Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34778 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34778 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14434/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 905/2021 depositata il 22/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME conveniva in giudizio la RAGIONE_SOCIALE per ottenere il risarcimento dei danni allegati come subiti in conseguenza di un furto con scasso dell’armadietto chiuso a chiave dove aveva riposto i beni, un orologio del valore di 8.000 euro e una somma in contanti di 1.000 euro, situato nei locali di spogliatoio della palestra, gestiti dalla suddetta società;
il Tribunale, nella contumacia della convenuta, accoglieva la domanda, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui:
-il giudice di primo grado aveva rilevato d’ufficio il tema della legittimazione passiva della società, e, a fronte della relativa ordinanza, l’attore aveva allegato e dimostrato, con ulteriore supporto documentale, che se l’abbonamento ai servizi sportivi era stato sottoscritto con l’RAGIONE_SOCIALE, il resto delle prestazioni comprese nel servizio acquistato era fornito dalla RAGIONE_SOCIALE di cui era legale rappresentante, oltre che socio, un titolare di partecipazione nell’associazione stessa;
-sussisteva dunque la responsabilità contrattuale dal contatto sociale, atteso l’affidamento del cliente negli obblighi di protezione insiti nel complessivo servizio;
-era poi stato provato, indiziariamente, il deposito degli oggetti quali dichiarati e infatti oggetto di denuncia, mentre non era stata provata la possibilità di affidare i beni di valore in custodia personale ovvero in cassette di sicurezza;
-era stato quindi violata l’obbligazione di sicurezza strutturalmente sussistente, mentre non poteva dirsi che la condotta dell’attore, che aveva portato con sé oggetti di quel valore, integrasse il concorso colposo dello stesso, non ponendosi, nel contesto accertato, sotto la soglia della normale diligenza;
avverso questa decisione ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE affidandosi a otto motivi, corredati da memoria; resiste con controricorso NOME COGNOME
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 99, 101, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato violando il giudicato interno inerente alla responsabilità a titolo contrattuale della convenuta, affermato in prime cure, mutando la ricostruzione della fattispecie costitutiva in responsabilità da contatto sociale, senza alcuna domanda di parte in tal senso e senza sollecitare il contraddittorio con la deducente che si era costituita solo in seconde cure e avrebbe invece diversamente vagliato la scelta processuale di non farlo nel grado precedente;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 183, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato fondando la decisione su fatti secondari allegati dalla parte attrice tardivamente a valle della svolta istruttoria orale, e relativi al collegamento tra società e associazione;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 292, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che era stata omessa la comunicazione dell’ordinanza sul rilievo officioso della questione concernente la legittimazione passiva della società convenuta in prime cure contumace, come necessario secondo una lettura costituzionalmente orientata delle norme sul punto, altrimenti dovendosi ritenere irragionevolmente leso il diritto di difesa della parte che aveva poi visto essere mutata, senza averne conoscenza, la fattispecie costitutiva del preteso diritto al risarcimento;
con il quarto e quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 360, n. 5, cod. proc. civ., 1173, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato considerando
immotivatamente normale portarsi beni di alto valore nello spogliatoio di una palestra, tanto più in mancanza di un servizio cassette di sicurezza che restringeva l’affidamento possibile nel semplice deposito in armadietto;
con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 132, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato omettendo di pronunciarsi sulla mancata prova del deposito dei beni quale affermato dalla parte attrice, fondato, nella motivazione della decisione di primo grado confermata da quella gravata, su due sole testimonianze non solo di dubbia attendibilità ma anche de relato;
con il settimo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1784, 1283, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato affermando la responsabilità da deposito in custodia senza prova della materiale presa in consegna dei beni, o del suo rifiuto; con l’ottavo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 360, n. 5, cod. proc. civ., 1785, 1227, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di motivare e al contrario affermando in modo solamente apodittico la mancanza di un obbligo di diligenza del depositante che, in quanto violato, avrebbe dovuto condurre a ritenere quanto meno sussistente un concorso colposo del creditore istante;
Considerato che
il primo, secondo e terzo motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
il Tribunale, come pacifico, allegato in ricorso e riscontabile documentalmente, ha sollevato d’ufficio la questione della sussistenza della legittimazione passiva della convenuta, con ordinanza successiva all’espletamento delle prove orali, dando termine per «osservazioni»;
secondo la giurisprudenza di questa Corte l’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ., impone un’interpretazione dei poteri delle
parti estesa alla facoltà di proporre domande di nullità e, in particolare, spiegare la conseguente attività probatoria sino alla precisazione delle conclusioni, in deroga al sistema delle preclusioni istruttorie, alla condizione che vi sia stata, logicamente, una previa rilevazione officiosa di tale nullità (Cass., 30/09/2020, n. 20870);
in altri e più generali termini, il rilievo officioso della questione, in tal caso della possibile insussistenza della legittimazione passiva, comporta che il giudice la indichi alle parti e consenta lo svolgimento del contraddittorio tra le stesse, finalizzato al compimento non solo dell’attività assertiva, ma anche, come logico, della corrispondente attività probatoria, in specie quella riferita, quindi, ai fatti secondari a supporto della dimostrazione di quelli principali (Cass., 05/09/2023, n. 25849, che richiama «l’obbligo del giudice di provocare il contraddittorio» sulla questione posta a fondamento dell’eccezione sollevata d’ufficio come nel caso possibile a mente di Cass., Sez. U., 16/02/2016, n. 2951 -quale espresso, in motivazione, da Cass. Sez. U., 12 dicembre 2014, n. 26242);
ed è ciò che è accaduto nell’ipotesi, quando parte attrice si è avvalsa della correlata facoltà istruttoria nel termine fissato dal giudice istruttore sia pure genericamente per osservazioni (pag. 5 del ricorso);
al contempo va osservato che non risulta l’essenzialità dei fatti secondari e della produzione documentale successivi, rispetto alla conclusione fatta propria dalla Corte territoriale, su cui si sta per tornare e che attiene, al di là del rapporto tra l’associazione e la società, alla ricostruzione in iure responsabilità da contatto sociale ulteriore rispetto a quella correlabile alla sottoscrizione dell’abbonamento per le prestazioni sportive;
l’ordinanza giudiziale in parola, poi, non è tra quelle che debbono essere comunicate alla parte contumace, ex art. 292, cod. proc. civ., né si potrebbe pensare a un’interpolazione additiva, così come
vanno esclusi, palesemente, dubbi di costituzionalità, posto che la parte ritualmente contumace, che ha avuto dunque regolare notizia del giudizio, accetta di non contraddire sulle possibili e previamente note evoluzioni del processo, che peraltro può sempre verificare decidendo di costituirsi;
ciò posto, va esclusa, dunque, ogni violazione del giudicato interno ovvero del principio della corrispondenza tra domanda e pronuncia, atteso che la Corte territoriale ha semplicemente qualificato i fatti, come detto ritualmente introdotti nel giudizio, affermando, rispetto alla domanda per il correlato bene della vita richiesto, la sussistenza della responsabilità pur sempre contrattuale anche se in forza del c.d. contatto sociale conseguente alla fruizione del complessivo servizio, piuttosto che della sottoscrizione dell’abbonamento con l’associazione sportiva per le correlate attività (cfr., di recente, sulla natura contrattuale della responsabilità da contatto sociale, alla stregua dell’art. 1173 cod. civ., Cass., 06/02/2024, n. 3350, nel caso ipotizzata come ascrivibile all’operato delle autorità di vigilanza per il fatto commesso dal proprio dipendente o dal proprio funzionario purché, per la posizione di protezione rispettivamente rivestita, siano in condizione di adottare le misure preventive necessarie a evitare la consumazione dell’illecito);
il quarto, quinto, sesto e settimo motivo, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
la Corte di appello, con giudizio in fatto, ha osservato che deve ritenersi prevedibile il deposito di indumenti e beni indossati e portati al momento dell’ingresso nello spogliatoio, che nel caso risultò scassinato, e previamente contenente gli oggetti e contanti oggetto di denuncia atta a rendere attendibile l’allegazione, ad avviso del giudice di primo grado confermata da testimonianze sua pure de relato;
la motivazione è dunque sussistente, né vi è argomentata censura specifica sul valore indiziario attribuito alla denuncia, con correlata assunzione di responsabilità;
al riguardo va precisato che solo in memoria parte ricorrente contesta la correttezza di una simile sussunzione della denuncia: la deduzione è inammissibile perché svolta, tardivamente, in atto difensivo avente valore meramente illustrativo;
si tratta di accertamento, come detto fattuale, al pari di quello sul mancato servizio di cassette di sicurezza o presa in consegna personale, in quanto tale non sindacabile in questa sede di legittimità;
per ciò che concerne la mancata prova della presa in consegna, la conclusione del giudice di secondo grado deriva da quanto sopra osservato in ordine al materiale deposito degli oggetti e alla connessa responsabilità da contatto sociale determinata dal servizio di armadi a chiusura;
l’ottavo motivo è inammissibile;
la Corte distrettuale, nell’ambito del suo proprio sindacato di merito, una volta ritenuto, nei ricostruiti termini, l’obbligo di sicurezza custodiale a titolo contrattuale, ha escluso che potesse configurarsi un concorso colposo del creditore della prestazione correlato in specie al valore dei beni, plausibilmente portati con sé dall’utente dei servizi, in concreto oggetto dell’obbligazione passiva: questa coerente valutazione in fatto è decifrabile, senza che residui uno spazio per il sindacato di sola legittimità;
va ribadito che l’accertamento dei presupposti per l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 1227, secondo comma, cod. civ., con cui si esclude il risarcimento in relazione ai danni che il creditore (o il danneggiato) avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, integra indagine di fatto, come tale riservata al giudice di merito e sottratta al sindacato di questa Corte, se sorretta da sufficiente motivazione (Cass., 11/02/2020, n. 3319);
spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.600,00, di cui 200,00 euro per esborsi, oltre al 15% di spese forfettarie e accessori legali, in favore del controricorrente COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 21/10/2024