Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7502 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7502 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20600/2018 R.G. proposto da:
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , (già RAGIONE_SOCIALE ), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ope legis dall’RAGIONE_SOCIALE DELLO RAGIONE_SOCIALE presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
-controricorrente –
Oggetto: Lavoro pubblico contrattualizzato -Frazionamento domande -Interesse ex art. 100 c.p.c. – Esclusione
R.G.N. 20600/2018
Ud. 21/02/2024 CC
avverso la sentenza n. 7819/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 10/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 21/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 7819/2017 pubblicata il 10 gennaio 2018 la Corte d’appello di Napoli, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE, ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 19552/2012.
Quest’ultimo, a propria volta, aveva respinto la domanda volta a conseguire l’accertamento della illegittimità dell’esclusione dello stesso NOME COGNOME da incarichi dirigenziali all’interno della stessa RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello ha respinto l’appello, rilevando che l’appellante
-non aveva in concreto allegato alcun interesse tutelabile ex art. 100 c.p.c., considerata anche la sua attuale situazione di pensionamento;
-aveva omesso di fornire gli elementi atti a dimostrare la fondatezza della propria pretesa, in quanto l’atto introduttivo del giudizio risultava ampiamente carente in una serie di necessarie allegazioni;
-aveva, conseguentemente, omesso di assolvere i correlati oneri probatori, in quanto le carenze assertive dell’atto si erano riflesse in prove superflue e comunque generiche.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre ora NOME COGNOME.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico, articolato, motivo di ricorso vengono dedotte:
-in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c.; 97 Cost.; 1, comma 2, 19, comma 1, 63, D. Lgs. n. 165/2001; 61, comma 3, D. Lgs. n. 300/1999; 1175 e 1375 c.c.;
-in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza ex artt. 132 c.p.c. e 118, disp. att. c.p.c.
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello di Napoli, argomentando che:
-il suo interesse ex art. 100 c.p.c. era stato allegato facendo espressa riserva di agire in separato giudizio allo scopo di conseguire le spettanze eventualmente dovute, nonché il risarcimento dei danni;
-le allegazioni contenute nell’atto introduttivo e nel ricorso in appello -erano, contrariamente a quanto affermato nella decisione impugnata, complete e specifiche;
-la Corte territoriale avrebbe adottato la propria decisione con motivazione apparente.
Il ricorso è inammissibile.
2.1. Questa Corte, infatti, ha già da tempo enunciato il principio per cui le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese
creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (Cass. Sez. U – Sentenza n. 4090 del 16/02/2017; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 17893 del 06/07/2018; Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 14143 del 24/05/2021).
2.2. Con specifico riferimento alla materia del lavoro, il principio in questione è stato ulteriormente declinato , precisando che l’ interesse ad agire richiede non solo che si debba accertare una situazione giuridicamente rilevante, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, poiché il processo non può essere attivato solo in previsione di possibili effetti futuri, senza che sia precisato il concreto vantaggio che la parte intenda in tal modo conseguire, da ciò traendo la conclusione per cui non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti che, pur giuridicamente rilevanti, nondimeno costituiscano mere frazioni della fattispecie costitutiva di un diritto, suscettibile di accertamento giudiziario solo nella sua interezza (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 30584 del 28/10/2021 ma in precedenza già Cass. Sez. L, Sentenza n. 6749 del 04/05/2012).
2.3. Ove si tengano in adeguata considerazione le peculiarità della vicenda in esame, risultano invece evidenti le ragioni per le quali non risultano applicabili i principi affermati da questa Corte in altre proprie
decisioni (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 4410 del 10/02/2022 e la successiva Cass. Sez. L, Ordinanza n. 1157 del 2024).
Le decisioni appena richiamate, infatti, sono riferite ad ipotesi nelle quali la cessazione del rapporto di lavoro era intervenuta quando il giudizio era comunque già stato proposto, trovando allora fondamento l’approdo di questa Corte nell’esigenza di evitare che la mera circostanza della durata del giudizio faccia venire meno un interesse ex art. 100 c.p.c. che, al momento della proposizione della domanda, era invece esistente.
2.4. Nel caso in esame, invece, si deve constatare che non solo il ricorrente ha proceduto comunque ad un frazionamento della domanda , agendo per il solo accertamento dell’ipotetica illegittimità della condotta del datore di lavoro e facendo riserva di agire in separata sede ‘per le rivendicazioni di eventuali ulteriori ed autonome richieste di tipo economico’ (così la decisione impugnata), ma ha comunque proposto la propria domanda a rapporto di lavoro definitivamente cessato.
Il peculiare scenario delineatosi a causa delle scelte processuali dell’odierno ricorrente è tuttavia venuto a delineare una ipotesi cumulativa di carenza di interesse ad agire per effetto sia del frazionamento della domanda sia della sua proposizione a rapporto di lavoro di lavoro già cessato.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione in favore d ell’Agenzia controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 5.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 21 febbraio