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Garanzia fondo PMI: sì alla surroga nel fallimento

La Corte di Cassazione ha stabilito che il gestore del Fondo di Garanzia per le PMI, dopo aver pagato la banca finanziatrice a seguito dell’inadempimento di un’impresa poi fallita, ha diritto di surrogarsi nei diritti del creditore e di insinuarsi al passivo. La Corte chiarisce che la garanzia fondo PMI ha natura pubblicistica e non configura un’obbligazione solidale. Di conseguenza, non si applica il limite previsto dall’art. 61 della legge fallimentare, che vieta il regresso tra coobbligati prima del totale soddisfacimento del creditore principale, e non si crea una duplicazione del credito nel passivo fallimentare.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

Garanzia Fondo PMI: la Cassazione ammette la surroga nel fallimento

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione relativa alla garanzia fondo pmi e ai suoi effetti nelle procedure fallimentari. La decisione chiarisce la natura giuridica di tale garanzia, distinguendola nettamente da un’obbligazione solidale e aprendo la porta all’insinuazione al passivo da parte del gestore del Fondo, anche in caso di soddisfacimento solo parziale del creditore principale. Analizziamo i dettagli di questa pronuncia fondamentale per il diritto bancario e fallimentare.

Il caso: un credito garantito e il fallimento dell’impresa

I fatti alla base della controversia sono relativamente semplici. Una società manifatturiera, prima di essere dichiarata fallita, aveva ottenuto tre finanziamenti da un istituto di credito. Tali finanziamenti erano assistiti dalla garanzia del Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese, gestito da un ente creditizio, per una quota dell’80%.

A seguito dell’inadempimento e del successivo fallimento della società, la banca finanziatrice aveva escusso la garanzia, ottenendo dal gestore del Fondo il pagamento della quota garantita. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, per conto del gestore del Fondo, presentava domanda di ammissione al passivo fallimentare per recuperare la somma versata.

Tuttavia, sia il giudice delegato che il Tribunale in sede di opposizione respingevano la richiesta. La loro motivazione si basava sull’articolo 61 della legge fallimentare, che limita l’azione di regresso tra coobbligati al caso in cui il creditore principale sia stato integralmente soddisfatto. I giudici di merito ritenevano che il gestore del Fondo fosse un coobbligato e che la sua ammissione al passivo avrebbe creato un’ingiustificata duplicazione del credito, già insinuato per l’intero dalla banca.

L’intervento della Cassazione e la natura della garanzia fondo PMI

La Suprema Corte ha ribaltato completamente la decisione del Tribunale, accogliendo il ricorso. Il punto cruciale della decisione risiede nella corretta qualificazione giuridica della garanzia fondo pmi. Secondo gli Ermellini, questa non può essere assimilata a una comune fideiussione o a un’obbligazione solidale.

La garanzia offerta dal Fondo ha una natura pubblicistica, istituita per sostenere l’accesso al credito delle PMI. Essa non garantisce l’adempimento del debitore principale (l’impresa), ma garantisce direttamente il creditore (la banca) contro il rischio di inadempimento. Questo crea una distinzione fondamentale: il Fondo è estraneo al rapporto contrattuale tra banca e impresa.

La differenza tra surroga e regresso

Poiché il gestore del Fondo non è un coobbligato solidale, il suo diritto non è quello di regresso, ma quello di surroga legale ai sensi dell’art. 1203 c.c. Quando il Fondo paga la banca, adempie a una propria obbligazione di garanzia, non al debito dell’impresa. In conseguenza di tale pagamento, la legge stessa lo sostituisce nei diritti che la banca vantava verso il debitore fallito, per l’importo versato.

Questa distinzione è decisiva. L’articolo 61 della legge fallimentare, che impedisce il regresso del coobbligato non integralmente soddisfatto, non è applicabile. Il diritto del Fondo di insinuarsi al passivo sorge autonomamente per effetto della surroga legale e non dipende dal fatto che la banca sia stata o meno pagata per l’intero suo credito.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione analizzando la normativa specifica che regola il Fondo di Garanzia (L. 662/1996 e D.Lgs. 123/1998). Da questa disciplina emerge chiaramente che la garanzia è diretta, esplicita, incondizionata e irrevocabile, prestata in favore del soggetto finanziatore. Il Fondo non assume la posizione di coobbligato, ma si pone come garante del credito della banca e del suo recupero.

Di conseguenza, la circostanza che la banca non sia stata integralmente soddisfatta per la parte di credito non coperta da garanzia è irrilevante per l’esercizio del diritto di surroga del Fondo. Ammettere l’insinuazione al passivo del Fondo non costituisce una duplicazione del credito, poiché, a fronte del pagamento ricevuto, l’istituto di credito originario avrebbe dovuto ridurre la propria pretesa nel fallimento. Se non lo ha fatto, spetta agli organi della procedura fallimentare rettificare lo stato passivo per evitare un ingiusto arricchimento.

Conclusioni

La pronuncia della Cassazione offre un chiarimento di grande importanza pratica. Viene sancito in modo inequivocabile che il gestore del Fondo di Garanzia per le PMI, dopo aver onorato la garanzia, ha pieno diritto di insinuarsi nel passivo dell’impresa fallita in surroga dei diritti della banca. Questo diritto è autonomo, non è subordinato all’integrale pagamento del creditore originario e non crea duplicazioni di credito. La decisione rafforza il meccanismo della garanzia pubblica, assicurando al gestore del Fondo uno strumento efficace per il recupero delle somme erogate e garantendo la corretta applicazione dei principi fallimentari.

Qual è la natura giuridica della garanzia del Fondo PMI secondo la Cassazione?
La Cassazione afferma che la garanzia del Fondo PMI ha natura pubblicistica e non costituisce un’obbligazione solidale. Il Fondo non garantisce il debito dell’impresa, ma garantisce direttamente la banca creditrice, risultando estraneo al rapporto di finanziamento originario.

Perché l’art. 61 della legge fallimentare sul regresso tra coobbligati non si applica al gestore del Fondo?
L’art. 61 l. fall. non si applica perché il gestore del Fondo non è un coobbligato solidale con l’impresa fallita. Il suo diritto non è un’azione di regresso, ma una surroga legale ai sensi dell’art. 1203 c.c., che gli permette di subentrare nei diritti della banca per la somma pagata, indipendentemente dal soddisfacimento integrale del creditore.

L’ammissione al passivo del Fondo crea una duplicazione del credito nel fallimento?
No. La Corte ha chiarito che non si verifica alcuna duplicazione. La banca, una volta ricevuto il pagamento dal Fondo per la parte garantita, avrebbe dovuto ridurre la propria domanda di ammissione al passivo. Qualora non l’avesse fatto, spetta agli organi della procedura correggere lo stato passivo per riflettere il pagamento parziale già avvenuto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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