Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24661 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 24661 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 297/2020 R.G. proposto da :
DI NOMECOGNOME difeso in proprio ai sensi dell’art. 86 c.p.c.
-ricorrente-
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente-
e contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
e contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 462/2019, depositata il 13.6.2019, NRG 467/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/6/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.
la Corte d’Appello di L’Aquila ha disatteso il gravame proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Chieti che aveva rigettato la domanda dei predetti, docenti in discipline giuridiche ed economiche (classe A019), finalizzata ad accertare il loro diritto alla redazione di due graduatorie distinte per gli Istituti ‘COGNOME‘ e ‘COGNOME‘, illegittimamente fusi nell’anno 2012 con atto poi annullato dal Consiglio di Stato, ed al loro inserimento come titolari di cattedra, in luogo dei docenti COGNOME e COGNOME, nelle graduatorie per l’anno 2016/2017 dell’Istituto ‘COGNOME COGNOME‘, conseguito all’intervenuta nuova fusione delle due scuole, oltre al risarcimento del danno;
2.
la Corte d’Appello riteneva infondato il motivo con cui i docenti avevano lamentato che il Tribunale non avesse valutato e deciso rispetto alla dedotta inottemperanza del Ministero all’ordine impartito dal Consiglio di Stato di dare esecuzione alla sentenza di annullamento;
la Corte territoriale rilevava come tale richiesta avesse la consistenza di una domanda di ottemperanza a giudicato amministrativo e, pur rilevando (« in disparte », si legge nella sentenza) l’esorbitanza di essa dalla giurisdizione ordinaria, ne riteneva la manifesta infondatezza, in quanto la delibera di fusione del 2012 era stata annullata per ragioni meramente formaliprocedurali di competenza, senza che dalla decisione giudiziale si
evincesse alcun obbligo della P.A. di procedere alla ricostruzione ex post di graduatorie separate per i due Istituti rispetto agli anni 2012-2015 o un obbligo conformativo in tal senso;
la Corte d’Appello rilevava altresì come i ricorrenti non avessero contestato le modalità di attribuzione dei punteggi ai docenti nella graduatoria dell’Istituto conseguita alla nuova fusione, né erano stati dedotti eventuali altri vizi nella redazione della graduatoria;
peraltro, evidenziava la sentenza di secondo grado, la pretesa di formazione di due distinte graduatorie aveva riguardo a profili macroorganizzativi e non di mera gestione dei rapporti di lavoro e non era dunque sindacabile dal giudice ordinario, pur dovendosi ritenere che le censure fossero anche infondate, in quanto l’unificazione delle graduatorie era conforme a quanto previsto dalla pertinente contrattazione integrativa, senza contare che anche a voler ipotizzare una disapplicazione di tali graduatorie, il giudice ordinario non avrebbe mai potuto provvedere, sostituendosi alla P.A., alla loro ricostruzione ex post ;
la Corte distrettuale affrontava poi il tema della creazione dell’Istituto di Istruzione Superiore ‘COGNOMECOGNOME, con riferimento all’assunto dei ricorrenti secondo cui esso non avrebbe realizzato una mera fusione, ma avrebbe comportato il sorgere di una nuova entità, nel cui contesto l’individuazione dei perdenti posto sarebbe dovuta avvenire tenendo distinte e separate le graduatorie dei due Istituti accorpati;
la Corte territoriale, pur rilevando come si sarebbe trattato di profilo di censura nuovo perché non presente nel ricorso di primo grado (ancora con la dizione « in disparte »), ne riteneva comunque l’infondatezza;
ciò sul presupposto che, in forza del verbale n. 2/2016 della competente Conferenza Provinciale, si doveva ritenere attuata una fusione e che nella fattispecie, essendosi accorpate scuole della stessa tipologia, non era applicabile la disposizione dell’art. 19, del
pertinente contratto integrativo, né aveva rilievo l’art. 2, co. 6, del d.p.r. 233 del 1998, in quanto riguardante l’unificazione tra istituti di diverso ordine o tipo;
3.
la sentenza di appello è stata oggetto di ricorso per cassazione soltanto da parte di NOME COGNOME alla cui impugnativa ha resistito con controricorso il Ministero, nonché, ciascuno con autonomo controricorso, i docenti NOME COGNOME e NOME COGNOME nei cui riguardi era stata parimenti dispiegata la domanda; sono in atti memorie delle parti private.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
il primo motivo di impugnazione denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.) ed esso è accorpato, nel ricorso per cassazione, al secondo motivo, con cui si assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.);
nella parte iniziale riguardante la sintesi dei motivi si fa riferimento ad una motivazione « inesistente o meramente apparente » e poi, nello sviluppo di essi, si argomenta in ordine al fatto che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto che non vi fosse stata violazione del giudicato;
il ricorrente sostiene in proposito che, una volta annullata dal Consiglio di Stato la delibera di fusione, era automatico l’effetto di travolgimento di tutto il conseguente procedimento e quindi anche delle graduatorie, non potendosi sostenere che il motivo dell’annullamento possa avere effetti diversi a seconda che esso riguardi un vizio procedimentale o il merito della opportunità della decisione presa, non potendosi reiterare quanto ritenuto già formalmente illegittimo e ciò facendosi leva anche su quanto
argomentato dal giudice amministrativo, il quale aveva espressamente ritenuto « l’interesse e quindi la legittimazione » del ricorrente a contestare la legittimità degli atti di fusione, proprio perché in ragione di essi era conseguita la sua collocazione in posizione soprannumeraria con possibilità di trasferimento in altra sede;
su tali premesse, il ricorrente sostiene che il Ministero avrebbe dovuto ricostruire le graduatorie a partire dal 2012 in modo separato per i due istituti, stilando quindi le graduatorie per l’anno scolastico 2016/2017 in modo da tenere conto che la pregressa fusione non esisteva più;
il terzo motivo adduce invece la violazione dell’art. 20 del CCNL della mobilità scolastica del 29.2.2012 (art. 360 n. 3 c.p.c.) e con esso si segnala l’erroneità del rilievo contenuto nella sentenza impugnata nella parte in cui essa ha sottolineato come il ricorrente non avesse contestato l’attribuzione dei punteggi agli altri docenti nelle graduatorie successive al 2012;
il ricorrente evidenzia in proposito come la questione fosse mal posta, perché egli non aveva mai messo in discussione quei punteggi, quanto il fatto che, proprio per l’intervenuta fusione, si era visto trasferire in altro istituto mentre, una volta annullate quelle graduatorie come effetto della pronuncia del Consiglio di Stato, avrebbe dovuto essere considerato ancora come titolare di cattedra nell’istituto di provenienza;
il quarto motivo di ricorso per cassazione è infine rubricato in relazione alla erronea e falsa applicazione (art. 360 n. 3 c.p.c.) degli artt. 345 e 437 c.p.c., nonché dell’art. 2, co. 6, e 3 del d.p.r. n. 233 del 1998, oltre che degli artt. 19 e 20 del CCNL sulla mobilità scolastica del 8.4.2016;
sul piano processuale, il motivo evidenzia come il profilo di censura rispetto alla graduatoria del 2016/2017 – per essere stata essa redatta in modo unificato, mentre la natura dell’istituto creato ex
novo avrebbe imposto il mantenimento di graduatorie distinte rispetto alle scuole di provenienza -era stato espressamente prospettato nelle memorie autorizzate del 12.5.2017 e prima dell’udienza di discussione della causa del 25.9.2019, in cui nessuna delle controparti aveva sollevato eccezioni in proposito;
era pertanto erroneo il richiamo della Corte d’Appello effettuato pur senza pronunciarsi espressamente in rito sull’ammissibilità o meno del motivo di gravame -ad una violazione degli artt. 345 e 437 c.p.c.;
nel merito, il motivo sostiene che nel 2016 non era stata disposta una unificazione pura e semplice, ma era stato creato un Istituto di Istruzione Superiore, nell’ambito del quale, secondo il CCNL sulla mobilità, le graduatorie avrebbero comunque dovuto essere redatte separatamente per ciascuna scuola confluita;
nel 2012 vi era stata infatti la soppressione del ‘COGNOME‘ e la successiva unificazione con il ‘COGNOME‘, mentre, nel 2016, il verbale menzionato dalla stessa Corte territoriale era stato formulato in termini di ‘fusione’ tra le due scuole, sicché la creazione di un Istituto di Istruzione Superiore (di seguito, IIS), riferendosi tale forma a scuole di diverso ordine o tipo – stante il fatto che il ‘COGNOME‘ era istituto commerciale e per geometri e il ‘COGNOME‘ non aveva l’indirizzo per geometri – ai sensi degli artt. 19 e 22 del CCNL citato avrebbe comportato la necessità di mantenimento delle due distinte graduatorie;
2.
i motivi vanno esaminati congiuntamente, data la loro connessione ed al fine di impostare un ordine logico consequenziale per le questioni con essi proposte;
3.
in fatto è pacifico che il ‘COGNOME‘ e il ‘COGNOME‘ siano stati unificati nel 2012, con provvedimento poi annullato dal Consiglio di Stato nel dicembre 2015, per essere stato assunto dal Consiglio
Provinciale e non dalla Conferenza Provinciale di Organizzazione della Rete Scolastica;
è altresì pacifico che, in esito a quell’unificazione del 2012, il ricorrente sia risultato perdente posto e dunque non sia stato posizionato nella graduatoria dei docenti titolari di cattedra dell’Istituto quale risultante dalla fusione;
è sempre pacifico che, dopo l’annullamento in sede giurisdizionale, la competente Conferenza Provinciale dispose di « riconfermare … la fusione » tra i due istituti « nell’unico Istituto di Istruzione Superiore ‘F.COGNOME – GDe COGNOME‘ » e ciò « per le stesse motivazioni per a suo tempo supportarono detta aggregazione, dando atto che l’eventuale scissione dell’attuale unico istituto per il ripristino della situazione quo ante aggraverebbe ulteriormente … il rischio di perdita dell’autonomia per entrambi gli ex istituti »;
per il 2016/2017 fu quindi redatta un’unica graduatoria, in continuità con l’unica graduatoria seguita alla unificazione del 2012 e quindi il ricorrente, rimasto in soprannumero per effetto della prima unificazione, non è stato inserito come titolare di cattedra in quest’ultima;
4.
il riepilogo in senso logico dei plurimi argomenti sviluppati nella pronuncia qui impugnata evidenzia che la Corte d’Appello ha ritenuto, nel merito ed in ordine logico che:
-dalla sentenza del Consiglio di Stato, avendo avuto essa riguardo ad un profilo di competenza a disporre l’unificazione delle due scuole, non discendeva alcun obbligo conformativo sotto il profilo dell’ordine di rimodulazione di graduatorie separate per i due istituti;
-la scelta di non separare i docenti dei due istituti riguardava profili di macroorganizzazione e, comunque, la redazione di graduatorie separate avutasi negli anni antecedenti
all’annullamento era in sé coerente con quanto stabilito dall’art. 20 della contrattazione integrativa del 2012;
-nel 2016 la Conferenza Provinciale, riconfermando la fusione e non dando luogo a scissione dell’ Istituto sorto nel 2012, non aveva creato una struttura diversa, ma aveva semplicemente realizzato l’accorpamento di scuol e della medesima tipologia che non comportava l’applicazione dell’art. 19 del contratto integrativo del 2016, né rientrava nell’ambito dell’art. 2, co. 6, del d.p.r. n. 233 del 1998;
4.1 una lettura unitaria dei passaggi sopra riepilogati porta ad
affermare che la Corte territoriale ha ritenuto che:
-nel non rivedere le graduatorie del periodo successivo al 2012, mantenendone l’assetto conseguente alla disposta (e poi annullata in sede giurisdizionale) unificazione degli istituti e quindi nel ‘riconfermare’ la riunione e non disporre la ‘scissione’ il Ministero non si fosse posto in contrasto con il giudicato, perché l’annullamento aveva avuto riguardo solo al profilo della competenza, senza obblighi conformativi in punto di rimodulazione delle graduatorie stesse;
-la riconferma del 2016 non aveva comportato la creazione di una struttura diversa, ma la mera fusione di scuole della stessa tipologia, sicché non trovava applicazione l’art. 19 della contrattazione integrativa del 2016, né aveva rilievo l’art. 2, co. 6, del d.p.r. n. 233 del 1998;
posto quanto sopra ed iniziando dal tema del giudicato, va detto che le difese ed i motivi che lo riguardano e che sono soprattutto il secondo e, in parte – riprendendo argomenti del secondo motivo – il
terzo motivo, sono complessivamente inammissibili;
della sentenza passata in giudicato su cui le censure fanno leva è riportato nel ricorso per cassazione soltanto il passaggio sull’interesse e la legittimazione ad agire e il dispositivo;
quanto al primo aspetto il radicarsi dell’interesse nel fatto che la fusione scolastica aveva posto il ricorrente in posizione di soprannumerarietà ha senza dubbio giustificato la legittimazione a quell’impugnativa, ma ciò nulla ha a che vedere con il fatto che poi, riesercitando il potere, la P.A., emendando il vizio di competenza, potesse in ipotesi salvaguardare le graduatorie;
il dispositivo, a propria volta, è formulato nel senso che il Consiglio di Stato « annulla gli atti impugnati, nella parte recante l’unificazione dei due Istituti ‘De Sterlich’ e ‘Galiani’ di Chieti, fermi restando gli ulteriori provvedimenti delle Amministrazioni interessate »;
essendo pacifico che l’annullamento si sia avuto per incompetenza, il tenore di tale dispositivo, sebbene non chiarissimo, di certo, nel mantenere « fermi » gli « ulteriori provvedimenti » non è per nulla univoco nel far ritenere un effetto ‘a cascata’ sugli atti consequenziali e indirizza semmai verso una possibile salvaguardia degli effetti di merito;
ciò è del resto quanto la Corte di merito ha ritenuto sia legittimamente avvenuto, attraverso una riedizione del potere esercitata nel senso di mantenere quegli effetti, con sviluppo ‘ora per allora’ in sé non censurabile , perché non necessariamente incoerente rispetto al giudicato ed anzi in linea con quanto è noto di esso, oltre che per nulla irragionevole, dovendosi pur sempre governare nel merito le conseguenze dell’accaduto sulla pluralità di interessi coinvolti dalla riunione di scuole annullata per meri profili di competenza;
l’insistenza del ricorrente sugli effetti caducatori consequenziali , quale ragione di contrasto con il giudicato, è dunque affermazione che non basta e, mancando la trascrizione di ulteriori passaggi
della pronuncia del Consiglio di Stato tali da orientare in tal senso, il motivo non è sufficientemente specifico, ex art. 366 c.p.c. ed è pertanto inidoneo alla pronuncia cassatoria richiesta;
6.
quanto al tema delle graduatorie dell’Istituto quale esistente in esito ai provvedimenti di unificazione del 2016, è evidente che l’incapacità del giudicato di travolgere l’assetto delle graduatorie del periodo 2012-2016, per le ragioni di inammissibilità appena dette, priva il ricorrente dell’interesse quale da lui manifestato in giudizio;
tale interesse, secondo quanto implicitamente ribadito anche con il terzo motivo, consisterebbe infatti nel reintegro quale titolare di cattedra fin dal 2012 e quindi nel l’accesso in tale veste alle graduatorie del 2016/2017;
tuttavia, una volta che quelle pregresse graduatorie in cui egli non era stato inserito perché perdente posto in esito alla unificazione degli istituti sono destinate a persistere nella loro efficacia, in conseguenza della ‘riconferma’ del 2016, è evidente che l’effetto perseguito non può più essere raggiunto;
6.1
in ogni caso, è vero che l’art. 2, co. 6, del d.p.r. n. 233 del 1998 fa riferimento alla denominazione di ‘istituto di istruzione secondaria superiore’ rispetto al caso di accorpamento di istituti di diverso ‘ordine o tipo’;
il dato nominalistico non è però necessariamente decisivo e nulla esclude che la dizione di IIS sia stata attribuita anche alla mera fusione quale ritenuta essere avvenuta dalla Corte territoriale, come detto, sul presupposto che gli Istituti unificati fossero riportabili alla medesima tipologia di scuola, perché entrambi istituti tecnici commerciali, senza che risultasse decisivo l’indirizzo anche per geometri;
l’indagine sulla diversità di ‘tipo’ di scuola è comunque verifica di fatto, sicché non può denunciarsi come violazione di norma l’avere la Corte territoriale concluso in merito all’esistenza di una sostanziale omogeneità di tipo, oltre che di ordine nelle due scuole, per giunta a fronte dell’identi ca natura di istituti tecnico commerciali, differenziati a quanto è noto solo per l’esistenza i n uno di essi di un indirizzo anche per geometri;
ma non diversamente è a dirsi rispetto agli argomenti con cui il ricorrente intenderebbe differenziare le unificazioni del 2012 (che a suo dire sarebbe consistita nello scioglimento di un istituto e unificazione dell’altro) e del 2016 (che sarebbe stata una vera e propria fusione) al fine di dimostrare -secondo la sua tesi – che nel 2016 si sarebbe creato un nuovo IIS per il quale doveva procedersi muovendo da separate graduatorie per le scuole di provenienza;
la Corte d’Appello ha ritenuto in fatto che gli effetti del 2012 fossero stati salvaguardati e che la fusione del 2016 riguardava scuole da valutare come omogenee quanto ad ordine e tipo, dal che la perdita di posto del ricorrente fin dal 2012, poi rifluita nelle graduatorie del 2016;
a fronte di ciò le censure di cui al quarto motivo si traducono nella pretesa di una diversa valutazione dei dati istruttori e del merito, come tale inammissibile in sede di legittimità (v. anche Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148; ora altresì, Cass. 22 novembre 2023, n. 32505);
6.2
quanto sopra è assorbente rispetto alle censure svolte sul piano sostanziale con il quarto motivo, pur dovendosi rilevare altresì che non è comunque ammissibile la censura ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. rispetto a contratti collettivi integrativi, quali sono quelli riguardanti la mobilità scolastica (v. Cass. 8 marzo 2025, n. 6199); 7.
l’inammissibilità de lle censure riguardanti i profili sopra esaminati consolida il piano sostanziale su cui si è fondata la sentenza impugnata;
ciò rende sostanzialmente irrilevanti i profili processuali;
in ogni caso, quanto al primo motivo, il richiamo all’art. 112 c.p.c., se da riferire, per quanto si può desumere dalla sintesi di esso, alla sentenza di primo grado ed all’omessa valutazione rispetto agli effetti del giudicato, non può dirsi ammissibile come censura di legittimità, perché queste ultime devono riguardare la sentenza di appello, alla quale certamente non può comunque essere addebitata l’omessa motivazione su tale eccezione di giudicato, da essa ampiamente analizzata, secondo quanto si è già detto;
non diversamente, l’inciso sulla inesistenza della motivazione (come si è detto contenuto nella sintesi del primo motivo e non meglio spiegato nella parte argomentativa di esso) è puramente apodittico e dunque esso contiene una censura che – anche al di là del fatto che l’impianto motivazionale è ben percepibile , anche sul tema del giudicato, nei termini sopra ampiamente riepilogati -si manifesta come parimenti inammissibile, ancor prima che infondata;
il quarto motivo, nella parte riguardante il tema della novità della questione sull’unicità della graduatoria presso l’IIS , è invece ininfluente, perché comunque resta confermata la pronuncia sostanziale resa dalla Corte d’Appello su quel tema ed analogamente è a dirsi per il terzo motivo, perché, a parte quanto già si è detto rispetto ad esso, l’asse motivazionale resiste ai profili di ricorso per cassazione a prescindere dall’osservazione della Corte territoriale in ordine all’assenza di contestazione in sé -sui punteggi attribuiti nelle graduatorie;
8.
alla pronuncia di inammissibilità segue la regolazione delle spese secondo soccombenza nei termini di cui al dispositivo.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore delle controparti delle spese del giudizio di cassazione che liquida, per ciascuna di esse, in euro 2.800,00 per compensi oltre (quanto al Ministero) alle spese prenotate a debito e (quanto alle parti private) alle spese generali in misura del 15 %, agli esborsi in misura di euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P .R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4.6.2025.