Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3949 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3949 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 13/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13887/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), e rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME -intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 504/2018 depositata il 02/02/2018; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza pubblicata il 25-11-2003 il Tribunale di Torre Annunziata dichiarò la propria incompetenza in ordine a tutte le domanda proposte nel marzo 1990 dagli attori NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, comproprietari di un fondo catastalmente esteso mq. 18.460, sito in RAGIONE_SOCIALE, alla località Pantano, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che chiese ed ottenne di chiamare in causa il RAGIONE_SOCIALE ora RAGIONE_SOCIALE, beneficiario dell’espropriazione e realizzatore dell’opera costruita sul fondo occupato, affinché fosse dichiarata obbligata a manlevarlo da ogni onere pregiudizievole derivante dalla domanda principale.
Con sentenza n.1731/2008 la Corte d’appello di Napoli decise nel merito la causa relativa alla determinazione dell’indennit à di occupazione legittima e sollevò con separata ordinanza regolamento di competenza d’ufficio sulla domanda di risarcimento dei danni.
Con ordinanza n.616/2010, questa Corte, pronunciando sul citato regolamento di competenza d’ufficio sollevato dalla Corte d’appello , dichiarava la competenza del Tribunale di Torre Annunziata sulla
domanda risarcitoria avente ad oggetto il danno da occupazione illegittima.
Gli attori suindicati riassumevano il giudizio innanzi al Tribunale di Torre Annunziata nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e rappresentavano che il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, dovendo procedere alla realizzazione degli insediamenti produttivi nell’area a tal fine individuata, aveva ordinato, con decreto del 12.10.1985, l’occupazione di parte del suddetto fondo estesa mq. 9.487, disponendo che essa si protraesse per due anni dalla data d’immissione in possesso (18.11.1985); esponevano, altresì, che tale termine era decorso, che il decreto non era stato pronunciato e che, nonostante ciò, l’opera di pubblica utilità (il nuovo RAGIONE_SOCIALE) era stata realizzata. Gli attori ritenevano, conseguentemente, verificatosi il fenomeno dell’occupazione acquisitiva e chiedevano, pertanto, al Tribunale di condannare il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni derivanti dalla perdita della proprietà del suolo occupato, ivi compresi quelli derivanti dalla perdita di valore del fondo residuo, e di ogni altro danno prodotto dall’ente convenuto. Il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE si costituivano contestando la fondatezza della domanda.
2.Con sentenza n. 1883, pubblicata in data 16.9.2015, il Tribunale di Torre Annunziata: a) accertava la radicale trasformazione di parte del fondo di proprietà degli attori per effetto della realizzazione dell’opera pubblica, ultimata nel settembre 1990 senza la tempestiva emissione del decreto di espropriazione, pronunciato solo in data 4.12.1990, e quindi ben oltre il termine biennale di occupazione fissato nel decreto di occupazione di urgenza, che, peraltro, non era mai stato prorogato; b) dichiarava il diritto al risarcimento dei danni degli attori, e dei loro eredi, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nella sua qualità di ente che aveva disposto l’occupazione d’urgenza; c) riteneva che il suolo trasformato avesse natura edificabile, in
quanto collocato in area P.I.P.; d) liquidava il valore di mercato dei mq. 9.487, oggetto dell’occupazione acquisitiva, in € 240.082,00 alla data di trasformazione, somma poi rivalutata all’attualità ed incrementata del risarcimento del danno da lucro cessante per il mancato godimento della somma liquidata a titolo di risarcimento, così pervenendo all’importo complessivo € 549.991,99, da gravarsi degli interessi legali dalla data della decisione al saldo; e) affermava che, per effetto della RAGIONE_SOCIALE in causa della RAGIONE_SOCIALE dal RAGIONE_SOCIALE, la domanda risarcitoria, proposta dai proprietari nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, era stata automaticamente estesa anche nei confronti della società beneficiaria dell’opera; f) affermava, infine, che l’illecito lamentato dagli attori si era consumato per effetto del concorso causale di distinti comportamenti, tenuti dal RAGIONE_SOCIALE, cui si doveva la trasformazione del fondo, e dal RAGIONE_SOCIALE, che non aveva emesso il decreto di espropriazione, sicché ricorreva la responsabilità solidale di entrambi i suddetti soggetti.
3.Avverso tale sentenza proponeva appello principale la RAGIONE_SOCIALE, cui resistevano gli eredi degli originari attori, medio tempore deceduti, i quali proponevano, altresì, appello incidentale, cui si opponeva il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, proponendo a sua volta appello incidentale.
4.Con sentenza n. 504/2018, pubblicata in data 2.2.2018, la Corte di Appello di Napoli accoglieva integralmente l’appello principale, rigettava l’appello incidentale del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, accoglieva parzialmente l’appello incidentale degli eredi COGNOME e condannava il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al pagamento della complessiva somma di € 1.150.123,61, da ripartirsi in misura pari alle quote indicate nella motivazione della sentenza, a titolo di risarcimento del danno, oltre rivalutazione ed interessi alla data del 19.12.2017, in favore di NOME COGNOME di COGNOME, NOME COGNOME di COGNOME, NOME COGNOME di COGNOME, NOME COGNOME di COGNOME, NOME COGNOME di
COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
In particolare, per quanto ora di interesse, la Corte di Appello di Napoli: a) riteneva che l’estensione automatica della domanda degli attori al RAGIONE_SOCIALE per effetto della RAGIONE_SOCIALE in causa del RAGIONE_SOCIALE dovesse considerarsi esclusa dall’esplicita opzione degli attori di conseguire l’accertamento della responsabilità del solo RAGIONE_SOCIALE, essendo del tutto priva di rilievo la circostanza, su cui il primo Giudice aveva in parte fondato l’accertamento della corresponsabilità del RAGIONE_SOCIALE, che la riferita affermazione degli attori fosse stata effettuata oltre la precisazione delle conclusioni, e ciò sia perché la comparsa conclusionale, pur avendo natura semplicemente illustrativa, poteva contenere la rinuncia a una domanda formulata nell’atto introduttivo del giudizio, ma soprattutto perché, nel caso di specie, non si era trattato di una rinuncia in senso stretto, quanto piuttosto dell’espressa conferma dei limiti e del contenuto della domanda originaria, siccome proposta nei confronti del solo ente pubblico e mai estesa, neanche implicitamente, verso il RAGIONE_SOCIALE, e dunque della manifestazione dell’intento di circoscrivere, al di là della RAGIONE_SOCIALE in causa del RAGIONE_SOCIALE, la domanda solamente nei riguardi di quest’ultimo; b) rilevava che la responsabilità del danno da occupazione appropriativa era addebitabile al titolare del potere espropriativo, e cioè al soggetto tenuto al rispetto delle norme sull’espropriazione, sicché, ove l’opera pubblica fosse stata realizzata da un diverso soggetto, quest’ultimo poteva essere ritenuto autore dell’illecito, e quindi responsabile del danno, solo qualora al medesimo fossero state trasferite le potestà relative al procedimento ablatorio; pertanto, riteneva evidente la responsabilità esclusiva del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, unico titolare del potere espropriativo, neanche delegato al RAGIONE_SOCIALE, da esercitarsi, peraltro, nell’ambito di una vicenda espropriativa connessa all’attuazione di un P.I.P., e dunque di uno strumento urbanistico connotato dalla preponderanza
del ruolo esecutivo della P.A.; c) riteneva che, stando a quanto l’ente territoriale e il RAGIONE_SOCIALE pattuirono agli artt. 3 e 4 della Convenzione del 2.9.1985, l’obbligazione, sia diretta che di rimborso, assunta dal Pastifico concernesse le sole indennità maturate a causa dello svolgimento di una legittima procedura ablatoria, sicché correttamente il primo giudice aveva limitato l’accoglimento della domanda del RAGIONE_SOCIALE alla sola indennità da occupazione legittima, escludendola, invece, in relazione alle somme dovute a titolo di risarcimento del danno.
Avverso tale sentenza il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, resistito con controricorso dalla RAGIONE_SOCIALE(di seguito per brevità RAGIONE_SOCIALE). Sono rimasti intimati NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME di COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il ricorrente denuncia: a) con il primo motivo, la ‘violazione degli artt. 184, 190 e 306 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. ‘, per avere la Corte territoriale accolto il primo motivo di appello del RAGIONE_SOCIALE, sulla considerazione che gli attori avrebbero inteso, nel corpo della comparsa conclusionale depositata in prime cure, circoscrivere la propria pretesa alla sola condanna dell’originario convenuto in guisa di rinuncia ad un capo della proposta domanda, non avvedendosi che in tal modo si era piuttosto operata una rinuncia all’azione ed agli atti non consentita al procuratore costituito, trattandosi di atto dispositivo nella
disponibilità della sola parte, da compiersi a cura di questa nei modi e nelle forme di cui all’articolo 306 cod. proc. civ.; b) con il secondo motivo, la ‘ violazione degli artt. 40 e 41 cod. pen. , 2043 e 2055 cod. civ. e 27 L. 865/1971, con riferimento all’art. 360, n.3, cod. proc. civ.’ , per avere la Corte territoriale, pur dando atto della proposizione da parte del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di una domanda di garanzia fondata su due distinti titoli (garanzia propria per effetto dell’operata RAGIONE_SOCIALE del terzo responsabile; garanzia impropria fondata su titolo contrattuale), implicitamente rigettato il capo di tale domanda fondato sulla RAGIONE_SOCIALE del terzo responsabile, in ragione della resa statuizione di condanna in danno del RAGIONE_SOCIALE e in accoglimento della domanda degli attori, senza, però, considerare il concorso colposo nella commissione dell’illecito da parte del RAGIONE_SOCIALE, che, a seguito della dichiarazione di occupazione temporanea e d’urgenza, era stato immesso nel possesso del fondo e ne aveva operato l’irreversibile trasformazione dopo che si era già consumato il termine concesso per la realizzazione del nuovo opificio in forza della convenzione sottoscritta dalle parti in forza dell’articolo 27 L. 865/71 ; deduce che la Corte di merito, in accoglimento della domanda del RAGIONE_SOCIALE alla condanna del RAGIONE_SOCIALE in via di regresso in misura pari alla gravità della colpa accertata e dell’entità delle conseguenze derivatene, avrebbe dovuto, in ragione della presunzione di cui all ‘articolo 2055 , comma 3, cod. civ., porre a carico del RAGIONE_SOCIALE almeno il 50% del risarcimento liquidato agli attori; rimarca, per un verso, che l’illecito mai si sarebbe prodott o se il RAGIONE_SOCIALE avesse per tempo emesso il decreto di esproprio e, per altro verso, che l’illecito non si sarebbe consumato se il RAGIONE_SOCIALE, sebbene consapevole dell’inesistenza di un valido titolo ablativo, non avesse scelto di procedere comunque all’irreversibile trasformazione del fondo , impedendo così l’eventuale retrocessione de l fondo agli attori, con corresponsione della sola indennità per occupazione legittima, salva
la riproposizione dell’azione ablatoria nel rispetto di modi, tempi e forme di legge; c) con il terzo motivo, la ‘ violazione degli artt. 1362 e ss., con riferimento all’art. 360 n.3 cod. proc. civ .’, per avere la Corte territoriale affermato che il RAGIONE_SOCIALE era tenuto a garantire il RAGIONE_SOCIALE solo limitatamente a quanto questo era tenuto a corrispondere ai titolari del fondo per la sua occupazione legittima, ritenendo che sia la convenzione del 1983 sia la vendita del 1992 escludessero dall’ambito di tale garanzia anche quanto dovuto a titolo di risarcimento del danno per la attuata irreversibile trasformazione del fondo in difetto di valido titolo, nonostante la vendita del 1992 prevedesse all’articolo 4 che il RAGIONE_SOCIALE fosse tenuto a ‘ tenere indenne il RAGIONE_SOCIALE da ogni onere e/o richiesta che potesse venire dalle ditte espropriate, con obbligo di versare qualunque altra somma che fosse dovuta a titolo di conguaglio per la formazione del lotto 3 del P.I.P. di RAGIONE_SOCIALE ‘, avendo le parti richiamato la pendenza del giudizio con le parti espropriate e così inteso integrare ed ampliare la garanzia prevista dalla riRAGIONE_SOCIALE convenzione, allargandone l’ambito anche alle eventuali conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla soccombenza nel richiamato giudizio.
2. Il primo motivo è infondato.
Secondo l’orientamento di questa Corte che il Collegio condivide, l’estensione della domanda degli attori al terzo citato come unico responsabile o come corresponsabile è regolata dal principio dispositivo, sicché la domanda risarcitoria non si estende se i danneggiati esprimono, per l’appunto, la vol ontà di non estenderla al terzo chiamato (Cass. 26208/2022 in motivazione).
Nel caso di specie la Corte d’appello, interpretando il comportamento processuale degli originari attori con motivazione congrua, ha affermato che essi non avevano rinunciato alla domanda verso il RAGIONE_SOCIALE, domanda che, peraltro, mai avevano proposto perché avevano convenuto il giudizio solo il RAGIONE_SOCIALE, ma avevano
chiaramente precisato, come ben potevano in virtù del citato principio dispositivo, che la loro domanda era diretta solo nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
Dunque, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del suddetto principio, posto, peraltro, che l’interpretazione della domanda e del comportamento processuale delle parti è attività riservata al giudice di merito, attendendo al momento logico all’accertamento in concreto della volontà della parte stessa (cfr. Cass. 27181/2023), non sindacabile in sede di legittimità ove idoneamente motivata, come nella specie.
I motivi secondo e terzo, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono da ritenersi ammissibili, contrariamente a quanto eccepito dalla controricorrente, in quanto esprimono critiche compiute e pertinenti al decisum su questioni di diritto, e sono fondati nei limiti che si vanno ad illustrare.
Fermo restando che, per quanto si è detto, la sentenza impugnata va confermata con riferimento alla domanda risarcitoria da occupazione usurpativa proposta dai danneggiati, nel senso che la relativa condanna correttamente è stata emessa solo nei confronti del RAGIONE_SOCIALE nel senso che si è precisato, occorre osservare che detta ultima parte ha esperito nei confronti del chiamato in causa RAGIONE_SOCIALE sia la domanda fondata sul titolo aquiliano, indicando il RAGIONE_SOCIALE quale terzo responsabile dell’ evento dannoso, vale a dire autore dell’illecito per aver operato la irreversibile trasformazione del fondo degli attori, sia la domanda fondata sul titolo contrattuale, atteso che, secondo la prospettazione del RAGIONE_SOCIALE, il titolo di acquisto dei terreni del 18-6-1992, e in particolare l’art.4 dell’atto di compravendita per rogito COGNOME, aveva allargato l’ambito di operatività della ma nleva che il RAGIONE_SOCIALE si era obbligato a prestare in favore del RAGIONE_SOCIALE, rispetto a quello previsto dalla convenzione conclusa tra le stesse parti il 2-91985.
3.1. Ora, che la domanda fondata sul titolo aquiliano (secondo motivo) , e quindi di ‘garanzia propria’ nei confronti del responsabile unico o corresponsabile dell’illecito ex art. 2043 cod. civ. (concretizzatosi nella radicale trasformazione del fondo), fosse stata proposta dal RAGIONE_SOCIALE risulta dalla stessa sentenza impugnata (pag.12). Infatti la Corte d’appello riporta, nelle parti di interesse, sia il tenore della comparsa di risposta del RAGIONE_SOCIALE del 15-5-1990 (in cui l’Ente deduceva che l’opera era stata re alizzata dal RAGIONE_SOCIALE al quale la causa risultava comune), sia il tenore delle conclusioni del successivo atto di citazione con RAGIONE_SOCIALE in giudizio del terzo, notificato il 19-7-1990 (pag. 12 sentenza impugnata: ‘ dato atto che l’opera programmata è stata realizzata dalla società RAGIONE_SOCIALE che risulta beneficiaria del provvedimento di espropriazione dichiarare quest’ultima tenuta a garantire, manlevare e tenere indenne lo istante RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE da ogni onere e conseguenza pregiudizievole, comunque connessa e derivante dalla domanda principale, e, all’occorrenza, condannare al pagamento di quanto dovuto ‘).
In relazione a detta domanda, dipendente dallo stesso titolo azionato dai danneggiati, ma proposta dall’odierno ricorrente nei confronti del terzo corresponsabile, ossia concernente i rapporti interni tra i danneggianti in concorso, la Corte d’appello è incorsa nei vizi di violazione di legge denunciati, poiché l’ha implicitamente rigettata, come dato evincere dalle altre statuizioni assunte espressamente ed incompatibili con la sua fondatezza (cfr. Cass. 12131/2023), omettendo ogni accertamento sulla sussistenza e sulla rilevanza, in tali rapporti interni, della condotta del RAGIONE_SOCIALE in ordine al suo concorso causale nella determinazione dell’illecito.
Secondo l’orientamento di questa Corte, espresso in fattispecie analoga, al quale il Collegio intende dare continuità, l’accertamento della responsabilità dell’ente beneficiario dell’acquisizione dell’area nei confronti del privato proprietario, anche in caso di delega ex art.
35 della legge n. 865 del 1971, è autonomo rispetto all’accertamento, nei rapporti interni tra ente espropriante e istituto delegato a norma della citata disposizione, per i danni arrecati ai terzi; sicché, laddove sia stata accertata la concorrente responsabilità dell’uno e dell’altro per i danni arrecati al privato proprietario, la distribuzione del relativo onere risarcitorio, nei rapporti interni tra i due responsabili in solido, non è assorbita dall’affermazione che nei confronti del privato ciascuno dei due è tenuto a rispondere, ma postula il concreto accertamento e la precisa quantificazione delle rispettive responsabilità (Cass. 4817/2009).
Va aggiunto che tale accertamento non può essere condotto sulla base dei soli criteri indicati dall’art. 2055, commi 1 e 2 cod. civ., ma, a causa dell’esistenza di un rapporto contrattuale tra le parti, postula di regola l’esame del contenuto della convenzione stipulata a norma del primo comma dell’art. 57 della legge n. 865 del 1971, la cui esecuzione sia stata causa o occasione della commissione del fatto illecito (Cass. 4817/2009 citata). La titolarità del potere espropriativo e la presenza di delega all ‘ente beneficiario ai fini dell’individuazione del soggetto passivo rilevano con riguardo all’azione risarcitoria proposta dai danneggiati e con lo scopo di fornire ad essi maggior tutela, a tale fattispecie riferendosi l’orientamento di questa Corte richiamato nella sentenza impugnata (Cass. 21333/2013). Inoltre, contrariamente a quanto dedotto dalla controricorrente, la mancata riproposizione espressa delle domande verso il Pastifico all’udienza di precisazione delle conclusion i del 205-2003 non è sufficiente affinché esse possano ritenersi abbandonate (Cass. S.U. 1785/2018).
3.2. Alla stregua delle considerazioni che precedono, merita accoglimento il secondo motivo di ricorso nel senso precisato, per non avere la Corte di merito effettuato alcun accertamento in ordine alla sussistenza di condotta colposa del RAGIONE_SOCIALE, in particolare in ordine alla data della realizzazione dell’opera rispetto al termine di
scadenza dell’occupazione legittima, e in ordine alla sua eventuale incidenza causale nella determinazione del danno subito dai proprietari, e ciò solo ed esclusivamente, si ribadisce, per quanto rileva nei rapporti interni tra il RAGIONE_SOCIALE ricorrente e il RAGIONE_SOCIALE, ossia in relazione alla domanda di garanzia propria del primo, e in base ai criteri di cui si è detto, vale a dire mediante indagine sulla gravità della colpa e sul l’entità delle conseguenze derivatene anche in base agli obblighi dalle suddette parti assunti con la convenzione stipulata nel 1985.
3.3. Anche il terzo motivo merita accoglimento.
Premesso che la censura non può ritenersi assorbita per effetto dell’accoglimento del secondo motivo, poiché la doglianza si riferisce alla domanda fondata sul titolo contrattuale, ossia su di un titolo autonomo, ricorre la denunciata violazione dei criteri interpretativi di cui agli artt.1362, 1363 e 1366 cod. civ.
Nell’interpretazione dei contratti, l’elemento letterale, il quale assume funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, coordinando tra loro le singole clausole come previsto dall’art. 1363 cod. civ., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (Cass. 14882/2018). La comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata sia indagando il senso letterale delle parole, alla luce dell’integrale contesto negoziale, ai sensi dell’art. 1363 cod. civ., sia utilizzando i criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 cod. civ., rispettivamente volti a consentire l’accertamento del significato dell’accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere, mediante
un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell’altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare con la stipulazione negoziale, in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all’interprete, dopo aver compiuto l’esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l’intenzione dei contraenti e di verificare se quest’ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell’accordo e con la condotta tenuta dai contraenti medesimi (Cass. 24699/2021).
La Corte d’appello non si è attenuta ai suesposti principi, poiché si è limitata a richiamare la convenzione del 2-9-1985 e ad affermare che le condizioni contemplate dal contratto di vendita del 18-6-1992, stipulato, peraltro, finanche prima dell’adozione -tardiva – del decreto di esproprio (del 4-12-1990 cfr. pag. 20 controricorso), erano ‘ riflettenti ‘ quelle della precedente convenzione .
Per contro, il RAGIONE_SOCIALE riporta in ricorso il tenore della clausola 4 del l’ atto di compravendita notarile (pag.23 ricorso), deduce con sufficiente specificità la diversità di detto testo rispetto a quello della convenzione del 1985, nella parte di interesse, e rimarca che nella premessa dello stesso atto si dava conto della pendenza del giudizio instaurato dai proprietari ‘espropriati’ , che aveva ad oggetto non solo la liquidazione dell’indennità di occupazione legittima, ma anche il risarcimento dei danni per la perdita della proprietà (pag.21 ricorso).
Dunque, la Corte di merito ha obliterato di considerare se e in che misura vi fossero differenze lessicali tra le clausole contenute nella convenzione del 1985 e quell e previste nell’atto di compravendita del 1992 e se eventualmente potessero avere rilevanza nell’indagine sulla volontà delle parti, stante il riferimento dell’atto di compravendita alla suddetta causa pendente con i privati ‘ espropriati ‘, il cui contraddittorio era stato già esteso al RAGIONE_SOCIALE
ed aveva ad oggetto anche il risarcimento dei danni per la perdita della proprietà.
In conclusione, va rigettato il primo motivo, vanno accolti i motivi secondo e terzo nel senso precisato, va cassata la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione , anche per la decisione sulle spese di lite del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie i motivi secondo e terzo nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, a cui demanda anche la decisione sulle spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023 nella camera di consiglio