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Garanzia impropria espropriazione: la Cassazione chiarisce

Un comune, condannato a risarcire i proprietari per un’occupazione illegittima di un terreno, si rivolge alla Cassazione contro la decisione che escludeva la responsabilità della società beneficiaria dell’opera. La Suprema Corte accoglie parzialmente il ricorso, affermando che, sebbene la condanna al risarcimento verso i privati resti a carico del solo Comune (per volontà degli attori), il rapporto interno tra Comune e società deve essere riesaminato. La Corte di merito dovrà valutare la ripartizione delle colpe e l’effettiva portata della garanzia impropria espropriazione e delle clausole contrattuali di manleva tra i due soggetti.

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Garanzia Improprìa Espropriazione: La Cassazione e la Ripartizione delle Responsabilità

Nel complesso ambito del diritto immobiliare e degli appalti pubblici, la questione della garanzia impropria espropriazione assume un ruolo cruciale quando si verificano illeciti. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla ripartizione delle responsabilità tra l’ente pubblico espropriante e il soggetto privato beneficiario dell’opera, specialmente quando la procedura espropriativa non va a buon fine. Questo caso analizza la dinamica dei rapporti interni tra i corresponsabili di un danno derivante da occupazione illegittima.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine negli anni ’90, quando alcuni proprietari terrieri avviano una causa contro un Comune per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito dell’irreversibile trasformazione di un loro fondo. Il Comune aveva occupato il terreno per la realizzazione di un insediamento produttivo, destinato a un’azienda privata, ma non aveva emesso il decreto di espropriazione entro i termini di legge, configurando così un’ipotesi di “occupazione acquisitiva”.

Il Comune, a sua volta, chiamava in causa l’azienda privata, beneficiaria dell’opera, chiedendo di essere manlevato da ogni conseguenza economica. Il Tribunale di primo grado riconosceva la responsabilità solidale di entrambi, condannandoli al pagamento del risarcimento. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione: accertava la responsabilità esclusiva del Comune, condannandolo a pagare una somma maggiore, e liberava l’azienda da ogni obbligo. La motivazione si basava sul fatto che i proprietari terrieri avevano esplicitamente limitato la loro domanda risarcitoria al solo ente pubblico.

La Decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha esaminato i tre motivi di ricorso presentati dal Comune.

1. Primo motivo (respinto): Il Comune sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel considerare la dichiarazione dei proprietari come una limitazione della domanda, assimilandola a una rinuncia non valida. La Cassazione ha rigettato questo motivo, chiarendo che i proprietari avevano semplicemente esercitato il loro diritto di dirigere l’azione solo contro il Comune, senza mai estenderla all’azienda chiamata in causa.

2. Secondo e terzo motivo (accolti): Il cuore della decisione risiede nell’accoglimento degli altri due motivi, che riguardavano la garanzia impropria espropriazione e l’interpretazione dei contratti di manleva.

Le Motivazioni e la Garanzia Improprìa Espropriazione

La Suprema Corte ha cassato la sentenza d’appello nella parte in cui escludeva la responsabilità interna dell’azienda. Il ragionamento dei giudici di legittimità è chiaro e si articola su due binari paralleli: la responsabilità da fatto illecito (aquiliana) e quella contrattuale.

La Corte ha stabilito che, sebbene la condanna nei confronti dei danneggiati gravi solo sul Comune (per scelta processuale dei primi), ciò non risolve la questione dei rapporti interni tra i due soggetti che hanno contribuito a causare il danno. La Corte d’Appello ha commesso un errore omettendo di valutare:

* La responsabilità aquiliana dell’azienda: L’azienda, procedendo alla trasformazione irreversibile del fondo pur essendo consapevole della scadenza dei termini per l’occupazione legittima, potrebbe aver contribuito causalmente alla produzione del danno. La Corte di merito avrebbe dovuto accertare la gravità della colpa dell’azienda e la sua incidenza nella causazione dell’illecito. Questo esame rientra nel concetto di garanzia impropria espropriazione, che obbliga il corresponsabile a rivalere l’altro della quota di sua spettanza.
* La responsabilità contrattuale: La Corte d’Appello ha interpretato in modo troppo restrittivo le clausole di manleva contenute in una convenzione del 1985 e in un successivo atto di vendita del 1992. Secondo la Cassazione, i giudici avrebbero dovuto analizzare più approfonditamente la volontà delle parti, considerando che l’atto del 1992 era stato stipulato quando la causa per danni era già pendente. Questo contesto avrebbe potuto indicare un’intenzione delle parti di estendere la garanzia offerta dall’azienda a coprire non solo l’indennità di occupazione legittima, ma anche il risarcimento per l’illecito.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la distinzione tra il rapporto esterno (tra danneggiante e danneggiato) e il rapporto interno (tra i corresponsabili del danno). Anche se il danneggiato sceglie di agire contro un solo soggetto, quest’ultimo ha il diritto di veder accertata in giudizio la quota di responsabilità degli altri concorrenti nell’illecito. La Corte d’Appello dovrà quindi riesaminare il caso, non per modificare la condanna a favore dei proprietari, ma per stabilire se e in che misura l’azienda privata debba tenere indenne il Comune dalla somma che è stato condannato a pagare, sulla base sia dei principi della responsabilità solidale sia delle clausole contrattuali intercorse tra le parti.

Se il danneggiato cita in giudizio solo l’ente pubblico, la domanda si estende automaticamente al privato beneficiario chiamato in causa?
No. Secondo la Corte, vige il principio dispositivo: la domanda non si estende automaticamente se i danneggiati esprimono la volontà di non estenderla al terzo chiamato in causa, dirigendo la loro pretesa risarcitoria solo nei confronti della parte originariamente convenuta.

L’ente pubblico condannato a risarcire il danno può rivalersi sul privato beneficiario dell’opera?
Sì, può farlo. La Corte ha stabilito che, anche se l’ente pubblico è l’unico condannato nei confronti del danneggiato, deve essere esaminato il rapporto interno tra l’ente e il beneficiario. Il giudice deve valutare se il beneficiario ha contribuito all’illecito e quindi debba rispondere in via di regresso (garanzia impropria).

Come si interpreta una clausola di manleva in un contratto tra ente espropriante e beneficiario?
La clausola di manleva non va interpretata isolatamente, ma alla luce dell’intero contesto contrattuale e della comune intenzione delle parti. La Corte ha specificato che si deve tener conto di tutti gli elementi, come la pendenza di un giudizio per danni al momento della stipula di accordi successivi, per determinare se la garanzia copra solo le indennità legittime o anche il risarcimento per fatti illeciti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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