Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23092 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23092 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
sul ricorso 24504/2019 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrenti –
e contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente e ricorrente incidentale –
nonché contro
COMUNE DI COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
–
intimati –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di MESSINA n. 679/2018 depositata il 11/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
E’ impugnata per cassazione la sopra riprodotta sentenza con la quale la Corte di appello di Messina, definendo il contenzioso tra gli odierni ricorrenti, da un lato, ed il Comune di Villafranca Tirrena e le società RAGIONE_SOCIALE -poi fusasi per incorporazione in RAGIONE_SOCIALEe RAGIONE_SOCIALE, dall’altro, in merito alla domanda propo-
sta dai primi intesa a veder accertato l’ingiustificato arricchimento conseguito dalle società convenute a seguito dell’espropriazione operata dal Comune di un fondo di loro proprietà pervenuto in ultimo a RAGIONE_SOCIALE e da questa poi trasferito ad una società terza, ha, per quel che qui ancora rileva, ritenuto ammissibile il gravame incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE ed in accoglimento di esso, nonché dell’appello parimenti incidentale di RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza non definitiva di prime cure che aveva riconosciuto il diritto degli attori a conseguire l’indennizzo reclamato, ha dichiarato inammissibile l’appello principale degli odierni ricorrenti avverso la sentenza definitiva di prime cure che aveva respinto la domanda nel merito per difetto di locupletazione.
Onde motivare i propri assunti decisori, il giudice d’appello, provvedendo inizialmente sul gravame incidentale di RAGIONE_SOCIALE, ne ha ritenuto tempestiva la riserva di appello, quantunque questa fosse stata formalizzata non nella prima udienza successiva alla pronuncia della sentenza non definitiva, tenutasi il 7.4.2004, ma all’udienza ancora successiva, dando atto della «situazione di stallo in cui il processo si era venuto a trovare a seguito della dichiarazione dell’evento interruttivo da parte del procuratore della RAGIONE_SOCIALE, che alla detta udienza del 7.4.2004 aveva reso noto che l’originaria convenuta si era fusa per incorporazione in RAGIONE_SOCIALE provvedendo poi su entrambi gli atti incidentali di gravame, scrutinati preliminarmente in applicazione del principio della ragione più liquida, ha confermato il deliberato definitivo di primo grado, dichiarando, di riflesso, inammissibile l’appello principale dei ricorrenti, sulla considerazione che nella specie faceva difetto il requisito della sussidiarietà, atteso che, stante la mancata realizzazione dell’opera inizialmente in vista della quale era stata disposta l’espropriazione, «i soggetti espropriati avevano a disposizione l’azione per di retrocessione del bene ed, in caso di im-
possibilità di restituzione, l’azione risarcitoria», sì che l’azione di arricchimento deve ritenersi preclusa quando il danneggiato possa esercitare azioni tipiche per farsi indennizzare il pregiudizio subito.
Il mezzo ora proposto dai soccombenti -ai quali ha aderito anche in ragione della sua qualità di erede di uno degli espropriati anche NOME COGNOME -si vale di tre motivi, illustrati pure con memoria e resistiti avversariamente da controricorso e memoria delle società intimate e da solo controricorso dal Comune di Villafranca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2504bis cod. civ. e degli artt. 300, 340 e 110 cod. proc. civ. ed ancora dell’art. 2909 cod. civ. perché la Corte di appello aveva ritenuto tempestiva la menzionata riserva di appello di RAGIONE_SOCIALE per effetto dell’interruzione che il processo avrebbe subito a causa della dichiarazione resa dal procuratore di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE all’udienza immediatamente successiva alla pronuncia della sentenza non definitiva del 7.4.2004 circa l’avvenuta fusione per incorporazione dell’originaria comparente in RAGIONE_SOCIALE sebbene la fusione non costituisse evento rilevante ai fini dell’interruzione del processo -è fondato e merita accoglimento.
La tesi enunciata dal decidente, secondo cui la fusione è causa di interruzione del processo, sì che nessun effetto negativo ai fini della tempestività della riserva di appello può ascriversi al fatto che nell’udienza immediatamente successiva alla pronuncia della sentenza non definitiva il difensore della RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, dichiarando che la propria assistita si era fusa per incorporazione in RAGIONE_SOCIALE, si fosse astenuto dal formalizzarla, non è condivisibile.
Anche ammesso e non concesso, come diremo, che alla fusione possa ascriversi un effetto interruttivo, ciò non esplica alcun effetto condizionante nell’esercizio dei poteri processuali che fanno capo al di-
fensore della società incorporata, tanto più laddove la loro spendita è funzionale a preservare gli interessi della parte subentrante, che, una volta posta nella condizione di valutare l’utilità dell’iniziativa assunta dal difensore della parte a cui succede, sarà libera di darvi più o meno seguito, ma in ogni caso non si vedrà opporre la preclusione discendente dal fatto di non aver esercitato tempestivamente un potere processuale. Ciò che in definitiva rileva, nel nostro caso, è che il difensore della incorporata non abbia formalizzato la riserva di appello a termini dell’art. 340 cod. proc. civ. atteso che l’efficacia immediatamente interruttiva della dichiarazione di avvenuta fusione operata all’udienza tenutasi dopo la pronuncia della sentenza non definitiva dal difensore dell’incorporata RAGIONE_SOCIALE non era impeditiva a che il medesimo difensore alla stessa udienza facesse pure riserva di appello, così salvaguardando anche l’interesse processuale dell’incorporante.
Questo assunto trova del resto indiretto conforto non tanto de iure condendo , alla luce cioè dell’art. 2504bis cod. civ. sortito dalla novella societaria del 2003, giacché, seppur esso ora prevede che “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”, non si applica alla specie ratione temporis , essendosi la fusione, di cui si tratta, perfezionata con atto rogato il 31.7.2003. E’ vero, però, che per mezzo del principio affermato nella norma ora vigente il legislatore della novella del 2003 abbia inteso accogliere la concezione della fusione come una vicenda avente rilevanza «meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo», escludendo di conseguenza che potesse trovare applicazione l’interruzione del processo a mente dell’art. 300 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U, 8/02/
2006, n. 2637). Approdo, questo, che si è ritenuto applicabile anche in relazione alle vicende evolutive che si sono consumate antecedentemente alla entrata in vigore della novella, essendosi riguardo ad esse affermato che sebbene il principio estrapolato dall’art. 2504bis cod. civ. non si applichi retroattivamente in quanto la norma non ha natura interpretativa, nondimeno l’assimilazione della fusione alle vicende successorie che si imponeva nella vigenza del regime antenovellare, non impediva di vedere che la modificazione dell’organizzazione societaria che aveva luogo nell’occasione dipendeva esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti, con la conseguenza che quella che viene meno non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era perfettamente a conoscenza, così come nessun pregiudizio subisce la incorporante o risultante dalla fusione, che può intervenire nel processo ed impugnare la decisione sfavorevole, in tal modo pervenendosi ancora ad escludere l’applicabilità delle norme sull’interruzione (Cass., Sez. U, 17/09/2010, n. 19698); e che anche nel mutato assetto interpretativo che si è fatto strada da ultimo, allorché riflettendo ex novo sull’art. 2504bis cod. civ. si è inteso riabilitare una visione antropomorfa della fusione, sostenendo che essa dà luogo non già ad un fenomeno evolutivo-modificativo, ma estintivo-successorio nella vita della società incorporata, ha trovato pur sempre ragione di definitiva conferma (Cass., Sez. U, 30/ 07/2021, n. 21970).
5. Su queste premesse la tesi affermata dal decidente, dunque, non si giustifica poiché, qualunque sia il regime giuridico sotto cui l’evento viene in considerazione, la fusione non esplica effetti interruttivi sul processo e non sono ad essa ascrivibili effetti salvifici rispetto ad attività prescritte alle parti a temine di decadenza. Onde la riserva d’appello esternata dalla incorporante solo all’udienza successiva alla sua costituzione e non formalizzata dal difensore dell’incorporata
nell’udienza immediatamente successiva alla pronuncia della sentenza non definitiva, come raccomanda l’art. 340, comma 1, cod. proc. civ., non avrebbe dovuto essere giudicata tempestiva, sicché errata è la contraria determinazione adottata sul punto dal decidente.
La conseguente cassazione che da ciò discende, non rendendo necessario procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, consente alla Corte di decidere nel merito dichiarando inammissibile l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE nei confronti della sentenza non definitiva.
Il secondo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2041 e 2042 cod. civ. e degli artt. 60 e segg l. fondamentale perché la Corte di appello, accogliendo l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE e dichiarando di conseguenza inammissibile l’appello principale degli odierni ricorrenti, aveva negato la sussidiarietà dell’azione proposta da costoro a mente dell’art. 2041 cod. civ., potendo essi valersi dell’azione di retrocessione autorizzata dall’art. 60 citato ovvero dell’azione risarcitoria generale, sebbene entrambe non potessero ritenersi azioni tipiche, la prima perché, comportando un esborso a carico degli attori, non li avrebbe ristorati del pregiudizio sofferto, la seconda perché postulante un accertamento di merito -è infondato e può pertanto essere disatteso.
Senza che si renda necessario approfondire il profilo afferente alla sussistenza o meno del requisito della sussidiarietà in rapporto all’azione di retrocessione, è sufficiente per dubitare dell’attendibilità della censura riportarsi alla lezione da ultimo dispensata dalle SS.UU. nell’arresto n. 33954/2023, laddove, riflettendo sul rapporto tra l’azione di ingiustificato arricchimento e l’azione generale di risarcimento, si è inteso affermare, superando il nodo della tipicità dell’azione altrimenti esperibile dall’impoverito -e dando così, segnatamente, corpo ad un concetto sviluppato ulteriormente dalla giurisprudenza
successiva, dell’avviso che il carattere sussidiario comporta che detta azione non possa essere esperita quando possa esercitarsi un’altra azione «anche fondata su clausola generale, come quella risarcitoria ex art. 2043 c.c.» (Cass., Sez. II, 16/02/2024, n. 4246) -che la preclusione indotta dal difetto di sussidiarietà non si rende ravvisabile quando l’altra azione «si riveli carente ab origine del titolo giustificativo», sicché, come meglio si schiarisce in motivazione, «se il rigetto della domanda risarcitoria (sia) ascrivibile a ragioni che consentano di affermare la carenza del titolo posto a fondamento della relativa domanda (nel caso di carenza degli elementi costitutivi della fattispecie legale ovvero in presenza di elementi impeditivi), risulta quindi ammissibile la proposizione dell’azione di arricchimento, che mantiene in tal modo il suo carattere residuale. Allorché sia esclusa la fondatezza della domanda ex art. 2043 c.c., perché la condotta dell’arricchito non si caratterizza per la presenza dell’elemento soggettivo richiesto dalla norma (ovvero in caso di azione ex art. 1337 c.c., perché non è dato riscontrare la violazione della regola della buona fede nella condotta del convenuto), resta esclusa la stessa sussistenza ab origine di un titolo fondante una domanda suscettibile di essere avanzata in via principale e con carattere assorbente della domanda ex art. 2041 c.c., di cui deve perciò affermarsi la proponibilità».
Dunque, in linea di principio, alla luce del più recente indirizzo interpretativo, la tipicità dell'”altra azione” non è attributo necessario per escludere il difetto di sussidiarietà dell’azione di arricchimento, onde la sentenza impugnata, nei limiti dell’allegazione operata con il motivo, non merita perciò censura.
Né, peraltro, è possibile, sempre alla luce dell’indirizzo ricordato, coltivare una diversa conclusione, giacché il presupposto in tal senso valorizzato dalle SS.UU. (carenza ab origine del titolo giustificativo)
non è minimamente illustrato dal motivo che sotto questa angolazione si rivela privo di autosufficienza.
Il terzo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1306, 2055 e 2909 cod. civ., perché la Corte di appello ha ritenuto di estendere le conclusioni enunciate con riguardo all’appello incidentale delle società anche al Comune di Villafranca, malgrado l’acquiescenza da questo prestata rispetto alla sentenza non definitiva di primo grado, dato che, rispetto alla declaratoria di responsabilità ivi pronunciata anche con riferimento alla posizione del Comune, questo non aveva formalizzato alcuna istanza di gravame -è inammissibile per difetto di specificità in quanto la censura non esaurisce la totalità delle ragioni poste in parte qua a fondamento della decisione.
11. Per vero, la Corte di appello non si è limitata ad estendere il giudizio espresso con riguardo all’appello incidentale delle società, ma ha fatto pure, previamente, osservare, richiamandosi all’appello principale degli odierni ricorrenti, che «tutto l’atto di appello si incentra sul presunto arricchimento della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, ma nulla viene detto in ordine al possibile arricchimento ingiustificato del Comune ravvisabile della vicenda de qua», traendo da questa osservazione che la sentenza definitiva di primo grado, con cui era stata esclusa la fondatezza della pretesa attrice per difetto di locupletazione anche in relazione alla posizione del Comune, non dovesse essere riformata. E questa ulteriore ratio rende evidente la lacunosità della rappresentazione ricorrente, posto che il motivo insiste solo sull’inestensibilità al Comune delle conclusioni accolte con riferimento all’appello incidentale delle società, in tal senso sottolineando la scindibilità caratteristica delle obbligazioni solidali, ma nulla dice circa l’insussistente allegazione dell’arricchimento che dalla
vicenda avrebbe tratto il Comune, lasciando dunque la relativa ratio priva di critica.
In conclusione va accolto il primo motivo di ricorso, cassandosi per l’effetto la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e dichiarando nel merito ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ. inammissibile l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE
Va rigettato il secondo motivo di ricorso e va dichiarato inammissibile il terzo motivo di ricorso.
13 Le spese, avuto riguardo agli esiti complessivi del giudizio, possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, cassa l’impugnata decisione nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE rigetta il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il terzo motivo di ricorso; compensa integralmente le spese di giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il