Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1252 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1252 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/01/2025
ORDINANZA
R.G.N. 8017/23
C.C. 5/12/2024
Appalto -Impianto eolico -Garanzia per i vizi -Gravi difetti di immobili destinati a lunga durata -Prescrizione sul ricorso (iscritto al N.R.G. 8017/2023) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380 -bis , secondo comma, c.p.c., dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F.: P_IVA, già RAGIONE_SOCIALE in persona del suo liquidatore pro -tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME nel cui studio in Roma, INDIRIZZO, ha eletto domicilio;
-controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F.: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 1103/2022, pubblicata il 20 ottobre 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dalla ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -All’esito di procedimento di accertamento tecnico preventivo ante causam , con atto di citazione notificato il 20 novembre 2017, la RAGIONE_SOCIALE conveniva, davanti al Tribunale di Cuneo, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE chiedendo: 1) che fosse pronunciata la risoluzione del contratto concluso per la fornitura e l’installazione di un aerogeneratore eolico, comprensivo di torre, scala interna, sistema UMTS di controllo a distanza, per i vizi di progettazione e costruzione dell’impianto e per la non conformità dei materiali alle qualità specifiche promesse, tanto da determinare il distacco della navicella e il suo crollo al suolo; 2) che -per l’effetto i convenuti fossero condannati, in solido, al pagamento delle somme da sostenere per la rimozione, il ripristino e l’installazione di un nuovo impianto e a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non, anche in
termini di mancata produzione di energia elettrica, nella misura di euro 194.150,00, corrispondente al prezzo corrisposto per l’installazione del generatore, nella misura di euro 70.000,00, per la perdita dei capitali investiti per la realizzazione delle opere necessarie all’installazione dell’aerogeneratore, e nella misura di euro 723.600,00, per i danni conseguenti alla rimozione delle parti crollate dell’impianto e alla perdita dei proventi che sarebbero derivati dalla cessione di energia a prezzo agevolato, in virtù della convenzione con il GSE sino all’anno 2035, su una base di perdita di guadagno sperato annuale di euro 36.180,00.
Si costituiva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, la quale eccepiva l’avvenuta cessione del ramo d’azienda, comprensivo del marchio RAGIONE_SOCIALE, alla società RAGIONE_SOCIALE con l’espressa indicazione tra le condizioni della cessione dell’impegno a tenere indenne la cedente RAGIONE_SOCIALE da qualsiasi pretesa di terzi in ordine agli impianti realizzati. Nel merito, la convenuta eccepiva la decadenza dal diritto di garanzia e la relativa prescrizione ai sensi dell’art. 1495 c.c. e, in via subordinata, concludeva per il rigetto delle richieste risarcitorie per responsabilità della società RAGIONE_SOCIALE nella causazione dell’evento dannoso e per mancanza di prova delle voci di danno richieste. Chiedeva -infine -che, nell’ipotesi in cui fosse stata disposta la sua condanna al risarcimento dei danni e/o alla restituzione del prezzo, la RAGIONE_SOCIALE fosse condannata a tenerla indenne e manlevarla.
Si costituiva in giudizio anche la RAGIONE_SOCIALE la quale instava per l’inammissibilità o l’infondatezza delle domande proposte, eccependo l’inopponibilità degli esiti del disposto
accertamento tecnico preventivo, al quale non era stata chiamata a partecipare, nonché la mancanza di prova, anche con riferimento alle attività manutentive necessarie al fine di assicurare il corretto funzionamento dell’impianto; contestava, poi, di essere tenuta a tenere indenne e manlevare la RAGIONE_SOCIALE, in quanto la propria responsabilità avrebbe dovuto ritenersi limitata ai bulloni di ancoraggio della navicella che avrebbe dovuto sostituire, per cui chiedeva di essere a sua volta manlevata e tenuta indenne da COGNOME.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 725/2020, depositata il 21 dicembre 2020, notificata l’8 gennaio 2021, qualificato il rapporto contrattuale intercorso tra le parti -avente ad oggetto la fornitura e l’installazione di una pala eolica in termini di compravendita, rigettava le domande spiegate, in ragione della prescrizione della garanzia per i vizi.
In particolare, la sentenza di primo grado: A) escludeva la natura vessatoria della clausola di cui all’art. 10 del contratto concluso tra le parti, secondo cui la garanzia della fornitura esente da difetti di origine e di fabbricazione valeva per un periodo di 24 mesi dalla messa in servizio dell’impianto; B) rilevava che il vizio riscontrato era conseguente ad un difettoso serraggio delle viti avvenuto in fase di assemblaggio in officina di produzione; C) evidenziava il decorso del termine annuale di prescrizione ex art. 1495 c.c. ai fini dell’esperibilità dell’azione di garanzia, decorrente dal deposito dell’elaborato di consulenza tecnica d’ufficio nel giudizio di accertamento tecnico preventivo, ossia dal 18 maggio 2016; D) negava che le varie poste di danno richieste fossero sussistenti.
2. -Con atto di citazione notificato l’8 febbraio 2021, la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erronea qualificazione del contratto concluso tra le parti il 16 maggio 2011 come vendita e non già come appalto, avendo ad oggetto la costruzione e l’installazione di un generatore eolico; 2) l’erronea interpretazione della clausola contrattuale di cui all’art. 10, di cui era stata ingiustamente esclusa la natura vessatoria, la quale avrebbe previsto una limitazione di responsabilità in favore della RAGIONE_SOCIALE (nei limiti del biennio, a fronte della responsabilità decennale dell’appaltatore prevista dall’art. 1669 c.c.); 3) l’applicabilità alla fattispecie della garanzia per i vizi, con la conseguenza che, trattandosi di vizi occulti, il termine biennale di prescrizione sarebbe decorso dalla scoperta e non dalla consegna, peraltro a fronte del riconoscimento del vizio a cura di un tecnico RAGIONE_SOCIALE, intervenuto in loco due giorni dopo il crollo, ovvero il 15 luglio 2015, o comunque l’integrazione di un vizio di costruzione.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione la RAGIONE_SOCIALE la quale insisteva per il rigetto dell’appello proposto e la conferma della sentenza impugnata.
Si costituiva altresì la RAGIONE_SOCIALE, la quale concludeva per il rigetto dell’impugnazione.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Torino, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l’impugnazione e, per l’effetto, confermava integralmente la sentenza impugnata.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il contratto doveva
essere qualificato come appalto e non come vendita, poiché, a seguito dell’indagine sul piano sostanziale del contenuto delle clausole pattizie, emergeva un assetto negoziale incentrato sull’attribuzione al fornitore di un articolato sistema di prestazioni di facere involgenti una complessa attività preliminare di progettazione (tramite la verifica in loco della fattibilità dell’opera sulla base di ben determinati parametri) nonché la valutazione delle esigenze del cliente, l’assemblaggio dei vari pezzi (operazione altrettanto specialistica, in quanto da eseguirsi con il verosimile impiego di attrezzature specifiche e personale specializzato) e, da ultimo, la verifica finale tramite collaudo in loco della funzionalità del bene; b ) che la questione attinente alla natura vessatoria della clausola era superabile, poiché l’ambito applicativo della garanzia prevista in contratto copriva il difetto di origine e di fabbricazione della fornitura mentre il vizio riscontrato dal consulente tecnico d’ufficio nominato in sede di accertamento tecnico preventivo consisteva nell’ ‘errato serraggio in fase di assemblaggio della macchina in officina di produzione’, che aveva condotto alla rottura delle viti, sebbene fosse stato accertato che il collegamento era stato ben progettato e che il sistema di antisvitamento era stato rinvenuto in posizione corretta; c ) che -per l’effetto doveva essere esclusa l’operatività della limitazione temporale della garanzia contrattuale in ordine all’errore umano nell’operazione di assembla ggio, anomalia che non integrava appunto un difetto di origine né tantomeno di fabbricazione; d ) che l’errato serraggio in fase di assemblaggio delle viti doveva essere inquadrato tra i difetti ricadenti nella disciplina di cui all’art. 1669 c.c., trattandosi di un consistente vizio costruttivo
incidente sulla funzionalità di un bene senza dubbio assimilabile ad un immobile, in quanto ancorato al suolo; e ) che, in conseguenza, la cronologia degli accadimenti rivelava la tardività dell’azione, introdotta oltre il termine di prescrizione di un anno dalla denunzia; f ) che, infatti, la denuncia era stata rimessa alle controparti il giorno stesso del crollo della pala, ossia il 13 luglio 2015, e dunque tempestivamente rispetto alla scoperta del vizio, sicché il termine annuale di prescrizione avrebbe dovuto essere computato a decorrere dalla denuncia; g ) che tale termine aveva subito una prima interruzione il 26 novembre 2015, data dell’ultima notificazione alle controparti del decreto di fissazione dell’udienza a seguito del deposito del ricorso per accertamento tecnico preventivo, interruzione che era cessata dopo il deposito dell’elaborato peritale avvenuto il 18 ottobre 2016, momento a decorrere dal quale non era intervenuto alcun atto interruttivo sino alla notifica della citazione introduttiva del giudizio del 20 ottobre 2017 ( recte del 20 novembre 2017), con l’effetto che l’azione era tardiva, in quanto proposta oltre il termine annuale di prescrizione decorrente dal 18 ottobre 2016; h ) che ad abundantiam la stessa cronologia dei fatti confortava la decadenza ( recte prescrizione) di We Wind anche dalla tutela ex art. 1667, terzo comma, c.c., per aver inoltrato in data 13 luglio 2015 la denuncia oltre il termine di due anni dalla consegna dell’opera, avvenuta nell’anno 2012, con la conseguente decadenza ( recte prescrizione) dell’azione, senza che peraltro potesse attribuirsi efficacia di riconoscimento del vizio all’intervento in loco effettuato da un tecnico RAGIONE_SOCIALE il 15 luglio 2015, trattandosi di atto inidoneo ad impegnare la società
stessa e comunque inefficace nella prospettiva dell’appellante, in quanto avvenuto ‘oltre un anno’.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE
È rimasta intimata la RAGIONE_SOCIALE
-All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio depositata il 28 maggio 2024, comunicata il 29 maggio 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta manifesta infondatezza del ricorso.
Con atto depositato il 7 luglio 2024, la RAGIONE_SOCIALE ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
-La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341, secondo comma, c.c., per avere la Corte di merito ritenuto, a monte, che il difetto rilevato non rientrasse nell’ambito operativo della clausola di cui si lamentava la natura vessatoria.
Osserva l’istante che il difetto delle parti rotanti, tale da turbare l’equilibrio della macchina, con la conseguente rottura del supporto -e segnatamente con il distacco e il crollo al suolo della navicella andata distrutta -, sarebbe ricaduto certamente nella categoria delle difformità e sarebbe stato tale da costituire un vizio dell’opera, che aveva generato la distruzione dell’impianto.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
Sul punto, la Corte d’appello ha escluso che si ricadesse nell’ambito della limitazione temporale della garanzia contrattuale, poiché tale limitazione faceva riferimento ai difetti di origine o di fabbricazione, quale anomalia intrinseca di ogni singolo componente, mentre nella fattispecie era stato accertato un mero errore umano nell’operazione di assemblaggio e precisamente l’ ‘errato serraggio in fase di assemblaggio della macchina in officina di produzione’, tale da determinare la rottura delle viti.
All’esito, la censura si traduce in una richiesta di rivalutazione dei fatti, il cui sindacato non è ammissibile in sede di legittimità, poiché nella sostanza si chiede di rivedere la ponderazione del giudice di merito secondo cui la clausola di cui all’art. 10 del contratto sulla limitazione temporale per 24 mesi della garanzia dalla messa in funzione dell’impianto non avrebbe potuto applicarsi al caso di specie, in quanto il vizio fatto valere non si era tradotto in un difetto di origine o di fabbricazione, inteso come anomalia intrinseca di un componente, bensì in un errore umano nell’operazione di assemblaggio e di controllo delle macchine, con la conseguente inapplicabilità della disciplina sulle clausole vessatorie.
In secondo luogo, non è dato comprendere quale sia l’interesse specifico della ricorrente a contestare tale conclusione (in mancanza di alcuna esplicitazione delle precise conseguenze favorevoli, ai fini di rinvenire tale intesse), che è funzionale ad escludere che la limitazione temporale (fino a 24 mesi dalla messa in funzione dell’impianto) della garanzia pattizia si estenda
anche al vizio di assemblaggio, vizio che pertanto rientra nei limiti temporali legali di decadenza e prescrizione (in base all’inquadramento sistematico del vizio).
Ora, a fronte della contestazione dell’odierna ricorrente circa la natura vessatoria di tale clausola (in ordine alla limitazione temporale del tempo entro cui avrebbe potuto essere fatta valere la garanzia convenzionale), il giudice di merito ha negato l’interesse a farne valere la natura vessatoria, poiché la tipologia di vizio dedotta non sarebbe ricaduta nell’ambito applicativo di tale clausola, assumendo così una ponderazione favorevole alla prospettazione dell’istante, il quale in sede di gravame -aveva appunto richiesto che fosse ritenuta operativa la responsabilità decennale dell’appaltatore prevista dall’art. 1669 c.c.
2. -Con il secondo motivo svolto la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1667 e 1669 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto che il difetto dedotto ricadesse nella fattispecie della rovina di cose immobili di lunga durata, in ragione dell’integrazione di un vizio costruttivo incidente sulla funzionalità di un bene senza dubbio assimilabile ad un immobile, in quanto ancorato al suolo, con la conseguente maturazione della prescrizione annuale, anziché nell’ambito della garanzia per i vizi dell’opera appaltata, con la conseguente prescrizione biennale.
Obietta l’istante che il vizio di costruzione sarebbe stato attinente alla realizzazione della struttura portante, per mancata corrispondenza al progetto, mentre nella fattispecie, all’esito del montaggio non corretto e della probabile inidoneità dei bulloni di
fissaggio della navicella alla ralla, aveva ceduto solo la parte superiore, che -distaccandosi -era crollata ai piedi del palo di sostegno, palo che però era rimasto in piedi, con la conseguenza che, non trattandosi di vizio strutturale, il difetto non sarebbe stato sussumibile nell’alveo dell’art. 1669 c.c., ma al più dell’art. 1667 c.c. per un vizio di montaggio dell’articolazione mobile tra navicella e palo.
2.1. -Il motivo è infondato.
2.1.1. -Si premette che è esclusa l’inammissibilità della doglianza, sebbene la ricorrente non abbia censurato in uno specifico e separato motivo l’ulteriore assunto ad abundantiam della sentenza impugnata, secondo cui, quand’anche si fosse trattato di ordinaria garanzia per i vizi, l’azione di risoluzione e di risarcimento dei danni sarebbe comunque ricaduta nell’eccezione di prescrizione, stante l’inoltro della denuncia a distanza di oltre due anni dalla consegna dell’opera e non potendosi ravvisare alcun riconoscimento del difetto.
Infatti, è precluso, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam , in quanto la stessa, non costituendo una ratio decidendi della decisione, non spiega alcuna influenza sul dispositivo della stessa e, pertanto, essendo improduttiva di effetti giuridici, la sua impugnazione è priva di interesse (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 18429 del 08/06/2022; Sez. 1, Ordinanza n. 8755 del 10/04/2018; Sez. L, Sentenza n. 23635 del 22/11/2010; Sez. 3, Sentenza n. 7074 del 28/03/2006; Sez. 1, Sentenza n. 24591 del 23/11/2005).
2.1.2. -Tanto premesso, si rileva che il giudice può qualificare la domanda proposta ricollegandola all’art. 1669 c.c., invece che considerarla quale richiesta di garanzia per le difformità e i vizi dell’opera ex art. 1667 c.c., allorché a suo fondamento siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli elementi essenziali dell’opera stessa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7537 del 20/04/2004; Sez. 2, Sentenza n. 7080 del 22/06/1995; Sez. 1, Sentenza n. 7491 del 24/08/1994; Sez. 1, Sentenza n. 2429 del 28/09/1973).
Ed invero, non ricorre una differenza qualitativa tra le difformità e i vizi di cui all’art. 1667 c.c. e i ‘gravi difetti’ di cui all’art. 1669 c.c., bensì quantitativa (attinente appunto al profilo della gravità, con specifico riferimento alla particolare categoria di beni interessati dalla tutela speciale: edifici e altre cose immobili destinate, per loro natura, a lunga durata).
Non sussiste, dunque, un’incompatibilità ontologica tra tali due precetti, potendo il committente di un immobile che presenta ‘gravi difetti’ invocare, oltre al rimedio risarcitorio del danno quale unico rimedio contemplato dall’art. 1669 c.c. , anche quelli previsti dall’art. 1668 c.c. eliminazione dei vizi, riduzione del prezzo e risoluzione del contratto -, con riguardo ai vizi di cui all’art. 1667 c.c., purché non sia incorso nella decadenza stabilita dal secondo comma di quest’ultimo articolo, dov endosi ritenere che, pur nella diversità della natura giuridica delle responsabilità rispettivamente disciplinate dalle anzidette norme (l’art. 1669 regola una fattispecie di responsabilità extracontrattuale, l’art. 1667 attiene ad un’ipotesi di responsabilità speciale contrattuale), le relative fattispecie si configurano l’una (l’art.
1669) come sottospecie dell’altra (l’art. 1667), perché i ‘gravi difetti’ dell’opera si traducono inevitabilmente in ‘vizi’ della medesima, sicché la presenza di elementi costitutivi della prima implica necessariamente la sussistenza di quelli della seconda (non vale, per contro, l’equazione inversa), continuando ad applicarsi la norma generale anche in presenza dei presupposti di operatività di quella speciale, così da determinare una concorrenza delle due garanzie, quale risultato conforme alla ratio di rafforzamento della tutela del committente sottesa allo stesso art. 1669 c.c. (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19251 del 12/07/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 12814 del 10/05/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 20184 del 25/07/2019; Sez. 1, Sentenza n. 815 del 19/01/2016; Sez. 2, Sentenza n. 3702 del 15/02/2011).
2.1.3. -Orbene, in materia di appalto avente ad oggetto la costruzione di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, l’indagine volta a stabilire se i difetti costruttivi ricadano nella disciplina dell’art. 1669 c.c., che comporta la responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore, ovvero in quella posta dagli artt. 1667 e 1668 c.c. in tema di garanzia per le difformità e i vizi dell’opera, rientra nei compiti propri del giudice del merito, coinvolgendo l’accertamento e la valutazione degli elementi di fatto del caso concreto. Al giudice di merito spetta altresì stabilire se le acquisizioni processuali sono sufficienti a formulare compiutamente il giudizio finale sulle caratteristiche dei difetti, dovendo egli, al riguardo, non limitarsi alla mera verifica della sussistenza del pericolo di crollo ovvero alla valutazione dell’incidenza dei medesimi sulle parti essenziali e strutturali dell’immobile, bensì accertare anche se, pur
afferendo ad elementi secondari ed accessori, essi siano tali da incidere negativamente, pregiudicandoli in modo considerevole nel tempo, sulla funzionalità e sul godimento dell’immobile (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 5648 del 04/03/2024; Sez. 2, Ordinanza n. 21078 del 04/07/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 10255 del 30/03/2022; Sez. 2, Ordinanza n. 24931 del 15/09/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 26529 del 20/11/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 18205 del 02/09/2020; Sez. 2, Ordinanza n. 22093 del 04/09/2019; Sez. 2, Sentenza n. 8577 del 26/04/2005).
Sicché nella fattispecie la suddetta qualificazione appare esente da critiche, poiché il fatto che il palo di sostegno non sia crollato, ma che sia stata decapitata la navicella con le relative pale, non ha alcuna incidenza sulla qualificazione giuridica del rilevato consistente vizio costruttivo incidente sulla funzionalità del bene (riguardato nel suo complesso e non nelle sue singole componenti), assimilabile ad un immobile in quanto ancorato al suolo.
Dunque, l’azione ex art. 1669 c.c. può essere proposta non solo nel caso di rovina, in tutto o in parte, dell’immobile destinato per sua natura a lunga durata, ma anche ove lo stesso bene presenti evidente pericolo di rovina o gravi difetti, che nel caso di specie sono stati identificati proprio nel distacco della navicella con le pale e nella conseguente impossibilità di funzionamento dell’impianto.
2.1.4. -D’altronde, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale di legittimità (elaborato in materia tributaria), la torre di sostegno costituisce parte inscindibile dell’ unicum impiantistico dell’aerogeneratore (rotore -navicella-torre) e
rappresenta un elemento funzionale essenziale dell’impianto eolico, che, in mancanza della torre, non può attuare la funzione per cui è concepito (produzione di energia eolica), così superando l’indirizzo assunto dall’amministrazione finanziaria in ordine all’applicazione della c.d. normativa imbullonati al settore eolico (da ultimo, Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 14912 del 29/05/2023; Sez. 5, Ordinanza n. 9999 del 14/04/2023; Sez. 5, Sentenza n. 6790 del 07/03/2023; Sez. 5, Sentenza n. 6774 del 07/03/2023; Sez. 6-5, Ordinanza n. 32344 del 03/11/2022; Sez. 5, Ordinanza n. 31933 del 28/10/2022; Sez. 5, Sentenza n. 28556 del 30/09/2022; Sez. 6-5, Ordinanza n. 27040 del 14/09/2022; Sez. 6-5, Ordinanza n. 21462 del 06/10/2020).
Ora, con specifico riferimento alle centrali eoliche, la Direzione centrale catasto, cartografia e pubblicità, con nota prot. n. 60244 del 27 aprile 2016, ha chiarito che ‘Considerate… le caratteristiche tipologiche e costruttive di tali elementi, è possibile riconoscere negli stessi la natura di opera edile avente i caratteri della solidità, della stabilità, della consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo’, così come precisato nella circolare n. 2/E del 2016. Pertanto, ai sensi del richiamato art. 1, comma 21, della legge n. 208/2015, per le unità immobiliari in argomento vanno considerate, tra le componenti immobiliari oggetto di stima, il suolo, le torri con le relative fondazioni, gli eventuali locali tecnici che ospitano i sistemi di controllo e trasformazione e le sistemazioni varie, quali recinzioni, percorsi, ecc.’.
Tale indicazione è stata confermata anche dalla successiva circolare n. 27/E del 13 giugno 2016 che, sull’argomento, ha
precisato che ‘Quanto alle strutture di sostegno degli aerogeneratori delle centrali eoliche, più che di semplici pali, trattasi di vere e proprie torri, spesso accessibili al loro interno e talvolta dotate di strutture di collegamento verticale. Le caratteristiche tipologico-costruttive di tali strutture, nelle quali è possibile riconoscere i caratteri della solidità, della stabilità, della consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo, così come indicato nella circolare n. 2/E del 1° febbraio 2016 dell’Agenzia delle Entrate, portano ad annoverare le stesse tra le costruzioni e, come tali, quindi, da includere nella stima diretta finalizzata alla determinazione della rendita catastale della centrale eolica. Pertanto, ai sensi dell’art. 1, comma 21, della legge di stabilità 2016, a decorrere dal 1° gennaio 2016 per le unità immobiliari in argomento vanno considerate, tra le componenti immobiliari oggetto di stima catastale, il suolo, le torri con le relative fondazioni, gli eventuali locali tecnici che ospitano i sistemi di controllo e trasformazione e le sistemazioni varie, quali recinzioni, viabilità, ecc., posti all’interno del perimetro dell’unità immobiliare’.
Contrariamente all’assunto della ricorrente, nello stesso senso si è espressa, da ultimo, la circolare n. 28/E del 16 ottobre 2023 dell’Agenzia delle Entrate, la quale ha rilevato, in ossequio alla giurisprudenza di legittimità, che di regola le caratteristiche ordinarie degli impianti eolici sono tali per cui la torre di sostegno partecipa al processo produttivo, senza necessità di rinviare la valutazione al giudice di merito, il che incide non già sull’esclusione della qualificazione dell’impianto inscind ibilmente considerato nelle sue componenti essenziali come cosa immobile,
ma semplicemente sulla stima ai fini della determinazione della rendita catastale degli impianti funzionali allo specifico processo produttivo, in quanto, ferma restando la qualificazione quali unità immobiliari a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D ed E, ex art. 1, comma 21, della legge citata n. 208/2015, ai fini della computabilità del valore della ‘torre eolica’, occorre discriminare sulla scorta della rimodulazione tra componenti statiche e immobiliari e componenti impiantistiche finalizzate al processo produttivo (di cui è partecipe anche la torre).
2.1.5. -Per l’effetto, deve concludersi nel senso che le torri su cui sono installati gli aerogeneratori (rotori e navicelle), unitamente alle relative opere di fondazione, rappresentano opere annoverabili nel genere delle ‘costruzioni’. E tanto sulla scorta dei caratteri della ‘stabilità, solidità e consistenza volumetrica, nonché della immobilizzazione al suolo ex art. 812 c.c.’.
Navicella, rotore e pale non costituiscono elementi a sé stanti bensì componenti dell’unico impianto eolico infisso stabilmente al suolo, con il precipitato che nessun ostacolo si frapponeva all’inquadramento sistematico dell’azione spiegata nell’ambito del risarcimento dei danni per gravi difetti di immobili destinati per loro natura a lunga durata.
Né il vizio di assemblaggio per errato serraggio della macchina in officina di produzione, tale da implicare la rottura delle viti, con il conseguente crollo della navicella, era in sé incompatibile con la sua qualificazione quale ‘grave difetto’, appunto perché, con motivazione logica e dunque insindacabile in
sede di legittimità, la Corte distrettuale ha dato atto dell’incidenza di tale vizio sulla caduta di una sua componente essenziale e sulla correlata impossibilità di funzionamento della pala.
3. -In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito in conformità alla proposta, deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c., con la conseguente condanna ulteriore della ricorrente soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata nonché, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00, somme che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore della controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre
accessori come per legge; condanna altresì la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma equitativamente determinata in euro 8.000,00 e al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 3.000,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda