Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13004 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13004 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2729/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (DPTGPP75M29H501N)
-ricorrente-
contro
REGIONE LAZIO, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CTLTZN69S55F839D)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di TRIBUNALE VITERBO n. 769/2021 depositata il 16/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
la RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 769 del 2021 del Tribunale di Viterbo esponendo, per quanto qui ancora di utilità, che:
-con sentenza n. 1467 del 2016 il Giudice di pace di Viterbo aveva condannato la deducente, quale gestore del Servizio Idrico Integrato della zona di competenza dell’ATO 1 Lazio Nord Viterbo, al pagamento di una somma, in favore dell’utente RAGIONE_SOCIALE, a titolo di danno patrimoniale, per fornitura di acqua contenente arsenico oltre i limiti legali e, come tale, assoggettata al divieto di uso alimentare, in un arco temporale tra gennaio 2013 e settembre 2014;
-aveva respinto, invece, la domanda di manleva proposta dalla deducente convenuta nei confronti della Regione Lazio, chiamata in causa per tenerla indenne dagli effetti negativi dell’accoglimento della domanda;
-la decisione era stata appellata dalla società deducendo l’insussistenza della propria responsabilità contrattuale per il disservizio nonché, specularmente, e al contempo relativamente alla domanda di manleva, la responsabilità della Regione Lazio per i fatti oggetto di causa, quale titolare di assorbenti poteri d’intervento inerenti alla concessione del servizio di distribuzione idrica;
-il Tribunale di Viterbo, pronunciando sul gravame di merito, lo aveva rigettato, osservando che l’inadempimento contrattuale era conclamato, mentre le diverse deduzioni sull’inadeguato esercizio dei poteri pubblicistici regionali finivano per essere attratte dalla giurisdizione del giudice amministrativo a mente dell’art. 133 c.p.a.;
resiste con controricorso la Regione Lazio;
con ordinanza interlocutoria del 24 giugno 2024, n. 17378, è stata ordinata l’integrazione del contraddittorio nei confronti del RAGIONE_SOCIALE;
con nota di deposito del 4 luglio 2024 è stata depositata prova leggibile della già effettuata notifica.
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta, ex art. 360, n. 1, cod. proc. civ., l’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale di Viterbo affermando che la domanda di garanzia impropria, quale valutata al di fuori di un inesistente rapporto contrattuale a titolo di garanzia tra gestore ed ente regionale, non poteva venire in rilievo in quanto sarebbe stata ascrivibile alla giurisdizione del giudice amministrativo, non essendo stato considerato che la pretesa in parola era il riflesso di quella risarcitoria ed afferiva, pertanto, ai profili civilistici della fattispecie;
con il secondo motivo si prospetta la violazione degli artt. 141 e seguenti del d.lgs. n. 152 del 2006, 9, 12 e 13, del d.lgs. n. 31 del 2001, di attuazione della Direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, e della O.P.C.M. 3921 del 2011, rapportati all’art. 1218 cod. civ, perché il Tribunale avrebbe errato escludendo la giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alla domanda di manleva proposta nei confronti della Regione Lazio, senza considerare che essa riguardava profili di diritto comune, stante l’intervenuto regime emergenziale, disciplinato dalla richiamata normativa di settore, implicante la sostanziale impossibilità del soggetto gestore del SRAGIONE_SOCIALE d’intervenire sulla qualità dell’acqua erogata agli utenti e, conseguentemente, il diritto a essere tenuto indenne, al riguardo, da ogni responsabilità;
con il terzo motivo d’impugnazione si prospetta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, perché la sentenza del Tribunale di Viterbo avrebbe
trascurato di considerare il ruolo chiave dell’ente regionale, tenuto ad affrontare le situazioni di emergenza ambientale insieme all’Autorità d’Ambito 1 Lazio Nord Viterbo (quest’ultima, originariamente evocata in lite, con successiva rinuncia alla domanda di manleva nei suoi confronti proposta, ancorché senza l’adozione di una formale sua estromissione dal giudizio), coobbligato con il soggetto gestore del RAGIONE_SOCIALE e responsabile dell’impossibilità della distribuzione di acqua potabilizzata.
Considerato che
i primi due motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono fondati per quanto di ragione;
questa Corte (Cass., Sez. U., 27/05/2022, n. 17248), in fattispecie sovrapponibile, ha richiamato il principio secondo cui l’azione risarcitoria proposta dall’utente nei confronti del gestore del servizio idrico integrato – qualora si controverta soltanto del risarcimento del danno cagionato all’utente dalla fornitura di acqua in violazione dei limiti ai contenuti di sostanze tossiche (nella specie, arsenico e fluoruri) imposti da disposizioni anche di rango eurounitario, ovvero del diritto alla riduzione del corrispettivo della fornitura stessa per i vizi del bene somministrato – rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, atteso che, in tale ipotesi, l’attività di programmazione o di organizzazione del servizio complessivo di fornitura di acqua posta in essere dall’amministrazione costituisce solo il presupposto del non esatto adempimento delle obbligazioni gravanti sul gestore in forza del rapporto individuale di utenza (si rammentano in motivazione: Cass., Sez. U., n. 32780 del 2018, Cass., Sez. U., n. 33209 del 2018, e Cass., Sez. U., n. 36897 del 2021);
le menzionate Sezioni Unite hanno evidenziato che pertanto «è il singolo rapporto di utenza a venire in considerazione e, con esso, il diritto del singolo utente a vedersi risarcito il danno arrecatogli dal contrattuale inadempimento della controparte
immediata, cioè il gestore unico del servizio idrico integrato e fornitore del bene acqua, come pure a vedersi ridotto il corrispettivo dell’acqua fornita, siccome priva delle qualità pattuite (cioè la conformità alle disposizioni di legge e regolamentari in materia di limiti massimi di arsenico e/o fluoruri): non è quindi in considerazione, se non quale presupposto e per di più – a tutto concedere – della sola domanda di garanzia della fornitrice nei confronti degli Enti per le modalità di gestione della relativa emergenza, l’attività di programmazione o di organizzazione del servizio complessivo di fornitura di acqua posta in essere dalla pubblica amministrazione incaricata della gestione del servizio» (si fa riferimento a Cass. Sez. U. n. 32780/2018 cit.);
nello stesso precedente richiamato (Cass., Sez. U., n. 17248 del 2022), è stato in coerenza chiarito che «la domanda di garanzia impropria proposta dal Gestore verso l’Ente altro non è che il riflesso della domanda risarcitoria rivolta contro il Gestore stesso e sulla quale, come già affermato, sussiste la giurisdizione dell’Autorità Giudiziaria Ordinaria» (si richiama Cass., Sez. Un., n. 36897 del 2021);
si è soggiunto che «non può pervenirsi a diverse conclusioni perché, al di là di ragioni eminentemente processuali (la giurisdizione non può derogarsi per ragioni di connessione ed il coordinamento delle giurisdizioni su rapporti diversi ma interdipendenti può trovare soluzione, semmai, secondo le regole della sospensione del procedimento pregiudicato), tanto il carattere emergenziale della situazione venutasi a creare nei territori per cui è causa, quanto il complesso sistema di riparto di competenze e funzioni che caratterizza i rapporti tra il gestore del RAGIONE_SOCIALE e le pubbliche autorità preposte alla gestione della c.d. emergenza arsenico…non escludono il fatto, assolutamente dirimente, che l’erogazione dell’acqua potabile rientra pur sempre nelle ordinarie obbligazioni dell’ente gestore del servizio idrico integrato e,
comunque, di quello che in concreto eroga, in virtù di rapporti privatistici ordinari di utenza individuale, l’acqua ai privati con l’obbligo di somministrarla in condizioni tali da renderla conforme alle prescrizioni, di vario rango normativo, sui suoi contenuti massimi consentiti di sostanze tossiche» (Cass., Sez. Un., n. 32780 del 2018 cit.)»;
in altri termini, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sia riguardo alla domanda dell’utente nei confronti del gestore del servizio, sia riguardo a quella di garanzia impropria di quest’ultimo nei confronti dell’ente pubblico preposto, che, come tale, della prima costituisce il riflesso senza che l’oggetto del relativo giudizio abbia ad oggetto, ai fini in parola, i rapporti amministrativi (cfr., in termini, Cass., 23/06/2023, n. 18097);
ha pertanto errato il giudice di appello affermando di non dover scrutinare le deduzioni che -come logico, trattandosi di ‘manleva’ non fondata su esplicito patto o altra disposizione espressa, ovvero di garanzia impropria -esulavano da un assente rapporto contrattuale tra gestore e Regione, perché, in tesi, attratte alla giurisdizione del giudice amministrativo;
tali deduzioni, svolte secondo quanto riassunto in specie nella seconda censura, andranno dunque esaminate vagliando nel merito la complessiva domanda di garanzia in discussione;
il terzo motivo è logicamente assorbito; spese al giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo e il secondo motivo, assorbito il terzo, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia al Tribunale ordinario di Viterbo perché, in diversa composizione, pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17/03/2025.
Il Presidente
NOME TRAVAGLINO