Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26202 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26202 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 892/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -in persona del legale rappresentante, NOME COGNOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, p.e.c.: , elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRCOGNOME
-ricorrente – contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, da ll’AVV_NOTAIO,
p.e.c.:
avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 5944/2022, pubblicata in data 13 giugno 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, sulla base di quattro motivi, nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME, per la cassazione della sentenza d’appello n. 5944/2022, pronunciata dal Tribunale di Napoli, con la quale è stata parzialmente riformata la sentenza del Giudice di Pace di Portici n. 1006/15.
NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME resistono con controricorso.
Espone la ricorrente di essere stata convenuta in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Portici, dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali, deducendo che il primo aveva concluso con la società un contratto per la fornitura ed il montaggio di un box in lamiera zincata, al prezzo di euro 400,00, oltre i.v.a., e che nella notte tra il 19 ed il 20 novembre 2013, a seguito di un temporale, il tetto del box era stato divelt o e l’autovettura della COGNOME, che ivi si trovava ricoverata, aveva riportato danni, chiedevano la risoluzione del contratto per inadempimento e la condanna della società alla restituzione del prezzo, nonché il risarcimento dei danni occorsi al veicolo.
Il Giudice di pace adito, accogliendo l’eccezione di decadenza dall’azione ex art. 1495 cod. civ., rigettava la domanda avanzata dal COGNOME, nonché quella proposta dalla COGNOME per carenza di legittimazione passiva.
A seguito del proposto gravame, il Tribunale di Napoli, ha
dichiarato la risoluzione del contratto per inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, condannando quest’ultima alla restituzione del prezzo , nonché l’esclusiva responsabilità della RAGIONE_SOCIALE nella causazione dei danni riportati dall’autoveicolo di proprietà della COGNOME, che ha liquidato, in via equitativa, in euro 1.700,00, oltre iva ed interessi legali.
Qualificato il contratto intercorso tra le parti come vendita, il giudice d’appello ha ritenuto che ricorressero i presupposti per l’applicabilità della normativa speciale prevista dal Codice del consumo, in particolare degli artt. 128 e ss., e che l’azione di garanzia dei vizi fosse stata tempestivamente esperita dall’acquirente, che aveva pertanto diritto alla restituzione del prezzo pagato; ha pur ritenuto provata, da parte della COGNOME, sia la proprietà del veicolo sia la circostanza che questo, al momento del temporale, fosse stato parcheggiato nel box ed ha, di conseguenza, accolto la domanda di risarcimento del danno, intesa come ‹‹ per fatto illecito e x art. 2043 cod. civ. ›› , procedendo alla sua liquidazione sulla base delle foto e del preventivo esibiti, nonché delle dichiarazioni rese dai testi escussi.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ. e la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, deducendo ‹‹ omesso esame su un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione alla recettività della denuncia dei vizi di cui all’art. 130 d.lgs. n. 206/2005. Contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Violazione ed errata applicazione dell’art. 132 d.lgs. 206/2005 ››, la ricorrente censura in primo luogo la statuizione di tempestività della denuncia dei vizi della cosa venduta contenuta nella sentenza impugnata, evidenziando di avere contestato la
circostanza che il COGNOME avesse fatto una denuncia verbale dei vizi, in realtà inoltrata ad un soggetto che aveva fatto da intermediario nella vendita, e che la nota scritta, inviata in data 15 gennaio 2014, era, in realtà, pervenuta solo il successivo 21 gennaio, oltre il termine di sessanta giorni dal momento in cui il compratore aveva scoperto il difetto della res , previsto dal Codice del consumo. Lamenta che il Tribunale aveva desunto la tempestività della denuncia fatta dal venditore dalla circostanza del tempestivo intervento dei montatori per il ritiro delle lamiere, ricavandola dalle dichiarazioni testimoniali, sebbene gli stessi testi avessero affermato che i vizi lamentati non attenevano alla res venduta, bensì alle modalità di montaggio della stessa, ed avessero retrodatato la data di scoperta dei presunti vizi, riferendo che, al momento dell’evento , il COGNOME non aveva telefonato alla venditrice, ma a NOME COGNOME, procacciatore d’affari, come tale non legittimato a ricevere la denuncia.
1.1. La censura è inammissibile.
1.2. In linea generale, è opportuno rammentare che l’art. 135, comma 2, del Codice del consumo prevede che, in tema di contratto di vendita, le disposizioni del codice civile si applicano ‹‹ per quanto non previsto dal presente titolo ›› .
L’art. 1469bis cod. civ., introdotto dall’art. 142 del Codice del consumo, stabilisce che le disposizioni del codice civile contenute nel titolo “Dei contratti in generale” ‹‹ si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore ›› .
Nell’attuale assetto normativo della disciplina della compravendita, emerge una chiara preferenza del legislatore per la normativa del Codice del consumo relativa alla vendita, nel senso che trova applicazione innanzitutto la disciplina del Codice del consumo
(art. 128 e segg.), mentre trova applicazione la disciplina in materia di compravendita solo per quanto non previsto dalla normativa speciale, atteso il ruolo ‹‹ sussidiario ›› assegnato alla disciplina codicistica ( ex multis , Cass., sez. 3, 30/05/2019, n. 14775).
Alle disposizioni civilistiche dettate agli artt. 1490 e ss. del codice civile in tema di garanzia per i vizi dei beni oggetto di vendita si aggiungono, pertanto, in una prospettiva di maggior tutela del contraente debole, gli strumenti predisposti dal codice del consumo.
1.3. Fatta questa premessa, rimane estranea al vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., qualsiasi contestazione che sia esclusivamente volta a criticare il convincimento che il giudice si è formato, ex art. 116 cod. proc. civ., in esito all’esame del corredo probatorio messo a sua disposizione, avendo ripetutamente questa Corte ribadito come il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dia luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma nel richiamato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come riformulato dall’art. 54, primo comma, lett. b) , d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134 (tra le tante, Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
1.4. Nella specie, la censura, anche là dove si denuncia la violazione dell’art. 132 del Codice del consumo, solo apparentemente veicola un vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, poiché la ricorrente contrappone alla ricostruzione della vicenda fattuale operata dal giudice una diversa lettura delle dichiarazioni testimoniali e delle prove documentali al fine di supportare l’eccezione di decadenza dalla garanzia per i vizi, essa si traduce in una non consentita richiesta di una nuova rivalutazione delle questioni di fatto, già adeguatamente vagliate dal giudice d’appello, il quale, con
accertamento in fatto ha, per un verso, ritenuto che il compratore avesse fatto denuncia nel rispetto del termine previsto dal Codice del consumo e, per altro verso, che in ogni caso il venditore, con comportamento concludente, avendo provveduto, a seguito di denuncia verbale del venditore, al ritiro delle lamiere del box, avesse in sostanza riconosciuto la tempestività della denuncia e, per ciò stesso, l’esistenza del vizio lamentato.
1.5. Le ragioni poste a fondamento dell’adottata decisione sono in linea con l’orientamento di questa Corte di legittimità, se si considera che la denunzia dei vizi da parte del compratore, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1495 cod. civ., può essere fatta, in difetto di una espressa previsione di forma, con qualunque mezzo che in concreto si riveli idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati (Cassazione, sez. 2, 03/04/2003, n. 5142; Cass., sez. U, 15/01/1991 n. 328; Cass., sez. 2, 07/02/2022, n. 3695) e, quindi, anche verbalmente, e, sotto altro profilo, che, in tema di garanzia per vizi nella compravendita, il riconoscimento dei difetti da parte del venditore, che, ai sensi dell’art. 1495, secondo comma, cod. civ., esonera il compratore dall’onere della tempestiva denuncia, può aver luogo anche tacitamente, per facta concludentia (Cass., sez. 2. 03/04/2024, n. 8775). L’apprezzamento, ad opera del giudice del merito, in ordine al riconoscimento, da parte del venditore, dei vizi medesimi costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione adeguata e immune da errori sul piano logico e giuridico (Cass., sez. 2, 16/07/2002, n. 10288; Cass., sez. 2, 07/05/2019, n. 11959).
1.6. Va, pure, esclusa la contestata contraddittorietà della motivazione, che sussiste solo in presenza di un contrasto insanabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a
base della decisione (tra le tante, Cass., sez. L, 17/08/2020, n. 17196), non ravvisabile nel caso de quo .
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia ‹‹violazione ed errata applicazione dell’art. 129, 3° comma, lett. A) e D) del d.lgs. n. 206/2005 (cd Codice del Consumo). Omessa pronuncia del giudice di secondo grado. Violazione ed errata applicazione dell’art. 122, comma 1, d.lgs. 206/2005 (cd. Codice del Consumo) in relazione alla condotta del danneggiato in combinato disposto con l’art. 1227 c.c.››, per non avere il Tribunale considerato che il bene venduto era stato utilizzato dal compratore per uso diverso da quello abituale, trattandosi di box in lamiera per cantiere edile non adatto al ricovero di autovetture, come indicato nella scheda tecnica depositata, e per avere omesso di rilevare che la condotta del COGNOME, ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., richiamato dall’art. 120 d.lgs. n. 206/2005, aveva costituito causa esclusiva dell’evento verificatosi.
Si duole pure che il giudice avrebbe omesso di considerare che l’evento atmosferico che aveva causato il crollo del box era stato eccezionale, come confermato dagli articoli pubblicati sui quotidiani del 19 e del 20 novembre 2013.
2.1. Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
2.2. Non ricorre, in primo luogo, il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 cod. proc. civ.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in
considerazione (Cass., sez. 3, 06/11/2020, n. 24953; Cass., sez. 3, 29/07/2004, n. 14486).
Il Tribunale, accogliendo la domanda dell’odierno controricorrente, ha, sia pure implicitamente, disatteso l’eccezion e formulata di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame.
2.3. La censura è, per il resto, inammissibile per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., in quanto la ricorrente si limita a richiamare a supporto della censura documenti (quali la scheda tecnica del box, articoli pubblicati sui quotidiani), senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34469; Cass., sez. 6 -3, 01/07/2021, n. 18695).
Con il terzo motivo la ricorrente denunzia ‹‹Violazione ed errata applicazione dell’art. 133, comma 1, d.lgs. 206/2005 (cd. Codice del Consumo) in relazione alla legittimazione attiva e passiva dell’azione proposta dalla sig.ra COGNOME NOME nei confronti del venditore. Omesso esame su un punto decisivo della controversia ex art. 360 n. 5 c.p.c., in relazione al titolo di occupazione del box in lamiera da parte della sig.ra COGNOME NOME. Omessa pronuncia. Violazione ed errata applicazione dell’art. 2722 c.c. in relazione all’esame delle prove testimoniali espletate››.
Assume che il giudice d’appello non a vrebbe pronunciato in merito alla ‹‹titolarità dell’occupazione del box in lamiera›› , omettendo di spiegare a quale titolo la COGNOME occupasse il box con l’auto di sua proprietà, e ribadisce il difetto di legittimazione della controricorrente
ad esperire l’ azione ex art. 2043 cod. civ.
Il motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della pronuncia, che ha specificato che la COGNOME ha agito ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. nei confronti della odierna ricorrente ed ha riconosciuto la legittimazione attiva della stessa COGNOME, in quanto proprietaria del veicolo danneggiato dal crollo del box; tanto è sufficiente per ritenere che il giudice non sia incorso nel vizio di omessa pronuncia di cui all’art. 112 cod. proc. civ. , né in quello di omesso esame ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ, e che sia del tutto inconferente il richiamo all’art. 133, comma 1, d.lgs. 206/2005.
Neppure , d’altro canto, è configurabile la dedotta violazione dell’art. 2722 cod. civ. : il giudice di appello non ha fatto riferimento alla prova per testi assunta al fine di ritenere dimostrato il rapporto di coniugio tra la COGNOME ed il COGNOME, né ha fondato la decisione su tale rapporto o sul contratto di vendita, esclusivamente intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE ed il COGNOME; ma ha piuttosto reputato, ai fini dell’accoglimento della domanda di risarcimento dei danni avanzata dalla COGNOME, che la prova testimoniale assunta dimostrasse che l’autovettura si trovava parcheggiata all’interno del box al momento del crollo e che in conseguenza di tale evento aveva riportato danni al lato destro ed al cofano posteriore.
Con il quarto motivo la ricorrente censura la decisione gravata per ‹‹violazione ed errata applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione alla quantificazione del danno ex art. 2043 c.c.››, per avere il Tribunale quantificato il danno sulla base del solo preventivo di spesa, che non costituisce idonea prova né dell’esistenza n é dell’entità del danno.
La censura è inammissibile.
Questa Corte ha reiteratamente ribadito che la violazione del
precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si configura se il giudice del merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo (cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni), non anche quando abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. 05/09/2006, n. 19064; Cass. 17/06/2013, n. 15107; Cass. 21/02/2018, n. 4241; Cass., sez. 3, 29/05/2018, n. 13395; Cass., sez. 6 -3, 31/08/2020, n. 18092).
Premesso che l’onere di dimostrare i fatti costitutivi della domanda spettava alla COGNOME, il giudice del merito non ha operato un’indebita inversione di tale onere, trasferendolo sulla odierna ricorrente, ma ha ritenuto che lo stesso fosse stato debitamente assolto all’esito dell’acquisizione della prova documentale (foto dell’autovettura e preventivo di spesa) e della prova testimoniale.
L’eventualità che la valutazione delle acquisizioni istruttorie sia stata incongrua e che il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata avesse assolto l ‘onus probandi non integrerebbe violazione dell’art. 2697 cod. civ., ma soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità esclusivamente negli angusti limiti dell’art . 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.
L’illustrato motivo, quindi, è inammissibile, in quanto, ad onta della sua formale intestazione, attiene a profili di fatto e chiede una rivalutazione delle risultanze istruttorie al fine di sollecitare un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello motivatamente formulato dal giudice d’ap pello.
Peraltro, c on specifico riferimento alla prova dell’entità del danno, il Tribunale non ha utilizzato il solo preventivo di prova, tanto che ha riconosciuto la minor somma di euro 1.700,00, oltre iva, rilevando la
‹‹ parziale corrispondenza tra i danni riferiti dai testi escussi (al lato destro dell’auto e al cofano posteriore), le foto prodotte dalla attrice e le voci di cui al preventivo di spesa ›› ( ‹‹ che facevano riferimento anche a verniciature di cofano parafango e port. anteriore ›› ).
All’inammissibilità ed infondatezza dei motivi segue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione