Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10265 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10265 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2314/2021 R.G. proposto da :
REGIONE CAMPANIA, in persona del suo legale rappresentante Presidente p.t. della Giunta Regionale On. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in NAPOLI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 3605/2020 depositata il 21/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/01/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio la Regione Campania, contestando il mancato svincolo di una polizza fideiussoria rilasciata a garanzia della realizzazione di un impianto a biomassa.
A fondamento della propria pretesa la società attrice deduceva che con decreto dirigenziale n. 238/2006 la Regione aveva approvato un bando per l’assegnazione di incentivi sotto forma di contributi in conto capitale, destinati al risparmio energetico e alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Con nota del 31 gennaio 2007 le era stata comunicata l’assegnazione provvisoria di un contributo pari a 748.391,43 euro, successivamente integrato fino a un massimo di 7.411.264,13 euro, per la realizzazione di una centrale elettrica alimentata a biomassa.
A seguito di tale assegnazione, la RAGIONE_SOCIALE accettava il contributo parziale e, come previsto dall’art. 9 del bando, produceva una polizza fideiussoria dell’importo di 314.195,12 euro, emessa il 20 marzo 2007 da Unicredit Banca.
Tuttavia con nota del 26 maggio 2008 la Regione notificava alla società attrice il decreto dirigenziale n. 93/2008, con il quale prendeva posizione sulla cumulabilità tra i contributi in conto capitale e il regime dei certificati verdi, introdotti dalle leggi n. 244/2007 e n. 222/2007 a sostegno della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Nel decreto dirigenziale n. 93/2008, la Regione stabiliva che non avrebbe proceduto all’escussione delle polizze fideiussorie qualora i
soggetti beneficiari del contributo avessero rinunciato al finanziamento entro 15 giorni dalla notifica del provvedimento, dichiarando contestualmente l’intenzione di proseguire autonomamente nella realizzazione dell’impianto. In caso contrario, la Regione avrebbe proceduto all’escussione della fideiussione.
Il 17 giugno 2008, la RAGIONE_SOCIALE rispondeva con una nota, formalizzando la rinuncia al contributo parzialmente erogato.
Successivamente, il 31 marzo 2010, ritenendo che la rinuncia al contributo escludesse qualsiasi obbligo di mantenere la fideiussione, la società chiedeva la restituzione della polizza rilasciata da Unicredit.
La richiesta si basava sul fatto che le modifiche normative introdotte con il decreto dirigenziale n. 93/2008 erano entrate in vigore dopo l’accettazione del contributo da parte della RAGIONE_SOCIALE e, dunque, non potevano essere retroattivamente applicate. Inoltre, sottolineava che la fideiussione aveva natura accessoria rispetto all’obbligazione principale garantita, ormai venuta meno con la rinuncia al contributo.
La Regione Campania respingeva la richiesta, sostenendo che la società aveva espressamente rinunciato al contributo e contestualmente assunto l’obbligo di mantenere la fideiussione. Successivamente, la società faceva presente all’Ente Regionale che la normativa era stata modificata, stabilendo che gli impianti entrati in esercizio dopo il 30 giugno 2009 avrebbero potuto cumulare certificati verdi e contributi pubblici, purché questi ultimi fossero stati assegnati entro il 31 dicembre 2007, come nel caso di specie.
Di conseguenza, la RAGIONE_SOCIALE adiva il Tribunale di Napoli, chiedendo: l’accertamento dell’illegittimità della nota della Regione Campania del 18 agosto 2008, nonché dei decreti dirigenziali n. 228/2008 e n. 93/2008, nella parte in cui imponevano il mantenimento della polizza fideiussoria e prevedevano l’escussione
della stessa in caso di mancata entrata in esercizio dell’impianto nei tempi previsti; in via principale, previo accertamento del diritto allo svincolo della polizza, l’ordine alla Regione Campania di procedere allo svincolo e restituire la fideiussione prestata da Unicredit ai sensi dell’art. 9 del bando; la condanna della Regione Campania al risarcimento di tutti i danni subiti a causa del mantenimento della polizza fideiussoria.
Con sentenza n. 7663/2015, il Tribunale di Napoli rigettava la domanda della RAGIONE_SOCIALE
Il giudice escludeva che il mantenimento in vita della polizza fideiussoria fosse dipeso da una decisione unilaterale della Regione Campania, ritenendo invece che fosse intervenuto un accordo negoziale tra le parti, che vincolava la società attrice al mantenimento della garanzia fideiussoria.
Con sentenza n. 3605 del 22 ottobre 2020 la Corte d’Appello di Napoli, accogliendo l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE riformava la sentenza di primo grado, riconoscendo la natura accessoria della garanzia fideiussoria sulla base delle disposizioni contrattuali.
Il giudice d’appello evidenziava che l’intero impianto negoziale della convenzione stipulata tra le parti confermava il collegamento della fideiussione alle condizioni stabilite nel bando e al rispetto di queste nella fase esecutiva del rapporto tra debitore garantito e creditore.
In tale contesto, la richiesta di escussione della polizza da parte dell’ente garantito risultava strettamente connessa alle vicende dell’obbligazione principale, così come disciplinata nel bando di erogazione dei contributi. La sua validità era dunque subordinata al verificarsi delle condizioni legittimanti la richiesta di pagamento, il che escludeva la natura autonoma della garanzia, nonostante la presenza di clausole di ‘pagamento a prima richiesta’ e la previsione della non opponibilità di eccezioni da parte del garante.
Da tale impostazione discendeva che la garanzia fideiussoria si estingueva con la rinuncia della RAGIONE_SOCIALE al contributo pubblico. Di conseguenza, risultava irrilevante qualsiasi accordo o impegno assunto dalla società in merito al mantenimento della fideiussione per l’eventuale opzione dei certificati verdi.
La Corte d’Appello sottolineava che una garanzia fideiussoria non può essere mantenuta in vita una volta estinta l’obbligazione principale, ovvero l’erogazione del contributo pubblico, a cui la fideiussione era funzionalmente collegata.
Propone ricorso per cassazione la Regione Campania, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo parte ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1369 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
L amenta che il giudice d’appello, dopo aver esaminato la natura della polizza fideiussoria prestata dalla RAGIONE_SOCIALE e averla qualificata come accessoria, nonostante le clausole in essa contenute di ‘pagamento a prima richiesta’ e di non opponibilità delle eccezioni da parte del garante, abbia poi affermato che tale natura comportasse l’estinzione automatica della garanzia fideiussoria al momento della rinuncia al contributo pubblico da parte della società.
Secondo la Corte d’Appello, l’accordo raggiunto e l’impegno assunto da RAGIONE_SOCIALE per il mantenimento della garanzia fideiussoria nell’ipotesi di opzione per i certificati verdi sarebbero risultati del tutto irrilevanti, poiché una garanzia non può essere mantenuta in vita una volta estinta l’obbligazione principale, ovvero l’erogazione del contributo pubblico, a cui era funzionalmente collegata.
La RAGIONE_SOCIALE contesta la sentenza impugnata, ritenendo che la Corte d’Appello abbia errato nel considerare che, a seguito della rinuncia da parte di RAGIONE_SOCIALE al contributo pubblico, le parti non avessero manifestato la volontà di rinnovare la garanzia fideiussoria rilasciata alla Regione Campania.
Secondo la ricorrente, una corretta applicazione dei criteri ermeneutici in materia contrattuale avrebbe condotto a una diversa interpretazione della vicenda negoziale, portando a riconoscere che tra le parti era intervenuto un nuovo accordo.
5.2. Con il secondo motivo censura la sentenza d’appello, ancora una volta, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1369 c.c., sempre con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Ritiene che la statuizione di secondo grado sarebbe erronea anche per aver riconosciuto la natura fideiussoria alla garanzia prestata da RAGIONE_SOCIALE, anziché quella di contratto autonomo di garanzia, nonostante l’evidente assenza di identità tra la prestazione a cui era tenuto il garante e quella in capo al debitore.
Ragioni di priorità logica e giuridica inducono ad anzitutto il secondo motivo, con il quale risulta censurata la qualificazione della garanzia rilasciata dalla RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è inammissibile.
Esso risulta invero formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1 comma n. 6, c.p.c., stante la riproduzione meramente parziale del contenuto delle clausole contrattuali cui fa riferimento, altresì solo di alcune di esse (v. p. 2223 ricorso, in particolare con riferimento all’art. 3).
Va al riguardo osservato come costituisca principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che l’ invocato sindacato di legittimità sulla interpretazione adottata dal giudice di merito del contenuto di una convenzione negoziale non può investire il risultato interpretativo in sé, di fatto riservato solo a detto giudice,
‘ma deve appuntarsi esclusivamente sul mancato rispetto dei canoni normativi di interpretazione dettati dal legislatore agli artt. 1362 e ss. c.c., e sulla incoerenza e illogicità della motivazione addotta’ (cfr. Cass. civ., Sez. V, 12 aprile 2023, n. 9790; Cass. civ., Sez. II, 2 settembre 2020, n. 18198; Cass. civ., Sez. V, 28 febbraio 2023, n. 6077; Cass. civ., Sez. V, Ord., 22 marzo 2022, n. 9203).
In quest’ottica, la denuncia di un errore di diritto o di un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi al richiamo generico delle regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., ma, in ossequio al principio di autosufficienza, deve essere accompagnata ‘dalla trascrizione delle clausole individuative dell’effettiva volontà delle parti, al fine di consentire alla Corte di verificare l’erronea applicazione della disciplina normativa’ (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 6 novembre 2023, n. 30905; Cass. civ., Sez. I, Ord., 30 ottobre 2023, n. 30003; Cass. civ., Sez. III, Ord., 16 ottobre 2023, n. 28676 Cass. civ., Sez. V, Ord., 13 settembre 2023, n. 26410; Cass. civ. Sez. V, Ord., 22 marzo 2022, n. 9203). Nel caso in esame, la censura della Regione Campania è sotto tale profilo viziata, non essendo il contenuto delle clausole contrattuali neppure riportato nella decisione impugnata, il che impedisce a questo collegio di compiere il controllo di legittimità richiesto.
6.1. Non può d’altro canto sottacersi che la qualificazione del contratto de quo come fideiussione risulti congruamente argomentata, all’esito di una complessiva e non atomistica lettura del testo contrattuale e alla luce dell’acquisito compendio probatorio.
A tal fine, infatti, non sono censurabili le argomentazioni operate a pagina 9-10 della sentenza, per cui, indipendentemente dalla previsione della clausola di pagamento ‘a prima e semplice richiesta’ e dalla non opponibilità al garante delle eccezioni, il giudice del gravame ha valutato, in modo corretto, la garanzia de
qua come accessoria per il collegamento della fideiussione alle condizioni elencate nel Bando per poter accedere al contributo pubblico, così come per l’accertato carattere solidale della garanzia. Questa Corte, infatti, in tema di distinzione tra fideiussione e contratto autonomo di garanzia, a partire dalla decisione a Sezioni Unite n. 3947 del 18 febbraio 2010, ha affermato che ‘l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento ‘a prima richiesta e senza eccezioni’ vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale’ (regola riaffermata dalla successiva giurisprudenza, v. Cass. civ., Sez. I, Ord., 12 marzo 2024, n. 6440; Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5478; Cass. civ., Sez. III, Ord., 20 settembre 2023, n. 26926).
Aggiungasi che, a differenza della fideiussione, il contratto autonomo non è accessorio al rapporto principale, per cui la qualificazione della garanzia non può che passare attraverso l’oggetto della prestazione che rende, secondo, un contratto atipico dalla natura autonoma, rispetto al quale non opera per l’appunto la solidarietà propria della fideiussione (cfr. Cass. civ., SS.UU., n. 3947/2010 cit.).
Alla luce dei suesposti principi, l’iter logico -argomentativo della Corte d’appello è adeguato e rispettoso del c.d. ‘minimo costituzionale’, non essendosi arrestata innanzi alla clausola di ‘pagamento a prima richiesta’ ed alla previsione di non opponibilità, entrambi presenti nel contratto, ma avendo avuto riguardo al contenuto complessivo delle pattuizioni, giungendo così alla conclusione che si trattava di una fideiussione e non di una garanzia autonoma (pp. 9-10 sentenza impugnata n. 3605/2020)
Infine, a conclusioni diverse non può giungersi sul rilievo che l’autonomia e l’indipendenza dell’obbligazione di garanzia de qua sarebbe confermata dalla deroga all’art. 1957 c.c. espressa delle parti.
Sul punto, infatti, costituisce principio di legittimità ormai consolidato quello secondo cui ‘la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. non comporta automaticamente la trasformazione in una garanzia di tipo autonomo: la deroga all’art. 1957 c.c. contenuta nell’atto di fideiussione non avrebbe rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come contratto autonomo di garanzia o come fideiussione, in quanto detta disposizione risponde a un’esigenza di protezione del fideiussore che prescinde dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale’ (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5478; Cass. civ., Sez. III, 26 settembre 2017, n. 22346; Cass. civ., Sez. I, 9 agosto 2016, n. 16825).
Pertanto, la qualificazione compiuta dalla Corte territoriale del negozio de quo come fideiussione è corretta.
6.2. Il primo motivo di ricorso rimane conseguentemente assorbito.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza