materiale  lapideo,  anziché  a  quello ulteriore,  in  essere  tra  le  parti  in  causa,  e  dedotto  nello  stesso ricorso  per  decreto  ingiuntivo,  e  quindi  in  difetto  di  autonoma diversa  domanda  nell’atto  di  opposizione  al  decreto  ingiuntivo, originato dalla manutenzione e fornitura di un componente, come evidenziato in atto di appello con il primo motivo di impugnazione’.
Il motivo ripropone la censura già proposta con i due motivi di gravame (v. supra nella premessa in fatto), invocando questa volta non  la  violazione  dell’art.  1495  c.c.  e  il  travisamento  dei  fatti dedotti in giudizio, ma la violazione del principio della domanda e della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.
Al riguardo va ricordato che l’individuazione e l’interpretazione del contenuto della domanda sono attività riservate al giudice di merito, con la precisazione che l’attività interpretativa ‘deve essere diretta a cogliere, al di là delle espressioni letterali utilizzate, il contenuto sostanziale della domanda, desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dallo scopo pratico perseguito dall’istante con il ricorso all’autorità giudiziaria’ (Cass., sez. un., n. 3041 /2007). Pur trattandosi di attività affidate al giudice di merito, esse non sono -come deduce la ricorrente -del tutto sottratte al sindacato della Corte di cassazione, essendo sindacabili come vizio di nullità processuale ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., ‘qualora l’inesatta rilevazione del contenuto della domanda determini un vizio attinente all’individuazione del petitum , sotto il profilo della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato’ (così, da ultimo, Cass. n. /2023).
Tale  violazione  non  è  però  ravvisabile  nel  caso  in  esame.  Il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, ‘la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione, implica il divieto, per il giudice, di attribuire alla parte un bene  non richiesto o,
comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda; tale principio deve quindi ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum , rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta a impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda’ (Cass. n. 6945 /2007).
Nulla di ciò è stato effettuato dai giudici di merito, che hanno deciso sul bene richiesto dalla parte, ossia la condanna al risarcimento del danno, non hanno rilevato d’ufficio una eccezione in senso stretto, essendo la prescrizione, ovvero la decadenza (v. infra ), dell’azione stata eccepita da controparte, né hanno posto alla base della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere. Ad avviso della ricorrente non potrebbe esserci dubbio circa il rapporto dedotto in giudizio, in quanto dalla semplice lettura dell’atto di opposizione emergerebbe che la ricorrente ha posto alla base della propria domanda ‘il limitato rapporto relativo alla riparazione e fornitura dell’asse della biella’. È invece proprio dalla lettura dell’atto di opposizione, come ha sottolineato il giudice d’appello (pag. 5 della sentenza impugnata), che emerge come la ricorrente, nei cui confronti è stato fatto valere un credito relativo a un intervento di riparazione, abbia eccepito il malfunzionamento e la difettosità della macchina sin dalla consegna avvenuta cinque anni prima, quale titolo della pretesa volta a ottenere il rigetto della domanda monitoria di controparte e l’accoglimento della propria
domanda riconvenzionale di risarcimento del danno (cfr. gli estratti dell’atto di opposizione sopra riportati).
2) Il secondo motivo contesta, ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 1495, comma 2 c.c., nella parte in cui detta disposizione, richiamando il termine prescrittivo di un anno dalla consegna del bene ai fini della garanzia dei vizi della cosa, precisa  ‘: anche a voler ritenere che il rapporto dedotto in giudizio fosse la fornitura originaria del macchinario, la sentenza impugnata sarebbe comunque erronea, avendo disapplicato ‘il complesso disposto della norma’; l’art. 1495 c.c. stabilisce infatti che, decorsi i termini prescrittivi, se è il venditore ad agire verso il compratore per il pagamento del prezzo, il compratore può sempre fare valere la garanzia per i vizi della cosa; il fatto poi che la norma preveda che via stata la denuncia del vizio entro otto giorni dalla scoperta e comunque entro un anno dalla consegna non rileverebbe nel caso in esame, in quanto controparte non ha eccepito la decadenza, ma solo la prescrizione di un anno dalla consegna, che è profilo differente dalla eccezione della mancata denuncia entro gli otto giorni; infine, la ricorrente osserva che, in realtà, ‘sulle cause della rottura dell’asse della biella non vi è mai stata consapevolezza piena da parte dell’acquirente, ovvero è sempre mancata quella certezza obiettiva e completa che giustifica il termine breve per la denuncia’, così che la domanda monitoria non poteva essere accolta, essendo il vizio sempre spendibile come eccezione del compratore.
Il motivo è infondato. Anzitutto, non è vero che controparte si sarebbe  limitata a eccepire la prescrizione di  un  anno  dalla consegna, ma non avrebbe eccepito la decadenza dalla denuncia, in
quanto, come si legge alla pag. 2 della sentenza impugnata, parte opposta nel costituirsi aveva eccepito la prescrizione dell’azione, trattandosi di macchinario fornito nel 2003 per il quale non sussistevano precedenti denunzie di vizi o atti altrimenti idonei ad interrompere la prescrizione, in tal modo eccependo che il vizio non era stato denunciato nei termini previsti dall’art. 1495 c.c. In ogni caso, non siamo, secondo quanto accertato nei due gradi di merito del processo, di fronte a una richiesta di pagamento del prezzo del macchinario da parte del venditore, ma quest’ultimo ha fatto valere in via monitoria un credito relativo a un successivo intervento di riparazione del medesimo macchinario e per paralizzare la condanna al pagamento dell’intervento la ricorrente ha fatto valere l’esistenza di vizi del macchinario, chiedendo altresì il risarcimento del danno; quanto all’ultimo profilo, non assume rilievo che vi sia stata o meno certezza sulle cause del guasto del 2007, essendo ormai prescritta l’azione di garanzia relativa al macchinario consegnato nel 2003.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Non vi è pronuncia sulle spese non essendosi l’intimata difesa nel presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,  da  parte  della  ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,  di  un  ulteriore  importo  a  titolo  di  contributo  unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  adunanza  camerale  della  sezione